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Golpe in Niger, il leader della rivolta si dichiara presidente
Il capo della guardia presidenziale del Niger, il generale Abdourahamane Tchiani, che ha architettato il rovesciamento del presidente Mohamed Bazoum questa settimana, si è dichiarato il nuovo leader del Paese.
Abdourahamane, noto anche come Omar Tchiani, è apparso venerdì sul canale televisivo di stato Tele Sahel, definendosi presidente del consiglio militare appena formato, il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria, e affermando che il colpo di Stato di mercoledì aveva lo scopo di proteggere la sicurezza nazionale.
Il presidente Bazoum è stato arrestato mercoledì presto da membri della sua squadra di sicurezza, con alti funzionari militari che hanno successivamente annunciato che era stato rimosso dal potere e tutte le istituzioni statali sospese.
Il Niger è considerato un alleato dell’Occidente, ospitando truppe francesi e statunitensi. Ufficialmente, la partnership militare affronta le insurrezioni jihadiste nella regione del Sahel
I disordini hanno scatenato la condanna internazionale, con il presidente francese Emmanuel Macron che si è unito al blocco regionale dell’Africa occidentale (ECOWAS) nel chiedere che i leader del golpe rilascino Bazoum.
Macron ha descritto Bazoum come un «leader coraggioso che sta realizzando le riforme e gli investimenti di cui il suo Paese ha bisogno», aggiungendo che Parigi sosterrà le potenze regionali nell’imporre sanzioni ai golpisti.
Il Tchiani, che guidava la guardia presidenziale dal 2011, ha giustificato le sue azioni giovedì come reazione al «deterioramento della situazione della sicurezza». Ha sostenuto che il governo non è riuscito a dare alla popolazione del Niger «un assaggio di una vera via d’uscita dalla crisi».
«La dura realtà dell’insicurezza in Niger, vissuta dalle nostre forze di difesa e dalle popolazioni laboriose, con il suo bilancio di morti, sfollamenti, umiliazioni e frustrazioni, ci ricorda quotidianamente questa cruda realtà», ha detto Tchiani, criticando quindi la mancanza di collaborazione con le giunte del Mali e del Burkina Faso nella lotta alle insurrezioni nella regione.
Il Bazoum era stato eletto nella prima transizione democratica del potere in Niger nel 2021, dopo anni di turbolenze politiche. L’ex colonia francese ha subito cinque prese di potere da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1960.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha criticato il colpo di stato di giovedì definendolo un «atto anticostituzionale», unendosi al segretario di Stato americano Antony Blinken e al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nel condannare il cambio di potere «inaccettabile».
Da tempo oramai le diplomazie di Mosca e Parigi si scontrano riguardo alle questioni africane.
Come riportato da Renovatio 21, una ONG russa l’anno passato aveva accusato i media francesi di coprire i crimini militari commessi da Parigi in Mali.
A inizio 2022, il Mali aveva annullato gli accordi militari con i francesi, e pochi mesi prima aveva accusato Parigi di addestrare i terroristi che sosteneva di combattere.
Sull’intera regione dell’Africa occidentale, e sul Sudan, si dice sia forte la presenza del gruppo Wagner. Un audio recentemente trapelato dopo la rivolta dei wagneristi contro il ministero della Difesa russo registrava un discorso di Evgenij Prigozhin ai suoi uomini dove si annunciava un ritorno della Wagner in Africa dopo la parentesi della guerra in Ucraina.
La questione della Wagner in Africa è conosciuta anche dal divo hollywoodiano George Clooney che ha scritto un editoriale su The Economist chiedendo di approfittare del momento di debolezza dell’appaltatore militare privato russo per dissolverlo e così impedire la sua influenza nei Paesi africani.
In queste ore a San Pietroburgo si è svolto un grande forum bilaterale russo-africano, a compimento dei sempre più evidenti sforzi di Mosca nel Continente nero.
Immagine screenshot da YouTube
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La Croazia ripristina la leva militare
Il Parlamento croato ha deciso di reintrodurre il servizio militare obbligatorio, interrompendo una sospensione durata 17 anni. La Croazia aveva abolito la leva nel 2008, optando per un esercito interamente professionale.
Questa decisione si allinea a una tendenza più ampia tra i Paesi membri della NATO e dell’UE, che stanno ripristinando la coscrizione obbligatoria e incrementando i bilanci militari, motivati dalle attuali tensioni geopolitiche, in particolare il conflitto in Ucraina.
Secondo la nuova normativa, circa 4.000 giovani saranno chiamati ogni anno in cinque gruppi per un addestramento di base di due mesi in varie strutture militari croate, come riportato venerdì dall’emittente statale HRT. Il programma, con un costo stimato di 23,7 milioni di euro all’anno, partirà all’inizio del 2026. Le reclute riceveranno uno stipendio mensile di circa 1.100 euro, oltre a rimborsi per le spese di viaggio, ferie e riconoscimento dell’esperienza lavorativa.
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Il ministro della Difesa Ivan Anusic ha dichiarato all’inizio di questa settimana, secondo l’AFP, che la Croazia sta affrontando «un aumento di diverse minacce che richiedono un’azione rapida ed efficace da parte della comunità più ampia». A giugno, ha spiegato che il ripristino della coscrizione è stato motivato da «cambiamenti nelle circostanze geopolitiche e di sicurezza globali, disastri naturali sempre più frequenti legati ai cambiamenti climatici e altre sfide simili».
La Croazia si unisce a un numero crescente di Paesi NATO e UE che stanno reintroducendo o ampliando la leva obbligatoria.
Come riportato da Renovatio 21, la Svezia ha ripristinato la coscrizione nel 2017 e prevede di alzare il limite di età per i riservisti. Lettonia e Lituania hanno reintrodotto il servizio obbligatorio, mentre Estonia e Finlandia hanno incrementato il numero di reclute annuali. Anche la Polonia sta valutando misure simili.
La Germania sta discutendo addirittura di una «lotteria» per la naja. La Gran Bretagna parla invece di sanzioni per gli adolescenti che rifiutano la leva, e di arruolamento degli autistici.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Aborto e pena di morte, la dichiarazione controversa di papa Leone XIV
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La Chiesa pubblica le sue statistiche annuali
Il 17 ottobre 2025, in occasione della 99ª Giornata Missionaria Mondiale, il Dicastero per l’Evangelizzazione ha pubblicato le sue statistiche annuali sullo stato della Chiesa cattolica nel mondo. Questi dati, una sintesi dei dati raccolti fino alla fine del 2023, dipingono un quadro sfumato del cattolicesimo, continente per continente.
Il primo dato che salta all’occhio leggendo le ultime statistiche della Chiesa è il numero dei cattolici nel mondo: mentre la popolazione mondiale ha raggiunto un nuovo traguardo nel 2023, raggiungendo i 7.914.582.000 abitanti – con un aumento di 75.639.000 persone rispetto al 2022 – il numero dei cattolici non è diminuito, né in valore assoluto né in proporzione.
Si stima che i battezzati siano 1,4 miliardi, con un aumento di circa 16 milioni in un anno. Questo aumento porta la quota di cattolici al 17,8% della popolazione mondiale (17,7% nel 2022) e conferma la tendenza al rialzo osservata da decenni. Per la prima volta, Africa e Sud America sono gli unici continenti a progredire, mentre l’Europa continua a mostrare segni di stagnazione o addirittura di forte calo a seconda del Paese.
Seconda osservazione: la distribuzione geografica dei cattolici rivela disparità evidenti. In Africa, il continente più dinamico, il numero di cattolici battezzati è aumentato di 8,3 milioni, rappresentando ormai il 20% di una popolazione africana stimata in 1,4 miliardi, tanti quanti i cattolici nel mondo. Questa crescita si spiega con un alto tasso di natalità ma anche con un’evangelizzazione attiva, con diocesi in piena espansione.
Le Americhe hanno visto un aumento di 5,6 milioni: i cattolici rappresentavano il 64% di una popolazione che superava il miliardo. L’Asia ha registrato un incoraggiante aumento di 954.000 fedeli, mantenendo una quota stabile al 3,3% della popolazione. L’Europa ha guadagnato 740.000 cattolici, per un totale di 286 milioni, pari al 40% della popolazione. L’Oceania ha visto un leggero aumento di 210.000, ma la quota di battezzati è diminuita dell’1%: poco più di 11 milioni di cattolici su 44 milioni di abitanti.
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Questa crescita globale è supportata da una rete di 1.130 circoscrizioni ecclesiastiche gestite dal Dicastero per l’Evangelizzazione, di cui 530 in Africa e 483 in Asia. Ciò rappresenta un aumento di sette unità rispetto all’anno precedente, a dimostrazione di una crescente presenza nelle regioni in via di sviluppo.
Nonostante questa vitalità numerica, la Chiesa si trova ad affrontare una sfida importante: la scarsità di vocazioni sacerdotali. Il numero totale di sacerdoti è di 406.996 nel 2023, in calo di 734 unità rispetto al 2022, inclusi 278.742 sacerdoti diocesani e 128.254 religiosi, con una diminuzione di 429 e 305 unità. Il rapporto tra fedeli e sacerdoti aumenta a un sacerdote ogni 15.918 abitanti (15.682 nel 2022), con un onere maggiore per i restanti pastori.
Le tendenze regionali accentuano questo contrasto. In Europa, il calo è netto: 2.486 sacerdoti in meno, con un rapporto di 1.846 fedeli per sacerdote, a riflesso del calo delle vocazioni in un continente in forte declino. Le Americhe hanno perso 800 sacerdoti, mentre l’Oceania ne ha avuti 44 in meno. Al contrario, l’Africa ha guadagnato 1.451 sacerdoti, con un rapporto di 5.094 cattolici per sacerdote, e l’Asia 1.145. Questi incrementi compensano in parte le perdite, ma il saldo complessivo rimane negativo.
I seminari, fucina di futuri sacerdoti, confermano questa tendenza al ribasso. Il numero di seminaristi maggiori – diocesani e religiosi – ammonta a 106.495, con un calo di 1.986 unità nell’ultimo anno. L’Africa è aumentata di 383 unità, ma l’Asia è diminuita di 1.331 unità e l’Europa di 661 unità. Queste cifre allarmanti sollevano la questione della successione: come mantenere la presenza della Chiesa in alcune regioni con un clero che invecchia?
In termini di istruzione, nel 2023 la Chiesa gestiva 74.550 scuole materne per 7,6 milioni di bambini, 102.455 scuole primarie per 36 milioni di studenti e 52.085 scuole medie e superiori per 20 milioni di giovani. 2,7 milioni di studenti frequentano istituti collegati alla Chiesa e 4,6 milioni di altre università affiliate. Queste reti, spesso gratuite o sovvenzionate, raggiungono oltre 70 milioni di giovani.
Nel campo dell’assistenza sanitaria e sociale: sono attive 103.951 strutture. Tra queste, 5.377 ospedali, 13.895 dispensari, 504 lebbrosari, 15.566 case di riposo per anziani o disabili, 10.858 centri diurni e 10.827 consultori matrimoniali. Il sito informativo del Vaticano aggiunge anche 145.000 dispensari e 50.000 altre strutture di accoglienza (case di accoglienza, servizi sociali).
In breve, la Chiesa cattolica conta 1,4 miliardi di fedeli in un mondo di 7,9 miliardi di persone, gestendo un impero educativo e caritativo senza pari. Ma dietro queste cifre piuttosto lusinghiere si nasconde una sfida: come nutrire spiritualmente questa moltitudine con risorse umane in diminuzione? Questa è la sfida del pontificato inaugurato poco meno di sei mesi fa.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Donatas Dabravolskas via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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