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Bioetica

Corti Costituzionali, «madri intenzionali» e Cultura della morte: il vero ruolo della magistratura nello Stato moderno

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I conservatori sono sconvolti: la Corte Costituzionale della Repubblica ha sentenziato – udite udite! – a favore di una «famiglia» lesbica, introducendo l’eccezionale concetto di «madre intenzionale», che ci fa sognare future definizioni di «padri preterintenzionali» e altre cose bellissime di questo tipo.

 

Con la sentenza della settimana scorsa i supremi togati non hanno cambiato le leggi (già ingiuste sino all’indicibile) riguardo all’accesso alla provetta in Italia, che restano (in teoria, molto in teoria, sempre più solo in teoria) vietate agli arcobalenati. Tuttavia, riconoscendo i loro figli prodotti in laboratorio all’Estero, il buco nella ridicola diga bioetica repubblicana diviene una voragine: ci piacerebbe fare anche noi gli allarmisti e gridare che il Vajont omotransumanista è dietro l’angolo, ma in realtà sappiamo, come i lettori di Renovatio 21, che esso è già qui.

 

La catastrofe zootecnica già si è impadronita del Paese, con gli esisti apocalittici che descriviamo da anni e anni su queste pagine. Del ruolo delle istituzioni, compresa la Chiesa cattolica, in questo processo, non diremo di più qui.

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Ci preme solo ricordare a tutti, in ispecie i pisciatori di inchiostro conservatore, una cosa che a noi pare lapalissiana: l’ascesa dei diritti omotransessualisti è funzione della corsa programmata verso i bambini artificiali, gli umanoidi prodotti in laboratorio. Non viceversa: non è che tutto questo casino, che perdura nei decenni, lo hanno fatto per i «diritti civili» degli omofili, dei quali al manovratore finale interessa pochino (quel tanto che serve per pervertire la società al punto da farne crollare il pezzo assegnato all’operazione).

 

No: i padroni del mondo hanno fatto avanzare unioni, matrimoni, adozioni omosessuali – tra pellicole, serie TV, canzonette e infine leggi, come da schemino Overton – per il vero fine di sdoganare definitivamente l’alambicco degli homunculi FIVET. La provetta non solo è possibile, ora è giusta, è civile. Come il diritto, appunto.

 

Ci rendiamo conto che per molti, che non hanno una visione metastorica, metapolitica, metafisica dell’ora presente, tale concetto è assurdo. Chi crede che la storia sia una simpatica linea retta dove le cose avvengono spontaneamente, con un percorso verso emancipazioni varie già segnato che può al massimo essere mitigato, non può comprenderlo: egli è, appunto, un conservatore, un reazionario, uno che conserva e reagisce cose che gli consegnano altri, già corrotte a dovere da coloro che servono le fiches del giuoco.

 

Tuttavia non è per rivendicare il pensiero di un primato dell’avvento degli umanoide nell’agenda mondialista che scriviamo questo articolo (ne abbiamo già fatti tanti), ma per specificare quale sia il ruolo che in tale agenda pare avere la magistratura. E non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

 

Non è la prima volta che la Corte Costituzionale italiana supplisce al legislatore, e se ne dice pure stufa: insomma, si sono lasciati scappare i super-giudici italici alcune volte, ci tocca lavorare perché il Parlamento non fa il suo lavoro. E quindi che le sentenze su fine vite etc. Come dire: ci sono capisaldi della Necrocultura che dobbiamo per forza tirare fuori e spalmare sul Paese: eutanasia, vaccini obbligatori, provette…. insomma ci siamo capiti.

 

Da dove venga questa impellenza di legiferare invece della politica non è dato sapere: non dicono nemmeno, stavolta, «ce lo chiede l’Europa». Eppure eccoci qui.

 

Ripetiamo: non è una questione del solo Belpaese. Due settimane fa la Corte Suprema dell’Estonia ha stabilito che il suicidio assistito è un «diritto» costituzionale. L’Alta Corte dell’Ecuador ha legalizzato l’eutanasia l’anno passato. In Belgio (lui), tre anni fa l’Alta Corte belga ha dichiarato che la legge nazionale sull’eutanasia era incostituzionale, perché non abbastanza permissiva. Nel 2023 la Corte Suprema messicana era arrivata ad inventarsi il «diritto all’aborto»: un’innovazione portata a compimento dalla Francia di Macron, che ha piazzato (primo Paese al mondo) il feticidio in Costituzione.

 

 

E non si tratta delle sole Corte Costituzionali e surrogati vari. E non si tratta solo dei temi «bioetici» – cioè pertinenti all’avanza della Cultura della Morte. A tutti i livelli, in tutti i Paesi, troviamo magistrati che sembrano voler assecondare furiosamente – fuori da ogni logica, da ogni diritto, da ogni grazia di Dio – il programma mondialista. In USA c’è il caso dei magistrati che, dopo aver perseguitato Trump chiedendo tre quarti di millennio di galera per l’ex presidente, liberano gli immigrati criminali impedendone la deportazione. In Germania un giudice ha dato ad un uomo che aveva criticato un immigrato stupratore una multa doppia rispetto a quella comminata al violentatore stesso. A Parigi i giudici buttano fuori Marine Le Pen dalle prossime presidenziali. In Sudafrica le toghe supreme stabiliscono che cantare «uccidi il boero» non è incitamento all’odio razziale. In Austria è inquisito il leader FPO. In Romania abbiamo visto giudici che invalidano le elezioni contro il candidato che vuole la pace. Dello strapotere del giudice supremo brasiliano De Moraes (il «Darth Vader di Brasilia», secondo Elon Musk), che mette in galera chiunque – soprattutto Bolsonaro e i suoi supporter – e sequestra i social stranieri, abbiamo segnalato tante cose.

 

Pensate un attimo a tutti i processi sull’immigrazione in Italia, con ministri portati in tribunale dai magistrati – e le intercettazioni che comprovano quelle che sono di fatto cospirazioni giudiziarie per attaccare determinate figure politiche. La volontà popolare, espressa da partiti che vincono le elezioni con determinati programmi, non conta nulla. Comandano, sembra che ci stiano dicendo, i giudici.

 

E quindi, non viviamo in repubbliche democratiche, ma in giudicati. Si tratta di una bella trasformazione della «democrazia», a cui tanto teniamo, a cui tutti dobbiamo credere, e senza la quale certo non si può vivere. Non c’è che dire: ci avevano insegnato che la democrazia quando si corrompe diviene preda di tiranni, dittatori, re ed imperatori: e invece, eccoci sottomessi in un giudicato.

 

È una novità? No. Chiunque abbia ancora in mente il disastro di Mani Pulite – tipo, non Travaglio e i suoi lettori ebeti – sa bene di cosa si tratta. Di recente, ha provato a definire il fenomeno lo studioso degli apparati statal-censorii promanati dallo Stato profondo USA Mike Benz, che ha parlato di «giustizia transizionale». Il ruolo di una magistratura che persegua senza sosta una determinata parte politica e determinate questioni è, dice il Benz, parte integrante del ruolino di marcia previsto dai programmi di regime change ingegnerizzati nel ventre oscuro di Washington – e da svariati decenni.

 

Ora, certo, non ci sono sono segni negativi. In Portogallo la Corte Costituzionale due anni fa aveva invalidato la legge eutanatica. A Tokyo la Corte suprema ha stabilito che sterilizzare forzatamente le persone è incostituzionale. In Uganda la massima corte ha confermato la legge anti-Sodoma

 

E poi, per tornare al nostro tema, i giudici supremi dell’Alabama, che hanno stabilito che gli embrioni prodotti in vitro sono bambini, quindi con veri diritti: una sentenza rivoluzionaria, che sembra poter invertire l’intero macchinario in moto, almeno per un po’.

 

Tuttavia, nessuno di questi episodi ferma la nostra analisi: la magistratura, ad ogni latitudine, agisce come complice dell’Ordine mondiale. O meglio, opera limpidamente come vero strumento dello Stato moderno, il sistema sociopolitico per il quale l’umanità non è così importante, anzi, andrebbe ridotta con ogni modo possibile.

 

Se comprendiamo che è questo il frame in cui opera la giurisprudenza – la filosofia utilitarista in superficie, la Necrocultura in profondità – non diviene difficile realizzare che stiamo assistendo alla morte definitiva del diritto naturale e l’instaurarsi, una volta per tutte, del diritto positivo, dove la legge è sganciata dal dato di natura, per cui la legge è legge solo perché inflitta dall’alto. Dove è possibile coniare, così al volo, il concetto giuridico di «madre intenzionale», qualunque cosa possa voler dire.

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Il diritto positivo, capiamolo, è di fatto l’unico compatibile con uno Stato che si proclama apertis verbis «non-etico». Si tratta quindi solo della slatentizzazione di qualcosa che era in nuce già perfettamente presente nel sistema sin dalla sua creazione: uno Stato che rifiuta la morale come sua base non può che finire per essere lesivo per l’essere umano, anzi, non può che essere riconfigurato proprio per divenire una macchina da massacro. Cioè, in sintesi, un sistema satanico.

 

Senza la legge morale, cosa possiamo aspettarci se non la distruzione? Senza la legge naturale, crediamo sia possibile un esito che non vada contro il disegno di Dio?

 

Ora, è proprio vero che i giudici «stanno solo facendo il loro mestiere», come si sente dire sempre da chi ne difende l’operato.

 

Facciamo un bel respiro, dunque, e mettiamoci in testa che il problema è ben più radicale. La soluzione, pure.

 

Si tratta solo di avere un po’ di coraggio. Quantomeno, ad ammettere l’abisso infernale dove ci hanno infilato.

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Bioetica

Medici britannici lasciano morire il bambino prematuro perché pensano che la madre abbia mentito sulla sua età

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Un bambino prematuro nato a 22 settimane è morto dopo che i medici in Gran Bretagna si sono rifiutati di somministrargli un trattamento salvavita. Lo riporta LifeSite.   Mojeri Adeleye è nato prematuro alla 22ª settimana, dopo che la madre aveva subito la rottura prematura delle membrane. Durante l’emergenza, la mamma e il bambino sono stati trasferiti in un altro ospedale, dove la data di gestazione è stata scritta in modo errato, etichettando Mojeri come se avesse meno di 22 settimane di gestazione.   Le linee guida raccomandano l’assistenza medica solo per i neonati prematuri nati dopo la 22a settimana di gestazione. Sebbene la madre di Mojeri avesse informato il personale medico dell’errore, questi non le hanno creduto e hanno lasciato che il bambino morisse.

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Secondo il rapporto del medico legale, la madre di Mojeri era stata visitata per gran parte della gravidanza presso l’ospedale locale ma a seguito di complicazioni, la donna è stata trasferita in un altro ospedale.   Tuttavia, è stato commesso un errore nelle note di riferimento e la madre di Mojeri è stata registrata come a meno di 22 settimane di gestazione. Le linee guida nazionali raccomandano che il trattamento salvavita venga fornito solo ai prematuri nati a 22 settimane di gestazione o dopo, e sebbene la madre di Mojeri abbia ripetutamente cercato di comunicare al personale la corretta età gestazionale, non le hanno creduto.   Quando la madre è entrata in travaglio, il personale si è rifiutato di fornire a Mojeri qualsiasi assistenza salvavita. Era, infatti, da poco più di 22 settimane di gestazione, come aveva insistito la madre. Poiché i medici non hanno fatto nulla, Mojeri è morto.   Il medico legale ha scritto nel rapporto: «Nel corso dell’inchiesta, le prove hanno rivelato elementi che destano preoccupazione. A mio parere, sussiste il rischio che si verifichino decessi in futuro, se non si interviene».   «Date le circostanze, è mio dovere legale riferirvi. Le questioni di interesse sono le seguenti: La mancanza di considerazione nei confronti della conoscenza da parte della madre di Mojeri della propria gravidanza e della data prevista del parto per Mojeri; La mancanza di discussione con i genitori di Mojeri sulle possibili misure da adottare in caso di parto prematuro prima della 22ª settimana».

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Le linee guida della British Association of Perinatal Medicine (BAPM) del 2019 raccomandavano che, se i bambini nascevano vivi a 22 settimane, venissero fornite cure «focalizzate sulla sopravvivenza»; in precedenza, le linee guida affermavano che i bambini nati prima delle 23 settimane non dovevano essere rianimati.   Dopo l’attuazione di queste linee guida, il numero di bambini prematuri sopravvissuti alla 22ª settimana è triplicato. Prima di allora, i bambini prematuri considerati «troppo piccoli» venivano semplicemente lasciati morire.   Si stima che il 60-70% dei neonati possa sopravvivere alla nascita prematura a 24 settimane di gestazione. Tuttavia, fino al 71% dei neonati prematuri, anche quelli nati prima delle 24 settimane, può sopravvivere se riceve cure attive anziché solo cure palliative. E sempre più spesso, i bambini sopravvivono anche a 21 settimane, scrive Lifesite, che ricorda: «non tutti i bambini sopravvivranno alla prematurità estrema, ma meritano almeno di avere una possibilità».

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L’amministrazione Trump condanna la «persecuzione della preghiera silenziosa» fuori dagli abortifici britannici

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Il Dipartimento di Stato americano sta mettendo in guardia Londra per aver violato la libertà di parola dei cittadini inglesi pro-life, definendolo un affronto ai «valori condivisi» tra le due nazioni.

 

Il Telegraph ha riferito che il Dipartimento di Stato ha rilasciato una dichiarazione accusando uno dei suoi più stretti alleati geopolitici di «violazione palese del diritto fondamentale alla libertà di parola», citando specificamente «molti casi di buffer zone [zona cuscinetto, ndr] nel Regno Unito, nonché altri atti di censura in tutta Europa».

 

«La persecuzione della preghiera silenziosa da parte del Regno Unito rappresenta non solo una grave violazione del diritto fondamentale alla libertà di parola e alla libertà religiosa, ma anche un preoccupante allontanamento dai valori condivisi che dovrebbero fondare le relazioni tra Stati Uniti e Regno Unito», ha affermato un portavoce. «È di buon senso che restare in silenzio e offrire una conversazione consensuale non costituisca un danno».

 

Il rimprovero si riferisce all’istituzione nel Regno Unito di zone «bolla» o «cuscinetto» attorno alle strutture per l’aborto, apparentemente per proteggere le persone che vi entrano o ne escono da «molestie, abusi e intimidazioni». In pratica, tuttavia, hanno portato a multe salate contro attivisti pro-life pacifici.

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All’inizio di quest’anno, la scienziata in pensione Livia Tossici-Bolt è stata dichiarata colpevole e condannata a pagare 20.000 sterline (23.200 euro) per aver esposto un cartello con la scritta «qui per parlare, se vuoi» a 150 metri dal centro aborti BPAS di Bournemouth, riporta LifeSiteNews. Rose Docherty, una nonna scozzese di 75 anni, è stata arrestata in circostanze simili, ma le accuse sono state ritirate tra le proteste internazionali.

 

Un portavoce del governo britannico ha risposto con una breve dichiarazione: «la libertà di parola è fondamentale per la democrazia, anche qui nel Regno Unito, e siamo orgogliosi di sostenere le libertà garantendo al contempo la sicurezza dei cittadini».

 

A maggio, l’amministrazione Trump ha inviato una delegazione del Dipartimento di Stato in Inghilterra per indagare sulla situazione della libertà di parola, incontrando anche Tossici-Bolt, Docherty e altre vittime simili, e per riferire sulle loro conclusioni per «affermare l’importanza della libertà di espressione nel Regno Unito e in tutta Europa».

 

Resta da vedere come ciascuna delle due nazioni darà seguito allo scambio. Le relazioni tra gli Stati Uniti e le nazioni europee, incluso il Regno Unito, sono attualmente tese su più fronti, tra cui la campagna del presidente Donald Trump per la revisione degli accordi commerciali internazionali e la difficoltà delle nazioni occidentali a concordare una strategia unitaria in risposta all’invasione russa dell’Ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel suo storico intervento di accusa alla decadenza tirannica europea dato alla Conferenze di Sicurezza di Monaco 6 mesi fa, il vicepresidente statunitense JD Vance aveva definito «follie» gli arresti dei pro-life britannici che pregavano in silenzio.

 

La psicopolizia britannica è arrivata a condannare per aver pregato con il pensiero almeno due persone: il veterano dell’esercito britannico Adam Smith-Connor, 51 anni, che ha ottenuto la scarcerazione condizionale per due anni (vale a dire che è in libertà vigilata per due anni) e gli è stato ordinato di pagare le spese legali pari a 9 mila sterline (circa 10 mila euro) dal giudice distrettuale presso il tribunale di Poole, nel Dorset: lo Smith-Connor era stato arrestato nei pressi dell’attività di aborto di Bournemouth del British Pregnancy Advisory il 14 novembre 2022, dopo aver pregato in silenzio per suo figlio Jacob, abortito 22 anni fa; Isabel Vaughan-Spruce, un’altra cittadina britannica che è stata arrestata per preghiera silenziosa, che ha ricevuto due mesi fa 13 mila sterline (circa 15 mila euro) di danni e delle scuse dalla polizia.

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L’aborto ha spazzato via il 28% della generazione Z. E molto, molto di più

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Statistiche ampiamente condivise in rete questa settimana riportano che circa il 28% della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) negli USA è stata abortita nel grembo materno. Lo scrive LifeSite.   Secondo le stime del Guttmacher Institute (il braccio di ricerca e sviluppo del grande abortificio multinazionale Planned Parenthood) sul numero di aborti eseguiti ogni anno negli Stati Uniti dal 1997 al 2011, gli anni di nascita della Generazione Z, circa 19,5 milioni di esseri umani concepiti in quella generazione, sono stati soppressi attraverso l’aborto. Attualmente si stima che negli Stati Uniti ci siano 69,3 milioni di membri della Generazione Z.   I dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che il tasso di aborti tra i bambini della Generazione Z negli Stati Uniti corrisponde quasi alla percentuale stimata di bambini non ancora nati uccisi dall’aborto in tutto il mondo: il 29%, ovvero tre gravidanze su 10.

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Le statistiche di Inghilterra e Galles mostrano tassi di aborto molto simili. «la percentuale di concepimenti che hanno portato all’aborto è stata del 29,7%; si tratta di un aumento rispetto al 26,5% del 2021 e della percentuale più alta mai registrata», ha rilevato un rapporto dell’Office of National Statistics (ONS) basato sui dati del 2022.   Ricordiamo anche che queste statistiche risultano calcolabili pure per realtà apparentemente distanti come il Giappone, con dati nel periodo post-bellico che indicavano l’aborto di circa un terzo dei concepiti, con casi allucinanti di infanticidi – che oggi la Finestra di Overton vuole che chiamiamo «aborti post-natali» – come quello di Miyuki Ishikawa, detta «Oni-sanba», ostetrica che avrebbe ucciso almeno 86 bambini (qualcuno parla di una cifra doppia) affidatile negli anni dell’immediato dopoguerra.   Non si tratta di numeri sconosciuti anche all’Italia, dove per anni le nascite sono state attorno alla cifra di 500 mila, con le interruzioni di gravidanza sopra i 100.000, con un calo sensibile nell’ultimo decennio, in linea tuttavia con il calo delle nascite, specie dopo la pandemia.   Anche in Italia, dunque, abbiamo avuto una percentuale di generazioni spazzate via sopra il 20%, in pratica una piccola guerra condotta contro il Paese stesso, ma legalizzata e pagata dal contribuente – o una serie di bombe atomiche, i cui effetti si misurano in megadeath («megamorte», un milione di individui sterminati).   Come scritto anni fa da Renovatio 21, negli anni l’Italia dell’aborto ha subito una devastazione umana molto superiore a quella di Hiroshima e Nagasaki, con almeno 6-7 megadeath di danno alla popolazione. E parliamo solo delle cifre ufficiali, che non includono gli embrioni distrutti dalle provette, che sono già in numero maggiore di quelli trucidati dall’interruzione volontaria di gravidanza.   Se non volete pensarlo in percentuale, pensatelo così: 6 milioni di persone uccise, sono perfettamente pensabili come un attacco atomico che cancella tutto il Triveneto, o la Sicilia e la Calabria assieme, o l’Emilia-Romagna con l’Umbria e le Marche, o tutto il Lazio e zone limitrofe, o due terzi della Lombardia.   Come avevamo scritto oramai più di 10 anni fa: «Per quanto possa sembrare allucinante, dobbiamo guardare in faccia la realtà: l’Italia è una rovina post-atomica. E neppure lo sa».   Le cifre divenute virali questa settimana non includono mai – perché è un calcolo che i pro-life, specie italiani, non hanno l’intelligenza di fare – quello che qualcuno chiama il ghost number. Proviamo a pensare le cifre americane: e 6.392.900 femmine abortite tra il 1973 e il 1982 avrebbero oggi 25-40 anni, e quindi con alta probabilità almeno un figlio di media (chi due, chi cinque, chi zero). Otteniamo così la cifra di 54.853.850 persone spazzate via dall’anagrafe, sottratte alla società.   Un danno di quasi 55 megadeath: come se il temuto showdown nucleare con la Russia, fosse avvenuto – e senza che i sovietici sparassero un solo colpo. Basandosi sulle attuali statistiche demografiche americane, è possibile calcolare che tra questi 55 milioni vi potrebbero essere stati 7 giudici della Corte Suprema, 31 premi Nobel, 6000 atleti professionisti, 11.010 suore, 1.102.403 insegnanti, 553.821 camionisti, 224.518 camerieri, 336.939 spazzini, 134.028 contadini, 109.984 poliziotti, 39.447 pompieri, 17.221 barbieri.

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Soprattutto, e questo deve essere meditato profondamente dalle femministe, in questo immane turbine di morte sono state disintegrate 27.426.925 donne. Le quali sono, senza dubbio alcuno, il bene più prezioso che esista sulla Terra: ogni cellula uovo che la donna ovulerà in tutta la sua vita, è già formata dal feto a poche settimane dal concepimento. La prima cellula del nostro corpo – l’ovocita – già esisteva dentro nostra madre quando era un feto, venti, trenta, quaranta anni prima che venissimo alla luce. Un’autentica, insondabile meraviglia: la vita contenuta dentro la vita.   L’aborto interrompe questa catena superiore. Come diceva un detto ebraico: chi uccide un uomo uccide l’umanità; ammazzi qualcuno e rovini per sempre le generazioni che seguiranno. Peggio di un fallout radioattivo, l’aborto reca un danno aberrante, che si accumula distruggendo il futuro – i figli, i figli dei nostri figli – su una scala che non possiamo immaginare.   Chi non crede a queste romanticherie scientifiche e umanistiche, pensi ai soldi: i 55 megadeath causati dall’aborto in USA rappresentano 55 milioni di lavoratori e consumatori americani che non pagano le tasse e non partecipano al mercato nazionale. Dal PIL, è possibile calcolare che l’aborto abbia causato all’economia americana un danno di 37 trilioni e 600 miliardi di dollari.   L’abisso di cui stiamo parlando non vi è stata ancora nessuna rappresentazione adeguata alla sua immensità apocalittica. Né la polemologia (la disciplina che nel Novecento si è dedicata allo studio della guerra), né la psicologia, né la sociologia, né la filosofia paiono comprendere questo Inferno per intero.   No, non è solo un terzo della Generazione Z ad essere stato cancellato dall’aborto. È molto, molto di più.   Roberto Dal Bosco

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