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I democratici e l’uso del vaccino come arma politica

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Victor David Hanson, professore di storia antica e polemologo presso l’Università di Stanford in California, ha analizzato la questione del vaccino come «arma politica».

 

Secondo il professor Hanson, il Partito Democratico USA ha «militarizzato» («weaponized») la questione vaccinale, e questo spiega la diffidenza di molti gruppi umani interni alla società americana.

 

«Sarebbe sempre stato uno sforzo erculeo vaccinare, con un vaccino non provato, una nazione multietnica di 330 milioni di persone, in un vasto continente, in un’epoca in cui i media distorcono abitualmente le notizie quotidiane» scrive Hanson in un articolo comparso su AmGreatness.

 

«Alcune minoranze hanno comprensibilmente nutrito diffidenza nei confronti dei precedenti programmi di vaccinazione del governo. Quasi 40 milioni di stranieri residenti in America provengono da paesi in cui i governi corrotti avevano da tempo perso la fiducia della popolazione».

Il calendario vaccinale è in qualche modo coinciso con quello elettorale

 

«Il movimento anti-vaccinazione era diffidente nei confronti di ciò che il governo riteneva sicuro, data la fretta di produrre metodologie di inoculazione dell’mRNA precedentemente non sperimentate. I poveri delle campagne e dei centri urbani a volte non erano così facilmente raggiungibili, tanto meno persuasi.
Eppure la politica ha giocato il ruolo più ostruttivo all’inizio».

 

«Il candidato Joe Biden ha parlato grandiosamente di far rivivere il Production Board della seconda guerra mondiale. Ha deliberatamente omesso che è stato Donald Trump a emulare la mobilitazione delle imprese private di FDR sotto gli auspici del governo. Trump ha offerto tutele legali alle aziende per accelerare la loro ricerca e sviluppo, nella speranza che la concorrenza, i profitti e la supervisione pubblica si traducano in vaccinazioni COVID-19 appena 10 mesi dopo l’esplosione della pandemia. E ha funzionato».

 

Hanson ricorda che il calendario vaccinale è in qualche modo coinciso con quello elettorale:

 

«Il dottor Anthony Fauci, nei giorni in cui ancora si spacciava per un professionista bipartisan, aveva respinto l’idea di qualsiasi vaccinazione praticabile nell’anno elettorale 2020. Joe Biden dubitava pubblicamente che gli sforzi di vaccinazione di Trump avrebbero funzionato o sarebbero stati sicuri».

 

«In un dibattito televisivo nazionale, la candidata alla vicepresidenza Kamala Harris ha detto vergognosamente che non sarebbe mai stata vaccinata con nessun vaccino associato al presidente Trump. Tutto ciò si è rivelato un messaggio disastroso per una nazione già scettica»

Insomma, vi è stato un momento, prima del controverso insediamento di Biden alla Casa Bianca, in cui i Democratici sembravano voler aumentare la vaccine hesitancy, quella resistenza alla vaccinazione che ora pare essere la loro prima preoccupazione.

 

«In un dibattito televisivo nazionale, la candidata alla vicepresidenza Kamala Harris ha detto vergognosamente che non sarebbe mai stata vaccinata con nessun vaccino associato al presidente Trump. Tutto ciò si è rivelato un messaggio disastroso per una nazione già scettica».

 

Il professore nello strano start del vaccino tira in ballo anche Big Pharma:

 

«Pfizer aveva promesso un annuncio rivoluzionario sulla vaccinazione alla fine di ottobre, alla vigilia delle elezioni. Poi è rimasta misteriosamente in silenzio, solo per annunciare improvvisamente la riuscita della sua ricerca, solo pochi giorni dopo il voto del 3 novembre».

 

Poi si è arrivati a vere e proprie menzogne:

 

«Joe Biden ha continuato la politicizzazione del programma di vaccinazione dichiarando in modo bizzarro e falso alla CNN che non erano state somministrate vaccinazioni fino a quando non è entrato in carica».

 

Invece lo stesso Biden è stato vaccinato per la prima volta il 21 dicembre in diretta televisiva, quando Trump era ancora tecnicamente presidente.

 

Lo stato di emergenza serve politicamente anche a connettere sui media i non-vaccinati ai trumpiani. Un fenomeno che stiamo vedendo anche in Italia, e in Germania, Francia, etc: si sostiene sui giornali che la protesta contro vaccini e green pass sia partecipata se non totalmente orchestrata da loschi gruppi di estrema destra

Lo stesso Biden aveva promosso la libertà ai vaccinati, addirittura la possibilità di fare il tradizionale barbecue in giardino per la festa nazionale americana del 4 luglio. Abbiamo visto tutti che non è stato così.

 

Lo stato di emergenza serve politicamente anche a connettere sui media i non-vaccinati ai trumpiani. Un fenomeno che stiamo vedendo anche in Italia, e in Germania, Francia, etc: si sostiene sui giornali che la protesta contro vaccini e green pass sia partecipata se non totalmente orchestrata da loschi gruppi di estrema destra.

 

In America era scattata subito anche l’etichetta più infamante e più usata in questi anni: razzista. Chi non si vaccina, è razzista. Razzista perché non vaccinato, perché trumpiano, perché non vaccinato trumpiano: quel che è: non è possibile usare la logica per spiegare i marchi della vergogna distribuiti dai padroni del discorso in questi ultimi anni.

 

I bianchi non si vaccinano, perché sono razzisti, sono i tiranni responsabile di tutti i mali dell’America dal 1600 ad oggi: questo pensiero si chiama Critical Race Theory ed è insegnato ai soldati dell’esercito come ai bambini delle elementari – anche private.

 

«La verità era che, a parte gli americani asiatici, i bianchi erano in percentuale i più vaccinati della popolazione» ricorda invece Hanson.

 

«Le élite hanno affermato che gli stati meridionali arretrati come l’Alabama e il Mississippi non erano solo in ritardo nei loro tassi di vaccinazione, ma mettevano in pericolo gli americani vaccinati resuscitando un virus ora in costante mutazione. Ancora una volta, in verità, i bassi tassi di vaccinazione tra le popolazioni afroamericane nel sud erano una ragione principale ma non detta per cui le maggioranze non erano state vaccinate».

 

«La fusione media-governo ha accusato i “super-diffusori” non vaccinati di aver infettato a volte quelli già vaccinati, come se gli oltre 100 milioni di adulti ancora non completamente vaccinati fossero dei furfanti di Stati repubblicani che imballavano i bar  e partecipavano a raduni motociclistici»

«La fusione media-governo ha accusato i “super-diffusori” non vaccinati di aver infettato a volte quelli già vaccinati, come se gli oltre 100 milioni di adulti ancora non completamente vaccinati fossero dei furfanti di Stati repubblicani che imballavano i bar  e partecipavano a raduni motociclistici».

 

La realtà invece è che «la scorsa estate oltre 1.000 fornitori di servizi medici avevano concesso esenzioni generali esclusivamente ai manifestanti Black Lives Matter», pericolosamente assembrati in massa nelle strade per settimane intere per manifestare.

 

C’è poi la questione dell’immigrazione:

 

«Attualmente, è previsto da Washington che due milioni di stranieri illegali attraversino il confine meridionale nel prossimo anno, con impunità legale, ma senza vaccinazioni o test COVID-19».

 

Gratta il progressismo e ci trovi il totalitarismo. Gratta il democratico e ci trovi il fascista. Dite che in Italia sia diverso?

Così come i neri che hanno saccheggiato e incendiato intere città durante i moti seguiti alla morte del criminale drogato George Floyd, a ricevere un lasciapassare pro-assembramenti vi è anche un’altra categoria di elettori solitamente progressisti:

 

«Un recente scoppio di COVID-19, anche tra i vaccinati a Provincetown, nel Massachusetts, non era dovuto ai Neanderthal di destra. Era attribuibile alle celebrazioni annuali del gay pride in cui alcune migliaia di festaioli pullulavano nei bar, club, ristoranti e hotel» ricorda il professore della Hoover Institution.

 

C’è poi, sempre per restare in casa Democrat, l’ex presidente Barack Obama che avrebbe dovuto ospitare 500 ospiti e 200 membri dello staff nella sua tenuta della prestigiosissima località di Martha’s Vineyard. Come riportato da Renovatio 21, si sono poi contati almeno 74 positivi in tutta l’isola che ospitava il festone di compleanno dell’ex presidente di origine havaiano-kenyota.

 

Il resto degli USA, a differenza dei ricchi e famosi invitati di Obama, dei devastatori BLM, e dei festanti delle iniziative gay, è condannato alla mascherina, anche da vaccinato.

 

Il tutto mentre Fauci, idolo dei Progressisti di cui alcuni però intravedono un brutto crepuscolo, «ha già confessato di aver mentito sulle mascherine e sull’immunità di gregge, presumibilmente per il bene della gente».

 

Il vaccino, la mascherina, sono un simbolo politico – un segno di sottomissione. Non è quindi una sorpresa vedere i partiti progressisti – quelli che chiedono un controllo tecno-politico su ogni ambito della vita umana – impegnarsi tanto da renderli non solo politicizzati, ma «militarizzati».

 

Gratta il progressismo e ci trovi il totalitarismo. Gratta il democratico e ci trovi il fascista.

 

Dite che in Italia sia diverso?

 

 

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Politica

Il governo israeliano chiude Al Jazeera

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Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha votato all’unanimità per fermare le operazioni in Israele dell’emittente televisiva qatariota Al Jazeera, ha affermato il governo in una nota.

 

Israele accusa da tempo Al Jazeera, che rimane uno dei pochi canali di informazione internazionali ad avere corrispondenti sul campo a Gaza, di mostrare pregiudizi nei suoi confronti e di cooperare con i militanti di Hamas. L’emittente ha negato le accuse.

 

Netanyahu domenica si è rivolto a X per annunciare lo sviluppo, scrivendo che «il governo da me guidato ha deciso all’unanimità: il canale di istigazione Al Jazeera sarà chiuso in Israele».

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Poco dopo, il ministro israeliano delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha dichiarato di aver firmato l’ordine di limitazione delle operazioni dell’emittente, che entrerà in vigore immediatamente.

 

L’hardware «utilizzato per fornire i contenuti del canale», comprese le apparecchiature di editing e routing, fotocamere, laptop e alcuni telefoni cellulari, verrà sequestrato, ha scritto Karhi su X.

 

La decisione del governo israeliano è in linea con una legge approvata dal parlamento del Paese, la Knesset, in aprile, che consente la chiusura temporanea in Israele delle emittenti straniere ritenute una minaccia alla sicurezza nazionale durante il conflitto a Gaza. Secondo la normativa, il divieto prevede la ricertificazione ogni 45 giorni.

 

Il capo di Al Jazeera in Israele e nei territori palestinesi, Walid Omary, ha insistito sul fatto che la mossa del gabinetto di Netanyahu è «pericolosa» e motivata esclusivamente da considerazioni politiche. Il team legale dell’emittente sta preparando una risposta al divieto, ha detto Omary a Reuters.

 

Il corrispondente di Al Jazeera a Gaza, Hani Mahmoud, ha affermato che i palestinesi percepiscono la chiusura del canale di notizie come «una mossa disperata per impedire un’equa copertura di ciò che accade sul campo» nell’enclave.

 

Al Jazeera ha «documentato le atrocità» e «gli atti che vanno contro la legge internazionale sui diritti umani», ha affermato Mahmoud, aggiungendo che questo era “qualcosa che non è piaciuto molto al governo israeliano”.

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Il bilancio delle vittime degli attacchi aerei e dell’offensiva di terra in corso da parte di Israele a Gaza ha già raggiunto 34.654 persone, mentre altre 77.908 sono rimaste ferite, secondo il ministero della Sanità dell’enclave palestinese.

 

Al Jazeera aveva riportato molte delle atrocità commesse dalla Stato Ebraico, tra cui il video dell’eliminazione via drone di alcuni ragazzi che sembravano camminare tranquillamente tra le macerie. Il filmato fece parlare di «genocidio massivo robotizzato».

 

Al Jazzera è controllata dal Qatar, Paese sponsor dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è una derivazione. Doha, si dice, sarebbe stato il primo Paese del Golfo ad aver rapporti non ufficiali con lo Stato degli ebrei.

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Politica

Tokyo, governo sconfitto alle suppletive, sempre più basso il consenso per Kishida

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Si è votato in tre circoscrizioni che hanno visto l’affermazione del partito costituzionale democratico. Il partito del premier non è riuscito a tenere nemmeno il seggio nella prefettura di Shimane, considerata una roccaforte conservatrice. A pesare gli scandali sulla raccolta irregolare di fondi ma anche il deprezzamento dello yen.   Il partito liberaldemocratico del Giappone (PLD), da cui proviene anche il premier Fumio Kishida, ha perso tre seggi nelle elezioni suppletive per la Camera dei rappresentanti che si sono tenute ieri. Si tratta di una sconfitta che certifica lo scarso sostegno dell’opinione pubblica al partito al governo in seguito a una serie di scandali che hanno coinvolto diversi ex ministri e parlamentari.   Tutti i seggi in palio (che prima di diventare vacanti appartenevano alla formazione liberaldemocratica) sono stati vinti dal partito costituzionale democratico (PCD), guidato da Kenta Izumi: il PLD non aveva schierato candidati nelle circoscrizioni di Tokyo e Nagasaki, ma si era concentrato a difendere il seggio delle prefettura occidentale di Shimane, nota per essere una roccaforte conservatrice. Invece proprio qui ha prevalso la candidata Akiko Kamei, nonostante nell’ultimo mese il premier Kishida avesse visitato due volte la prefettura in sostegno del liberaldemocratico Norimasa Nishikori.   Kamei ha detto che la vittoria nel «regno conservatore» di Shimane, invia un «importante messaggio» a Kishida, criticato per non aver impedito il deprezzamento dello yen e non aver ottenuto un aumento dei salari superiore alla crescita dei prezzi.

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Un sondaggio di Kyodo News mostra inoltre che il 77% degli intervistati ha votato «in considerazione» dello scandalo sui fondi raccolti in maniera irregolare all’interno del PLD, che negli ultimi mesi ha costretto alle dimissioni diversi ministri e parlamentari.   A novembre dello scorso anno è stata resa pubblica un’indagine della procura giapponese secondo cui alcuni membri del PLD appartenenti alla «corrente Abe» non avrebbero dichiarato – tenendoli per sè – almeno 500 milioni di yen (circa 3,2 milioni di euro) ottenuti grazie alle raccolte fondi del partito.   Nel frattempo il tasso di approvazione nei confronti di Kishida è sceso al di sotto della soglia del 30%, considerata, da parte degli analisti, «di pericolo» per il governo.   La pesante sconfitta del PLD a Shimane probabilmente minerà una nuova candidatura del premier nella corsa per le prossime elezioni presidenziali. Il segretario generale del partito, Toshimitsu Motegi, il numero due dopo Kishida, dopo l’annuncio dei risultati si è rivolto ai giornalisti: «accetteremo umilmente i risultati», ha detto, aggiungendo che il PLD «ha bisogno di lavorare all’unisono per affrontare la sfida».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Bioetica

Biden fa il segno della croce durante una manifestazione a sostegno dell’aborto

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Il presidente americano Joe Biden, ad un evento politico in Florida, si è fatto il segno della croce quando la signora con lui sul palco, la presidente del Partito Democratico della Florida, si è espressa a favore dell’aborto. Lo riporta Modernity News.

 

La vicenda ha generato sconvolto tra la comunità cristiana internazionale.

 

La candidata governativa fallita Nikki Fried stava sollecitando la rielezione di Biden quando ha fatto commenti su Ron DeSantis e Donald Trump che spingevano per maggiori restrizioni sull’aborto.

 

La prossima settimana in Florida entrerà in vigore un divieto di aborto di sei settimane, e questo sarebbe uno dei motivi per cui Biden si è fermato nello Stato. La Fried aveva dichiarato la scorsa settimana che Biden sa che deve trascorrere del tempo in Florida per dimostrare quanto le cose siano diventate «estreme» sotto DeSantis. «Capisci che se dobbiamo combattere contro l’estremismo dei repubblicani MAGA, devi venire al ventre della bestia».

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Mentre Biden era al suo fianco, la Fried ha dichiarato che «Ron DeSantis sentiva di dover candidarsi alla presidenza, quindi quindici settimane non erano sufficienti, dovevamo arrivare a sei settimane», sottolineando la sua opposizione alla legge sull’aborto.

 

È a questo punto che Biden, sulla carta secondo presidente «cattolico» della storia USA (e forse l’unico, che nonostante gli acciacchi, porterà al termine mandato: il primo è stato JFK e sappiamo come è andata a finire) si è fatto il segno della croce.

 


La reazione della rete è stata immediata, con commenti che davano del «vile» al vegliardo del Delaware. «Biden, l’autodefinito “cattolico devoto”, fa il segno della croce a sostegno del desiderio di questa donna di uccidere i bambini fino ai 3 mesi di gravidanza» scrive Buck Sexton. «Totalmente malvagio e sacrilego» ha twittato LifeNews. «Davvero da vomitare. Disgustoso. Insulto. Blasfemo» hanno scritto ancora su Twitter. Ancora: «Joe Biden si fa il segno della croce mentre promuove l’aborto! Questo è il male!».

 

Il fatto è avvenuto a pochi giorni dalla sostituzione della Pasqua della Casa Bianca con la giornata mondiale di visibilità trans.

 

La Fried, già Commissario per l’Agricoltura della Florida, grande sostenitrice dell’aborto, è anche esplicita riguardo alla sua pratica del giudaismo. Mentre era al liceo, partecipava al B’nai B’rith, la famigerata organizzazione ebraica. La donna ha preso anche attivamente in considerazione l’idea di fare aliya – cioè di andare a vivere in Israele –e di unirsi alle forze di difesa israeliane.

 

Dopo la sua elezione a commissario per l’agricoltura, Fried ha prestato giuramento utilizzando la prima Bibbia ebraica pubblicata negli Stati Uniti.

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