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Bioetica

Gran Bretagna, aborto fino alla nascita?

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Un emendamento al disegno di legge sulla criminalità e la polizia mira a depenalizzare l’aborto abrogando diverse disposizioni di diritto penale. L’emendamento NC17, proposto dalla parlamentare Stella Creasy, se approvato, abbandonerà le donne e i loro nascituri alla coercizione di partner violenti, ha avvertito la Società per la Protezione dei Nascituri (SPUC).

 

L’emendamento impone al governo di attuare le raccomandazioni del rapporto del 2018 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), che raccomandava di non imporre sanzioni penali alle donne e agli operatori sanitari coinvolti negli aborti.

 

La Società per la Protezione dei Nati (SPUC) ha avvertito che questa misura legalizzerebbe di fatto l’aborto fino alla nascita. «Nessuna indagine potrà essere condotta e nessun procedimento penale potrà essere avviato o proseguito», afferma l’Emendamento NC17. Sebbene il limite di 24 settimane per l’aborto rimarrebbe in vigore, sarebbe inapplicabile.

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«Questo depenalizzerebbe di fatto l’aborto, fino alla nascita, per qualsiasi motivo… incluso il sesso del bambino», ha avvertito la SPUC. «L’emendamento eliminerebbe (…) qualsiasi azione penale, o persino indagine», in caso di violazione delle tutele garantite alle donne e ai loro nascituri.

 

L’emendamento NC17 della Creasy renderebbe inoltre molto difficile perseguire penalmente i partner violenti. Ad esempio, se l’NC17 fosse stato approvato prima del processo a Stuart Worby, incarcerato per aver somministrato alla compagna pillole abortive a sua insaputa e averle ucciso il bambino non ancora nato, probabilmente non sarebbe stato perseguito affatto.

 

Questo emendamento potrebbe anche rendere difficile perseguire penalmente coloro che sono coinvolti nell’occultamento di nascite e potenziali aborti, incluso l’infanticidio durante il parto. La SPUC ha infine sottolineato che le raccomandazioni della CEDAW non sono vincolanti e non costituiscono diritto internazionale.

 

Un altro emendamento presentato dalla deputata laburista Tonia Antoniazzi mira a escludere le donne dal «diritto penale relativo all’aborto», il che significa che «nessun reato viene commesso da una donna che agisce in relazione alla propria gravidanza».

 

Se approvato, l’aborto, indipendentemente dalle circostanze, non sarebbe più considerato un reato ai sensi dell’Offences Against the Person Act del 1861 o dell’Infant Life Preservation Act del 1929. L’emendamento sarebbe sostenuto da oltre 50 parlamentari pro-aborto di tutti gli schieramenti.

 

La SPUC ha definito gli emendamenti «la più grande minaccia per i bambini non ancora nati e le loro madri dai tempi dell’Abortion Act», riferendosi alla legge del 1967 che legalizzò la pratica fino alla 24a settimana.

 

 

Nile Gardiner, direttore del Margaret Thatcher Centre for Liberty della Heritage Foundation, ha affermato che la proposta di legge «equivarrebbe a un omicidio sancito dallo Stato» e ha avvertito che «potrebbe portare a una situazione simile a quella della Cina, con politiche estreme sull’aborto».

 

Il rifiuto di questa proposta si riflette anche nell’opinione pubblica: un sondaggio condotto da YouGov e citato dal Telegraph rivela che solo l’1% dei cittadini britannici sosterrebbe l’aborto fino al parto, contro il 70% dei parlamentari che sosterrebbe la depenalizzazione dell’aborto oltre l’attuale limite delle 24 settimane.

 

Il Gardiner ha attribuito lo slancio legislativo alla maggioranza parlamentare del Partito Laburista: «hanno una maggioranza sufficiente per agire in modo dittatoriale, indipendentemente dall’opinione pubblica. Finché non vengono sconfitti alle urne, possono approvare praticamente qualsiasi legge».

 

Il voto sugli emendamenti alla Camera dei Comuni è previsto per la prossima settimana. Alcuni chiedono più tempo per il dibattito. Il Gardiner ha concluso il suo intervento con un appello: «ogni membro del Parlamento coscienzioso e credente nella sacralità della vita umana dovrebbe opporsi a questa barbara mostruosità».

 

Va notato che la legge sull’aborto, a prescindere dal Paese e dal metodo, realizza già questa «mostruosità barbarica», e l’atto dell’aborto, finché è coperto dalla legge, è già un «omicidio sancito dallo Stato». L’atrocità della nuova proposta non fa che evidenziare ulteriormente questa «mostruosità barbarica».

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Ciò dimostra anche che, spalancata la porta invalicabile del rispetto della sacralità della vita innocente, nulla può impedire che essa venga puramente e semplicemente strappata e distrutta, facendo precipitare l’umanità un po’ più in là in una cultura di morte che divora i propri figli al banchetto di un piacere sfrenato.

 

Infine, rende le donne – in quanto donne – l’equivalente del tanto vituperato pater familias latino, che aveva potere di vita e di morte sul proprio figlio neonato. Il potere ha cambiato genere, ma è rimasto lo stesso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di PatrickJamesB via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0

 

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Bioetica

Il Parlamento olandese respinge la risoluzione che dichiara l’aborto un «diritto umano»

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Il 23 settembre, il Parlamento olandese ha respinto una proposta che intendeva riconoscere l’aborto come «diritto umano». Lo riporta il Christian Network Europe News.   La mozione, presentata da membri privati, esortava il governo a promuovere presso un «gruppo di paesi affini» l’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici.   La proposta ha ricevuto il sostegno del governo e di diversi partiti, tra cui D66, il Partito Socialista SP, il Partito Liberale VVD e altri, che insieme rappresentano 68 dei 150 seggi. Il Reformatorisch Dagblad ha riportato che il partito riformato SGP, insieme all’Unione Cristiana e al Forum per la Democrazia, ha avanzato una contromozione per opporsi agli sforzi dell’UE di includere l’aborto come «diritto umano» nei trattati europei; tale contromozione sarà votata successivamente.   PVV, SGP e l’Unione Cristiana (CU) si sono opposti a una mozione che proponeva di includere l’assistenza all’aborto come «parte standard dell’assistenza di base d’emergenza» in casi di violenza sessuale; questa mozione è stata invece approvata. SGP e CU hanno anche presentato una mozione per fare della riduzione degli aborti un obiettivo esplicito della politica estera olandese, ma è stata respinta.

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In concomitanza con il voto sulla mozione per dichiarare l’aborto un diritto umano, il Centro Olandese per la Riforma Bioetica (DCBR) ha distribuito volantini pro-life fuori dal parlamento, accompagnati da cartelli con immagini di vittime di aborto.   «In vista del voto parlamentare sulla mozione per riconoscere l’aborto come diritto umano, abbiamo inviato a ogni parlamentare una panoramica obiettiva delle procedure di aborto, inclusi fermo immagine di video di aborti in tempo reale, per chiarire cosa avrebbero sostenuto o contrastato con il loro voto», ha dichiarato Irmgard Averesch del DCBR. «Chris Stoffer dell’SGP e Gideon van Meijeren dell’FvD hanno difeso con forza la causa della vita, sottolineando l’umanità del nascituro e la gravità dell’aborto.   Entrambi hanno espresso compassione per le situazioni difficili, evidenziando però che l’aborto coinvolge due vite, inclusa quella del nascituro. Van Meijeren è persino riuscito a mostrare le immagini delle vittime di aborto».   Il risultato rappresenta una vittoria per i movimenti antiabortisti. «Siamo grati a Dio che, indipendentemente dall’influenza del nostro lavoro o di altre organizzazioni pro-life, la proposta sia stata respinta», ha commentato Averesch. «Tuttavia, è stata una decisione sofferta, e non dobbiamo abbassare la guardia. C’è ancora molto da fare, poiché la voce pro-choice sta tornando a farsi sentire».   In Europa, gli attivisti abortisti  stanno spingendo per il riconoscimento del feticidio come diritto umano sia a livello nazionale che continentale. Come riportato da Renovatio 21, la Francia lo ha già sancito a livello costituzionale, e la Camera dei Comuni del Regno Unito ha recentemente depenalizzato l’aborto fino al momento della nascita.   Nei Paesi Bassi, per ora, questi tentativi sono stati bloccati; all’inizio di questo mese, un tribunale olandese ha anche revocato il divieto per i pro-life di parlare con le donne che accedono alle cliniche per l’aborto.

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Immagine di Tweede Kamer der Staten-Generaal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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Bioetica

L’OMS aggiunge la pillola abortiva alla lista dei «medicinali essenziali»

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha aggiunto la pillola abortiva alla sua lista di «medicinali essenziali» poche settimane dopo la morte di un’adolescente canadese in seguito a un aborto chimico.

 

Il 5 settembre l’OMS ha pubblicato la 24a edizione del suo Elenco modello dei farmaci essenziali, che ora include una sezione sui farmaci abortivi, tra cui il mifepristone e il misoprostolo, utilizzati per porre fine chimicamente alla vita dei bambini nel grembo materno.

 

«I farmaci essenziali sono quelli che soddisfano i bisogni sanitari prioritari di una popolazione», ha scritto l’OMS nell’introduzione al nuovo elenco. «Sono selezionati tenendo in debita considerazione la prevalenza della malattia e la rilevanza per la salute pubblica, le prove di efficacia e sicurezza e il rapporto costo-efficacia comparativo».

 

L’elenco modello dei farmaci essenziali è stato istituito nel 1977 e comprende un lungo elenco di analgesici, vaccini e farmaci antimalarici. Ora, l’elenco include due farmaci pericolosi che pongono fine alla vita dei feti: il mifepristone (che va anche sotto il nome di RU486) e il misoprostolo.

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In un aborto chimico, la prima pillola, il mifepristone, tenta di far morire di fame il bambino che si sta sviluppando nell’utero bloccando l’ormone della gravidanza, il progesterone. Tuttavia, dopo aver assunto la prima pillola, una donna può ancora cambiare idea. Può sottoporsi a procedure d’urgenza per invertire gli effetti della prima pillola. A condizione che non abbia assunto la seconda pillola, il suo bambino può spesso essere salvato attraverso questo processo, noto come inversione della pillola abortiva.

 

Il secondo farmaco richiesto in un aborto chimico è il misoprostolo, che viene assunto 24-48 ore dopo, solitamente a casa. Il misoprostolo provoca la contrazione dell’utero, espellendo il bambino. Questo può causare crampi, sanguinamento e spesso richiede cure mediche. Il bambino poi, di solito viene espulso nel water di casa, quindi dopo lo sciacquone il piccolo si troverà nelle fogne dove verrà divorato da ratti, pesci, insetti, anfibi ed altre creature infime.

 

Gli aborti chimici, letali per i feti quando hanno successo, sono spesso dolorosi per le madri e possono causare infezioni o emorragie che possono richiedere cure d’urgenza. Tra il 2000 e il 2011, 14 donne negli Stati Uniti sono morte per complicazioni successive ad aborti chimici.

 

L’aggiunta dei farmaci da parte dell’OMS arriva poche settimane dopo la morte di una diciannovenne canadese a causa di un’infezione in seguito a un aborto chimico. Casi di donne morte dopo l’aborto chimico sono comuni in tutto il mondo, compresa l’Italia. Nel 2014 una donna incinta morì in un ospedale di Torino dopo la somministrazione. I parlamentari sedicenti cattolici, una pattuglia in teoria all’epoca nutrita in tutti gli schieramenti, non dissero una parola, forse mezza.

 

La menzogna della pillola feticida come «sicura ed efficace» (ricordate questo slogan?) è stata dimostrata in uno studio pubblicato mesi fa. Cinque anni fa in Gran Bretagna erano trapelate sconvolgenti email sui suoi esiti letali.

 

Attualmente diversi Stati americani hanno vietato questi farmaci pericolosi. Ben 22 procuratori generali statali americani chiedono una revisione dei pericoli del mifepristone e sollecitano l’amministrazione Trump a ripristinare le restrizioni sulla pillola abortiva. A inizio anno il segretario alla salute USA Roberto F. Kennedy aveva confermato che lo stesso presidente Donaldo Trump gli aveva chiesto di studiare i pericoli della pillola abortiva.

 

Come riportato da Renovatio 21, specularmente, due anni fa emerse una lettera pro-pillola figlicida firmata da 200 dirigenti delle multinazionali farmaceutiche, tra cui il CEO di Pfizer Albert Bourla.

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In Italia invece, ai tempi del governo pandemico, il ministro della Salute Roberto Speranza aveva iniziato l’iter per rendere sempre più facile l’uso della pillola abortiva. La cultura degli aborti fai-da-te si sta moltiplicando ovunque, con immenso inquinamento delle riserve idriche. Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano». È noto che anche la pillola anticoncenzionale, che è uno steroide sintetico, ha un effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica, e in particolare starebbe facendo diventare i pesci transessuali.

Se il fine dell’OMS fosse davvero la salute umana, allora dovrebbero essere considerati farmaci salvavita quei farmaci come il progesterone che, se presi in tempo, possono neutralizzare l’effetto feticida dell’aborto chimico, salvando il bambino.

 

Ma sappiamo che il fine dell’OMS non è la vita. È, incontrovertibilmente, la morte.

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Bioetica

Il vescovo Mutsaerts: Chesterton ha dimostrato perché l’aborto è la tirannia dei forti contro i deboli

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo testo del vescovo Robertus Gerardus Leonia Maria Mutsaerts, ausiliare della diocesi di Hertogenbosch, Paesi Bassi, apparsa su LifeSiteNews.   Sono un ammiratore convinto di G.K. Chesterton (1874-1936) è stato uno scrittore e pensatore inglese noto per la sua strenua difesa della moralità tradizionale e dei valori cristiani. Sebbene ai tempi di Chesterton l’aborto non fosse né legale né diffuso come lo è oggi, egli affrontò chiaramente temi correlati nei suoi saggi e libri: il valore di ogni vita umana, la sacralità della famiglia e i pericoli di tendenze moderne come l’individualismo e il materialismo.   In questo saggio analizzo come Chesterton avrebbe risposto alle moderne leggi sull’aborto, che non offrono alcuna tutela legale al nascituro. Ciò è in netto contrasto con il principio giuridico romano del curator ventris , in base al quale veniva nominato un tutore per tutelare gli interessi del nascituro.   Chesterton partiva sempre dalla convinzione che ogni vita umana abbia valore e dignità intrinseci, in quanto creatura di Dio. Ai suoi tempi si oppose fermamente alle teorie eugenetiche e a qualsiasi filosofia che considerasse alcuni gruppi di persone meno umani. Osservò che tali idee potevano ottenere i loro «benefici» solo negando l’umanità a un’intera categoria di persone.   Laddove gli eugenetisti disumanizzavano gli «inferiori», l’aborto fa qualcosa di simile con un gruppo ancora più vulnerabile: «le persone più deboli e indifese: i nascituri». Chesterton sottolineava che il nascituro è un essere umano completo, e parlava dell’aborto inequivocabilmente come «il massacro dei nascituri». Un linguaggio così forte dimostra che considerava l’aborto un attacco diretto alla dignità umana e alla vita umana stessa.

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Poiché Chesterton era profondamente religioso, considerava la vita – anche nel grembo materno – sacra e voluta da Dio. Sottolineava che nessuna persona o istituzione ha il diritto di distruggere deliberatamente una vita umana innocente. Seguendo la tradizione, Chesterton credeva che il diritto alla vita provenga direttamente da Dio per ogni essere umano, incluso il bambino nel grembo materno, e che nessuna ragione terrena (medica, sociale o economica) possa giustificarne la distruzione.   La sua indignazione morale contro l’aborto scaturisce da questo principio. Rise di un corrispondente che sosteneva l’aborto per ridurre la povertà, affermando che quest’uomo «sperava» nell’«omicidio di massa di nascituri», mentre «si disperava» all’idea di un semplice aumento dei salari. Con pungente ironia, Chesterton scrisse di tali riformatori: «spera nel degrado femminile, spera nella distruzione umana». Ciò dimostra che Chesterton considerava l’aborto non solo un torto personale, ma una malattia sociale – un orrore consentito solo quando la società dimentica la verità fondamentale che ogni vita umana, per quanto piccola o fragile, ha un valore infinito.   Per Chesterton, il bambino non era solo un individuo dotato di dignità, ma anche una fonte di significato per i genitori e la società. Nutriva una profonda riverenza e quasi un timore reverenziale per la miracolosa vitalità di ogni bambino. Nel suo saggio A Defence of Baby Worship, descrive come ogni bambino, in un certo senso, ricrei il mondo: «con ogni nuovo bambino, l’intero universo viene nuovamente messo alla prova».   Il bambino porta con sé una freschezza e una meraviglia che nemmeno i più grandi filosofi possono eguagliare: «come se con ognuno di loro tutte le cose si rinnovassero di nuovo», scrisse, «e l’universo venisse nuovamente messo alla prova». Questa visione lirica sottolinea la convinzione di Chesterton che un nuovo bambino sia una meraviglia unica e irripetibile, una nuova riaffermazione della vita che scuote continuamente il mondo degli adulti.   Chesterton descrisse addirittura la nascita come «l’avventura suprema». In Eretici scrisse: «l’avventura suprema è nascere”. Paragonò l’ingresso in famiglia attraverso la nascita all’ingresso in una fiaba: «quando entriamo in famiglia, con l’atto di nascere, entriamo in una fiaba». Questo dimostra quanto profondamente considerasse l’arrivo di un bambino come qualcosa di quasi sacro, pieno di mistero e possibilità.   Considerava la famiglia il fondamento della società e una «società in miniatura» che crea e ama i propri nuovi cittadini. Un bambino, per Chesterton, dava significato alla genitorialità e collegava le generazioni: «il bambino è una spiegazione del padre e della madre, e il fatto che sia un bambino umano è la spiegazione degli antichi legami umani». Che oggi un bambino non ancora nato sia legalmente trattato come se non fosse un bambino o una persona è in contrasto con tutto ciò che Chesterton rappresentava.   Chesterton difese i bambini anche nelle sue critiche ai mali sociali. In Eugenetica e altri malanni schernì l’idea che alcuni bambini potessero essere «indesiderati». Troverebbe del tutto inaccettabile sacrificare il bambino stesso in nome della prosperità o della «qualità della vita». Le politiche moderne che scelgono di eliminare i bambini non ancora nati invece di risolvere i problemi sociali, le considererebbe una perversione della giustizia e della ragione.   Chesterton era critico nei confronti di molti aspetti della modernità, soprattutto quando si scontravano con verità eterne. Una volta descrisse la mentalità modernista come quella di qualcuno che prova così tanta pietà per gli animali, ad esempio, da essere disposto a sacrificare vite umane – una preoccupante inversione di valori. Già nel 1914 Chesterton predisse: «ovunque ci sia adorazione degli animali, ci sarà sacrificio umano». Con ciò intendeva dire che la tendenza sentimentale moderna a venerare ideali astratti – ad esempio, invocando i “diritti delle donne” ignorando i diritti del bambino – spesso coincide con l’indifferenza o la crudeltà verso le persone vulnerabili.   Nella cultura contemporanea ne vediamo echi: le persone possono indignarsi più per la crudeltà sugli animali o per le questioni ambientali che per l’aborto di massa dei bambini non ancora nati. Chesterton definirebbe tali priorità folli, segno che la modernità ha perso la sua bussola morale.   Un altro tratto distintivo dei tempi moderni che Chesterton criticò aspramente è l’individualismo estremo e il materialismo. Notò che, in nome della «libertà», le persone spesso si imprigionavano in piaceri superficiali. In nessun luogo questo è più chiaro che nel suo saggio Bambini e distributismo, dove derideva le coppie che evitavano di avere figli per avere più tempo e denaro per l’intrattenimento e il lusso. Scrisse che il suo disprezzo raggiunse il suo apice «quando sento il suggerimento comune che le persone non vogliono avere figli per essere libere di andare a teatro, o libere di non essere interrotte nella loro carrieraÐ.   Mise deliberatamente «libero» tra virgolette, perché non la considerava vera libertà. «Ciò che mi fa venire voglia di calpestare queste persone come fossero zerbini è che usano la parola “libero”. In ogni atto del genere si incatenano al sistema meccanico più servile che l’umanità abbia mai sopportato». Invece di abbracciare la libertà creativa e vivificante della genitorialità, si sottomettono a quella che Chesterton chiamava la costrizione del consumo e della tecnologia: carriere e mode imposte da poteri anonimi. Questa è falsa libertà: barattare la vocazione più profonda dell’umanità (trasmettere la vita) con piaceri fugaci.

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Chesterton contrapponeva questa falsa libertà alla vera libertà che un bambino porta con sé. «Un bambino è il segno e il sacramento della libertà personale», dichiarava. Sembra paradossale, poiché un bambino porta responsabilità e limiti ai genitori. Ma Chesterton la vedeva diversamente: un bambino è una nuova volontà, «un nuovo libero arbitrio aggiunto alle volontà del mondo», che i genitori liberamente generano e liberamente proteggono. È il loro contributo creativo alla creazione – un atto unico non prodotto da una «mente» o da un tecnocrate sociale, ma da loro stessi e da Dio. E questa nuova vita è “molto più bella, meravigliosa e sorprendente” di qualsiasi invenzione o macchina da intrattenimento che la civiltà moderna possa produrre.   Chesterton vedeva nel fatto che gli uomini moderni osino rifiutare questo dono meraviglioso un sintomo di cecità morale. «Quando le persone non percepiscono più quanto ciò sia straordinario, hanno perso ogni apprezzamento per le cose primarie; hanno perso ogni senso delle proporzioni», ammoniva. Con parole insolitamente dure, Chesterton affermò che queste persone «preferiscono la feccia della vita alle fonti della vita». In altre parole, scelgono i piaceri vuoti, ripetitivi e futili di una società consumistica stanca rispetto alla fresca vitalità che porta un nuovo figlio. Questo non è progresso, ma decadenza.   Chesterton si rese conto già ai suoi tempi che la cosiddetta idea «progressista» del controllo delle nascite era una china scivolosa: «il controllo delle nascite attraversa lo Stato moderno e guida la marcia del progresso dall’aborto all’infanticidio», scrisse in tono beffardo. Previde che una volta superato un limite (la prevenzione delle nascite), ne sarebbe presto seguito un altro (la distruzione della vita esistente) – una previsione che suona inquietantemente profetica negli odierni dibattiti sull’aborto e persino sull’infanticidio.   Chesterton considererebbe l’attuale cultura dell’aborto come una corruzione del vero progresso: non un trionfo della scelta, ma una capitolazione all’egoismo e alla disperazione mascherati da «libertà». La vera libertà è sempre al servizio della vita. È significativo che in Impressioni irlandesi abbia riassunto l’essenza della libertà: «L’unico oggetto della libertà è la vita». La libertà non ha senso se viene usata per distruggere la vita; il suo scopo è proprio quello di renderla possibile e proteggerla.   Chesterton credeva che le leggi umane traessero la loro giustizia da una superiore consapevolezza morale, dalle leggi morali del bene e del male che non sono soggette a cambiamento. Quando una società nega queste verità fondamentali, rischia non di evolversi, ma di degenerare. Una volta osservò che le civiltà crollano non appena dimenticano le cose più ovvie. Una di queste verità ovvie è che uccidere persone innocenti è sbagliato.   Nel caso dell’aborto, la modernità sembra aver dimenticato proprio questa verità evidente: ovvero che un bambino nel grembo materno merita la stessa protezione di un bambino nella culla. Chesterton avrebbe sottolineato che il diritto romano – per quanto pagana fosse quella civiltà – almeno riconosceva il principio del curator ventris, il «guardiano dell’utero», nominato per proteggere i diritti del nascituro. Esistevano già in epoche precedenti disposizioni giuridiche che mostravano «una preoccupazione pubblica per la vita del bambino nel grembo materno», e il diritto positivo «riservava diritti» a quel bambino, ad esempio i diritti di successione e l’integrità fisica. Quanto è ironico, avrebbe osservato Chesterton, che il mondo moderno – vantandosi della sua umanità e del suo progresso – conceda al nascituro meno riconoscimento legale di quanto ne concedesse un’antica civiltà pagana.   Secondo Chesterton, una legge che non protegge il membro più indifeso della società non è una legge giusta. Credeva che l’autorità dello Stato fosse limitata da una legge morale superiore. Pertanto, quando i potenti iniziano a decidere chi può vivere e chi no, questo non è progresso, ma tirannia: «L’eugenetica e l’aborto equivalgono alla tirannia di un’élite che decide chi deve vivere e chi deve morire». Quell’élite, aggiungeva, spesso si nasconde dietro argomentazioni scientifiche o economiche, ma in sostanza è una questione di potere bruto.   Nell’aborto, Chesterton vedeva una coalizione dei forti contro i deboli: l’individuo adulto (forse supportato da «esperti» medici o dalla legislazione) contro il bambino senza voce. Ciò contrasta con la convinzione di Chesterton che la civiltà si misuri proprio da come protegge i più deboli. Quanto più debole e indifeso è il soggetto giuridico, tanto maggiore è il dovere di tutti di proteggerlo.   Per Chesterton, la famiglia è la prima e più importante comunità giuridica, e il nascituro ne fa già parte. Il diritto dovrebbe essere al suo servizio, non agire da padrone decidendo se quel nuovo membro della famiglia possa vivere. Già ai suoi tempi, aveva assistito a tendenze in cui lo Stato, o la cosiddetta «scienza», si elevavano a idolo a spese dell’umanità.   «Nel mondo moderno è il contrario: non è la religione che perseguita la scienza, ma la scienza che tiranneggia attraverso il governo», scrisse Chesterton nel 1922. Si riferiva alla legislazione eugenetica allora emergente, ma la stessa logica si applica alle leggi sull’aborto. Un ragionamento freddo e materialista – che sia in nome della scienza, della salute o dei diritti delle donne – che dichiara un nascituro non una persona con diritti che lui considererebbe un terribile orrore burocratico. È il trionfo di quello che lui chiamava beffardamente «terrorismo da professori di terza categoria»: assurdità tecnocratiche che mina le intuizioni morali fondamentali.   Al livello più profondo, Chesterton affermerebbe che nessuna autorità umana può concedere il diritto di uccidere deliberatamente una persona innocente. La legislazione che consente l’aborto distorce il rapporto essenziale tra libertà e vita. Come notato in precedenza, egli affermava: «L’unico oggetto della libertà è la vita». Una libertà che non protegge, ma abbandona il nascituro – la vita più innocente che si possa immaginare – è agli occhi di Chesterton una libertà che ha perso il suo scopo e la sua moralità. Considererebbe la situazione odierna come una regressione mascherata da legge.   Laddove un tempo il diritto autentico cercava di riecheggiare la vox Dei (l’idea che ogni essere umano sia un dono di Dio), la moderna legge sull’aborto trasmette il messaggio che alcune vite non contano. Questo non è solo ingiusto, ma anche irragionevole. È la perdita definitiva del buon senso che ha caratterizzato molte di quelle che Chesterton chiamava le «eresie» dei suoi contemporanei modernisti.

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Considerato quanto sopra, è chiaro che Chesterton reagirebbe con forte disapprovazione e indignazione morale alle leggi sull’aborto che non offrono alcuna protezione ai nascituri. Sulla base del suo profondo rispetto per la dignità umana, del suo amore per il bambino e la famiglia e della sua avversione per l’egoismo moderno, bollava tali leggi come segni di decadenza della civiltà.   Ogni grande civiltà decade dimenticando le verità ovvie, e la verità che un bambino non ancora nato è un essere umano con dei diritti è proprio una verità così evidente. Cancellarla, sosteneva, è una pericolosa mistificazione. Chesterton invitava il mondo moderno a ritrovare la sua bussola morale. Invece di congratularsi con se stessa per il presunto progresso, la società dovrebbe guardarsi allo specchio: che tipo di progresso è, se persino i più indifesi non sono più al sicuro nel rifugio più naturale: il grembo materno?   Dagli scritti di Chesterton emerge il ritratto di un uomo che si batteva per i più piccoli, i più poveri e i più vulnerabili. Non vedeva il nascituro come un ammasso di cellule senza diritti, ma come «un nuovo libero arbitrio», una nuova avventura per l’umanità e una promessa che il mondo potesse andare avanti. Considerava la perdita del riconoscimento legale per quella giovane vita una profonda vergogna. Probabilmente avrebbe risposto con il suo caratteristico mix di logica e sarcasmo: se la società crede che il comfort e la scelta siano così assoluti che i bambini possono essere uccisi, allora perché non essere coerenti?   «Lasciate che tutti i bambini nascano. Poi anneghiamo quelli che non ci piacciono», scrisse con amarezza, per denunciare l’assurdità di un simile ragionamento. Naturalmente, questa ipotesi è orribile – ed è proprio questo il punto di Chesterton: solo un’obiezione mistica e morale ci impedisce di annegare i bambini nati, e la stessa obiezione si applica all’uccisione dei nascituri.   Infine, Chesterton ci ricordava il dovere di difendere la famiglia e la vita da tali aggressioni. «C’è un attacco alla famiglia; e l’unica cosa che si può fare contro un attacco è combatterlo». Egli vedeva la perdita della tutela legale per la vita non ancora nata come parte di quell’attacco alla famiglia e alla dignità umana. Il suo giudizio non lasciava dubbi: le moderne leggi sull’aborto sono malvagie, ingiuste e contrarie sia al buon senso che alla legge naturale. Solo tornando a quelle che lui chiamava le «cose ​​ovvie» – la verità evidente che ogni vita umana, dal concepimento in poi, è un dono di incommensurabile valore – la nostra società può ritrovare sia la sanità mentale che la giustizia.   Perché agli occhi di Chesterton, il bambino non ancora nato non è altro che l’opinione di Dio sul fatto che il mondo debba andare avanti. Spetta al nostro senso di giustizia e alle nostre leggi affermare e difendere tale opinione.   +Rob Mutsaerts Vescovo

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