Alimentazione
Esplosione uccide 18.000 mucche
Un’esplosione in una fattoria del Texas lunedì ha provocato un enorme incendio che ha portato alla morte di ben 18.000 mucche. I funzionari locali hanno descritto la perdita come la più grande morte di bestiame negli Stati Uniti nella storia registrata.
Il giudice della contea Mandy Gfeller ha dichiarato a USA Today che l’esplosione nella fattoria South Fork Dairy vicino alla città di Dimmitt potrebbe essere stata causata da un pezzo difettoso di un’attrezzatura agricola. Ha aggiunto che i vigili del fuoco locali stanno ancora indagando.
Secondo quanto riferito, il caseificio aveva aperto nella zona poco più di tre anni fa e impiegava da 50 a 60 persone. Non ci sono state vittime umane nell’incendio e solo una persona è rimasta ferita. È stato portato in ospedale, dove è stato riferito che da martedì era in condizioni critiche ma stabili.
Gfeller ha affermato che la maggior parte delle 18.000 mucche morte si trovavano in un grande recinto in attesa di essere munte quando è scoppiato l’incendio. Gli animali rappresentavano circa il 90% della mandria totale dell’azienda, secondo il funzionario.
Massive explosion and fire Monday at South Fork Dairy Farm in Dimmit, TX. One person critically injured, some reports claim 18K cattle died. Odd this story being ignored by every MSM outlet. pic.twitter.com/act7XjTtY4
— Mark J. Kilbane (@KilbaneWins) April 12, 2023
Calcolando che ogni mucca è stata valutata a circa 2.000 dollari, significa che le perdite di bestiame di South Fork Dairy potrebbero ammontare a diecine di milioni di dollari, anche prima che le attrezzature e i danni strutturali siano inclusi.
Un associato dell’Animal Welfare Institute – un gruppo di difesa con sede a Washington – ha affermato che l’incidente supera facilmente tutti i record da quando ha iniziato a monitorare gli incendi di fienili e fattorie nel 2013. Il record precedente era stato stabilito nel 2020 quando un incendio a nord dello stato di New York caseificio ha ucciso circa 400 mucche.
Explosion at South Fork Dairy Farm in Dimmitt Texas last night. The fire spread into the dairy cow holding pens, and an unknown amount of dairy cattle were killed by the fire and smoke. The cause of the fire is unknown.
Yet another incident affecting food supply. pic.twitter.com/1BkCoSjg7D
— Truthseeker (@Xx17965797N) April 12, 2023
I funzionari statali e caseari sono in conflitto su come affrontare il compito di ripulire le 18.000 carcasse carbonizzate. Sebbene la Texas Commission On Environment Quality fornisca alcune linee guida sulla sepoltura degli animali, come posizionarli ad almeno 15 metri da qualsiasi pozzo d’acqua, non tiene conto delle fosse comuni, scrive USA Today.
Il sindaco di Dimmitt, Roger Malone, ha dichiarato allo sbocco che sebbene abbia seguito corsi di gestione delle emergenze che insegnano come smaltire le carcasse di animali dopo un disastro, non ha mai dovuto applicarlo su così vasta scala.
Si tratta dell’ennesimo evento catastrofico in cui è incorsa una struttura di produzione alimentare nell’ultimo anno.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2022 dozzine di stabilimenti di trasformazione alimentare e magazzini sono stati distrutti da incendi, incidenti aerei e altri curiosi guasti nelle ultime settimane.
Si trattava di coincidenze particolarmente inquietante considerando che il mondo stava andando verso una crisi alimentare senza precedenti, come annunciato dalla Banca Mondiale, dall’ONU, da Vladimir Putin e ammesso perfino dal presidente americano Joe Biden che aveva parlato di «reali» carenze di cibo a seguito delle sanzioni alla Russia.
Fuoco e fiamme e distruzione della filiera: si tratta della preparazione di un Grande Reset alimentare, in cui peraltro Bill Gates già sta investendo alacremente, tra carne sintetica e bioingegneria CRISPR?
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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