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Il Drago continua. La palude pure.

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Quindi, sembra di capire che saremmo al capolinea del governo Draghi. Almeno, del Drago-1.

 

Il primo ministro è salito due volte al Colle (sentite quanta italica gravitas in quest’espressione!) a rassegnare le dimissioni dinanzi al Presidente della Repubblica.

 

Il quale le ha respinte, rinviandolo alla Camere mercoledì. Questa cosa delle dimissioni respinte non l’abbiamo mai capita: uno se ne vuole andare perché sente di aver fallito, perché è arrabbiato con i colleghi, perché è malato, per gli affari suoi, ma il padrone ti dice «e invece stai qua e lavori».

 

Boh. Del resto il lettore accorto sa bene che del figlio di Bernardo Mattarella per motivi legali, non possiamo scrivere più di tanto. Rassegnatevi.

 

Quindi, la faccenda è questa: al voto non ci vuole andare nessuno, tranne una piccola fronda piddina filo-grilla (Boccia, Orlando) convinta che si si va alle urne al volo il M5S sarebbe costretto ad allearsi al PD, racimolando così gli ultimi rimasugli elettorali a cinque stelle – in ispecie al Sud.

 

Tutti gli altri, dall’idea di votare fuggono a gambe levate. Salvini frena come può, sa che con l’abbrivio, giocando sul pedale, può riuscire a rimanere al volante della Lega, e ripartire come vuole e con chi vuole tra un po’. Si mormora che stia avvenendo pure l’indicibile: Renzi e Letta si stanno parlando (ricordate quella cerimonia della campanella di quasi dieci anni fa?) perché spingono ambedue per il Draghi-bis. Che è un’ipotesi più che plausibile, che vedremo poco sotto.

 

Il risultato sarebbe, a quanto ci è dato di capire, l’eliminazione dell’elemento alieno in Parlamento, ossia il M5S con sopra Conte, vero intruso della situazione, che con le sue mosse erratiche ed ottuse non ha davvero nessun senso nell’odierna situazione di concertazione assoluta, quella che dobbiamo chiamare, su suggerimento di Rino Formica, lo Stato-partito.

 

Nella palude, le creature minori, non adattate all’ecosistema, vengono divorate da chi con l’ambiente palustre ha dimestichezza. Pace.

 

Liquidato l’avvocato del popolo, che ha un malloppo di seggi senza sapere cosa farci (del resto mica è stato votato, né ha fatto parte del partito), si può andare avanti in tranquillità. La scissione di Giggino di Maio, lapalissianamente, a questo serviva. Ora si va oltre: Conte sarà emarginato e dimenticato, con tutta la schiera di dimenticabili peones vincitori della lotteria Casaleggio che si porta dietro (sempre senza sapere bene perché, né per cosa).

 

E ora?

 

Diremo che il Draghi-bis sembra inevitabile: basta alterare un po’ la maggioranza, biodegradare qualche partitino acefalo, aprire un minimo mercato delle vacche e ci siamo.

 

Draghi incredibilmente nelle comunicazioni di queste ore parla dei rischi per la sua «credibilità personale»: eccerto, la Nazione va allo sfascio, mentre l’Europa abbrucia, e il tizio del Britannia, giustamente, pensa al personal branding.

 

Ciò ci spiega in chiarezza che non è davvero preoccupato di quel che accadrà. Questo sito, a differenza di tanti altri, dopo la fallita ascesa al Colle del Drago, è rimasto dell’idea che al Quirinale esso è destinato comunque sia al prossimo giro. C’è tempo, tuttavia.

 

Qualora non dovesse tornare Draghi, le opzioni di cui si vocifera sono Amato (l’immortale, il dottor sottile, l’unico socialista non frantumato da Tangentopoli, premier durante il mercoledì nero 1992 in cui Soros distrusse la lira italiana guadagnandoci miliardi di dollari) oppure Frattini (il giudice del Consiglio di Stato amico degli animali che, correndo anche lui verso il Quirinale, ha ribaltato la sentenza TAR sulla libertà dei medici rispetto alla «tachipirina e vigile attesa» del governo).

 

Noi aggiungiamo il nome di Colao, il tecnocrate che piace a Mattarella, che lo aveva infilato nella grottesca idea della Task Force pandemica di geni impegnati a salvare l’Italia, che l’ex top manager Vodafone guidava comodamente dalla sua magione londinese. Avrete notato: dopo mesi in cui si era inabissato attirandosi sibili velenosetti (ma questo serve davvero?), ora è riemerso con conferenze stampa fluviali e interviste chilometriche in cui loda tutti i partiti ribadendo però di essere unico al mondo.

 

Ad ogni modo, niente paura: non cambia nulla. Anzi: se non si va a elezioni qui siamo pure più felici. Perché, lo avrete notato, non c’è un solo partito, un singolo cognome, a cui dare il voto.

 

No. Non uno – compresa anche e soprattutto la cosiddetta opposizione della Giorgia Melona. Sono tutti, senza eccezione, dei traditori. Sono personaggi che vi hanno imprigionato e impoverito, che vi hanno schiavizzato e canzonato, per mettervi poi – ciliegina sulla torta della decrescita pandemica e post-pandemica – a rischio di annientamento termonucleare.

 

Così, forse ingenuamente, crediamo che il momento del voto non sia ora: non prima di aver visto organizzare, magari anche solo per tentativo, un qualche soggetto vagamente presentabile, che non sembri il coacervo verminoso e putrescente che vorrebbe farsi votare adesso come «opposizione al sistema». Avete presente: avanzi 5 stelle, dei più rancidi. Partitelli di dilettanti paracattolici stupidamente altezzosi quanto vacui (di pensieri, di voti). Accozzaglie di medici e avvocati youtubari paraculi fino al parossismo. Sindacalisti spaccatutto con il superpotere di diventare rapidamente invisibili, e di fidarsi per ingenuità di chiunque (di senatori, di se stessi). C’è perfino, che circola, forse perfino una trappoletta dell’establishment, che i maligni dicono messo in piedi in funzione carta moschicida da qualche apparato dello Stato profondo italiota.

 

Sì, avete presente. Lo spettacolo è francamente rivoltante. È invotabile – perfino per chi nel voto non crede.

 

Quindi, bene così, e non preoccupiamoci – perché la maschera è calata, perché, come raccomanda Sun Tzu nell’Arte della Guerra come condizione per la battaglia, il nemico si è rivelato.

 

Il disegno oramai, se leggete Renovatio 21, lo conoscete.

 

Sto pensando che per vederlo riflesso, in queste ore, dobbiamo tornare all’esempio dello Sri Lanka. Un Paese diversissimo, certo, dall’Italia, ma fino ad un certo punto.

 

Colpisce come la fame, il collasso energetico siano arrivate a Ceylon con politiche distruttrice venute fuori, quelle dell’ONU e del World Economic Forum. Il premier che avevano messo lì da maggio, Weckremesinghe, è un uomo di Davos. Tuttavia, la cosa interessante era che era stato già premier con il governo precedente, quello di Sirisena, prima che tornassero gli avversari, i crudeli fratelli Rajapaksa responsabili dell’eccidio di almeno 20 mila Tamil nel 2009 (crimine contro l’umanità sul quale la Comunità internazionale, Putin compreso, sì, nulla ha avuto da eccepire).

 

Insomma: era un governo multicolore anche quello di Ceylon. Opposizione e maggioranza assieme, clan nemici da decenni governano insieme. Come in Germania. Come, da qualche mese, anche in Italia – sempre più grottescamente, certo.

 

Voglia dire: siamo nella fase in cui la politica, con le sue differenze, è sottomessa e resa vestigiale. Contano solo gli ordini mondialisti, da eseguire alla lettera. E il risultato è fame, blackout e violenza a livelli apocalittici.

 

Avrete capire dove voglio andare a parare: i comandi della Necrocultura globalista hanno camerieri anche in Italia. E anche un capo maggiordomo.

 

Quindi, il programma va avanti. Sappiamo peraltro che è un programma incentrato sulla nostra stessa distruzione. Ce lo hanno detto in tutti i modi, apertis verbis. Ricordate la storia della «distruzione creativa» promossa dal Gruppo dei 30 guidato da Draghi?

 

Il ruolino di marcia ora prevede forse un altro po’ di green pass, magari nemmeno per il virus, ma per la siccità, per l’inflazione, per la mancanza di riscaldamento, per la crisi economica totale, per la guerra. Razionamenti, interruzioni di energia elettrica, magari pure un bello shock di guerra diretta: è una mossa cinica e facile, attacchi i russi, che non si fanno pregare per risponderti, ma tanto dell’Ucraina, della guerra, dell’Italia, dell’Europa, non ti frega niente, perché il tuo fine è impaurire e schiavizzare ancora più profondamente la popolazione.

 

Ecco, distruggeranno ancora di più per introdurre quest’idea del sistema premiale, dove i tuoi diritti, il tuo sostentamento, ti vengono erogati solo se sei allineato e obbedisci. Devasteranno le vostre case, le vostre vite e quelle dei vostri cari, vi sostituiranno per installare la piattaforma che deve contenere la vostra esistenza.

 

I Draghi servono a questo. E le paludi che li circondano, fatte dei nostri voti marciti, della nostra incapacità di essere rispettati e di cacciare le creature parassite che vi si ingenerano, sono lì per proteggere i grandi rettili terrifici che gli stregoni delle tenebre hanno destinato alla devastazione del nostro villaggio.

 

Fino a che non si bonificherà, sarà così. Fino a che non emergeranno i cacciatori di draghi, questi continueranno la loro opera.

 

Sta a noi.

 

Per questo, chiudiamo con un messaggio di servizio a quanti ci leggono e conoscono la sincerità e la determinazione di queste pagine. Scriveteci, rimaniamo in contatto, seguiteci. Avremo voluto aprire un forum, per scambiare le idee con i lettori, ma non ne abbiamo i mezzi – e temiamo le infiltrazioni di chi poi ci infila porcherie per far saltare tutto in aria. Di nostro, possiamo dirvi, che stiamo tentando di ripristinare gli incontri di persona, le conferenze in giro per l’Italia, come prima del virus cinese.

 

Questo è per dire che Renovatio 21 non sono solo gli articoli che leggete: è, concretamente  la forza, materiale e spirituale, che voi che state leggendo offrirete in questa guerra spaventosa.

 

Se vi riconoscete in quello che ho scritto qui sopra, significa che siete portatori di qualcosa di preziosissimo: la lucidità. E forse di qualcosa ancora di più introvabile, della sostanza più rara dell’Universo: la volontà.

 

Dovete capire che questo è un tesoro che in questo momento non dovete sprecare per niente al mondo. Non è nemmeno qualcosa che vi appartiene: probabilmente vi è stato concesso per combattere la battaglia contro le Forze del Male, per il bene dell’umanità assediata dai mostri.

 

È con la presenza, dei nostri corpi e dei nostri spiriti, che vinceremo.

 

Di questo dovete essere certi. Perché sta scritto.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di Pierre-Lagarde via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)

 

 

 

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Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

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I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.

 

L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.

 

Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.

 

Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.

 

Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.

 

Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.

 

Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.

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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.

 

Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.

 

Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.

 

Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.

 

Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.

 

I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.

 

Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».

 

Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.

 

Patrizia Fermani

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Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

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Le nazioni devono basarsi sulle proprie tradizioni storiche e spirituali, oltre che su una «visione sovrana del mondo», mentre plasmano il loro avvenire, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio scritto ai partecipanti del II Simposio Internazionale «Inventare il Futuro» a Mosca. L’evento, in programma il 7 e 8 ottobre, accoglierà oltre 7.000 partecipanti provenienti da quasi 80 Paesi.   Discussioni aperte e innovative sul futuro dell’umanità supportano i governi nel rispondere adeguatamente alle nuove sfide, ha osservato il presidente russo. «Le conclusioni e i risultati di un dialogo così profondo e sostanziale sono di grande valore», ha aggiunto Putin. «Sono fiducioso che dobbiamo creare il nostro futuro sulla base di una visione del mondo sovrana».   Promosso su iniziativa del presidente russo, il simposio comprende circa 50 eventi, organizzati in tre aree tematiche: società, tecnologia e cooperazione globale. Il forum ospiterà oltre 200 relatori provenienti da Russia, Cina, Stati Uniti, Italia e da Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente e Sud-est asiatico, che discuteranno di temi che spaziano dalle sfide demografiche all’intelligenza artificiale (IA) e all’esplorazione spaziale.

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Nel primo giorno del simposio si è svolta una tavola rotonda incentrata sul futuro delle tecnologie di intelligenza artificiale e sul loro potenziale di diventare non solo uno strumento professionale di nicchia, ma una base per un’infrastruttura globale e un nuovo «linguaggio della realtà» per governi e imprese private.   Un altro dibattito tenutosi martedì si è concentrato sulle prospettive di collaborazione tra Russia e Africa nei prossimi decenni, fino al 2063. Mosca mira a rafforzare i legami con il continente, promuovendo attivamente la condivisione di tecnologie con le nazioni africane, contribuendo a garantire la sicurezza regionale e sostenendo la sovranità degli attori locali, oltre a favorire un approccio più equo nelle relazioni internazionali.   Al forum del Club Valdai, a Sochi, giorni prima Putin aveva parlato dei «valori tradizionali» anche in merito alla «disgustosa atrocità» dell’assassinio di Charlie Kirk.   «Sapete, questa disgustosa atrocità, e ancora di più, dal vivo», ha detto Putin a un forum organizzato dal Valdai Discussion Club a Sochi, in Russia. «In effetti, l’abbiamo vista tutti, ma non so, è davvero disgustoso. Era orribile». «Prima di tutto, naturalmente, porgo le mie condoglianze alla famiglia del signor Kirk e a tutti i suoi cari», ha continuato il leader russo. «Siamo solidali e solidali, soprattutto perché ha difeso quei valori tradizionali».   Putina aveva aggiunto che la sparatoria mortale è il segno di una «profonda frattura nella società», secondo Reuters. «Negli Stati Uniti, non credo ci sia bisogno di aggravare la situazione all’esterno, perché la leadership politica del Paese sta cercando di ristabilire l’ordine a livello nazionale», ha affermato Putin.

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La questione di Heidegger

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Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».

 

Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».

 

Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.

 

Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.

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Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.

 

Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.

 

L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.

 

Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.

 

 

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Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

 

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