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I servizi italiani ammettono: le spie morte sul Lago Maggiore stavano incontrando il Mossad in missione

A dieci mesi di distanza dalla tragedia, è emersa per la prima volta quella che si può definire una sorta di «versione ufficiale» sulla morte di due agenti dell’AISE (i servizi segreti esterni della Repubblica Italiana), che persero la vita annegati nel lago Maggiore il 28 maggio 2023. Lo riporta la testata di Enrico Mentana Open, già nota per la sua opera di forsennato fact-checking anche per conto di Facebook.
L’incidente avvenne durante una tempesta che colpì l’imbarcazione Gooduria, a bordo della quale si trovavano insieme a colleghi italiani e agenti del Mossad, il noto ed assai temuto servizio segreto israeliano.
Attualmente è in corso un’inchiesta giudiziaria per fare luce su questo episodio, con lo skipper della barca, che sarebbe indagato. L’uomo nel disastro aveva anche perso la moglie, mentre la quarta vittima dell’insolito naufragio su un lago sarebbe un agente del Mossad riportato come «in pensione».
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Nel dopo-tragedia, il governo italiano si limitò a esprimere le condoglianze alle famiglie dei due agenti dell’AISE deceduti, senza fornire alcuna spiegazione riguardo alla controversa gita in barca che portò alla perdita di vite umane.
La barca, progettata per 15 passeggeri, trasportava invece 23 persone, di cui 21 appartenenti ai servizi segreti italiani e israeliani, scrive il giornale online mentaniano.
Non è stata resa nota nessuna versione ufficiale dei fatti, ma solo informali ricostruzioni. Inizialmente si parlò di un’escursione turistica tra ex colleghi che avevano lavorato insieme in passato su casi comuni – in pratica una bella scampagnata lacustre tra colleghi del mondo dello spionaggio.
Successivamente si sarebbe diffusa la notizia di un incontro di lavoro a Milano tra agenti italiani e israeliani, e poiché questi ultimi avevano perso il volo di ritorno a Tel Aviv, decisero di prolungare il loro soggiorno in Italia con una gita sul Lago Maggiore, affittando la barca poi finita nella tempesta; il proprietario dell’imbarcazione, secondo quanto fu riportato, in precedenza aveva collaborato con i servizi italiani.
Si disse poi che l’occasione potesse essere stata utilizzata per festeggiare il compleanno di uno dei passeggeri a bordo: insomma, torta, candeline e «tanti auguri a te» ma tra barbe finte.
Con l’assenza di comunicazioni ufficiali, sono emerse numerose ipotesi da parte dei media, che spaziavano dalla caccia a oligarchi russi nella zona, fino a indagini su possibili legami con terroristi arabi.
Il governo dalla Repubblica non ha dato risposta alle varie interrogazioni parlamentari sollevate in merito all’incidente.
In occasione della Giornata della Memoria del 2024, per onorare i caduti dei servizi segreti italiani, la parete della memoria presso Palazzo Dante, sede del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, la centrale dello spionaggio a protezione degli interessi politici, militari, economici ed industriali d’Italia), ha ampliato le biografie dei sei caduti fino ad ora ricordati, inclusi i due agenti naufragati sul lago Maggiore
Le ultime cinque righe delle loro biografie sono identiche e contengono una verità ufficiale che non era mai rivelata fino ad oggi sulla loro scomparsa.
«Perde la vita», è scritto nelle righe della biografia, «nelle acque del Lago Maggiore il 28 maggio 2023, nel corso dello svolgimento di una delicata attività operativa con Servizi Collegati Esteri».
Questa ricostruzione conferma che i 23 non erano presenti per una festa o un’escursione di piacere, ma per una missione operativa «delicata». Questo potrebbe spiegare perché non hanno tenuto conto dell’avviso meteorologico e non si sono rifugiati in porto quando hanno visto l’arrivo della tempesta.
Rimane, tuttavia, lo stesso mistero di allora: chi o cosa stavano cercando gli agenti italiani e israeliani, mettendo a rischio le loro vite?
«Gli italiani sono stati evacuati in tutta fretta dai pronto soccorso e dagli hotel tra Sesto Calende e la Malpensa, dove non risulta traccia del loro pernottamento» scrive Repubblica che nota come gli agenti italiani e israeliani, sbalzati fra le acque lacustri, sono stati salvati da altri natanti, motoscafi, perfino moto d’acqua.
Come riportato all’epoca da Renovatio 21, il relitto, va notato, non è stato subito recuperato: ha fluttuato a 16 metri di profondità e a 150 metri dalla riva. Le operazioni per riportarlo a galla con palloni ad aria compressa sarebbero fallite.
«Se all’interno del relitto dovesse essere trovata qualche valigetta contenente dei documenti degli 007, in caso fossero ancora leggibili nonostante l’acqua, la presidenza del Consiglio dei ministri potrebbe invocare il segreto di Stato» scrive ancora Il Messaggero. Di nostro, immaginiamo che, eventualmente, ci sia stato un certo traffico di sub non solo italiani e/o israeliani in quel ramo del lago.
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Non è la prima volta che saltano fuori strane storie lombarde di servizi israeliani. L’«ombra del Mossad» era stata invocata da qualche giornale, anche nel caso del piccolo Eitan, il bambino unico sopravvissuto della strage di Mottarone, quella della funivia crollata. Come riportato dalle cronache, il nonno materno – definito da Il Giornale come «ex militare, con un piede nei servizi segreti» – portò via Eitano, che è anche cittadino italiano, imbarcandolo in un volo privato in Svizzera.
Ombre ancora più dense si erano viste con il caso della strage dell’AMIA a Buenos Aires nel 1994, che causò 85 vittime. Secondo quanto scrisse nel 2015 il Corriere della Sera, «dieci giorni prima dell’attentato del ‘94» un personaggio legato allo spionaggio Brasiliano era a Milano dove «parlò con le autorità diplomatiche israeliane, argentine e brasiliane» annunciando che «in Argentina sarà strage di ebrei».
Non si tratta dell’unica traccia dell’immane strage di ebrei argentini che portò in Lombardia, in particolare in quel ramo del Lago di Como.
Un ulteriore articolo del Corriere sulla misteriosa morte del giudice argentino Nisman che indagava sul massacro, scrive che «nella rete investigativa rimangono recapiti in Iran, Belgio, Austria, Libano. Più avanti – ci spiegano le fonti – se ne troveranno altri in Italia, alla Fiera di Milano e in un paese nei pressi di Como dove vivono un paio di sciiti libanesi. Il traffico dei telefoni si arresta quando l’attentatore suicida si fa saltare per aria davanti all’associazione ebraica di Buenos Aires».
Insomma, da considerare c’è anche il khomeismo comasco, che molti lettori avranno sicuramente sottovalutato.
Difficile comprendere bene il quadro che potrebbe comporsi, anche perché magari – chissà! – potrebbe dipanarsi in decenni diversi.
Rimane la bizzarria assoluta del caso presente: un evento meteorologico improvviso che attacca una barca di spie in un lago lombardo è qualcosa che non abbiamo visto in nessuna spy-story, né in film, né in romanzi.
Le attuali rivelazioni non aiutano a penetrare la stramberìa dell’accaduto.
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La Danimarca vuole vietare i social agli adolescenti

Il governo danese ha annunciato l’intenzione di vietare l’uso di diverse piattaforme di social media ai minori di 15 anni, come dichiarato dal primo ministro Mette Frederiksen.
Nel suo discorso al parlamento di martedì, Frederiksen ha espresso preoccupazione per l’impatto dei social media sui giovani. «I telefoni cellulari… stanno rubando l’infanzia dei nostri figli», ha affermato, aggiungendo che «abbiamo scatenato un mostro», notando che quasi tutti gli studenti danesi di seconda media, generalmente tra i 13 e i 14 anni, possiedono già un cellulare.
Tuttavia, il primo ministro non ha fornito dettagli specifici sul divieto proposto, né su come sarà implementato o quali piattaforme saranno coinvolte.
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La decisione arriva in concomitanza con un rapporto sul benessere commissionato dal governo, che ha rivelato che il 94% dei giovani danesi aveva un profilo sui social media prima dei 13 anni, nonostante le restrizioni sull’età minima di molte piattaforme. Il rapporto ha anche evidenziato che i bambini tra i 9 e i 14 anni trascorrono in media circa tre ore al giorno su TikTok e YouTube.
Un rapporto del 2025 dell’Autorità danese per la concorrenza e i consumatori ha mostrato che il 10% dei giovani utenti spesso si pente del tempo trascorso online, il 21% ha difficoltà a disconnettersi e il 29% supera il tempo che intendeva dedicare alle piattaforme preferite.
Secondo Statista, nel 2024 Facebook è rimasto il social network più utilizzato in Danimarca, con l’83% della popolazione, seguito da Instagram al 65%, Snapchat al 51% e TikTok al 34%.
Nel 2024, un’iniziativa popolare, sostenuta da 50.000 firme, ha proposto di vietare TikTok, Snapchat e Instagram ai minori. A febbraio, seguendo le raccomandazioni della Commissione per il benessere, la Danimarca ha introdotto misure per vietare i telefoni cellulari nelle scuole.
Come riportato da Renovatio 21, uno studio emerso pochi mesi fa prova che i social danneggiano soprattutto il sonno e la salute mentale delle bambine.
Uno studio sui comportamenti salutari nei bambini in età scolare, supportato dall’OMS, ha rilevato che nel 2022 l’11% degli adolescenti in Europa, Asia centrale e Canada ha riportato un uso problematico dei social media, in netto aumento rispetto al 7% del 2018. Questo comportamento simile alla dipendenza, caratterizzato da perdita di controllo, sintomi di astinenza e conseguenze negative sulla vita, era più comune tra le ragazze (13%) rispetto ai ragazzi (9%).
Come riportato da Renovatio 21, vari studi hanno mostrato che gli smartfoni sono collegati ad ansia e depressione negli adolescenti.
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Come riportato da Renovatio 21, in questi ultimi mesi sono stati condotti anche studi sulla confisca degli smartphoni a giovani con personalità narcissitica.
Come riportato da Renovatio 21, un altro studio sul tema di pochi anni fa spiegava che il tempo che trascorriamo sul telefono potrebbe minacciare la nostra salute a lungo termine. Un numero crescente di prove suggerisce che il tempo che passiamo sui nostri smartphone interferisce con il sonno, autostima, relazioni, memoria, capacità di attenzione, creatività, produttività e capacità di risoluzione dei problemi e decisionali.
Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone.
Vi è da considerare anche il problema del tracciamento delle attività dei ragazzi, perché lo spionaggio permesso alle app è, secondo CHD, di «scala scioccante».
Curiosamente, anche il governo italiano ha definito lo smartphone per gli studenti come una droga «non diversa dalla cocaina».
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