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Cambio della strategia atomica USA: possibile l’uso di armi atomiche contro minacce non-atomiche

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La dottrina atomica americana è cambiata: la nuova strategia di difesa nazionale del Pentagono rifiuta i limiti all’uso di armi nucleari sostenuti lungamente dai sostenitori del controllo degli armamenti. Il motivo sarebbero le crescenti minacce di Russia e Cina.

 

Le novità sono contenute nel documento del Dipartimento della Difesa USA «2022 National Strategy of Defense» («Strategia nazionale di difesa 2022») che contiene la «2022 Nuclear Posture Review» («Revisione della postura nucleare 2022»)e la «2022 Missile Defense Review» («Revisione della difesa missilistica del 2022»).

 

«Entro il 2030 gli Stati Uniti, per la prima volta nella loro storia, affronteranno due grandi potenze nucleari come concorrenti strategici e potenziali avversari», ha affermato il Dipartimento della Difesa nel tanto atteso documento pubblicato giovedì scorso.

 

In risposta, gli Stati Uniti «manterranno un livello molto alto per l’occupazione nucleare» senza escludere l’uso delle armi in rappresaglia a una minaccia strategica non nucleare alla patria, alle forze statunitensi all’estero o agli alleati.

 

Si tratta di una svolta a 180° per l’attuale occupante della Casa Bianca. Nella sua campagna presidenziale del 2020, Joe Biden si era impegnato a dichiarare che l’arsenale nucleare degli Stati Uniti dovrebbe essere utilizzato solo per scoraggiare o vendicarsi contro un attacco nucleare, una posizione benedetta dai democratici progressisti e insultata dai falchi della Difesa.

 

Come per quanto riguarda i vaccini – con Biden che giurava che mai e poi mai avrebbe messo un obbligo, e che anche solo parlarne era complottismo – anche qui Biden ha stravolto tutto, mentendo come suo uso durante l’intera sua carriera politica.

 

Il rapporto nucleare, che fa parte della strategia più ampia, afferma che l’amministrazione Biden ha riesaminato la sua politica nucleare e ha concluso che le politiche «No First Use» («Nessun primo utilizzo») e «Sole Purpose» («Solo scopo») «si tradurrebbero in un livello di rischio inaccettabile alla luce della gamma di capacità non nucleari essere sviluppato e messo in campo da concorrenti che potrebbero infliggere danni a livello strategico» agli Stati Uniti e agli alleati.

 

Il che, ovviamente, apre ad un «vale tutto» termonucleare che mai si era visto tra le nazioni del pianeta.

 

Il documento sulla strategia atomica ovviamente non specifica quali minacce non nucleari potrebbero produrre una risposta nucleare degli Stati Uniti, tuttavia sappiamo che attualmente vi sono le armi ipersoniche possedute da Russia e Cina per le quali gli Stati Uniti non hanno ancora una difesa possibile.

 

Il testo spiega tuttavia cosa accadrebbe a un’altra potenza nucleare, la Corea del Nord, qualora decidesse di lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti, la Corea del Sud o il Giappone. Quell’azione «comporterà la fine di quel regime», afferma la nuova dottrina atomica americana. Le armi nucleari statunitensi continuano a svolgere un ruolo nel dissuadere gli attacchi della Corea del Nord.

 

Da notare che il documento sarebbe stato confezionato ben prima dell’operazione militare speciale russa in Ucraina. Il Pentagono vi affermava che la Russia continua a «brandire le sue armi nucleari a sostegno della sua politica di sicurezza revisionista», prima della crisi degli ultimi mesi.

 

Nel frattempo, la Cina rimane il «concorrente strategico più consequenziale degli Stati Uniti per i prossimi decenni», ha affermato il segretario alla Difesa Lloyd Austin in una lettera in cui presentava la nuova strategia di difesa.

 

L’Austine ha citato le «azioni sempre più coercitive della Cina per rimodellare la regione indo-pacifica e il sistema internazionale per adattarlo alle sue preferenze autoritarie», anche se modernizza ed espande rapidamente le sue forze armate.

 

La Cina vuole avere almeno 1.000 testate nucleari consegnabili entro la fine del decennio, dice il documento, affermando che potrebbe usarle per «scopi coercitivi, comprese provocazioni militari contro alleati e partner statunitensi nella regione».

 

Le reazioni delle potenze atomiche considerate ostili non si sono fatte attendere.

 

Il 28 ottobre il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha dichiarato che il nuovo documento degli Stati Uniti «sa fortemente di guerra fredda e di mentalità della somma zero» e «usa le armi nucleari come strumenti per far avanzare l’agenda geopolitica» degli Stati Uniti.

 

«Ciò che c’è dietro la politica degli Stati Uniti è la sua logica egemonica di ricerca della superiorità militare assoluta, che potrebbe alimentare una corsa agli armamenti nucleari…. Gli Stati Uniti affermano che userebbero armi nucleari in risposta a un attacco strategico nucleare o non nucleare e cercherebbero di sviluppare o schierare in avanti armi nucleari non strategiche» ha dichiarato il portavoce.

 

«Gli Stati Uniti hanno dato maggiore importanza al ruolo delle armi nucleari nella politica di sicurezza nazionale e hanno abbassato la soglia per l’uso delle armi nucleari, che è diventata gradualmente una fonte di rischio per il conflitto nucleare  (…) Gli Stati Uniti hanno esaltato la cosiddetta minaccia nucleare da alcuni Paesi, “adattando” strategie di deterrenza nucleare mirate a questi paesi e chiedendo una “condivisione nucleare” che viola il TNP [Trattato di non proliferazione nucleare, ndr]».

 

«Le mosse degli Stati Uniti hanno minato la fiducia reciproca tra i principali paesi, alimentato la corsa agli armamenti nucleari e il confronto, stimolato la proliferazione nucleare e gravemente danneggiato la pace e la stabilità regionale e internazionale» dichiara lo Wang.

 

«Devo sottolineare che in quest’ultimo NPR, gli Stati Uniti hanno fatto osservazioni e accuse irresponsabili, nonché speculazioni infondate sulla normale modernizzazione delle sue forze nucleari da parte della Cina. Gli Stati Uniti hanno sfacciatamente “su misura” una strategia di deterrenza nucleare contro la Cina».

 

«La Cina è seriamente preoccupata e fermamente contraria a una tale mossa. Vorrei chiarire che abbiamo la capacità e la fiducia per salvaguardare i nostri interessi di sicurezza nazionale. Il ricatto nucleare degli Stati Uniti non funzionerà sulla Cina» termina il portavoce degli esteri.

 

Il 29 ottobre il viceministro degli Esteri della Federazione Russa Alexander Grushko ha dichiarato alla agenzia stampa governativa RIA Novosti che i nuovi documenti sulla strategia di difesa degli Stati Uniti prevedono «un aumento del numero di scenari, anche al di fuori del contesto nucleare, che consentono l’uso di armi nucleari».

 

Il Grushko ha espresso allarme in questa direzione, riferisce RT, osservando che «stiamo anche osservando cosa sta succedendo con i veicoli per le consegne e con le armi stesse» e stiamo «monitorando da vicino l’evoluzione» delle dottrine militari occidentali, comprese quelle presentate dalle potenze nucleari – Stati Uniti, Regno Unito e Francia.

 

Grushko ha affermato che «il linguaggio delle strategie nucleari è piuttosto vago», mentre la posizione di Mosca è specifica ed «evita qualsiasi ambiguità». Il diplomatico ha sottolineato che, a meno di un attacco nucleare diretto, la Russia potrebbe schierare armi atomiche «solo se l’esistenza stessa dello Stato fosse minacciata».

 

Come riportato da Renovatio 21, la dottrina militare nucleare russa è stata ribadita in questi mesi a più riprese.

 

Tuttavia, abbiamo visto come vi siano generali USA che ammettono oggi che la deterrenza atomica americana non è più in grado di funzionare.

 

 

 

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Nucleare

Stupende immagini della fusione nucleare

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Impressionanti immagini giungo dall’azienda britannica Tokamak Energy, che ha scattato ad alta velocità delle foto a colori di ciò che accade dentro, appunto, un tokamak, acronimo russo per «camera toroidale con spire magnetiche», cioè un reattore nucleare a fusione a forma di ciambella.

 

Vediamo qui una nube rosa di plasma di idrogeno luminoso che raggiunge temperature superiori a quelle del nucleo del Sole, il tutto imprigionato in un potentissimo campo magnetico. Ciò che vediamo è solo la luce visibile proveniente dal bordo del plasma, perché il nucleo del plasma è così caldo che non emette alcuna luce visibile.

 

Nell’angolo in alto a destra, si può anche assistere allo spettacolo abbagliante dei granuli di litio iniettati nella camera, scrive Futurism. Inizialmente di un rosso brillante, i granuli di litio cadono più in profondità nel plasma, mentre la ionizzazione lo trasforma in un alone sfocato di un verde brillante.

 

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«La telecamera a colori è particolarmente utile per esperimenti come questi», ha affermato Laura Zhang, fisica di Tokamak Energy, in una nota. «Ci aiuta a identificare immediatamente se le impurità gassose che stiamo introducendo irradiano nel punto previsto e se le polveri di litio penetrano nel nucleo del plasma».

 

La fusione nucleare, il processo che da miliardi di anni alimenta le stelle come il nostro Sole, avviene quando l’enorme gravità stellare fa collidere atomi leggeri, come l’idrogeno, in un plasma rovente, generando calore durante la loro unione. Riprodurre questo fenomeno sulla Terra è complesso, poiché manca la gravità stellare che facilita la collisione degli atomi.

 

Un tokamak risolve parzialmente il problema, usando potenti campi magnetici generati da superconduttori per confinare il plasma, troppo caldo per essere contenuto da materiali solidi. Tuttavia, il combustibile, come gli isotopi di idrogeno (deuterio e trizio), è problematico: il deuterio è raro e si estrae dall’acqua di mare, mentre il trizio, ancora più scarso, va prodotto irradiando il litio, un metallo difficile da reperire. Rispetto alla fissione nucleare, che usa uranio o plutonio, la fusione è più sicura, con radiazioni a breve emivita.

 

Attualmente, però, i nostri esperimenti di fusione consumano più energia di quanta ne producano, rendendola ancora impraticabile, anche se i progressi sono promettenti per la ricerca scientifica. Recenti studi sulla superconduttività condotti al politecnico bostoniano MIT sembrano indicare che la fusione è tuttavia pienamente possibile. Altre svolte si sarebbero avute a Princeton, in Corea e in Giappone.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Cina in particolare sembra aver intrapreso la corsa all’ottenimento della tecnologia a fusione atomica, con il primo reattore a fusione-fissione programmato già per il 2030.

 

Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.

La cooperazione mondiale per la fusione era un’idea portata avanti dallo scienziato atomico sovietico Igor Kurchatov. Essa potrebbe quindi passare anche per una collaborazione nello spazio, che ad oggi pare assai difficile.

 

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Immagine screenshot da Twitter

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Conferenza mondiale sulla fusione nucleare in Cina

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Il 14 ottobre è stata inaugurata nella megalopoli cinese di Chengdu, in Cina, la seconda riunione ministeriale del World Fusion Energy Group dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), con 1.000 partecipanti.   Il Global Times, giornale in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, ha titolato: «Il “sole artificiale” di nuova generazione della Cina in fase di aggiornamento per i test al plasma: un esperto», offrendo un riassunto del programma cinese sulla fusione, con particolare attenzione al Tokamak superconduttore sperimentale avanzato (EAST).   Zhong Wulu, vicedirettore del Southwest Institute of Physics della China National Nuclear Corporation (CNNC) e responsabile della Divisione di Scienza della Fusione, ha dichiarato: «Per raggiungere l’energia da fusione commerciale, dobbiamo completare sei fasi, e al momento siamo alla terza». Il Zhong ha elencato le sei fasi come «esplorazione concettuale, esperimenti su larga scala, esperimenti al plasma, reattori sperimentali, reattori dimostrativi e reattori commerciali».

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Huang Mei, capo scienziato del CNNC e responsabile del progetto del ciclotrone elettronico, ha detto al Global Times che, nonostante la tabella di marcia preveda la produzione di energia da fusione entro il 2050 circa, «stiamo lavorando intensamente per anticipare questa scadenza il più possibile». Nella fase 3, il 20 gennaio 2025, il Tokamak EAST ha raggiunto un funzionamento continuo del plasma ad alto confinamento per 1.066 secondi (circa 17 minuti e tre quarti), con temperature superiori a 82 milioni di gradi Celsius.   Tuttavia, questo risultato straordinario non ha ancora raggiunto il punto di pareggio, in cui una reazione di fusione produce più energia di quella usata per riscaldare il plasma, né l’ignizione, in cui la reazione diventa autosostenibile.   Il Global Times sottolinea che gli esperti cinesi evidenziano come «i materiali e l’ingegneria rappresentino ulteriori sfide. È necessario sviluppare materiali strutturali capaci di resistere a temperature estreme e intense radiazioni neutroniche, magneti superconduttori altamente affidabili, sistemi criogenici e sistemi di diagnostica e controllo per monitorare il plasma in tempo reale con feedback rapido».   Questo sta portando a concentrarsi su leghe di tungsteno per componenti strutturali e magneti superconduttori in niobio-stagno, niobio-titanio o materiali superconduttori ad alta temperatura. Un’altra questione cruciale è «l’autosufficienza al trizio». Un obiettivo chiave è il passaggio dell’EAST a un reattore sperimentale, corrispondente alla quarta fase del processo.   Huang Mei del CNNC ha espresso ottimismo, secondo il Global Times, affermando che «il Southwest Institute of Physics, come “squadra nazionale” per la fusione, accelererà i progressi tecnici attraverso diverse piattaforme». Ha aggiunto: «Il momento che attendo con più entusiasmo è quando useremo il primo kilowatt di energia da fusione per accendere una lampadina, sarà l’istante più emozionante».   Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati cinesi avevano introdotto un nuovo dispositivo di prova per la produzione di fusione.

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Lo scorso marzo la Cina aveva fatto sapere che costruirà un reattore ibrido a fusione-fissione entro il 2030, con l’obiettivo di generare 100 megawatt di elettricità continua e connettersi alla rete nazionale entro la fine di questo decennio.   Come riportato da Renovatio 21la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. La Cina ha accelerato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.   Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.

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«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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Alla fine della scorsa settimana, a Berlino si sono tenuti diversi eventi che hanno evidenziato il rischio per la Germania derivante dal dispiegamento di missili a medio raggio e dalla fornitura di tali armi all’Ucraina, considerati come un possibile preludio a una Terza Guerra Mondiale. Lo riporta EIRN.

 

Uno di questi eventi è stata una presentazione di tre ore, svoltasi il 10 ottobre, tenuta dal professor Ted Postol, rinomato esperto di armi del MIT, organizzata congiuntamente dallo Schiller Institute (ente legato al gruppo Larouche) e dalla Eurasian Society. L’argomento era la minaccia rappresentata dal posizionamento di missili a medio raggio in Germania, accompagnata da un’analisi lucida delle conseguenze di una potenziale guerra nucleare.

 

Postol ha illustrato l’enorme potenziale distruttivo delle moderne armi nucleari, molto più potenti rispetto a quelle che, nel 1945, causarono tra le 200.000 e le 250.000 vittime in Giappone, confutando l’idea assurda di poter vincere una guerra nucleare, dimostrando che la cosiddetta «vittoria» diventa priva di senso quando il Paese vincitore non ha più sopravvissuti al termine del conflitto.

 

L’esperto ha quindi smontato il mito della vittoria in una guerra nucleare tattica, spiegando che l’uso di una singola arma nucleare porterebbe, in circa cinque giorni, a una guerra globale che estinguerebbe ogni forma di vita sulla Terra.

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Riflettendo sulla sua esperienza personale nella pianificazione di una guerra nucleare, Postol ha sottolineato il problema della riduzione del tempo di allerta precoce, dovuto al posizionamento avanzato dei missili, e il rischio di una rapida escalation verso l’uso di armi nucleari, per entrambe le parti, a causa del dilemma «usalo o perdilo».

 

«Nel 1983, si svolse un war game chiamato Able Archer. In quel war game, i vertici americani simularono, da una prospettiva sociale, psicologica e militare, uno scontro tra il Patto di Varsavia e la NATO, con l’uso di armi nucleari (…) È importante comprendere che gran parte di ciò che avvenne in quel gioco fu guidato da imperativi militari. Il problema, ancora una volta, deriva dalla natura delle armi nucleari. Sono così potenti che, quando una parte inizia a usarle, entrambe si sentono obbligate a contrattaccare e a distruggere il più possibile la capacità offensiva del nemico. Non hai scelta una volta che sei in questo gioco. Non puoi dire “basta”. Perché non sai se l’avversario intensificherà il suo attacco prima che tu ti fermi. Questo dà al nemico l’opportunità di aumentare la sua potenza in modo da causarti danni ancora maggiori. Sei quindi costretto a entrare in un ciclo in cui devi colpire il nemico per tenerlo sotto controllo».

 

Postol ha spiegato che questa dinamica di attacco e contrattacco è centrale nel pensiero militare sulla guerra nucleare, basato sull’erronea convinzione che si possa combattere e vincere, chiarendo che non esiste vittoria, poiché «i livelli di distruzione sono così elevati che entrambe le parti vengono annientate». Ha aggiunto che l’idea di una guerra nucleare paragonabile a un conflitto convenzionale è fuorviante, poiché i danni sono incomparabilmente più devastanti.

 

Il professore ha anche criticato la politica autolesionista del governo tedesco, che consente il dispiegamento di queste armi sul proprio territorio, rendendo la Germania, senza alcuna valida ragione, un bersaglio per la distruzione nucleare in caso di conflitto, deplorando inoltre il rapido declino del senso di realtà tra i leader politici occidentali, un fattore che di per sé alimenta il rischio di un confronto nucleare, a causa della loro incapacità di comprendere le conseguenze delle proprie scelte politiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, Postol l’anno scorso aveva condannato l’attacco di droni ucraini contro le stazioni di rilevamento per la guerra atomica Armavir (nota come «Lupi dello Zar») e Orsk, nella Russia meridionale e orientale, parlando di una possibile escalation che da lì poteva partire verso la distruzione nucleare pantoclastica.

 

Si trattava di attacchi ad una componente componente dell’«ombrello nucleare» della Federazione Russa.

 

«Gli ucraini hanno ora attaccato un secondo radar strategico di allarme rapido nucleare russo critico a Orsk» aveva avvertito Postol. «Questo radar guarda verso l’Oceano Indiano e ha qualche sovrapposizione con i radar del radar già danneggiato di Armavir. I primi indicatori indicano che l’entità dei danni subiti dall’Orsk è probabilmente limitata, ma non si può escludere che il radar non funzioni per il momento a causa dell’attacco».

 

«Questa è una situazione molto seria. A differenza degli Stati Uniti, i russi non dispongono di sistemi di allarme satellitare spaziali in grado di rilevare attacchi di missili balistici a livello globale. Ciò significa che la copertura radar persa a causa degli attacchi a questi radar riduce notevolmente il tempo di preavviso contro gli attacchi a Mosca dal Mediterraneo e dall’Oceano Indiano».

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«L’estrema pressione temporale sulla leadership russa potrebbe quindi aumentare significativamente le possibilità di un catastrofico incidente nucleare. Il fatto che Blinken e la sua squadra di sicurezza nazionale abbiano dato il via libera al governo ucraino per attaccare siti russi fuori dall’Ucraina, significa che Blinken ha incautamente detto agli ucraini che possono impegnarsi in tali atti che avrebbero conseguenze potenzialmente catastrofiche per gli Stati Uniti e per l’intero pianeta».

 

Renovatio 21 rammenta come anche nei discorsi degli strateghi russi sia apparsa, negli scorsi mesi, l’idea di attaccare per primi utilizzando armi atomiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, il noto esperto di relazioni internazionali russo Sergej Karaganov ha scritto interventi molto discussi dove ha parlato apertis verbis della revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina.

 

Siamo arrivati al punto più prossimo allo sterminio atomico. Mai nella storia, nemmeno nei momenti più caldi della guerra fredda, eravamo giunti così vicino all’abisso pantoclastico, alla prospettiva della distruzione massiva dell’umanità.

 

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