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Elezioni a Tokyo, ecco l’eccezionale catalogo dei candidati

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Nelle scorse settimane un costoso e contestato videomapping ha fatto sì che, tra le altre cose, un colossale Godzilla venisse proiettato sulla facciata del palazzo del governo metropolitano di Tokyo.

 

Il kaiju (cioè titanico mostro marino distruttore) veniva proiettato sul palazzo mentre devastava il contesto urbano destra e a manca comme d’habitude.

 

Tuttavia sulla capitale nipponica grava una minaccia assai più terribile del celeberrimo kaiju dal respiro atomico.

 

Incombono le elezioni del governatore di Tokyo e i candidati che tenteranno di scalzare dal potere l’odiosa arpia covidica Yuriko Koike sono ben più fantascientifici del rettilone nucleare e di ogni possibile godzilleria cinematografica o videomappata.

 

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Ho trovato nella buca della lettera la lista dei 56 candidati e stentavo a credere ai miei occhi. Per candidarsi a governatore bisogna versare una cauzione di 3.000 yen (circa 18.000 euro), che viene restituita in caso il candidato riceva una quota sufficiente di voti: questa misura è prevista per scoraggiare chi vuole usare le elezioni solo a scopo pubblicitario, oltre che perditempo e svitati vari. Con ogni evidenza, ciò non è in alcun modo sufficiente. E i risultati si vedono.

 

Ecco dunque che direttamente dalla capitale del Giappone Renovatio 21 vi propone un’antologia dei più incredibili candidati edochiani (aggettivo italiano con cui potete dire «do Tokyo»).

 

Doctor Nakamatsu – candidato indipendente

Inventore di una certa notorietà (tra le altre cose avrebbe a suo tempo inventato il floppy disk). Uno degli slogan recita: «Siccome ho 96 anni, ho una lunghissima esperienza e grandissime capacità cerebrali». In una recente intervista il Nakamatsu ha dichiarato che conta di vivere fino a 144 anni, quindi crediamo che con lui la città sarebbe in buone mani a lungo.

 

Kuwahara Mariko – Partito per l’eradicazione della Soka Gakkai

Nel nome del partito sembrerebbe essere già compreso il suo programma: la setta buddhista Soka Gakkai (nota in Italia per avere tra i suoi affiliati Roberto Baggio e Serena Guzzanti) e la sua emanazione politica, il partito Komeito, sono malvisti da molti giapponesi per la loro influenza sulla politica nazionale. Il Komeito sostiene anche l’attuale governatore Koike, oltre che la coalizione di governo. Buona fortuna alla nostra Kuwahara.

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Ozeki Ayumi – Partito del poker

 Sul serio. Secondo la candidata Ozeki la diffusione del poker aumenterebbe la competitività dei giapponesi e l’economia ne trarrebbe beneficio, o qualcosa del genere. Se lo dice lei…

 

Komatsu Ken – Partito del golf

Golf nel senso dello sport, non del maglione. Il signor Komatsu sostiene che creare agevolazioni ai megaricchi ed attirarne quanti più possibile a Tokyo avrebbe effetti benefici per l’economia, in una sorta di trickle-down economy in salsa shoyu. Inoltre la diffusione del golf è prevedibilmente ritenuta molto importante dal candidato in questione.

 

Akinori Shogun miman – Partito del neo-bakufu di Akinori

 

Il nome del candidato si traduce come Akinori shogun mancato e il neo-bakufu (cioè, «neo-shogunato») sarebbe la rinascita del governo dei samurai. Vabbè questo è chiaramente un guitto in cerca di pubblicità: si esprime nel giapponese dei samurai dei telefilmoni storici che sono un caposaldo della televisione locale e la sua retorica pseudo-patriottica è parte del personaggio che interpreta. La cosa che mi manda in sollucchero però è la grafica abominevole del suo annuncio (riportato qui sopra): uno spixellamento primi anni 90 che fa male agli occhi e al cuore. Se l’ha scelta volutamente, ha tutta la nostra stima.

 

Kato Kenichiro – candidato indipendente

Il medico 74enne Kato Kenichiro non può certo dirsi l’uomo più fotogenico del Giappone e anche il nome scritto a pennarello nero non fa proprio una bella figura, ma il suo programma dimostra una mente poliedrica. Qui sotto alcuni punti:

  • Convertire i pachinko (equivalente locale delle sale slot) in casinò dove i giovani possano lavorare come camerieri e intrattenitori. Da qui in avanti il Giappone non potrà vivere solo di produzione industriale.
  • Istituire un centro che protegga la popolazione dalle armi dei servizi segreti come nel caso della cosidetta sindrome dell’Avana e e dei gas nervini.
  • Introdurre una mancia del 10% per i ristoranti di lusso.
  • Le donne dovrebbero lavorare nella prostituzione solo dai 45 anni in avanti.

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AI Mayor – candidato indipendente

Dal momento che nessun uomo politico è onnisciente, si potrebbe istruire un’intelligenza artificiale con le minute di tutte le sessioni del Parlamento e affidare ad essa le decisioni politiche riguardo al governo della città. Le persone dietro a questo candidato sostengono questo o qualche altra boiata simile. In realtà parlare di intelligenza artificiale va di moda e qualcuno ha pensato bene di racimolare voti così. 

 

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Kawai Yuusuke – Gruppo aumentiamo l’afflusso alle urne dell’onorevole Joker

Questo candidato si presenta truccato come il Joker o come Jim Carrey in The Mask. Gli è già riuscito di farsi eleggere al consiglio comunale della città di Soka, nella prefettura di Saitama e ora punta alla capitale. Ha fatto subito parlare di sé con un manifesto elettorale con una ragazza seminuda, a causa del quale è stato attenzionato dalla polizia.

 

Ha sfruttato lo spazio televisivo a cui candidati hanno diritto per presentarsi travestito dal governatore Koike (con tanto di gonna corta e mutande in vista) prendendola in giro ferocemente in maniera esilarante. Praticamente sta trollando la campagna elettorale puntando al voto di protesta, potrebbe anche andargli bene.

 

 

 In questo manifesto sostiene l’introduzione della poligamia in Giappone per contrastare il calo della popolazione.

 

 

Qui fa la sua proposta per modificare il controverso articolo 9 della costituzione: invece che «rifiuto del diritto alla belligeranza» (che impedisce al Giappone di avere un vero e proprio esercito), bisognerebbe scrivere «contraccezione per gli studenti delle superiori». Le due frasi in giapponese suonano in maniera simile.

 

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Sasuke –Partito proteggiamo i cittadini dalla NHK

 Il partito che protegge i cittadini dalla televisione nazionale è la creatura di Takashi Tachibana, geniale filibustiere della politica giapponese che in passato è addirittura riuscito ad entrare in Parlamento. Il canone in Giappone viene riscosso porta a porta da incaricati della NHK che in genere hanno un atteggiamento aggressivo ed intimidatorio e sono quindi odiati dalla popolazione. Tachibana (ex dipendente della NHK!) ha fiutato la possibilità di usare il malcontento generale in politica e ci è riuscito alla grande. È leggendaria una sua apparizione sulla stessa NHK in cui usava lo spazio televisivo concessogli ripetendo il suo slogan «Distruggerò la NHK!» con un sorriso raggiante, fermandosi ogni tanto per dire al personale dello studio “Niente di personale verso chi lavora qui, sia chiaro”.

Il cane Sasuke in realtà non è uno dei 24 candidati (24 su un totale di 56!) che Tachibana ha portato a queste elezioni, è il risultato di un’iniziativa per cui i manifesti del partito sono a disposizione di chiunque, quindi qualcuno (crediamo previo pagamento) ha pensato bene di mettere un cane sui manifesti elettorali. Bellissimo.

 

 Il numero sproporzionato di candidati del partito è una tecnica di Tachibana per saturare lo spazio destinato alle affissioni elettorali e si potrebbe dire che sta funzionando.

 

 

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Goto Teruki – partito peace&love

Se alcuni candidati sembrano trollare la campagna elettorale per guadagnarci, Goto Teruki sembra farlo per motivazioni non immediatamente comprensibili. Candidato 17 volte in giro per il Giappone e mai eletto. Prima del partito peace&love, si è presentato con il partito transumanista, il partito del metaverso, il partito SDGs e altri ancora che probabilmente contavano un solo membro.

 

Il candidato è uso sfruttare i 6 minuti di spazio televisivo concessi a ogni candidato per seminare il panico in studio.

 

 

Le sua passate performance si trovano su Youtube (il nostro ha anche un suo canale) e sono incredibili. Il Goto parla a raffica con la sua vocetta da spiritato e si produce in deliri zeppi di volgarità, perlopiù a sfondo sessuale, agitandosi fortemente.

 

Quest’anno si è dato una notevole calmata, non ha detto nemmeno una parolaccia e si è limitato a sragionare senza freni, ma due anni fa si è spogliato rimanendo con indosso solo un pannolone con una grossa macchia marrone sul retro. 

 

Nei manifesti elettorali sembra essere più propenso al cosplay e meno spiritato. Non è detto che la sua sia la protesta più stramba offerta dalla tornata elettorale.

 

Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo

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Ecco la catena alberghiera dell’ultranazionalismo revisionista giapponese

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Per chi è stato in viaggio in Giappone il nome APA hotels potrebbe risultare familiare. La catena di alberghi dalla caratteristica insegna arancione è onnipresente nel Paese del Sol Levante, possiede circa 900 strutture alberghiere e in alcune zone urbane la loro densità è incredibile: così a memoria direi che ce ne sono almeno 5 nella zona tra Asakusa e Asakusabashi (due fermate di metro o mezz’ora scarsa a piedi).   La catena ha anche già iniziato la sua espansione nell’America settentrionale, con 40 strutture tra Stati Uniti e Canada.   Di recente ho avuto l’occasione di provare per la prima volta un hotel APA a Kanazawa, dove la catena è nata nei primi anni ottanta. Il giudizio complessivo è positivo: pulito, molto pratico da usare, al netto di stanze piuttosto anguste (ma nella norma nipponica) non posso dire che mi sia mancata alcuna comodità.         Anzi, le stanze dispongono del «bottone buonanotte» (oyasumi botan) cioè un pulsante vicino al comodino che spegne tutte le luci in un colpo solo. Di questo sono particolarmente grato perché mi ha risparmiato la classica caccia agli interruttori che contraddistingue le serate passate negli alberghi meno recenti qui in Giappone – in alcuni ryokan ci sono persone che si rassegnano a dormire con le luci accese per la disperazione, spossati dalla caccia all’interruttore nascosto.      

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Un’altra caratteristica degli hotel APA è l’onnipresenza dell’effigie della presidentessa dell’azienda, la buffa Fumiko Motoya, sempre accompagnata da uno dei suoi vistosissimi cappelli (la sua collezione ne conta circa 240).  

Fumiko Motoya, di hirune5656 via Wikimedia CC BY 3.0

  Insegne, pubblicità, bottiglie di acqua minerale, confezioni di curry liofilizzato: non c’è posto da cui non spunti il sorriso della nostra Fumiko, il tutto ha una lieve sfumatura di culto della personalità da regime totalitario.     Ma quello che porta ripetutamente questa azienda al centro di aspre polemiche non sono i vistosi copricapo del suo presidente, né tanto meno la folle varietà di ristoranti ospitati dagli alberghi APA (a seconda della località mi è capitato di vedere ristoranti italiani, indiani, singaporiani, coreani, caffè in stile europeo, letteralmente la qualsiasi). Si tratta, invece, della cifra politica della catena alberghiera.   Ogni stanza d’albergo ha in dotazione almeno un paio di copie degli scritti del fondatore dell’azienda, Toshio Motoya, storico e ideologo di orientamento decisamente patriottico.   Gli scritti in questione innescano periodicamente polemiche furibonde: il picco era stato raggiunto tra 2016 e 2017, quando il volume che si trovava nelle stanze degli alberghi conteneva una revisione storica del massacro di Nanchino (1937). Apriti cielo: il clima allora era meno liberticida di adesso, si era agli albori dei social media totalitari come li conosciamo oggidì, ma le polemiche in Asia e occidente furono furibonde.   Il bello è che l’autore e l’azienda hanno fatto quello che oggi nessuno fa: nessun passo indietro, nessuna scusa, soltanto ribadire le proprie ragioni in maniera più articolata. In un mondo come quello in cui viviamo, in cui la gogna internettiana ha reso tutti ominicchi, quaquaraquà e, d’altronde love is love, un po’ invertiti, un atteggiamento del genere si può forse definire eroico.   Cotale attitudine mi ha ricordato l’epoca d’oro del movimento ultrà italiano, quando ancora dalle curve, allora libere da qualsiasi controllo da parte di partiti politici, malavita e istituzioni, si alzava il coro liberatorio: «Noi facciamo il cazzo che vogliamo!».   La pagina in inglese dell’azienda usa uno stile revisionistico che in Europa sarebbe ragione sufficiente per arresto, condanna e detenzione. Ve la ricordate la libertà, voi europei? Pensate che brivido trovare in albergo letteratura che rivede il dogma riguardo agli eventi accaduti nei primi anni quaranta tra Polonia, Germania e Austria…   Di fronte alle furiose contestazioni, l’azienda continua imperterrita a fare trovare in ogni camera delle copie di Theoretical modern history (理論近現代文学), i volumi che raccolgono gli scritti del fondatore della catena Motoya. Durante il mio soggiorno a Kanazawa ho avuto modo di leggere alcuni articoli che mi hanno dato una prospettiva diversa della storia giapponese.      

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L’insegnamento della storia nel Giappone post bellico ha frequentemente preso l’aspetto di una forma di autoflagellazione (sotto la guida dell’occupante statunitense). Questa colpevolizzazione del paese a scapito di tutte le altre forze coinvolte nel conflitto mondiale raggiunge picchi disturbanti nelle prefetture più sinistrorse del Paese, le così dette H2O (Hiroshima, Hokkaido, Oita).   Ci sono stati casi di genitori che hanno protestato dopo avere sentito che ai figli veniva insegnato che «le bombe atomiche ce le siamo meritate». Dopo decenni di scuse a capo chino, non c’è da stupirsi che parte del Paese inizi a manifestare insofferenza verso questo clima culturale e a volersi riconciliare con la propria storia, senza intenti necessariamente autoassolutori.   L’articolo che riporto nella foto riguardo al pilota suicida (quelli che l’occidente chiama kamikaze, ma che in Giappone sono tokkoutai, 特攻隊、le squadre speciali d’assalto), mi ha ricordato il manifesto elettorale del partito Sanseito, in cui due piloti «kamikaze» sono raffigurati abbracciati e con le lacrime agli occhi, un’immagine dei cosiddetti kamikaze diversa da quella che solitamente ci viene mostrata.     Passare una notte all’APA hotel è stata l’occasione per capire una volta di più che al popolo del Giappone, come a quelli d’Europa, è stato messo sulle spalle il giogo di un senso di colpa che impedisce loro di esistere in quanto tali, costringendoli ad abiurare sé stessi quotidianamente.   Adesso basta, noi facciamo il katsu che vogliamo.   Taro Negishi Corrispondete di Renovatio 21 da Tokyo

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Immagine di Mr.ちゅらさん via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Chirurgo del servizio sanitario pubblico britannico si è fatto amputare le gambe per «gratificazione sessuale»

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Le autorità britanniche hanno condannato il chirurgo Neil Hopper a 32 mesi di carcere dopo essersi amputato le gambe per gratificazione sessuale.

 

Il medico presso il Royal Cornwall Hospitals NHS Trust a Truro, in Cornovaglia, dove, secondo diverse fonti, ha effettuato centinaia di interventi di amputazione prima del 2019, anno in cui egli stesso ha subito l’amputazione di entrambe le gambe.

 

La Corte di Truro ha appreso che l’uomo ha mentito agli assicuratori sostenendo che le lesioni alle gambe erano dovute a sepsi e non autoinflitte. Si è appreso che nel maggio 2019 Hopper aveva subito amputazioni sotto il ginocchio a seguito di una «malattia misteriosa». In realtà, aveva usato ghiaccio e ghiaccio secco per congelarsi le gambe, quindi è stato necessario asportarle, ha affermato il procuratore Nicholas Lee.

 

I bizzarri dettagli del caso sono emersi durante il processo. Hopper era da tempo eccitato dall’idea di amputarsi le gambe, arrivando addirittura ad acquistare video pornografici di uomini che si facevano estrarre volontariamente i genitali. Secondo quanto appreso dalla corte, i reati di pornografia estrema erano collegati a video di mutilazioni corporee che lo Hopper aveva acquistato online e che non includevano bambini.

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Aveva inviato a un altro personaggio, Marius Gustavson precedentemente incarcerato per aver guidato un’organizzazione di body modification estreme come il sito EunuckMaker («produttore di eunuchi»), una foto del suo pene eretto prima di procedere con l’amputazione delle gambe.

 

L’operazione ha seguito un iter specifico. Sotto la guida del Gustavson, Hopper aveva immerso i piedi nel ghiaccio secco mentre moglie e figli erano fuori casa. Quando i paramedici sono arrivati, hanno creduto che soffrisse di sepsi.

 

Lo Hopper ha ricevuto 466.000 sterline dagli assicuratori dopo aver accettato quella richiesta di risarcimento. «Sarà fantastico essere un doppio amputato», ha scritto Hopper in un messaggio di testo prima di commettere il suo crimine.

 

Prima che emergesse lo scandalo e la frode, il medico della Cornovaglia era stato definito «il più coraggioso di Bretagna» e aveva partecipato a programmi TV in cui raccontava la sua esperienza di amputato. Particolare degno di nota è quello per il quale, secondo quanto si apprende, il chirurgo vascolare prima di programmare la propria auto-amputazione aveva eseguito come medico statale centinaia di amputazioni.

 

La questione richiama alla mente la possibilità che molti dottori, e infermieri, le cui storie talvolta finiscono nelle cronache, esprimano durante la loro pratica medica impulsi sadici e perversi, arrivando persino a totalizzare, secondo calcoli, centinaia di vittime.

 

Il medico era stato arrestato nel marzo 2023 ed è sospeso dall’albo dei medici dal dicembre 2023. Lo Hopper soffriva di «disforia corporea» fin dall’infanzia e i suoi piedi rappresentavano per lui un «indesiderato inconveniente» e un «disagio persistente e senza fine», ha un dottore sentito dalla BBC.

 

Secondo quanto sentito in tribunale, lo Hopper aveva acquistato tre video dal sito web EunuchMaker, rispettivamente per 10 e 35 sterline, che mostravano uomini che si facevano rimuovere volontariamente i genitali, scambiando circa 1.500 messaggi con Gustavson sulle sue amputazioni degli arti inferiori e su come le aveva eseguite, chiedendogli anche quanto ghiaccio secco avesse usato. Gustavson è stato condannato all’ergastolo con una pena minima di 22 anni all’Old Bailey nel 2024 per aver guidato un’organizzazione di body modification estreme, come la castrazione.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Gustavson era stato condannato all’ergastolo con una pena minima di 22 anni nel carcere dell’Old Bailey nel 2024 per aver guidato un’organizzazione che praticava modifiche corporee estreme.

 

Il sito Eunuch Maker contava circa 23.000 abbonati in tutto il mondo. Secondo la BBC, il sito gli aveva fruttato circa 375.000 dollari. Il Gustavsone e i suoi assistenti filmavano le procedure e le pubblicavano sul sito web dove erano disponibili in pay-per-view.

 

La presunta «disforia dell’integrità corporea» è un fenomeno in crescita in tutto il mondo. L’anno passato i medici hanno amputato il quarto e il quinto dito sani della mano sinistra di un ventenne del Quebecco perché credeva che non facessero parte del suo corpo.

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Le connessioni di tali pratiche di perversa «cura» amputante di una presunta «disforia» con la questione del transessualismo – promosse dallo Stato moderno e pagate dal contribuente – dovrebbe saltare agli occhi di tutti.

 

I casi di amputazioni inflitte, anche più prosaicamente, alle truffe di assicurazioni non sono infrequenti. Nel 2001 si parlò di un signore della provincia autonoma di Bolzano che si sarebbe fatto amputare una gamba dal cugino ottenere un risarcimento dalle assicurazioni, con le quali sarebbero state stipulati contratti da oltre un miliardo di lire in caso di invalidità permanente. Contrariamente all’ingegnoso programma, l’uomo perì sul posto, mentre il cugino fu arrestato e messo in carcere.

 

La vicenda ispirò, dal Trentino al Veronese ed oltre, diverse conversazioni, battute e probabilmente pure la canzone del gruppo rock di estrema destra scaligero «Truffa all’assicurazione» (2003).

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Ladro d’auto si ferma a far benzina mentre è inseguito dalla polizia

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Eccezionale scena ripresa da varie telecamere: un uomo a bordo di un’Infiniti blu rubata ha condotto la polizia della California in un inseguimento a 160 chilometri orari nel traffico di Losa Angeles, epperò fermandosi a metà inseguimento per fare benzina.   Un video mostra il sospetto di Grand Theft Auto (GTA), cioè furto di macchina, in una stazione di servizio Shell nella zona di Wilshire, a Los Angeles, mentre faceva rifornimento nervosamente con la camicia tirata sul viso – il tutto mentre sapeva di avere la polizia alle calcagna. Il motociclista alla pompa successiva sembrava ignaro della drammatica situazione.   «Non potrebbe comportarsi in modo più sospetto, te lo assicuro», ha commentato il giornalista che stava riprendendo l’inseguimento dall’elicottero. Il cronista volante ha anche notato che non c’era polizia nelle vicinanze, dando all’uomo più di un minuto per fare rifornimento.  

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Dopo aver riavvitato con calma il tappo del serbatoio, l’uomo si è allontanato a tutta velocità, passando poi sotto un cavalcavia per evitare di essere visto dagli elicotteri. Ha quindi abbandonò l’auto (a cui aveva appena fatto il pieno), facendola per qualche ragione schiantare contro un palo della luce. Il reporter dall’elicottero la ha definita «forse la mossa più intelligente della serata».   L’uomo si è quindi dileguato. Di lui, al momento, nessuna traccia – se non il serbatoio pieno dell’auto rubata.   La polizia ritiene che un altro automobilista possa averlo aiutato a fuggire. L’inseguimento ha attirato grande attenzione sui social media, con gli spettatori che hanno seguito increduli la diretta dell’elicottero mentre il sospettato si fermava casualmente per fare benzina durante l’inseguimento.   I commentatori hanno notato l’insolita decisione degli agenti di indietreggiare ripetutamente, una tattica talvolta utilizzata per ridurre il pericolo per il pubblico durante gli inseguimenti ad alta velocità.   È interessante notare che il cavalcavia da cui il sospettato è fuggito è esattamente lo stesso cavalcavia da cui, in un altro recente inseguimento della polizia, il sospettato è sceso da un’autocisterna rubata ed è salito su un altro veicolo rubato, scrive ABC7.   GTA, o Grand Thef Auto, è una popolarissima e pluridecennale serie di videogiuochi open-world incentrato su ogni sorta di violenza stradale, incluso soprattutto il ladrocinio di automobile. Ebbene, crediamo che in nessuna versione di GTA una mossa del genere sia stata tentata.   Pensiamo sempre di averle viste tutte. E invece.

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