Cina
Condannato a morte Liu Yazhou, il generale cinese che ammira il cristianesimo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Sarebbe entrato in contrasto con Xi Jinping. L’alto militare è accusato di corruzione e di aver voluto creare una propria fazione nel Partito comunista. Per il noto dissidente Wei Jingsheng, Xi ha colpito Liu per le sue idee sulla «nazionalizzazione» delle Forze armate. Non è la prima volta che la «vecchia guardia» attacca il leader supremo.
Una corte ha condannato a morte con pena sospesa il generale a riposo dell’aeronautica Liu Yazhou. La sentenza risale a febbraio 2022, ma media governativi ne hanno dato notizia solo nei giorni scorsi. Liu è un personaggio di primo piano nel panorama politico nazionale, genero dell’ex presidente Li Xiannian.
A quanto scrive Ming Pao, i giudici hanno condannato l’alto militare per essere entrato in contrasto con Xi Jinping. Liu ha criticato spesso la postura belligerante della Cina rispetto a Taiwan. Le fonti cinesi riportano che l’accusa nei suoi confronti è di «corruzione economica» e di aver voluto creare una propria «fazione» nel Partito comunista cinese (PCC).
Con la seconda imputazione, sotto Xi le autorità hanno colpito diversi alti ranghi del potere. Lo scorso settembre un tribunale ha condannato all’ergastolo l’ex vice ministro della Sicurezza pubblica Sun Lijun «per aver danneggiato in modo serio l’unità del Partito».
L’imputazione più grave è però quella di essere a capo di una cerchia di dirigenti politici «sleali» verso Xi, di cui farebbe parte l’ex ministro della Giustizia Fu Zhenghua, anch’egli condannato al carcere a vita.
Come commentato su RFA da Wei Jingsheng, «padre della democrazia» in Cina, ora esule negli USA, il generale Liu è molto popolare tra i militari e nella società cinese. Ufficiale di orientamento «confuciano», è anche un letterato e un ammiratore del cristianesimo.
Secondo Wei l’accusa di corruzione è il solito stratagemma usato da Xi per eliminare i suoi avversari politici. Il noto attivista sottolinea che le idee del militare sul cristianesimo non possono aver influito più di tanto sul giudizio negativo del leader supremo: nella sua storia la Cina ha avuto generali cristiani, tra cui Feng Yuxiang.
Wei è convinto che Xi abbia voluto colpire Liu per le sue idee sulla «nazionalizzazione» delle Forze armate. Tradotto: l’ex generale vuole evitare che l’esercito sia uno strumento privato del leader di turno.
Prima del 20° Congresso del Partito lo scorso ottobre, la «vecchia guardia» ha provato a influenzare il dibattito politico interno in chiara opposizione al presidente, che però ha poi ottenuto uno storico terzo mandato al potere.
In un videomessaggio fatto circolare da metà settembre, in seguito censurato, il 105enne Song Ping affermava che la politica di riforma e apertura inaugurata 40 anni fa da Deng Xiaoping «è il solo sentiero che assicura sviluppo e prosperità alla Cina, e garantisce il raggiungimento del sogno cinese».
Song, ex membro del Comitato permanente del Politburo ai tempi di Deng, ha usato con scaltrezza le stesse parole pronunciate in passato da Xi, fatto che lo ha forse salvato da rappresaglie, a differenza di quanto accaduto a Liu.
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Cina
Prima vendita di armi a Taiwan sotto Trump
Il dipartimento della Difesa statunitense ha reso noto di aver autorizzato la prima cessione di armamenti a Taiwan dall’insediamento del presidente Donald Trump a gennaio. Pechino, che rivendica l’isola autonoma come porzione del proprio territorio, ha tacciato l’iniziativa come un attentato alla sua sovranità.
Il contratto in esame prevede che Taipei investa 330 milioni di dollari per acquisire ricambi destinati agli aeromobili di produzione americana in dotazione, come indicato giovedì in un comunicato del Dipartimento della Difesa degli USA.
Tale approvvigionamento dovrebbe consentire a Formosa di «preservare l’operatività della propria squadriglia di F-16, C-130» e altri velivoli, come precisato nel documento.
La portavoce dell’ufficio presidenziale taiwanese, Karen Kuo, ha salutato la decisione con favore, definendola «un pilastro essenziale per la pace e la stabilità nell’area indo-pacifica» e sottolineando il rafforzamento del sodalizio di sicurezza tra Taiwan e Stati Uniti.
Secondo il ministero della Difesa di Taipei, l’erogazione dei componenti aeronautici americani «diverrà operativa» entro trenta giorni.
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Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha espresso in un briefing il «profondo rammarico e l’opposizione» di Pechino alle forniture belliche USA a Taiwano, che – a suo dire – contrastano con gli interessi di sicurezza nazionali cinesi e «inviano un messaggio fuorviante alle frange separatiste pro-indipendenza taiwanesi».
La vicenda di Taiwan costituisce «la linea rossa imprescindibile nei rapporti sino-americani», ha ammonito Lin.
Formalmente, Washington aderisce alla politica della «Cina unica», sostenendo che Taiwan – che esercita de facto l’autogoverno dal 1949 senza mai proclamare esplicitamente la separazione da Pechino – rappresenti un’inalienabile componente della nazione.
Ciononostante, gli USA intrattengono scambi con le autorità di Taipei e si sono impegnati a tutelarla militarmente in caso di scontro con la madrepatria.
La Cina ha reiterato che aspira a una «riunificazione pacifica» con Taiwan, ma non ha escluso il ricorso alle armi se l’isola dichiarasse formalmente l’indipendenza.
A settembre, il Washington Post aveva rivelato che Trump aveva bloccato un’intesa sulle armi da 400 milioni di dollari con Taipei in vista del suo colloquio con l’omologo Xi Jinpingo.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del mese, in un’intervista al programma CBS 60 Minutes, Trump aveva riferito che i dialoghi con Xi, tenutisi a fine ottobre in Corea del Sud, si sono concentrati sul commercio, mentre la questione taiwanese «non è stata toccata».
In settimana la neopremier nipponica Sanae Takaichi aveva suscitato le ire di Pechino parlando di un impegno delle Forze di Autodifesa di Tokyo in caso di invasione di Taiwano.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Cina
Apple elimina le app di incontri gay dal mercato cinese
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Cina
Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese
I test di sicurezza sui trasporti pubblici in Norvegia hanno rivelato che i produttori cinesi possono accedere e controllare a distanza gli autobus elettrici.
Una compagnia di autobus norvegese ha condotto dei test segreti confrontando autobus realizzati da produttori europei e cinesi per scoprire se i veicoli rappresentassero una minaccia per la sicurezza informatica.
Non sono stati segnalati problemi con l’autobus europeo, ma si è scoperto che il veicolo cinese, prodotto da un’azienda chiamata Yutong, poteva essere manipolato a distanza dal produttore.
Questa manipolazione includeva la possibilità di accedere al software, alla diagnostica e al sistema di batterie dell’autobus. Il produttore cinese aveva la possibilità di fermare o immobilizzare il veicolo.
Arild Tjomsland, un accademico che ha collaborato ai test, ha sottolineato i rischi: «l’autobus cinese può essere fermato, spento o ricevere aggiornamenti che possono distruggere la tecnologia di cui l’autobus ha bisogno per funzionare normalmente».
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Tjomsland ha poi aggiunto che, sebbene gli hacker o i fornitori non siano in grado di guidare gli autobus, la capacità di fermarli potrebbe essere utilizzata per interrompere le operazioni o per esercitare un’influenza sul governo norvegese durante una crisi.
Le preoccupazioni sui veicoli cinesi sono diffuse. I think tank hanno lanciato l’allarme: i veicoli elettrici potrebbero essere facilmente «armati» da Pechino.
Le aziende cinesi hanno testato su strada i loro veicoli negli Stati Uniti, raccogliendo dati, tra cui roadmap, che gli esperti ritengono potrebbero rivelarsi di utilità strategica.
I risultati dei test sono stati ora trasmessi ai funzionari del ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni in Norvegia.
La militarizzazione dei prodotti cinesi importati in gran copia non riguarda solo le auto.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa è emerso che sono stati trovati dispositivi «non autorizzati» trovati nascosti nei pannelli solari cinesi che potrebbero «distruggere la rete elettrica».
Una trasmissione giornalistica italiana aveva dimostrato che nottetempo le telecamere cinesi usate persino nei ministeri italiani inviavano dati a server della Repubblica Popolare.
Il lettore di Renovatio 21, ricorderà tutta la querelle attorno al decreto del governo Conte bis, in piena pandemia, chiamato «Cura Italia» (da noi ribattezzato più onestamente «Cina Italia»), che in bozza conteneva concessioni a produttori di IT di 5G cinesi come Huawei che, secondo alcuni, mettevano a rischio la sicurezza del nostro Paese e del blocco cui è affiliato.
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