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Canzoni inedite di Michael Jackson trovate in un deposito. Il mistero della sua popolarità globale continua

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Dodici brani originali inediti del defunto Re del Pop Michael Jackson sono stati scoperti in un deposito in California, ha scritto venerdì la testata americana di spettacolo Hollywood Reporter.

 

La scoperta inaspettata è stata fatta dall’ex agente di polizia stradale diventato papà casalingo, Gregg Musgrove, durante una «caccia al tesoro», quando è stato informato di un’unità di stoccaggio che aveva acquistato nella località californiana di Van Nuys.

 

L’unità di deposito apparteneva in precedenza al produttore musicale Bryan Loren. All’interno, Musgrove ha trovato nastri contenenti 12 tracce inedite che Jackson aveva registrato tra il 1989 e il 1991, prima di pubblicare il suo album Dangerous.

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Secondo la legge statunitense, un’unità di stoccaggio è considerata legalmente abbandonata da 60 a 90 giorni dopo il mancato pagamento, a seconda dello Stato. In quel momento, le unità possono essere messe all’asta a offerenti che scommettono sul loro contenuto.

 

Musgrove ha dichiarato che, mentre alcune canzoni erano state vociferate o erano trapelate in parte, molte sono completamente originali. «Sono andato su tutti i siti dei fan. Si vocifera che alcune di esse [le canzoni] esistano, altre sono trapelate un po’», ha detto il Musgrove all’Hollywood Reporter. «Un paio non sono nemmeno là fuori nel mondo».

 

Tra i brani degni di nota c’è Don’t Believe It, che sembra rispondere alle voci che già all’epoca circolavano sulla vita privata pop star. Il Jackson, morto nel 2009 all’età di 50 anni, ha dovuto affrontare polemiche per le accuse di abusi sessuali su minori, sfociate negli ultimi anni in documentari come Leaving Neverland (2019), dove alcune persone che si dichiarano sue vittime da bambini parlano con abbondanza di particolari.

 

Nonostante gli scandali e il loro impatto sulla sua reputazione, il suo successo commerciale come artista è rimasto forte – nonostante alcune radio si rifiutino di programmare la sua musica.

 

Un altro brano, Truth on Youth, presumibilmente un duetto con LL Cool J, mette in mostra la versatilità di Jackson mentre fa rima con l’iconico rapper afroamericano.

 

All’inizio di quest’anno, Musgrove e il suo avvocato si sono rivolti alla Jackson Estate, il fondo che ha continuato a sfruttare l’immagine del cantante e l’uso della sua musica per scopi commerciali dopo la sua morte, in merito ai nastri registrati.

 

Secondo quanto riferito, il fondo ha condotto le proprie ricerche sulle registrazioni, ma ha rifiutato di acquistarle per motivi non divulgati. Il fondo ha fornito a Musgrove una lettera in cui chiarisce che non rivendica la proprietà dei nastri, sottolineando, tuttavia, che nessun potenziale acquirente avrebbe posseduto il copyright delle registrazioni o delle composizioni, poiché tali diritti restano del fondo. Di conseguenza, i nastri non possono essere resi pubblici.

 

Musgrove ha in programma di presentare presto i nastri alle principali case d’asta, attirando potenzialmente l’attenzione dei collezionisti di cimeli di celebrità.

 

Il caso di Michael Jackson, di fatto la persona più popolare del pianeta per decadi, è emblematico. Nato in una famiglia di Testimoni di Geova, trovò il successo come voce del gruppo musicale fatto con i suoi fratelli maschi, i Jackson 5 – anche la sorella Janet, tuttavia, avrebbe trovato un enorme successo musicale negli anni successivi.

 

Divenuto solista, frantumò ogni record di vendite con l’album Thriller (1982), dove le sue doti canore si accompagnavano anche a incredibili capacità di danza visibili nei video musicali – spesso con elementi disturbanti – che produsse in abbondanza con i più grandi registi cinematografici, da John Landis a Francis Ford Coppola. Con quest’ultimo, aiutato dagli effetti speciali di Giorgio Lucas, Jackson produsse un mediometraggio tridimensionale di fantascienza visibile solo a Disney World, Captain EO (1986), dove secondo alcuni sono evidenti temi messianistici.

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Il successo del Jacksone presso la popolazione mondiale – con episodi di fanatismo vero visti durante i processi contro di lui, con gruppi di persone che si trovavano a protestare in tutte le città del mondo – era infatti talmente massivo da non essere facilmente spiegabile.

 

Il sociologo francese Jean Baudrillard (1929-2007) scrive nel suo libro La trasparenza del male (1991) che «Michael Jackson è un mutante solitario, un precursore di un’ibridazione che è perfetta perché è universale: la corsa per porre fine a tutte le razze. I giovani di oggi non hanno problemi con una società meticcia: abitano già un tale universo, e Michael Jackson prefigura quello che vedono come un futuro ideale. Aggiungete a questo il fatto che Michael ha avuto il suo viso lifting, i suoi capelli stirati, la sua pelle schiarita, in breve, è stato ricostruito con la massima attenzione ai dettagli… Questo è ciò che lo rende un bambino così innocente e puro, l’ermafrodita artificiale della favola, più capace persino di Cristo di regnare sul mondo e riconciliare le sue contraddizioni; migliore di un bambino-dio perché è un bambino-protesi, un embrione di tutte quelle mutazioni sognate che ci libereranno dalla razza e dal sesso».

 

Né bianco, né nero; né femmina, né maschio; artificiale, programmato: sì, Michael poteva rappresentare l’uomo del futuro, unendo una sorta di innocenza di superficie che lo rendeva perfetto a divenire una sorta di orso di pelouche mondiale, un «oggetto transizionale» (secondo la definizione dello psichiatra Donald Winnicott) per la popolazione terrestre tutta.

 

Il Baudrillardo non si spinge a dire di più: non è che quella cosa di cui era accusato il divo, quel vizio mostruoso ed innominabile, è un’altra caratteristica che rende Michael come un prototipo dell’essere umano futuro, dove il mondo è divenuto un inferno totalmente privo di distinzioni e di leggi?

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Svelate le vetrate contemporanee per la Cattedrale di Notre-Dame

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Dopo due anni di polemiche, e nonostante la forte opposizione delle associazioni per la tutela del patrimonio, la sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, rimaste intatte dall’incendio che ha colpito la Cattedrale di Notre-Dame il 15 aprile 2019, con creazioni contemporanee sta prendendo forma: i modelli sono ora esposti.   La mostra D’un seul souffle è stata inaugurata il 10 dicembre 2025 nella Galleria 10.2 del Grand Palais (Parigi, VIII arrondissement). I visitatori possono scoprire i modelli a grandezza naturale, i bozzetti e altri lavori preparatori per le sei vetrate create da Claire Tabouret, vincitrice del concorso indetto dal ministero della Cultura.   Queste vetrate sono destinate a sostituire le creazioni ottocentesche di Viollet-le-Duc in sei cappelle della navata sud, vetrate progettate dall’architetto in linea con le origini gotiche della cattedrale. La petizione che ne richiede la conservazione spiega: «oltre alle vetrate narrative del deambulatorio, del coro e del transetto, le cappelle della navata presentano vetrate a grisaglia puramente decorative».   «Qui si manifesta una ricerca di unità architettonica e di gerarchia spaziale che è parte integrante della sua opera e che il restauro ha specificamente mirato a riscoprire. Inoltre, il progetto in corso ha incluso la pulizia e il consolidamento di tutte queste vetrate, vetrate che non sono state toccate né danneggiate dall’incendio e che sono classificate come monumenti storici, proprio come il resto dell’edificio».

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Una sostituzione fortemente controversa

La decisione di installare vetrate contemporanee nella Cattedrale di Notre-Dame è un’iniziativa personale di Emmanuel Macron, annunciata durante la sua visita al cantiere l’8 dicembre 2023 e sostenuta dall’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich. «Che vengano cambiate e che portino l’impronta del XXI secolo», dichiarò il Presidente all’epoca.   La sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, sopravvissute all’incendio del 2019, aveva scatenato un’accesa controversia. Nel luglio 2024, la Commissione Nazionale per il Patrimonio e l’Architettura ha respinto il progetto, sostenendo che la creazione artistica non dovrebbe sacrificare elementi del patrimonio di interesse pubblico.   La Tribune de l’Art ha lanciato una petizione che, ad oggi, ha raccolto quasi 300.000 firme. L’associazione Sites & Monuments ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo di Parigi per annullare o risolvere l’appalto pubblico. Il ricorso è stato respinto dal tribunale a fine novembre.

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Nel frattempo, lo Stato vuole trarre profitto dal restauro di Notre-Dame

Didier Rykner, il dinamico direttore de La Tribune de l’Art, che si oppone a questa sostituzione, ha appena pubblicato un editoriale in cui denuncia l’avidità dello Stato, che pretende fondi privati ​​per coprire spese che dovrebbero essere a suo carico.   Come sottolinea il giornalista, l’istituzione pubblica responsabile della conservazione e del restauro della Cattedrale di Notre-Dame non dovrebbe essere mantenuta. «Ora che le tracce dell’incendio sono scomparse, non vi è alcuna giustificazione per cui questa struttura, creata esclusivamente per questo restauro, continui a funzionare».   «Notre-Dame ha ora bisogno di restauro, ma questi lavori dovrebbero continuare, come di consueto, sotto la direzione del DRAC Île-de-France, ovvero il ministero della Cultura, senza bisogno di un’istituzione pubblica. Un’istituzione del genere, i cui costi di gestione sono considerevoli, non è più giustificata, a meno che non si decida di creare istituzioni pubbliche per il restauro di tutti i principali monumenti statali…»   Inoltre, permane un «surplus» di fondi privati ​​donati per il restauro della cattedrale più famosa del mondo, che sarà utilizzato per il restauro dell’abside e degli archi rampanti che la sostengono, e anche, a quanto pare, per la sacrestia, i tre grandi rosoni e le facciate nord e sud del transetto. Ma Philippe Jost, direttore dell’istituzione pubblica, chiede altri 140 milioni.   E Didier Rykner ha concluso: «non dobbiamo più dare un solo centesimo a Notre-Dame per sostituire uno Stato in rovina che si rifiuta di adempiere ai propri obblighi. Le cattedrali, come Notre-Dame, devono essere restaurate e mantenute dal loro proprietario, lo Stato. E l’istituzione pubblica, che ha fatto la sua parte e ora vuole deturpare la cattedrale rimuovendo le vetrate di Viollet-le-Duc, non ha più ragione di esistere. Deve essere chiusa».

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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.

 

L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.

 

Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.

 

Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».

 

L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.

 

Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.

 

Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».

 

Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.

 

Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate

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Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».   Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.   Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.   «Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».

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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.   «Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.    Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.   Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.   Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.  

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