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Casalgrande, le famiglie dei fedeli della Messa tradizionale scrivono al vescovo

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Renovatio 21 ripubblica la lettera che le famiglie di fedeli che frequentano la Cittadella della Divina Misericordia scrivono al vescovo di Reggio nell’Emilia – Guastalla Giacolo Morandi dopo l’interdizione del parroco della comunità, don Claudio Crescimanno, comunicata da una missiva pubblica dello stesso monsignor Morandi.

 

E di nuovo si parla di preti. Già diverse volte in questi anni la comunità che si incontra a Casalgrande Alto (per la verità anche in altre sedi) è stata oggetto di interventi dell’autorità ecclesiastica, ma che riguardano sempre solo i preti.

 

Vorremmo sommessamente far notare che questa comunità è composta per il novanta nove per cento di famiglie, cioè di laici. Per qualcuno questo conta qualcosa?

 

Precisiamo subito: noi abbiamo grande rispetto per l’autorità. Avendo studiato il catechismo, sappiamo che c’è una sola Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica, con una sola legittima gerarchia, ivescovi insediati dal papa nelle loro diocesi; sono i successori degli Apostoli e come tali noi li rispettiamo. Ma non vediamo altrettanto rispetto nei nostri confronti.

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Ma andiamo con ordine.

 

Naturalmente i sacerdoti, buoni o cattivi che siano, santi o peccatori che siano, sono importantissimi, sono fondamentali, perché solo loro possono darci la messa e i sacramenti, e noi siamo affezionati ai sacerdoti che fanno questo per la nostra comunità; ma non perché siano più bravi o più simpatici degli altri. Noi non abbiamo il culto della persona e, in quanto preti, uno vale l’altro, perché ciò che conta è il ministro che esercitano in virtù della potestà sacramentale che hanno ricevuto.

 

Noi frequentiamo la Cittadella della Divina Misericordia per un solo motivo: perché lì troviamo quello che non troviamo altrove. Ma pare che nessuno si preoccupi di questo. Il nostro bisogno spirituale, come esseri umani e come cristiani non conta niente? Non suscita alcuna domanda in chi di dovere?

 

Sono 50 anni che nella Chiesa si parla in continuazione della responsabilità dei laici, che questa è l’ora dei laici, che bisogna combattere il clericalismo, etc… Ma poi nella realtà dei fatti le cose vengono decise sempre senza che l’autorità si degni di ascoltarci, di sentire quello che vogliamo noi.

 

Tutto è deciso passando sulle nostre teste. Tutto è deciso in modo autoritario e dirigistico. È ciò che avviene nelle parrocchie, dove i preti vanno e vengono, nominati e trasferiti, senza che la gente possa dire niente. Anzi, con tono paternalistico ci viene sempre detto che l’autorità «prende le decisioni per il nostro bene», come se fossimo bambini!

 

Bene, ora con tutto il rispetto per l’autorità, e anche se nessuno ce lo ha chiesto, vorremmo noi dire qualcosa; anzi ci accontentiamo di fare qualche domanda: vorremmo sapere, ad esempio, com’è possibile che con tutte le questioni importanti e difficili di cui sicuramente deve occuparsi una diocesi, da tre anni si abbia tempo ed energie da dedicare a combattere una realtà così marginale ed ininfluente come la nostra?

 

Perché è necessario dare il tormento ad una comunità di decine di famiglie, per lo più giovani, con tanti bambini e ragazzi, che desiderano semplicemente stare insieme da esseri umani e da cristiani? Perché nella Chiesa che da 50 anni esalta la varietà delle idee e delle esperienze siano così mal viste le comunità, come la nostra, che vogliono restare fedeli al catechismo dei nostri nonni?

 

Perché nella Chiesa dove si sperimenta il rito zairese, il rito amazzonico, il rito maya, è così difficile trovare una conciliazione con chi vuole continuare a celebrare la messa con il rito che è stato celebrato per 1500 anni?

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Perché nella Chiesa dove c’è posto per la meditazione orientale e lo yoga, dove si fanno incontri spirituali con i bonzi e gli sciamani, si vuole mettere fuori legge una comunità che vuole pregare nelle forme in cui è stato sempre fatto

 

Perché hanno via libera i preti che dicono la messa sulle spiagge o sulle navi delle ONG, mentre sono colpiti i preti che dicono la messa in latino sotto una tettoia in una proprietà privata?

 

Se la risposta a queste domande è che ciò che è stato sempre fatto semplicemente non si può più fare significa che la Chiesa cattolica, con il Vaticano II, non è solo cambiata, ma che ha rinnegato il suo passato; significa che tutto ciò che fino a 50 anni fa era raccomandato ed elogiato oggi è condannato. È così?

 

In una Chiesa in cui, come dice il Papa, c’è posto per tutti, ci può e ci deve essere posto anche per noi!

 

Sì, lo sappiamo che ci sono questioni canoniche, di liceità, di autorizzazioni, etc… ma oltre ad applicare con rigore il diritto canonico, ci dovrà pur essere anche una soluzione pastorale – come piace dire – in modo che le nostre famiglie possano vivere la loro vita umana e cristiana secondo i propri bisogni e desideri legittimi, insieme ai sacerdoti che se ne prendono cura.

 

Le famiglie della Cittadella

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Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso

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Sebbene il cattolicesimo rimanga la religione dominante nelle Filippine, un numero crescente di filippini si sta ora rivolgendo alle comunità protestanti, appartenenti al cosiddetto movimento «evangelico». Diverse ragioni spiegano questa crescente disaffezione nei confronti della Chiesa.   Nell’arcipelago filippino, la Chiesa cattolica permea tutti gli aspetti della vita: le arterie urbane, le feste popolari, i dibattiti politici e perfino gli scambi quotidiani spesso rimandano alle grandi devozioni cattoliche.   Il cattolicesimo, vestigia della dominazione spagnola e pilastro dell’unità nazionale, era sembrato fino ad allora incrollabile: ma questo significava dimenticare che anche il colosso a volte ha i piedi d’argilla. Mentre all’inizio degli anni 2000 circa l’82,3% della popolazione si identificava come cattolico, due decenni dopo questa percentuale era scesa al 78,6%.   Allo stesso tempo, le comunità evangeliche hanno conosciuto una crescita spettacolare, con la loro quota aumentata dal 4,1% all’8,2% in tempi record, al punto che si può parlare senza esagerare di una vera e propria ondata evangelica che continua a generare credenti «rinati», coloro che credono, come Nicodemo, di essere nati una seconda volta grazie al loro ingresso in questo nuovo tipo di protestantesimo.

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A questo declino hanno contribuito in larga parte le carenze che hanno scosso la Chiesa cattolica locale: si potrebbe citare il posizionamento politico dei vescovi filippini che, tra il 2016 e il 2022, sono entrati in guerra contro l’allora capo dello Stato, Rodrigo Duterte, in particolare a causa dei metodi rapidi di quest’ultimo contro i narcotrafficanti.   L’uomo forte dell’arcipelago non ha esitato a insultare a sua volta i prelati, contribuendo così a normalizzare gli attacchi contro la gerarchia ecclesiastica. Ma si potrebbero anche menzionare sospetti di irregolarità finanziarie e altri casi di abusi che hanno offuscato la reputazione dell’istituzione.   Il declino del cattolicesimo nella regione – come altrove nel mondo – si spiega anche con il fenomeno della «modernità psicologica», per cui la crescente domanda di autonomia, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si è spostata dal registro politico a quello intimo, per affermarsi anche nelle scelte spirituali e religiose.   In questo contesto, il credente ritiene che ora spetti a lui trovare le risorse personali che possano autenticare la propria fede ai propri occhi, piuttosto che affidarsi alle credenze prescritte dall’istituzione. Ciò porta a un cambiamento nell’adesione religiosa che mette in risalto la figura del convertito. Il credente tende a presentarsi come un «ritornante», un cristiano rinato che costruisce la propria appartenenza attraverso le proprie scelte.   Questa prospettiva risiede in una decisione personale. Testimoniare la propria conversione significa produrre una narrazione di sé come credente autonomo: significa introdurre l’individuo egocentrico nella mentalità cattolica. A questo si aggiunge la retorica dell’autenticità e dell’autorealizzazione, che spiega perché le sette evangeliche prediligano servizi intrisi di danze e lodi ritmiche, instillando un’atmosfera presumibilmente conviviale e immersiva.   In breve, è la conseguenza logica delle celebrazioni piatte e orizzontali delle animazioni liturgiche apparse sulla scia del Nuovo Ordo Missae.   Ma sarebbe esagerato prevedere la scomparsa del cattolicesimo o il soffocamento delle comunità locali sul suolo filippino: la fede cattolica resta viva, ma dovrà attingere più che mai in futuro alle radici della sua Tradizione per non vedersi rubare definitivamente la pretesa di vitalità e dinamismo.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Immagine di Nepespellogo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Mons. Viganò: la chiesa sinodale è un «customer service»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X un’ulteriore condanna della chiesa sinodale auspicata prima da papa Bergoglio ed ora da papa Prevost.

 

«Nostro Signore, Verbo eterno del Padre, ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha vita eterna” (Gv 5, 24). Così vale per la Chiesa, Suo mistico Corpo: essa è maestra e le si deve ascolto e filiale obbedienza» scrive monsignore.

 

«La chiesa sinodale non proclama la Parola di Dio: ascolta il vociare confuso del mondo, “i tuoi pensieri, i tuoi dubbi, le tue domande”; perché secondo Leone “nessuno possiede la verità tutta intera”. Ed è perfettamente coerente nella sua inutilità, nel suo continuo e patetico cercare di compiacere il mondo».

 

«Quando cerca di sembrare à la page, il massimo che sanno proporre le sue fervide menti è allestire postazioni da “Customer Service” di una società immobiliare al posto del tradizionale confessionale» accusa Sua Eccellenza.

 

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Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi monsignor Viganò aveva parlato di una «chiesa sinodale» che si «spaccia per cattolica». Un anno fa Viganò, in occasione del Sinodo sulla Sinodalità, disse che «il papato cattolico non esiste più» e la «nuova chiesa sinodale» richiama «la fiaccola della ribellione di Lucifero».

 

Il prelato ha accusato questa «chiesa conciliare-sinodale» di essere schierata con i nemici della Chiesa cattolica. L’arcivescovo ha altresì parlato di «sinagoga di Satana, l’antichiesa conciliare e sinodale» fatta da «corrotti ministri» della «setta di traditori e rinnegati».

 

L’anno passato, in occasione dell’anniversario della battaglia di Lepanto, monsignor Viganò invocò la Madonna nella lotta contro il «Leviatano globalista» e i «servi della Setta Sinodale».

 

Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa Sua Eccellenza ha dichiarato che «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa». Monsignor ha quindi parlato di una chiesa ridotta a simulacro con un unico dogma irrinunziabile, cioè il riconoscimento del Concilio Vaticano II.

 

In un messaggio di fine estate, Viganò aveva detto che il sacerdozio conciliare e la sua mediocrità fanno gioire Satana.

 

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Programma del primo viaggio apostolico di Papa Leone XIV

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Questo viaggio, che porterà papa Leone XIV in Turchia e Libano, è previsto dal 27 novembre al 2 dicembre 2025. Include un pellegrinaggio a Iznik, l’attuale Nicea, per commemorare il 1700° anniversario del primo concilio ecumenico della storia.   La Santa Sede ha svelato il 27 ottobre il programma ufficiale del primo viaggio apostolico di papa Leone XIV in Turchia e Libano. Il programma comprenderà numerosi discorsi, incontri istituzionali, celebrazioni ecumeniche, momenti di preghiera nei siti archeologici di Nicea, una visita alla Moschea Blu di Istanbul e una sosta al porto di Beirut.

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Incontri speciali

Ankara, Istanbul, Iznik, poi Beirut, Annaya, Harissa, Bkerké accoglieranno il papa che, secondo le sue spiegazioni, si recherà nei due Paesi mediorientali per esaudire il desiderio del suo predecessore Francesco e portare un messaggio di pace in questa regione del mondo colpita da guerre e tragedie di vario genere.   È previsto un incontro ecumenico a Iznik, fulcro delle celebrazioni per il 1700° anniversario del Concilio di Nicea. L’incontro prevede la firma di una dichiarazione congiunta con il Patriarca di Costantinopoli a Istanbul e una visita alla Moschea Blu, che in passato ha ospitato Benedetto XVI e Francesco. In Libano, è prevista una sosta al porto di Beirut e una preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf nel monastero di Annaya.  

Turchia

Dopo l’arrivo in Turchia, Papa Leone XIV visiterà il mausoleo di Atatürk, fondatore del moderno stato laico che abolì il califfato ottomano con la Costituzione del 1937, e poi il palazzo presidenziale per un incontro con il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Si recherà quindi a Istanbul.   Il secondo giorno incontrerà vescovi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate e operatori pastorali presso la Cattedrale dello Spirito Santo, quindi visiterà la Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri, presente in Turchia da oltre 120 anni, prima di recarsi a Iznik per una celebrazione ecumenica. Ritornerà quindi a Istanbul.   Il giorno seguente, ha visitato la Moschea Blu, poi ha incontrato i capi delle Chiese non cattoliche. Ha poi incontrato Bartolomeo al Palazzo Patriarcale: hanno firmato una dichiarazione congiunta, prima che il Papa si recasse a celebrare la Messa alla Volkswagen Arena.

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Libano

Domenica 30 novembre, Papa Leone XIV parteciperà alla Divina Liturgia (ortodossa…) presso la Chiesa Patriarcale di San Giorgio, seguita da una benedizione ecumenica. Il successore di Pietro si recherà poi a Beirut, dove incontrerà il Presidente Joseph Aoun e altre autorità civili.   Il 1° dicembre, visita al Monastero di San Marone e preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf. Poi, visita al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, dove Léon incontrerà il clero locale, seguito da un’udienza privata con i patriarchi cattolici. È previsto anche un incontro ecumenico e interreligioso.   L’ultimo giorno prevede una visita agli operatori sanitari e ai pazienti dell’ospedale De La Croix, seguita da una preghiera silenziosa al porto di Beirut, luogo dell’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha ucciso più di 200 persone e ne ha ferite 7.000. La messa verrà poi celebrata sul lungomare.   Questa visita «sulle orme di Francesco», che contiene tutte le caratteristiche dei viaggi degli ultimi papi dopo Giovanni Paolo II, in particolare i ripetuti incontri ecumenici, inserisce chiaramente papa Leone XIV nel solco scavato da questi papi del Vaticano II, e non è certo un segno favorevole per il resto del pontificato.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News.  

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Immagine di OneArmedMan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
 
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