Spirito
Diversi cardinali criticano Francesco durante una congregazione

La critica più severa, che ha sorpreso molti cardinali, è stata pronunciata dal cardinale Beniamino Stella durante la Congregazione generale tenutasi mercoledì 30 aprile 2025. Secondo InfoCatolica, l’intervento ha suscitato forte emozione all’interno del Collegio cardinalizio, soprattutto perché il cardinale Stella era considerato un amico intimo del defunto Papa.
L’imponente carriera diplomatica del cardinale Stella dimostra una rara visione internazionale: dopo aver prestato servizio come nunzio apostolico in diverse regioni difficili (Repubblica Centrafricana, Congo, Ciad, Cuba e Colombia), dal 2007 al 2013 ha presieduto la prestigiosa Pontificia Accademia Ecclesiastica, che forma i futuri diplomatici della Santa Sede.
In seguito è stato nominato Prefetto della Congregazione per il Clero da papa Francesco, a dimostrazione della sua vicinanza al defunto Pontefice. È rimasto in questo ruolo cruciale per quasi otto anni. Ma questa intimità con il potere non gli impedì di considerare con occhio lucido alcune riforme del defunto papa.
Il cardinale Stella, 83 anni, non parteciperà alle elezioni, ma ha voluto mettere i puntini sulle i e le crocette sulle t. Secondo un cardinale presente, che ha preferito mantenere l’anonimato, il cardinale Stella «ha attaccato apertamente papa Francesco» per aver rotto con «la tradizione millenaria della Chiesa» che lega il potere di governo al sacramento dell’Ordine Sacro.
Si tratta di un riferimento alla costituzione apostolica Praedicate Evangelium, promulgata il 19 marzo 2022, volta a riformare la Curia romana. Prevedendo la nomina di laici a capo dei dicasteri, di fatto separava la giurisdizione del sacramento dell’Ordine Sacro.
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Lo ha confermato il (futuro) cardinale Gianfranco Ghirlanda, celebre gesuita e canonista.
Da allora si sono susseguite nomine senza precedenti, come quella di una suora, suor Simona Brambilla, MC, a Prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Per precauzione gli fu aggiunta una profezia vescovile, senza dubbio per assicurare la validità delle decisioni agli occhi della Curia.
Secondo il cardinale Stella, il Papa «ha imposto le proprie idee» consentendo a uomini e donne laici di accedere a posizioni di responsabilità all’interno della Curia romana e di altre strutture ecclesiastiche. Il cardinale italiano ha sempre espresso il suo disaccordo con l’idea di attribuire ai laici un ruolo che compete solo ai vescovi.
Le osservazioni del cardinale Stella sono state descritte da alcuni partecipanti come «le più dure finora». La sorpresa deriva anche dal fatto che è considerato il principale promotore della candidatura del cardinale Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato, a succedere a Francesco. Un secondo cardinale confermò all’America che Stella stava lavorando attivamente per ottenere sostegno per Parolin.
Altre critiche sono state mosse durante queste sessioni, in particolare dal cardinale Raymond Burke e dal cardinale Joseph Zen, che hanno parlato per 15 minuti del Sinodo sulla sinodalità.
Anche il cardinale Müller ha criticato il pontificato uscente, in particolare la mancanza di un quadro teologico, in un articolo del 28 aprile su La Stampa.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Ross Dunn via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic; immagine tagliata
Spirito
Il cardinale Parolin ripercorre l’elezione di Leone XIV

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Spirito
«Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato»: omelia di inizio papato di Leone XIV

Renovatio 21 pubblica il testo integrale dell’omelia di papa Leone XIV durante la celebrazione eucarestica per l’inizio del ministero petrino.
Cari fratelli Cardinali,
fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!
Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!
Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).
In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).
Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
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Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: «pescare» l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui «pescatori di uomini»; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un «di più», cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di «amare di più» e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui!
Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
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Immagine screenshot da YouTube
Spirito
L’ambasciatore russo in Vaticano incontra Papa Leone XIV

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