Politica
Il futuro governo «fasciocomunista», Draghi e la vostra sottomissione

Sono categorie vecchie di un secolo, eppure difficili a morire.
A qualche sostenitore di sinistra potrebbe scappare ancora: quelli della destra sono «fascisti». A quelli di destra, può capitare di pensare ancora che a sinistra siano ancora e per sempre «comunisti».
Quindi, un governo destro-sinistro, sarebbe un governo «fasciocomunista», come da titolo del romanzo del compianto Antonio Pennacchi.
Il problema è che c’è qualcuno che non crede che un esecutivo «fasciocomunista» sia fiction.
In sostanza l’idea è questa: il governo lo faranno la Meloni e Letta. Cioè PD e FdI, partiti che risulteranno maggioritari alle elezioni, con percentuali di voto perfino doppie rispetto a quelle di ogni altro partito presentatosi alle urne.
Un governo d’emergenza, per uscire dalla crisi economica ed energetica e chissà cos’altro ancora.
Un governo bigusto, bicolore, come gli ubiqui manifesti manichei della campagna PD, un governo rossobruno, anzi rossonero, oseremo dire governo Milan, ma Berlusconi, che adesso peraltro sta al Monza, non è previsto, al momento.
Soprattutto, non è previsto Salvini. La Meloni ha la possibilità di disintegrare il suo vero nemico elettorale, installato nel Nord Italia – e non solo – in modo longevo ed ostinato.
La Lega in Lombardia e Veneto (le regioni produttivamente più importanti, anche se non si sa ancora per quanto) gode di un favore che proviene da decenni di buona amministrazione dei piccoli comuni: qualcosa che Fratelli d’Italia, partito giovane e non radicato, non ha, né avrà mai.
Questa è l’occasione per buttare fuori strada il Carroccio, rimpiazzarlo e far riconcentrare i voti in un partito romano – qualcosa per cui ringrazierebbero anche tutti gli altri partiti, o quasi.
Il matrimonio, quindi, s’ha da fare. E se dietro a FdI spingono gli USA, come dicono in tanti, bisogna dire che mica si schifano di vederli al governo con un partito, il PD, che la fedeltà atlantista l’ha provata già 23 anni fa con una guerra ad un Paese limitrofo, la Serbia.
Qualcuno dice che i cablo che vengono da Washington, con il Russiagate salviniano che riprende quota, sia un messaggio proprio per Giorgia: molla il filorusso, poi tu per noi puoi tirare dritto.
E credete che Bruxelles, Francoforte, il capitale della City e di Wall Street, disaprovverebbero? Sarebbe un governo nuovo ma garantito dal partito dell’establishment.
Sarebbe il capolavoro (involontario, accidentale, fortunoso vabbè) di Letta, che per l’ennesima volta in anni riuscirebbe a portare al governo l’ex PCI senza che questo abbia davvero vinto le elezioni.
Letta, di suo, si toglierebbe dai piedi i Renzi e i Calenda – secondo alcune ipotesi che si mormoravano a bassa voce, questa era la manovra che voleva fare nel 2019 il segretario piddino Zingaretti, che parlò a Salvini che di lì uscì dal governo: il Papeete sarebbe stato questo, un accordo tra Lega e PD non rispettato da una delle parti – di mezzo, ricorderete, l’accusa di stupro contro il figlio di Grillo, e via complicando. Sono solo voci che si raccoglievano all’epoca: niente di più.
Ora la manovra a Letta potrebbe riuscire: neutralizzare le metastasi è importante per un partito che da mesi è fermo al metabolismo basale, cioè il suo minimo fisiologico di voti – eppure, essendo un gran pezzo dello Stato-partito, governa sempre, arrivando ad autodefinirsi tranquillamente partito del Nuovo Ordine Mondiale.
Il vero vincitore del governo fasciocomunista tuttavia, sarebbe un altro: Mario Draghi. Ve lo abbiamo ripetuto: non se ne andrà, non verrà cacciato mai: il volo del Drago continua, su è giù per la palude, oltre la palude, sopra le torri di Bruxelles e Francoforte.
Draghi sarebbe il garante sotto il cielo del grande sistema internazionale, Banche Centrali e quant’altro che hanno dichiarato alla Russia la prima vera guerra economica della storia, rubando a Mosca 300 miliardi di dollari – e non si era visto neanche coi soldi di Hitler alla Banca di Londra.
Rino Formica ha detto che Draghi, con il discorso fatto al Meeting di CL, si è già offerto alla Meloni come «lord protettore», una figura che non si era ancora vista del tutto in Italia.
«Il lord protettore è chi usa la legge perché egli stesso è la legge, dispone della forza perché egli è la forza, manipola le istituzioni perché è egli stesso le istituzioni, gode della fiducia del potere esteri perché è punto di riferimenti del potere sovranazionale».
Il lord protettore, di certo, in queste ore non sta immobile. Draghi e Mattarella hanno appena firmato la carica del nuovo Giudice Costituzionale Marco D’Alberti, il quale era suo sembra che in carriera sia passato anche per il feudo draghiano, la Banca d’Italia.
Il drago, tuttavia, non sarebbe relegato alla sua tana e ai suoi giretti.
L’analisi indiscreta esce da Dagospia, dopo una lunga scia di bricioline, di cui su Renovatio 21 abbiamo dato conto.
«L’orizzonte di Giorgia Melona si aprirebbe a un governo di emergenza nazionale di un anno con il PD di Letta, sostenuto dai partiti che ci stanno, guidato da Mario Draghi».
In pratica, il governo delle grandi intese fasciocomuniste sarebbe un governo tecnico, e quindi, quale tecnocrate vi viene in mente ora come ora? Suvvia: il più amato dagli italiani, quello che tutti i partitini voterebbero subito, e i partitoni hanno già votato, e sostenuto, in questo anno di disgrazia.
Il garante mondiale, l’uomo del Britannia, è quello che, come si è visto, ci chiede la speculazione internazionale, anche con toni minacciosi.
E allora perché no?
C’è un altro fatto. Come abbiamo già detto qui, vi sarebbero solo due argomenti per il voto: uno è l’introduzione di ulteriori norme di totalismo biosecuritario che seguono il green pass (ne parliamo sotto), l’altro più pressante, è la «realtà»: cioè la Russia. Cioè guerra ed energia – due cose leggermente fondamentali nell’esistenza di Stati e Civiltà.
Come si vede in chiarezza dalle incessanti polemiche con Salvini (e forse, a breve, anche con Berlusconi) la Meloni non è qui, ribadiamo, in una posizione lontana da quella da Letta, anzi è la stesa: armi a Kiev e vai con le sanzioni, pazienza per il gas russo, che non dobbiamo più comprare, perché Putin è cattivo – e ricorderete che era uscita, a inizio conflitto, la notizia che i rappresentanti di FdI beccati a fare il tifo per Mosca sui social sarebbero stati puniti.
È la posizione di Letta, di Londra, di Bruxelles, di Francoforte, di Washington, di Langley – di chiunque. E lo sarà ancora di più ora che, se è vero quel che si dice, l’operazione militare speciale del Cremlino sta per diventare guerra dichiarata, cioè guerra vera e propria.
Due partiti antirussi, filoamericani, disposti a governare su un Paese privato del 40% del combustibile che le serve per lavorare: perché mai non dovrebbero stare insieme? Ripetiamo: politicamente, rispetto al tema dell’ora presente, la Meloni ha più cose in comune con Letta che con Salvini (o Berlusconi, forse).
È bene realizzare che il prossimo governo troverà in eredità un Paese in rovina, con una programmatica cancrena che ne sta consumando gli ultimi organi vitali. Rifiutando l’appeasement con il principale fornitore energetico gasiero, l’esecutivo accelererà il processo di decomposizione: è il fatto è che lo sanno.
Sanno che stanno per regnare su una terra di catastrofe.
Sanno che, come si preparano a fare in Germania e in Gran Bretagna e ovunque, forse dovranno reprimere con durezza mai vista.
Qui può innestarsi il secondo vero tema elettorale, dove FdI e PD possono trovarsi d’accordo: l’implementazione progressiva dello Stato biototalitario che abbiamo visto accendersi con il green pass, e mai più spengersi.
Razionamenti, blackout, carenza di cibo: ecco i circuiti premiali dello Stato divenuto piattaforma per i cittadini virtuosi, che avranno qualche pezzo di pane in cambio all’obbedienza, mentre chi non si sottometterà al marchio tecnoide… beh, abbiamo visto con i vaccini genici che oggi mettere ai margini della società la dissidenza è cosa buona e giusta.
Repressione e biosorveglianza – per una mutazione definitiva della società italiana.
Pensate che esageriamo? Pensate che nessuno, ammesso che lo riescano a vedere, accetterà questo disegno?
In realtà, dovete pensare che Draghi servirà proprio a questo. Draghi sarà il garante non solo presso le superpotenze finanziarie e gli Stati profondi transatlantici: egli sarà l’elegante maggiordomo che scodellerà l’euro digitale, la moneta elettronica assegnata secondo il sistema del green pass – cioè lo strumento della vostra schiavizzazione definitiva.
Pensateci: c’è un momento migliore di questo per far accadere l’«inevitabile» euro digitale?
Con la massa di disoccupati che si creerà, le code fuori dalle mense dei poveri che si allungheranno ancora più che nel 2020, con la quantità di persone oramai addestrate a far dipendere la propria libertà da una app sul telefonino, quale altra tempistica potrebbe essere più propizia?
Vi diranno: eccovi del danaro, pronto per il vostro wallet digitale, prendetelo, la prima dose è gratis, come fanno quelli bravi. In Ucraina hanno fatto così: 30 dollari nella app di ID digitale se ti vaccinavi.
Nel momento in cui accetterete, sarete per sempre proiettati in una piattaforma che non solo sostituisce lo Stato, ma ne amplia i poter in modo pressoché illimitato: deciderà la piattaforma come potete spendere i soldi, dove, quando, perché. Preleverà automaticamente le tasse, preleverà automaticamente le multe, le contestazioni verranno dopo, perché lo Stato di diritto va verso l’inversione definitiva: prima ti puniamo, poi forse ti puoi difendere (pensate ai ban sui social: sono l’avanguardia della società post-costituzionale che stiamo vedendo nascere sotto ai nostri occhi).
Il soldo elettronico ti renderà sempre tracciabili, controllabile. Di più: il «danaro programmabile» ti renderà bloccabile a piacimento – ti tolgo la possibilità di comprare e vendere, ti cancello, ti annullo, ti resetto, ti spengo.
In pratica, la piattaforma e il danaro elettronico faranno di voi, più che degli uomini, dei terminali. Uomini-terminali. Macchine biologiche: come abbiamo detto altre volte, ecco perché parlano di Reset. Puoi resettare le macchine, non gli esseri viventi.
La vita sul pianeta, tuttavia, è esattamente ciò che essi sognano di controllare, e dalla notte dei tempi.
Ora, ci rendiamo conto che è tanta robba da digerire.
Crediamo però sia chiaro a tutti però che i prossimi governi, in Italia come ovunque (in Francia, in Canada, in Sri Lanka, in Ucraina), esisteranno solo se permetteranno i passaggi di cui vi abbiamo parlato. Nell’era in cui l’FBI fa raid a casa dell’ex presidente americano (che ricordiamolo, è protetto a vita, in teoria, dal Servizio Segreto) e contro dozzine di suoi associati, è chiaro che ogni forza politica vagamente contraria al piano sarà schiacciata. Il monopartito si sta caricando in tutto l’Occidente: più chiaro del discorso di Biden, con la scenografia naziste da fumetto, non c’è nulla.
Quindi, governo fasciocomunista dragone sia.
Il suo fine è la nostra sottomissione definitiva – con magari anche una puntina di repressione contro gli ultimi fuochi accesi a difendere l’umanità.
Consolatevi: non è mica una novità, né un cambiamento rispetto ai precedenti.
È che questo uscirà con piena, fresca legittimazione elettorale.
Un motivo in più per capire con quanta forza sarà attaccato il vostro dissenso – cioè il vostro pensiero.
Un motivo in più per custodirlo con fierezza, e con tutta la forza che vi rimane.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube; modificata
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
Iscriviti al canale Telegram
Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
-
Persecuzioni2 settimane fa
Il ministro israeliano Katz: suore e clero cristiano saranno considerati terroristi se non lasceranno Gaza
-
Spirito2 settimane fa
Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»
-
Ambiente2 settimane fa
Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso
-
Cancro1 settimana fa
Tutti i vaccini contro il COVID aumentano il rischio di cancro, conclude un nuovo studio
-
Civiltà2 settimane fa
«Pragmatismo e realismo, rifiuto della filosofia dei blocchi». Il discorso di Putin a Valdai 2025: «la Russia non mostrerà mai debolezza o indecisione»
-
Spirito1 settimana fa
Il vescovo Schneider: i cattolici devono adorare Cristo, non l’ideologia LGBT o l’agenda climatica
-
Salute2 settimane fa
I malori della 40ª settimana 2025
-
Misteri4 giorni fa
La verità sull’incontro tra Amanda Knox e il suo procuratore. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini