Geopolitica
Hersh: i colloqui tra Israele e Hamas in Qatar, sostenuti dagli USA, hanno raggiunto un accordo provvisorio
Funzionari israeliani e Hamas sono nel mezzo di negoziati in Qatar con il sostegno degli Stati Uniti, ha detto il giornalista investigativo americano Premio Pulitzer Seymour Hersh citando fonti.
«I colloqui tra la leadership di Hamas e Israele, con il sostegno degli Stati Uniti, sono ora in corso in Qatar», ha detto Hersh in un articolo pubblicato venerdì su Substack. «La squadra americana include il direttore della CIA William Burns, l’aiutante di politica estera più esperto del presidente Biden».
Secondo Hersh, giorni fa è stato raggiunto un accordo provvisorio tra Israele e Hamas.
Secondo l’accordo provvisorio, Hamas ha accettato di rilasciare 50 donne e anziani in ostaggio in cambio del rilascio di centinaia di donne e ragazze adolescenti delle famiglie di Hamas che ora si trovano nelle carceri israeliane, ha aggiunto l’Hersh.
Gli Stati Uniti insistono affinché i membri della famiglia siano liberati insieme dalla prigionia, ha detto Hersh, aggiungendo che come risultato di questa richiesta Washington chiede il rilascio di 71 ostaggi detenuti da Hamas.
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Secondo quanto riferito, Hamas ha accettato la richiesta degli Stati Uniti. Tuttavia, Hamas ha insistito per una sospensione della guerra di cinque giorni, cosa che è stata immediatamente respinta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha riferito lo Hersh.
Come riportato da Renovatio 21, cinque giorni fa il Washington Post, citando come fonte un alto funzionario israeliano, aveva scritto che Israele e Hamas sarebbero vicini a un accordo sugli ostaggi che potrebbe portare al rilascio della maggior parte delle donne e dei bambini israeliani tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese dall’attacco del 7 ottobre.
Tra i rapiti c’è anche il caso della ragazza israelo-cinese Noa Argamani rapita al famigerato rave di Re’im vicino Gaza, per il cui rilascio la Cina non sembra impegnatissima. Il video di quando viene portata via in moto ha fatto il giro del mondo.
Mentre andava online questo articolo è giunto alla stampa internazionale il commento del premier del Qatar, Mohammed Bin Abdulrahman Al Thani.
«Le sfide che restano nei negoziati sono molto minori rispetto alle sfide maggiori: sono più logistiche, sono più pratiche», ha detto il membro del casato regnante Al Thani. La trattativa tra gli emissari dello Stato Ebraico e il gruppo islamista, ha aggiunto «ha avuto alti e bassi in vari momenti nel corso delle ultime settimane».
«Credo di essere più fiducioso adesso che siamo abbastanza vicini al raggiungimento di un accordo che può riportare della gente al sicuro di casa loro», ha chiosato l’esponente qatariota.
Hamas è una derivazione del movimento islamista internazionale dei Fratelli Musulmani, fortemente appoggiato da Doha; ciò pure è parte delle potenti tensioni tra Qatar e altri Paesi limitrofi, come l’Arabia Saudita, che ha da anni invertito il suo favore verso la Fratellanza Musulmana.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica
La giunta militare birmana vieta agli uomini di andare a lavorare all’estero
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Si tratta di un provvedimento che si accompagna all’obbligo di leva obbligatoria imposto a febbraio agli uomini fino a 35 anni (e alle donne fino a 27). Negli ultimi tre mesi 100mila uomini hanno fatto domanda di espatrio e molti altri, per sfuggire al reclutamento, sono fuggiti in Thailandia.
La giunta militare al potere in Myanmar ha vietato agli uomini che hanno i requisiti per essere arruolati di andare a lavorare all’estero. La misura, annunciata dal ministero del Lavoro, è entrata in vigore due giorni fa, dopo che a febbraio era stata imposta la leva obbligatoria per gli uomini tra i 18 e i 35 anni e le donne tra i 18 e i 27 a causa delle continue perdite e sconfitte riportate dall’esercito birmano nel conflitto civile. Nei mesi successivi almeno 100mila uomini avevano fatto richiesta di espatrio.
Nyunt Win, segretario permanente del ministero del Lavoro, ha dichiarato che il provvedimento non si applica a coloro che hanno già ottenuto il permesso di partire. «Coloro che hanno già ottenuto l’autorizzazione sono esenti da questo divieto. Quando lo aboliremo dipende dalle circostanze. Questo è tutto ciò che posso dire per ora», ha spiegato.
Una fonte anonima ha rivelato a Myanmar Now che durante un incontro precedente all’annuncio i vertici militari si erano lamentati «del fatto che troppi giovani lasciano il Paese per sfuggire alla legge sulla leva obbligatoria».
Secondo lo United States Institute of Peace. l’esercito birmano è composto da appena 130mila soldati, di cui solo la metà pronti a essere dispiegati. Gli esperti concordano nel ritenere l’obbligo di leva un tentativo disperato per aumentare il numero di truppe, che si è progressivamente ridotto negli oltre tre anni di conflitto.
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Con l’inizio della guerra civile dopo il colpo di Stato del febbraio 2021, quando l’esercito ha spodestato il precedente governo guidato da Aung San Suu Kyi, migliaia di cittadini birmani sono fuggiti all’estero, cercando lavoro soprattutto in Thailandia, Malaysia, Singapore, Corea del Sud e anche Emirati Arabi Uniti.
Prima dell’introduzione della leva obbligatoria, il regime militare birmano, a corto di liquidità oltre che di uomini, aveva già introdotto due misure economiche che hanno penalizzato i lavoratori migranti: questi sono stati obbligati a utilizzare canali ufficiali per l’invio delle rimesse, versando (a tassi meno vantaggiosi) un quarto del loro stipendio, pena un divieto di espatrio per i tre anni successivi, e sono stati poi costretti a pagare le imposte sul reddito estero (su cui già pagano le tasse).
Ma ora, con l’imposizione del divieto di espatrio, «tutti hanno perso la speranza nel futuro», ha detto alla BBC un uomo che si stava preparando a lasciare il Myanmar per il Giappone. «Non ci sono opportunità di lavoro nel Paese e ora ci hanno anche proibito di lasciarlo. Non ci è permesso fare nulla?», ha aggiunto.
Molti giovani in età per essere arruolati nelle ultime settimane sono fuggiti in Thailandia grazie alle conquiste delle forze della resistenza, che sembrava avessero preso il controllo della città commerciale di Myawaddy. Un controllo, da parte delle milizie etniche locali e altri gruppi armati, durato però solo due settimane.
Circa 15mila persone sono fuggite durante gli scontri, rifugiandosi in monasteri e campi improvvisati lungo il fiume Moei, che separa il Myanmar dalla Thailandia. Secondo le Nazioni unite il numero totale di sfollati a causa del conflitto è di almeno 2,6 milioni.
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Immagine di EU Civil Protection and Humanitarian Aid via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic
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