Persecuzioni
Cristianofobia e odio anticristiano in Europa
Il Centro europeo per il diritto e la giustizia ha appena pubblicato il suo Rapporto 2025 sulla cristianofobia e l’odio anticristiano in Europa. Il rapporto si avvale delle competenze del Centro in materia di istituzioni europee e internazionali per analizzare i quadri giuridici. Include inoltre dati prodotti da organizzazioni specializzate (OIDAC, ISKK, ORLC, ecc.).
Il testo merita di essere letto integralmente. Per incoraggiare il lettore, riproduciamo la breve sintesi riportata all’inizio del Rapporto.
Cinque punti chiave sull’odio anticristiano in Europa
1. Un livello senza precedenti di violenza anticristiana in Europa
Secondo l’OIDAC Europe (Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa), nel 2024 in Europa sono stati registrati 2.211 crimini d’odio contro i cristiani a causa della loro fede, tra cui 274 aggressioni fisiche.
Sebbene il vandalismo rimanga l’atto più frequente, il continuum della violenza include anche incendi dolosi, profanazioni, minacce, molestie, aggressioni fisiche e persino tentati omicidi e assassinii, come quello di Ashur Sarnaya a Lione nel settembre 2025. Questi atti non sono né isolati né scollegati: insieme contribuiscono a un clima di crescente ostilità verso i cristiani in Europa.
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2. Tre profili principali di autori: individui musulmani radicalizzati, gruppi laici militanti e attivisti di estrema sinistra
I musulmani radicalizzati, spesso in situazioni irregolari e influenzati dalla propaganda jihadista, costituiscono la principale fonte di gravi violenze fisiche.
I gruppi laicisti militanti non difendono la neutralità: mirano alla cancellazione completa dei simboli cristiani dallo spazio pubblico.
L’ostilità degli attivisti di estrema sinistra si basa sull’idea che il cristianesimo sia un blocco «conservatore» che si oppone a certe cause progressiste.
Sebbene le loro motivazioni siano diverse, tutti contribuiscono a creare un clima anticristiano, in cui la violenza fisica, gli attacchi simbolici e le forme di pressione sociale o istituzionale si rafforzano a vicenda.
3. Una sottostima enorme: la vera portata del fenomeno è molto maggiore
Gli stessi cristiani si autocensurano sottostimando gli atti anticristiani, temendo di essere accusati di «vittimismo», di mancanza di carità cristiana o di alimentare tensioni. In Polonia, quasi il 50% dei sacerdoti ha riferito di aver subito un’aggressione nel 2024, ma l’80% non l’ha denunciata, secondo l’ISKK.
Inoltre, le autorità pubbliche sottostimano gli atti anticristiani. In Germania, la polizia registra solo gli attacchi ritenuti di «motivazione politica», escludendo molti atti anticristiani dal conteggio ufficiale.
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4. I cristiani sono sempre più emarginati o puniti per le loro convinzioni cristiane.
Oltre all’aggressione visibile, i cristiani subiscono una diffusa emarginazione, una forma di “persecuzione educata”: derisione, pressione sociale, divieti impliciti di esprimere la propria fede, crescente autocensura.
Oltre a ciò, affrontano sanzioni professionali, intimidazioni, censura e azioni legali per le loro convinzioni cristiane (aborto, istruzione, sessualità, famiglia). In diversi paesi, pregare in silenzio vicino a un ospedale o a una clinica può essere sufficiente per ricevere una multa o l’arresto.
5. L’Europa protegge i cristiani meno di altri gruppi religiosi
A differenza dell’antisemitismo e dell’odio anti-musulmano, non esiste un coordinatore europeo dedicato all’odio anticristiano. Nella migliore delle ipotesi, i cristiani sono menzionati solo marginalmente nelle strategie europee per “combattere il razzismo, la xenofobia e la discriminazione”, nonostante la portata documentata della violenza che subiscono.
L’odio anticristiano è un fenomeno enorme e drammatico, che tuttavia rimane politicamente invisibile.
Ecco il link per accedere al rapporto.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Persecuzioni
India, proteste indù contro eventi di Natale. Mons. D’Souza: «segnale preoccupante»
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Persecuzioni
Birmania, militari birmani impongono l’‘anticipo’ del Natale per non ostacolare il voto
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il regime ha ordinato alle chiese dello Stato settentrionale, dove vive una consistente comunità cristiana, di celebrare le messe natalizie entro il 20 dicembre. Vietato qualsiasi evento pubblico legato alla festa il 25. I funzionari giustificano il provvedimento con difficoltà logistiche. Rabbia e frustrazione fra i fedeli: «ci opprimono con le armi e ora cercano di opprimere il nostro spirito».
La dittatura golpista birmana «anticipa» il Natale nel Nord del Myanmar, in cui vi è una presenza consistente della minoranza cristiana, per non «ostacolare» la tornata elettorale in programma fra fine dicembre e il mese di gennaio. In queste ore infatti, con una decisione che ha sollevato profonda indignazione e risentimento fra i fedeli, il Consiglio militare al potere ha ordinato alle chiese dello Stato Kachin di tenere messe, celebrazioni ed eventi collegati alla festa nei giorni «precedenti» per favorire il voto.
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Fonti vicine agli amministratori governativi hanno confermato che i comuni in cui sono previste elezioni il 28 dicembre, tra cui la capitale Myitkyina, Putao, Tanai e Nawng Mun, hanno ricevuto l’ordine di concludere tutte le festività natalizie entro domani 20 dicembre. La direttiva vieta di fatto le celebrazioni pubbliche il 25 dicembre, data tradizionale e sacra collegata alla festa. I funzionari amministrativi locali giustificano la misura come una necessità logistica. «È a causa delle elezioni. Se si tenesse normalmente il 25 dicembre, sarebbe troppo vicino al voto» ha riferito ai media locali un membro del dipartimento dell’Amministrazione Generale della municipalità di Putao.
Per il popolo Kachin, prevalentemente cristiano, la disposizione della giunta golpista tornata al potere nel febbraio 2021 estromettendo il governo democratico e arrestando Aung San Suu Kyi non è visto come un adeguamento logistico, ma come un atto deliberato di controllo e repressione. Una residente cristiana della municipalità di Tanai ha espresso profonda «frustrazione», paragonando l’ordine a una «celebrazione di compleanno forzata e falsa». «Sembra un atto di oppressione religiosa. Non ho mai vissuto nulla di simile in tutta la mia vita da cristiana» ha affermato. «È come se ti dicessero di festeggiare il compleanno non nel giorno effettivo, ma prima. Chi sarebbe felice se il proprio compleanno fosse trattato in questo modo? Questa è la festa più sacra per ogni cristiano».
La restrizione ha messo il clero in una posizione difficile. Temendo ripercussioni, la maggior parte delle chiese si è adeguata, programmando le funzioni per il 18 o il 19 dicembre. Un ex amministratore di circoscrizione a Myitkyina ha osservato che, sebbene non sia stata resa nota alcuna punizione specifica, la minaccia è implicita. «È certo – afferma dietro anonimato – che se qualcuno lo terrà vicino alle elezioni del 24 o 25… verrà arrestato o bloccato, con l’accusa di disobbedienza o ribellione agli ordini del governo».
Mung Aung, un catechista cattolico locale, ha condannato le restrizioni come una violazione della libertà religiosa e un sintomo della più ampia guerra della giunta contro le minoranze etniche e religiose del Paese. «È molto strano e profondamente doloroso – sottolinea il cristiano – che non possiamo celebrare il Natale in pubblico nel giorno sacro a causa di questa restrizione».
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«Il governo militare – prosegue – tratta la nostra fede come un inconveniente per la loro scena politica. E ci costringe a spostare la nascita del nostro Salvatore per adattarla al loro programma, dimostrando così la loro totale mancanza di rispetto per il popolo Kachin e la minoranza cristiana. Ci opprimono con le armi e ora cercano di opprimere il nostro spirito dettandoci quando possiamo pregare. Ma mentre possono controllare le date sul calendario, non possono spegnere la fede nei nostri cuori».
La controversia nasce mentre il consiglio militare porta avanti le elezioni nei comuni «stabili» il 28 dicembre. I partiti politici, tra cui il partito di coalizione militare Union Solidarity and Development Party (USDP) e il National Unity Party (NUP), avrebbero infatti già iniziato la campagna elettorale in queste zone. Tuttavia, nei comuni in cui non si terranno le elezioni, le festività natalizie dovrebbero svolgersi come di consueto, creando una netta divisione all’interno dello Stato.
Gli osservatori sottolineano che la riprogrammazione forzata del Natale rischia di aggravare animosità e tensione tra il regime militare e la popolazione Kachin, che da tempo subisce le offensive dell’esercito e una discriminazione sistematica.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Gio Tun via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Trump per Natale attacca «la feccia ISIS» in Nigeria
.@POTUS “Tonight, at my direction as Commander in Chief, the United States launched a powerful and deadly strike against ISIS Terrorist Scum in Northwest Nigeria, who have been targeting and viciously killing, primarily, innocent Christians, at levels not seen for many years, and… pic.twitter.com/ct7rUW128t
— Department of War 🇺🇸 (@DeptofWar) December 26, 2025
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