Nucleare
Crisi energetica, metà dei reattori nucleari francesi chiudono

La metà delle centrali nucleari francesi è offline a causa di «manutenzione o difetti», il che arriva in un momento precario per i mercati dell’energia e dell’elettricità in tutta Europa, poiché i prezzi salgono a causa del conflitto in Ucraina. Lo riporta Bloomberg.
La testata economica americana riferisce che il fornitore di energia Electricité de France (EDF) sta lottando con interruzioni diffuse dopo che 28 dei 56 reattori del paese sono offline a causa di manutenzione ordinaria o difetti.
Le centrali nucleari francesi forniscono oltre il 66% della sua produzione totale di energia. Ora la produzione di energia nucleare a avrebbe raggiunto il livello stagionale più basso in almeno un decennio.
Il mercato elettrico francese ha registrato una tendenza al rialzo in termini di prezzi, oltre il 30% in più rispetto al suo vicino tedesco che si basa principalmente sui combustibili fossili per alimentare i suoi impianti.
I prezzi dell’energia elettrica in Francia sono quattro volte superiori rispetto allo stesso periodo del 2021 perché il calo dell’energia nucleare ha esercitato maggiore pressione su altre fonti di produzione di energia, innescando così una crisi dell’offerta.
Emeric de Vigan, amministratore delegato della società francese di analisi energetiche COR-e, ha detto a Bloomberg che è probabile che i prezzi elevati dell’energia rimarranno perché i problemi dell’energia nucleare del Paese «dureranno oltre quest’anno e probabilmente anche l’anno successivo».
Mercoledì, un documento della banca d’affari JPMorgan si chiedeva se più reattori nucleari programmati per essere inattivi quest’anno possano essere spinti al 2023 «data la domanda/offerta straordinariamente stretta e il contesto geopolitico».
Bloomberg ha notato che la combinazione di interruzioni del nucleare e misure governative per limitare i prezzi dell’energia comporterebbe una massiccia perdita di guadagni di 26,2 miliardi di euro (28,3 miliardi di dollari) per EDF quest’anno.
La Francia è il più grande esportatore netto di energia d’Europa. I continui problemi ai reattori nucleari aumenteranno i prezzi dell’energia e metteranno a dura prova il continente colpito dalla follia delle sanzioni alla Russia.
Come riportato da Renovatio 21, nonostante la promessa di Parigi di non mollare l’atomo, i problemi alle centrali nucleari francesi erano iniziati ad inizio anno, in bizzarra concomitanza con la crisi energetica generale che ha già fatto chiudere in Francia aziende anche di natura strategica, come l’ultima raffineria di zinco.
Nucleare
Conferenza mondiale sulla fusione nucleare in Cina

Il 14 ottobre è stata inaugurata nella megalopoli cinese di Chengdu, in Cina, la seconda riunione ministeriale del World Fusion Energy Group dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), con 1.000 partecipanti.
Il Global Times, giornale in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, ha titolato: «Il “sole artificiale” di nuova generazione della Cina in fase di aggiornamento per i test al plasma: un esperto», offrendo un riassunto del programma cinese sulla fusione, con particolare attenzione al Tokamak superconduttore sperimentale avanzato (EAST).
Zhong Wulu, vicedirettore del Southwest Institute of Physics della China National Nuclear Corporation (CNNC) e responsabile della Divisione di Scienza della Fusione, ha dichiarato: «Per raggiungere l’energia da fusione commerciale, dobbiamo completare sei fasi, e al momento siamo alla terza». Il Zhong ha elencato le sei fasi come «esplorazione concettuale, esperimenti su larga scala, esperimenti al plasma, reattori sperimentali, reattori dimostrativi e reattori commerciali».
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Huang Mei, capo scienziato del CNNC e responsabile del progetto del ciclotrone elettronico, ha detto al Global Times che, nonostante la tabella di marcia preveda la produzione di energia da fusione entro il 2050 circa, «stiamo lavorando intensamente per anticipare questa scadenza il più possibile». Nella fase 3, il 20 gennaio 2025, il Tokamak EAST ha raggiunto un funzionamento continuo del plasma ad alto confinamento per 1.066 secondi (circa 17 minuti e tre quarti), con temperature superiori a 82 milioni di gradi Celsius.
Tuttavia, questo risultato straordinario non ha ancora raggiunto il punto di pareggio, in cui una reazione di fusione produce più energia di quella usata per riscaldare il plasma, né l’ignizione, in cui la reazione diventa autosostenibile.
Il Global Times sottolinea che gli esperti cinesi evidenziano come «i materiali e l’ingegneria rappresentino ulteriori sfide. È necessario sviluppare materiali strutturali capaci di resistere a temperature estreme e intense radiazioni neutroniche, magneti superconduttori altamente affidabili, sistemi criogenici e sistemi di diagnostica e controllo per monitorare il plasma in tempo reale con feedback rapido».
Questo sta portando a concentrarsi su leghe di tungsteno per componenti strutturali e magneti superconduttori in niobio-stagno, niobio-titanio o materiali superconduttori ad alta temperatura. Un’altra questione cruciale è «l’autosufficienza al trizio». Un obiettivo chiave è il passaggio dell’EAST a un reattore sperimentale, corrispondente alla quarta fase del processo.
Huang Mei del CNNC ha espresso ottimismo, secondo il Global Times, affermando che «il Southwest Institute of Physics, come “squadra nazionale” per la fusione, accelererà i progressi tecnici attraverso diverse piattaforme». Ha aggiunto: «Il momento che attendo con più entusiasmo è quando useremo il primo kilowatt di energia da fusione per accendere una lampadina, sarà l’istante più emozionante».
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati cinesi avevano introdotto un nuovo dispositivo di prova per la produzione di fusione.
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Lo scorso marzo la Cina aveva fatto sapere che costruirà un reattore ibrido a fusione-fissione entro il 2030, con l’obiettivo di generare 100 megawatt di elettricità continua e connettersi alla rete nazionale entro la fine di questo decennio.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. La Cina ha accelerato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
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Immagine generata artificialmente
Nucleare
«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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Nucleare
Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accolto favorevolmente la proposta del presidente russo Vladimir Putin di estendere di un ulteriore anno l’ultimo trattato di controllo degli armamenti tra i due Paesi.
Domenica, mentre conversava con i giornalisti fuori dalla Casa Bianca, a Trump è stato chiesto cosa pensasse dell’offerta di Putin riguardo al New START. «Mi sembra una buona idea», ha risposto.
Le parole di Trump sono state apprezzate da Kirill Dmitriev, consigliere economico di Putin e figura centrale negli sforzi per migliorare le relazioni con Washington.
Dmitriev ha scritto su Telegram che la posizione del presidente statunitense indica che Washington e Mosca sono «abbastanza propense» a prorogare l’accordo.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Putin aveva espresso la disponibilità di Mosca a estendere di un anno il Trattato sulla riduzione delle armi strategiche del 2010 (New START), a patto che gli Stati Uniti rispondano positivamente e si astengano da azioni che potrebbero alterare l’equilibrio nucleare.
All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che Washington non ha ancora fornito una risposta ufficiale alla proposta.
L’ultimo trattato di riduzione degli armamenti tra Stati Uniti e Russia, che limita ciascuna parte a un massimo di 1.550 testate nucleari strategiche e 700 sistemi di lancio schierati, scadrà a febbraio, salvo un’eventuale proroga.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa, all’apice delle tensioni per la guerra ucraina, il ministero degli Esteri russo aveva accusato la «flagrante» violazione del trattato Start da parte di Washingtone. Nell’agosto 2022 la Russia aveva quindi annunciato la sospensione delle ispezioni nucleari con il nuovo trattato START.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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