Geopolitica
Il Mali rifiuta di liberare i dipendenti detenuti di un’azienda canadese
Un tribunale del Mali ha respinto la richiesta di rilascio condizionale di quattro dipendenti della Barrick Mining Corporation, detenuti dal 2024 con l’accusa di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. La decisione è stata annunciata martedì dall’avvocato dell’azienda, Alifa Habib Kone. Lo riporta l’agenzia Reuters.
Il colosso minerario canadese ha respinto le accuse come infondate e ha presentato ricorso contestando quella che ha descritto come la detenzione «arbitraria» dei dipendenti . Tuttavia, Kone ha affermato che il giudice Samba Sarr ha ritenuto il ricorso «infondato».
Barrick, uno dei maggiori produttori di oro al mondo, opera in Mali da quasi trent’anni, ma i rapporti si sono deteriorati a causa di una disputa su presunte tasse e royalties non pagate. Le tensioni sono aumentate a novembre, quando quattro dirigenti locali sono stati arrestati ed è stato emesso un mandato di cattura per l’amministratore delegato Mark Bristow. Le recenti trattative si sono interrotte dopo che le autorità maliane hanno richiesto un pagamento forfettario di 125 miliardi di franchi CFA (167,3 milioni di euro) di entrate non pagate, mentre Barrick ha proposto un piano di pagamento strutturato.
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Il mese scorso, il governo militare del Mali ha temporaneamente privato Barrick del controllo sulle operazioni presso il complesso aurifero di Loulo-Gounkoto, nell’ovest del paese. Un tribunale di Bamako ha ordinato che la gestione del sito fosse trasferita a un amministratore provvisorio nominato dallo Stato per un periodo di sei mesi. Barrick ha denunciato la sentenza come illegale e in violazione dei suoi accordi contrattuali e ha intentato una causa contro il Mali presso il tribunale arbitrale della Banca Mondiale.
Come riportato da Renovatio 21, il Mali ha approvato un nuovo codice minerario nel 2023, che consente al governo militare di possedere fino al 30% di qualsiasi nuovo progetto. Da allora è stato coinvolto in una controversia con Barrick Gold e la multinazionale australiana Resolute Mining per i ricavi non pagati.
Secondo Bloomberg, all’inizio di questo mese le autorità dello Stato del Sahel hanno sequestrato circa una tonnellata d’oro dalla miniera, che l’amministrazione provvisoria dovrebbe vendere per finanziare le attività del sito.
Le miniere di Loulo-Gounkoto sono di proprietà all’80% di Barrick e al 20% del governo maliano. Nel 2023, l’ex colonia francese ha introdotto un nuovo codice minerario che consente allo Stato di rivendicare una partecipazione fino al 30% in nuovi progetti, nell’ambito degli sforzi per incrementare le entrate pubbliche. A giugno, il ministro dell’Economia e delle Finanze del Mali, Alousseni Sanou, ha dichiarato che un nuovo accordo con il gruppo russo Yadran per la creazione di una raffineria d’oro – di proprietà statale al 62% – contribuirebbe ad aumentare il reddito nazionale derivante dalla produzione di lingotti.
Nel Sahel continuano le frizioni tra le grandi compagnie minerarie occidentali e i nuovi governi sorti dai golpe degli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa le forze di sicurezza del Niger hanno fatto irruzione negli uffici delle filiali locali della società mineraria statale francese Orano e hanno sequestrato attrezzature. Dopo il golpe di due anni fa la giunta di Niamey ha subito sospeso le vendite di uranio ai francesi, che utilizzano il minerale estratto in Niger per coprire il 30% del fabbisogno per la produzione di energia atomica, che viene peraltro venduta anche all’Italia, che ne è dipendente per il 6%.
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Immagine di Iamgold via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported;immagine ingrandita.
Geopolitica
Truppe israeliane subiscono perdite in un’incursione in Siria
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🚨 IDF releases footage of counterterror raid in southern Syria that ended in arrests and a fierce firefight
The IDF has published video showing the arrest of two members of the al-Jama’a al-Islamiyya terror organization in the village of Beit Jinn overnight, along with a clash… pic.twitter.com/eoh20Xsn41 — Israel War Room (@IsraelWarRoom) November 28, 2025
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Geopolitica
Trump «molto soddisfatto» della nuova leadership siriana
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso «grande compiacimento» per l’operato del nuovo esecutivo siriano insediatosi al potere.
Una coalizione capitanata dal fronte jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), affiliato regionale di Al-Qaeda, ha espugnato Damasco e spodestato il trentennale capo di Stato Bashar al-Assad alla fine dello scorso anno.
«Gli Stati Uniti sono estremamente soddisfatti dei progressi conseguiti» dopo l’ascesa al governo, ha proclamato Trump lunedì su Truth Social.
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Il neopresidente siriano Ahmed al-Sharaa, ex comandante dell’HTS conosciuto come al-Jolani, «si prodiga con impegno affinché si verifichino sviluppi positivi e che Siria e Israele instaurino un legame duraturo e fruttuoso», ha precisato.
È essenziale che Gerusalemme «non ostacoli la metamorfosi della Siria in una nazione fiorente», ha aggiunto Trump.
Qualche giorno prima, testate israeliane avevano reso noto che le Forze di difesa (IDF) avevano subito perdite in uno scontro con miliziani armati nel meridione siriano, dove l’anno scorso Israele ha annesso una fascia territoriale adiacente alle alture del Golan sotto occupazione.
Di recente, l’area ha ospitato pure azioni coordinate tra Stati Uniti e Siria. Le truppe americane e il dicastero dell’Interno siriano hanno smantellato oltre 15 magazzini di armamenti e narcotici riconducibili all’ISIS nel sud della nazione la settimana scorsa, come comunicato domenica dal Centcom.
Al-Sharaa ha ribadito il proprio impegno contro lo Stato Islamico nel corso della sua visita a Washington all’inizio del mese.
Dall’insediamento dei jihadisti nella stanza dei bottoni damascena ondate di violenza interconfessionale si sono ripetute, con migliaia di persone delle minoranze druse, alawite e cristiane uccise senza pietà.
Jolani, ex comandante jihadista legato ad Al-Qaeda e in passato nella lista nera del governo statunitense che aveva posto su di lui una taglia da 10 milioni di dollari, ha destituito il leader storico siriano Bashar Assad nel dicembre 2024. Da allora si è impegnato a ricostruire il Paese devastato dalla guerra e a tutelare le minoranze etniche e religiose.
Nonostante le promesse di al-Jolani di costruire una società «inclusiva», il suo governo «luminoso e sostenibile» è stato segnato da ondate di violenza settaria contro le comunità druse e cristiane, suscitando la condanna degli Stati Uniti.
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Pochi giorni prima della visita di Jolani alla Casa Bianca, Stati Uniti, Gran Bretagna e Nazioni Unite hanno rimosso al-Sharaa/ Jolani dalle rispettive liste di terroristi. Lunedì, Washington ha prorogato per altri 180 giorni la sospensione delle sanzioni, mentre la Siria cerca di normalizzare i rapporti bilaterali e ampliare la cooperazione in materia di sicurezza. Trump aveva ordinato una revisione della de-designazione come «terrorista» del Jolani ancora quattro mesi fa, all’altezza del loro primo incontro a Riadh.
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa, proprio a ridosso dell’anniversario della megastrage delle Due Torri, al-Jolani visitò Nuova York per la plenaria ONU, venendo ricevuto in pompa magna dal segretario di Stato USA Marco Rubio e dall’ex generale americano, già direttore CIA, David Petraeus.
Come riportato da Renovatio 21, al-Jolani sta incontrando alti funzionari israeliani in un «silenzioso» sforzo di normalizzazione dei rapporti tra Damasco e lo Stato degli ebrei in stile accordi di Abramo.
Intanto, i massacri sono vittime dei massacri takfiri della «nuova Siria».
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Geopolitica
Papa Leone dice che l’unica soluzione è uno Stato palestinese
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