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Geopolitica

Continua a salire la tensione tra India e Pakistan

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Le tensioni tra India e Pakistan si sono intensificate a seguito di un attacco mortale nel territorio indiano dell’Unione del Jammu e Kashmir, che ha causato la morte di 26 persone. Sebbene non siano state presentate prove concrete che colleghino Islamabad all’attacco, l’India – che da tempo accusa il Pakistan di aver favorito le infiltrazioni militanti in Kashmir – ha segnalato di ritenere il Pakistan indirettamente responsabile.

 

L’attacco è avvenuto nel pomeriggio del 22 aprile nella valle di Baisaran, una popolare destinazione turistica a circa 6 km dalla città di Pahalgam. Il Fronte della Resistenza, un gruppo militante ritenuto legato al Lashkar-e-Taiba, con base in Pakistan, avrebbe rivendicato la responsabilità, spingendo Nuova Delhi ad accusare Islamabad di sostenere il terrorismo transfrontaliero. La polizia del Kashmir afferma di aver identificato tre sospettati, due dei quali cittadini pakistani, coinvolti nell’attacco. Alcuni rapporti successivi hanno suggerito che il Fronte della Resistenza abbia preso le distanze dall’attacco.

 

La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per l’escalation delle tensioni tra i due vicini dotati di armi nucleari. Gli osservatori hanno avvertito che la situazione di stallo potrebbe portare a ulteriore instabilità nella regione se i canali diplomatici non verranno prontamente ripristinati.

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Le relazioni tra India e Pakistan sono tese da decenni a causa del Kashmir. I due vicini dotati di armi nucleari hanno combattuto quattro guerre e hanno avuto ripetute schermaglie di confine. Le relazioni tra Islamabad e Nuova Delhi sono praticamente congelate dal 2019, dopo che il governo guidato dal Primo Ministro indiano Narendra Modi ha abrogato l’articolo 370 della Costituzione, che garantiva un certo livello di autonomia al Jammu e Kashmir.

 

Dopo l’attacco di Pahalgam, i due Paesi hanno adottato misure radicali per deteriorare ulteriormente i rapporti diplomatici e commerciali.

 

Nuova Delhi ha ridotto il personale dell’Alto Commissariato pakistano, espellendo diplomatici pakistani e chiudendo il confine terrestre. Ha inoltre sospeso il rilascio dei visti per i cittadini pakistani e ha consigliato ai cittadini indiani in Pakistan di rientrare al più presto in patria.

 

Inoltre, per la prima volta in sessant’anni, l’India ha sospeso il Trattato sulle acque dell’Indo , che consente ai due Paesi di condividere le acque del sistema fluviale dell’Indo. Nuova Delhi ha affermato che le misure rimarranno in vigore «finché il Pakistan non abbandonerà in modo credibile e irrevocabile il suo sostegno al terrorismo transfrontaliero».

 

Islamabad ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco in Kashmir, emettendo giovedì una risposta alle misure dell’India, sospendendo importanti accordi bilaterali e rotte transfrontaliere e chiudendo il proprio spazio aereo a tutte le compagnie aeree di proprietà o gestite da indiani. L’India ha anche chiuso il proprio spazio aereo alle compagnie aeree pakistane, una settimana dopo Islamabad.

 

Islamabad si è detta particolarmente indignata per la sospensione unilaterale del trattato sulle acque da parte dell’India, avvertendo che se l’India avesse dato seguito alla sua minaccia di bloccare i fiumi, avrebbe considerato ciò come «un atto di guerra».

 

L’esercito indiano ha dichiarato che la scorsa settimana le truppe pakistane hanno aperto il fuoco lungo la Linea di Controllo in Jammu e Kashmir, provocando ritorsioni. Finora non sono state segnalate vittime sul confine di fatto, nonostante le tensioni tra i civili nelle zone di confine.

 

Nel frattempo, i funzionari pakistani hanno affermato che un’azione militare contro il loro Paese è «imminente» e che Islamabad è pronta ad affrontare le crescenti minacce.

 

Il Pakistan si aspetta un’incursione militare indiana dopo il mortale attacco della scorsa settimana, ha dichiarato lunedì a Reuters il ministro della Difesa pakistano. Asif ha accusato Nuova Delhi di «prepararsi a una guerra totale» e ha promesso che Islamabad è pronta a rispondere a tono, affermando che l’attacco in Kashmir è stata «un’operazione sotto falsa bandiera» orchestrata dalle autorità indiane.

 

Secondo un rapporto dell’agenzia di stampa Press Trust of India, la National Investigation Agency (NIA) dell’India ritiene che l’attacco terroristico del 22 aprile in Kashmir sia stato organizzato dall’esercito pakistano, dall’Inter-Services Intelligence (ISI) e dall’organizzazione jihadista Lashkar-e-Taiba (LeT).

 

La NIA ha confermato la presenza di «lavoratori in superficie», ovvero persone che aiutano i militanti con denaro, logistica e riparo, durante l’attacco e ha compilato un elenco dei loro contatti per intraprendere azioni amministrative e giudiziarie nei loro confronti, ha affermato l’agenzia di stampa.

 

L’India ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale di riesaminare i prestiti concessi al Pakistan, secondo quanto riferito a Reuters da una fonte governativa indiana. Il Pakistan ha ricevuto un pacchetto di salvataggio di 7 miliardi di dollari dal FMI nel 2024 e a marzo ha ricevuto anche un ulteriore prestito di 1,3 miliardi di dollari per la resilienza climatica, secondo il rapporto.

 

In seguito alle misure punitive dell’India contro il Pakistan per il recente attacco terroristico in Kashmir, Islamabad ha chiuso lo spazio aereo del Paese ai vettori indiani. Ciò ha portato a una risposta di rappresaglia da parte di Nuova Delhi. Le chiusure si tradurranno in rotte più lunghe, con conseguente aumento del consumo di carburante e dei tempi di volo. La decisione dell’India di chiudere il proprio spazio aereo alle compagnie aeree pakistane interromperà gravemente le operazioni di Pakistan International Airlines, ha dichiarato ai media locali il maresciallo dell’aria indiano in pensione Sanjeev Kapoor.

 

Giovedì Islamabad aveva dichiarato che avrebbe mantenuto aperto l’unico valico di frontiera terrestre tra Pakistan e India per consentire ai cittadini bloccati di tornare a casa. In seguito all’attacco terroristico del 22 aprile nel Territorio dell’Unione Indiana di Jammu e Kashmir, Nuova Delhi ha revocato i visti alla maggior parte dei cittadini pakistani e ha chiesto loro di lasciare il Paese entro il 30 aprile. Il ministero degli Esteri pakistano ha affermato che la decisione dell’India ha creato «serie sfide umanitarie», con pazienti costretti ad andarsene prima di completare le cure e famiglie separate. «Siamo aperti ad accogliere i nostri cittadini se le autorità indiane consentiranno loro di attraversare il confine dal loro lato», ha dichiarato il ministero in una nota stampa.

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L’ambasciatore pakistano negli Stati Uniti, Rizwan Saeed Sheikh, ha chiesto al presidente Donald Trump di aiutarlo ad allentare le tensioni con l’India dopo l’attacco terroristico della scorsa settimana nel territorio dell’Unione indiana di Jammu e Kashmir, secondo quanto riportato da Newsweek. Il vicepresidente statunitense JD Vance ha affermato di sperare che il Pakistan cooperi con l’India per dare la caccia ai terroristi responsabili dell’attacco del 22 aprile in Kashmir, ma ha invitato Nuova Delhi a reagire con moderazione all’incidente, che ha causato 26 vittime. «La nostra speranza è che l’India risponda a questo attacco terroristico in modo tale da non sfociare in un conflitto più ampio», ha dichiarato Vance a Fox News in un’intervista di giovedì. Il Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth, che ha parlato giovedì con il suo omologo indiano, Rajnath Singh, ha affermato che Washington è solidale con Nuova Delhi e sostiene il «diritto dell’India a difendersi».

 

L’esercito pakistano ha condotto giovedì un’esercitazione militare su larga scala con l’impiego di aerei da combattimento e artiglieria. L’ «operazione di addestramento sul campo ad alta intensità», nome in codice Hammer Strike, è stata guidata dal corpo d’élite Mangla Strike Corps, ha dichiarato l’esercito pakistano. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Asim Munir, ha visitato i poligoni di tiro di Tilla Field a Jhelum per supervisionare l’esercitazione. Ha ribadito la «ferma determinazione» dell’esercito a difendere la sovranità nazionale in caso di attacco indiano. «Non ci siano ambiguità: qualsiasi disavventura militare dell’India verrà affrontata con una risposta rapida, risoluta e di prim’ordine. Mentre il Pakistan rimane impegnato per la pace regionale, la nostra preparazione e determinazione a salvaguardare gli interessi nazionali sono assolute», ha affermato, secondo il comunicato stampa ufficiale.

 

Il 1° maggio, l’esercito indiano continua a reagire alle truppe pakistane, che hanno sparato senza motivo lungo la Linea di Controllo (LOC) in Kashmir per il settimo giorno consecutivo, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa ANI. Nel tentativo di affrontare il problema dei continui scontri a fuoco transfrontalieri, i Direttori Generali delle Operazioni Militari (DGMO) di India e Pakistan hanno tenuto un colloquio mercoledì, secondo quanto riportato dai media. Secondo News18, il DGMO indiano ha fortemente messo in guardia la sua controparte pakistana in merito alle presunte violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze pakistane lungo la LOC e il confine internazionale.

 

Come riportato da Renovatio 21, il 29 aprile, il ministro dell’Informazione di Islamabad, Attaullah Tarar, ha avvertito che «il Pakistan dispone di informazioni attendibili secondo cui l’India intende lanciare un attacco militare entro le prossime 24-36 ore, usando l’incidente di Pahalgam come falso pretesto». «Qualsiasi atto di aggressione incontrerà una risposta decisa. L’India sarà pienamente responsabile di qualsiasi grave conseguenza nella regione», ha aggiunto il Tarar. La sua dichiarazione è arrivata dopo che il premier indiano Narendra Modi ha concesso alle forze armate del suo Paese «piena libertà operativa» per determinare modalità, obiettivi e tempi di risposta al recente attacco terroristico.

 

Il 29 aprile, l’India ha avviato estese operazioni antiterrorismo in diverse località del territorio dell’Unione di Jammu e Kashmir, secondo quanto riportato dai media locali. Quattro operazioni antiterrorismo sono attualmente in corso nella regione nell’ambito di una stretta repressione della sicurezza, secondo quanto riportato da funzionari citati dall’agenzia di stampa ANI. La sicurezza è stata rafforzata in aree come Pulwama (scena di un grave attacco terroristico nel 2019), dove sono in corso perquisizioni e rastrellamenti in aree boschive e rurali. Nell’ambito delle misure di sicurezza, 48 degli 87 parchi e giardini pubblici in aree vulnerabili sono stati chiusi nel tentativo di garantire la sicurezza e prevenire potenziali minacce.

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Geopolitica

Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

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Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente statunitense Donald Trump, come confermato dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.   Circa 40 minuti prima della conferma russa, Trump aveva annunciato sulla sua piattaforma Truth Social di essere impegnato in una chiamata «in corso» e «prolungata» con Putin.   Il colloquio tra i due leader si è tenuto in un contesto di crescenti tensioni tra Mosca e Washington, a seguito della proposta di Trump di fornire all’Ucraina missili Tomahawk a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, in vista del suo incontro programmato con Volodymyr Zelens’kyj per venerdì.   Mosca ha criticato duramente questa possibile decisione, avvertendo che annullerebbe la fiducia diplomatica costruita tra Russia e Stati Uniti senza alterare la situazione sul campo.   Fornire tali armi a Kiev spingerebbe Mosca ad adottare contromisure necessarie, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov.   La telefonata rappresenta il primo contatto tra Putin e Trump dal loro incontro di persona ad Anchorage, in Alaska, a metà agosto. Mosca ha riferito che, dopo il vertice, le comunicazioni con Washington si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, i funzionari russi hanno sottolineato che il processo avviato in Alaska «non è terminato» e che lo «spirito di Anchorage» rimane «vivo».

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Trump ha dichiarato che il colloquio con Putin potrebbe condurre a un accordo di pace per il conflitto ucraino. Le tensioni tra Stati Uniti e Russia si sono intensificate a causa delle possibili forniture di missili Tomahawk all’Ucraina, e i negoziati di pace sono rimasti in stallo. Trump ha descritto la conversazione, durata due ore e mezza, come «molto produttiva», suggerendo che un accordo di pace potrebbe essere imminente.   «Ho trovato che fosse una chiamata eccellente, molto produttiva… Pensiamo di poter fermare [il conflitto]», ha detto. «Questa potrebbe essere una chiamata così fruttuosa che alla fine… vogliamo raggiungere la pace».   In precedenza, Trump aveva scritto su Truth Social che durante la telefonata erano stati compiuti «grandi progressi» e aveva annunciato che lui e Putin avevano concordato di organizzare un vertice bilaterale a Budapest, in Ungheria.   Il presidente USA ha riferito ai giornalisti che l’incontro si terrà probabilmente entro due settimane, dopo i colloqui tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov, oltre all’incontro di Trump con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Washington, previsto per venerdì. L’ultimo vertice Putin-Trump, svoltosi ad Anchorage, in Alaska, ad agosto, non aveva prodotto risultati concreti, ma giovedì Trump ha dichiarato di aver «posto le basi» per un processo di pace più ampio.   Riguardo alle possibili consegne di missili Tomahawk a Kiev, Trump non ha né confermato né smentito i piani, sottolineando però che, pur disponendo di «molti» missili, gli Stati Uniti ne hanno bisogno per la propria sicurezza e «non possono esaurire» il loro arsenale.   Secondo Yury Ushakov, consigliere di Putin per la politica estera, durante la telefonata il presidente russo ha avvertito Trump che l’invio di Tomahawk a Kiev non cambierebbe l’andamento del conflitto, ma potrebbe «compromettere gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggiare le relazioni tra Russia e Stati Uniti.   Ushakov ha sottolineato che Putin ha riaffermato l’impegno di Mosca per una «risoluzione politico-diplomatica pacifica», descrivendo la discussione come «molto concreta ed estremamente franca», aggiungendo che i preparativi per il prossimo vertice Putin-Trump inizieranno immediatamente, con Budapest in fase di valutazione come sede.   Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha poi scritto su X di aver discusso con Trump, confermando che i preparativi sono già in corso.  

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Geopolitica

Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

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L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.

 

In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».

 

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.

 

Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.

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Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».

 

L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».

 

Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.

 

L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.

 

Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».

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Geopolitica

Record di matrimoni con le ucraine in Polonia

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Secondo uno studio recente riportato da diversi media, nel 2024 la Polonia ha registrato un numero record di matrimoni tra cittadini polacchi e immigrate ucraine.   Una ricerca dell’Università di Łódź, basata sui dati dell’Ufficio centrale di statistica (GUS), ha rilevato che lo scorso anno si sono celebrati 2.556 matrimoni tra polacchi e ucraini, con un incremento del 22% rispetto al 2022 e quasi il triplo rispetto a dieci anni fa.   Questo aumento ha generato malcontento in alcune fasce della società polacca. Uno studio dell’Università di Varsavia, citato da Onet.pl, ha mostrato che quasi la metà delle giovani donne polacche ha un’opinione negativa sulle rifugiate ucraine, con un’avversione più marcata tra le donne di età compresa tra i 20 e i 29 anni.   Il risentimento verso gli ucraini è stato alimentato anche da accuse secondo cui questi ultimi approfitterebbero dei sussidi familiari, avrebbero un accesso privilegiato ai servizi pubblici e contribuirebbero all’aumento della criminalità, ha scritto il quotidiano francese Le Monde il mese scorso.   La Polonia è una delle principali destinazioni per i rifugiati ucraini dall’inizio dell’escalation del conflitto tra Kiev e Mosca nel febbraio 2022. Attualmente, oltre 1,5 milioni di cittadini ucraini, prevalentemente donne, risiedono nel Paese, con circa un milione di persone che beneficiano dello status di protezione temporanea, secondo il rapporto. La legge polacca consente a chi ha la protezione temporanea e sposa un cittadino polacco di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo come familiare.

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Gli uomini polacchi sono molto più propensi a sposare donne ucraine – con 2.021 matrimoni – rispetto alle donne polacche che sposano uomini ucraini, che hanno rappresentato 535 unioni. Tuttavia, Onet ha evidenziato che i matrimoni con ucraini costituiscono solo circa il 2% del totale nazionale.   Il mese scorso, il presidente polacco Karol Nawrocki ha firmato una legge che inasprisce le condizioni per i rifugiati ucraini che ricevono sussidi statali. Pur garantendo agli ucraini la possibilità di rimanere in Polonia almeno fino a marzo 2026, la normativa lega l’accesso ai sussidi alla dimostrazione di un’occupazione per almeno un genitore e all’iscrizione scolastica dei figli.   Il Nawrocki ha inoltre sottoposto al parlamento due ulteriori proposte di legge sui rifugiati: una che rende più severe le regole per ottenere la cittadinanza e un’altra che criminalizza la promozione di movimenti nazionalisti ucraini estremisti.   Come riportato da Renovatio 21, nelle polemiche tra Varsavia e Kiev si inserisce anche la storia della Seconda Guerra Mondiale, con i polacchi che vogliono siano riconosciute le violenze genocide dei collaborazionisti hitleriani ucraini, che sono epperò ora gli eroi del regime di Kiev.   Varsavia si era opposta ancora negli anni 2000 al montante sdoganamento delle forze dei nazionalisti integralisti ucraini: in particolare vi fu la protesta quando l’allora premier ucraino Viktor Yushenko celebrò pubblicamente nel 2010 Stepan Bandera, leader dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Varsavia all’epoca si era espressa contro la glorificazione degli ucronazisti assieme alla comunità ebraica internazionale, che ora invece non proferisce parola, a partire dall’ambasciatore israeliano a Kiev.   La Polonia ha a più riprese annunciato il suo rifiuto a mandare truppe in Ucraina – almeno ufficialmente.   Due anni fa la lite sul grano tra i due Paesi, tracimata nel discorso di Zelens’kyj all’Assemblea Generale ONU, portò a frizioni tra i due Paesi era «titanicamente danneggiato».   Con il cambio di governo è tornata l’aria filo-ucrainista a Varsavia, arrivando nelle scorse ore a vedere la Polonia chiedere alla Germania di lasciar perdere le indagini sulla distruzione del gasdotto Nord Stream e a negare l’estradizione di un sospettato – un atto che ha fatto sbottare il ministro degli Esteri ungheresi Pietro Szijjarto, che ha accusato il presidente polacco Tusk di «difendere i terroristi».  

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