Persecuzioni
Estremisti indù attaccano cristiani indiani in pellegrinaggio per il Giubileo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La denuncia ad AsiaNews del vescovo mons. Valan Arasu. I fedeli, un gruppo di 50 tribali, sacerdote e due suore erano in visita in alcune parrocchie della diocesi. Per due volte gli estremisti li hanno assaliti e provato a denunciare il prete per «conversione forzata». L’intervento degli agenti a protezione dei pellegrini.
Fondamentalisti indù attaccano un gruppo di cristiani in visita alle chiese, parte di un pellegrinaggio promosso dalla diocesi nel novero delle iniziative promosse nel 2025 in concomitanza con l’Anno giubilare. A denunciare ad AsiaNews la vicenda, in un quadro di crescente preoccupazione, è mons. Valan Arasu, vescovo di Jabalpur, nel Madhya Pradesh: «Ieri, 31 marzo, padre John Quadros, parroco di Mandla, e i suoi parrocchiani, un totale di 50 tribali adulti accompagnati da due suore, hanno viaggiato in autobus per un pellegrinaggio a varie chiese diocesi, nel novero degli eventi in programma per il Giubileo 2025. Mandla e Jabalpur – spiega il prelato – distano circa 90 km».
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Durante la prima tappa alla Holy Trinity Church di Jabalpur, prosegue il prelato, gruppi estremisti «li hanno avvicinati, accusandoli verbalmente di false conversioni e li hanno portati alla stazione di polizia di Omti. Dopo aver svolto le dovute indagini, la polizia non ha trovato nulla contro il parroco, poiché tutti i pellegrini erano venuti volontariamente, per questo li ha rilasciati permettendo loro di riprendere il cammino».
Il gruppo è composto da cristiani tribali, i cui antenati si sono convertiti al cattolicesimo più di un secolo fa. Secondo le ricostruzioni, a sferrare l’attacco sono stati elementi legati al movimento radicale indù del Bajrang Dal, una organizzazione militante che forma l’ala giovanile del Vishva Hindu Parishad (VHP), la cui ideologia è basata sull’Hindutva di matrice nazionalista e con un generale approccio di intolleranza verso le altre religioni.
Rilasciato dalla polizia, il gruppo ha proseguito secondo programma il cammino recandosi alla chiesa di san Tommaso a Ranchi. Tuttavia, gli attivisti del Bajrang Dal li hanno seguiti fino al luogo di culto, chiamando il sostegno di altri esponenti locali del movimento tanto da creare una folla che ha circondato i pellegrini, conducendoli a forza alla stazione di polizia della cittadina. A dispetto delle denunce e delle intimidazioni, anche qui le forze dell’ordine non hanno rinvenuto alcuna irregolarità o illecito nei confronti del sacerdote e dei pellegrini.
Respinta al mittente anche la richiesta di formulare una denuncia e aprire un fascicolo (First Information Report, FIR) nei riguardi di padre Quadros. «Per garantire la sicurezza dei pellegrini, la polizia – spiega il vescovo – li ha trattenuti all’interno della stazione, mentre fuori la folla di estremisti si stava ingrossando».
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Intorno alle 14 di ieri padre Davis George, vicario generale (e parroco della cattedrale) assieme a padre George Thomas, procuratore diocesano, si sono recati in caserma per incontrare il gruppo. Tuttavia, alcuni esponenti del Bajrang Dal hanno avvicinato i sacerdoti, aggredendoli fisicamente e maltrattandoli verbalmente. «Fortunatamente – afferma il vescovo – gli agenti hanno protetto il prete e i pellegrini, trattenendoli all’interno della struttura per la loro sicurezza e incolumità». Intorno alle 16.30, la polizia ha permesso ai sacerdoti e ai pellegrini di lasciare la stazione, riaccompagnandoli a Mandla.
Intanto il Bajrang Dal sta cercando di far registrare una denuncia contro i sacerdoti di Mandla in base alla legge sulle caste e tribù classificate (prevenzione delle atrocità). «Ogni cosa buona che la Chiesa cattolica fa viene accolta e strumentalizzata dall’opposizione. Tutto viene visto – conclude mons. Valan Arasu – attraverso la lente della conversione. Noi siamo qui per servire l’umanità, la conversione – conclude – è solo opera di Dio».
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine da Asianews
Persecuzioni
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Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.
Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.
Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.
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Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.
Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».
Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.
A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.
Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.
Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.
Come riportato da Renovatio 21, strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.
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Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.
Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.
Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.
Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.
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Immagine screenshot da YouTube
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