Storia
Biden: «sono un sionista»
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha espresso il suo impegno «incrollabile» per la sicurezza di Israele durante un ricevimento alla Casa Bianca lunedì, in occasione della festa ebraica di Hanukkah, promettendo un continuo sostegno militare allo Stato Ebraico nel conflitto contro Hamas.
Lunedì Biden ha criticato quella che ha definito una «disgustosa» ondata di antisemitismo sia negli Stati Uniti che nel mondo nel mezzo del conflitto. «Lo vediamo nelle nostre comunità, nelle scuole, nelle università e nei social media», ha detto, aggiungendo che stare in «silenzio è complicità».
Parlando ai legislatori ebrei e agli altri partecipanti, il presidente ha affermato che il suo «impegno per la sicurezza del popolo ebraico e la sicurezza di Israele, il suo diritto a esistere come stato ebraico indipendente, è incrollabile». Ha poi promesso di «continuare a fornire assistenza militare a Israele finché non si libererà di Hamas», aggiungendo, tuttavia, che sia gli USA che Israele devono stare attenti a non inimicarsi «l’opinione pubblica mondiale».
Durante il fine settimana, l’amministrazione Biden ha scavalcato l’autorità del Congresso sugli aiuti militari a Israele e ha concesso l’approvazione di emergenza per la vendita di munizioni per carri armati per un valore di 106,5 milioni di dollari a Gerusalemme ovest. La Casa Bianca stava faticando a ottenere l’approvazione del Congresso per 106 miliardi di dollari in spese supplementari per la sicurezza, compresi 14,3 miliardi di dollari per Israele.
Il presidente degli Stati Uniti ha anche affermato di sentire un legame «indiscutibile» con la comunità ebraica. «Mi sono imbattuto in problemi e critiche quando qualche anno fa ho detto che non è necessario essere ebrei per essere sionisti, e io sono un sionista», ha aggiunto, parlando a un raduno di circa 800 persone.
La settimana scorsa, gli Stati Uniti sono stati l’unico membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a porre il veto su una risoluzione d’emergenza che chiedeva un cessate il fuoco d’emergenza a Gaza. Venerdì scorso, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha affermato che «esiste un serio rischio di fame e carestia», sottolineando che il 97% delle famiglie nel nord di Gaza e l’83% degli sfollati nel sud «non mangiano abbastanza».
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Il sionismo – parola che deriva da Sion, un monte di Gerusalemme che simboleggia la terra di Israele – è un movimento etnonazionalista emerso nel XIX secolo per consentire la creazione di una patria per il popolo ebraico in Palestina, una regione che corrisponde grosso modo alla Terra d’Israele nella tradizione ebraica. Dopo la fondazione di Israele, il sionismo è diventato un’ideologia che sostiene «lo sviluppo e la protezione dello Stato di Israele»
Dal 1897 al 1948, l’obiettivo primario del movimento sionista fu quello di stabilire le basi per una patria ebraica in Palestina, e successivamente consolidarla. In una variazione unica del principio di autodeterminazione, gli Amanti di Sion si unirono nel 1884 e nel 1897 fu organizzato il primo congresso sionista. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, un gran numero di ebrei immigrarono prima nella Palestina ottomana e poi nella Palestina sotto mandato britannico e, allo stesso tempo, furono fatti tentativi diplomatici per ottenere riconoscimento e sostegno a livello mondiale. Dalla fondazione dello Stato di Israele nel 1948, il sionismo ha continuato come movimento etnonazionalista che rivendica il dominio ebraico sulla Palestina.
Il sionismo ha avuto diverse declinazioni ideologiche, tutte però con la costante del ritorno e del possesso del Paese «ancestrale»: tra i vari tipi di sionismo, è possibile elencare il sionismo politico, il sionismo liberale , il sionismo operaio, il sionismo culturale, il sionismo religioso e il sionismo revisionista, quello cui appartiene il padre di Netanyahu, studioso nonché assistente dell’ammiratore di Mussolini Ze’ev Zabotinsky.
I sostenitori del sionismo lo vedono come un movimento di liberazione nazionale per il rimpatrio di un popolo indigeno (che era soggetto a persecuzione e condivideva un’identità nazionale attraverso la coscienza nazionale), nella patria dei suoi antenati, rivendicando la storia antica. I critici del sionismo invece lo vedono come un’ideologia o movimento colonialista, razzista, o eccezionalista, accusando i sionisti di «suprematismo ebraico».
L’attuale governo israeliano è il governo più sionista della sua storia, e azioni e commenti dei suoi ministri – tra minacce nucleari e giustificazioni degli sputi ai cristiani – lo dimostrano.
Al fenomeno si oppose papa San Pio X, il quale ricevette in udienza il fondatore del sionismo e rifiutò categoricamente l’appoggio cattolico per la creazione dello Stato Ebraico.
«Noi non possiamo favorire questo movimento. Non potremo impedire agli ebrei di andare a Gerusalemme, ma non possiamo mai favorirlo» annota l’Herzl nel suo diario. «La terra di Gerusalemme se non era sempre santa, è stata santificata per la vita di Jesu Cristo (…). Io come capo della chiesa non posso dirle altra cosa. Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebreo».
Nel 2014, a Vaticano davvero cambiato, Bergoglio in visita fu condotto da Netanyahu ad omaggiare tomba di Herzl. Tanto per capire che le cose non sono solo mutate. Sono invertite.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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La CIA, il KGB e il mistero di Igor Orlov detto Sasha
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Intelligence
Le origini della CIA e la nascita delle operazioni coperte
Nel suo saggio storico Disciples lo scrittore e giornalista Douglas Waller racconta come Richard Helms (1913-2002), agente segreto e futuro direttore della CIA, spiegasse come la lega dei gentleman – come William J. «Wild Bill» Donovan (1883-1959) amava chiamarla – conteneva vari disadattati sociali e diversi annoiati uomini d’affari di Wall Street in cerca d’azione.
Secondo Helms probabilmente il servizio segreto americano OSS aveva avuto un minimo effetto sulla guerra, si sarebbe potuta vincere anche senza di esso ma nonostante questo Donovan aveva dato prova di essere un leader e un visionario. Il generale aveva avuto il merito di far conoscere il Pentagono e gli americani nel difficile mondo della guerra non convenzionale.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il presidente Harry S. Truman (1884-1972) sciolse l’OSS. La battaglia per la gestione dell’Intelligence nel mondo tra Donovan e J. Edgar Hoover (1895-1972) si risolse in un pareggio a reti inviolate. Ne trasse vantaggio Allen W. Dulles (1893-1969) che inizialmente formò la parte più clandestina con l’aiuto di Frank Wisner (1909-1965) ed infine ne prese formale controllo diventandone direttore.
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Allen Dulles, assieme anche a suo fratello John Foster Dulles (1888-1959) che ricoprì parallelamente l’incarico di segretario di Stato con Dwight D. Eisenhower (1890-1966), concorse a determinare quasi due decenni di politica estera americana. La sua esperienza come spia però venne plasmata agli ordini di Donovan a capo dell’ufficio svizzero e come molti altri colleghi ebbe un rapporto difficile con Wild Bill nonostante la stima reciproca.
Un editorialista scrisse che Donovan aveva avuto una vita da cavaliere medievale, o forse quello che più poteva avvicinarsi per il mondo americano a quell’ideale romantico di stampo prettamente europeo. Scappato dalla povertà della comunità irlandese di Buffalo, visse gli anni del college come quarterback della squadra di football, si laureò alla Columbia in classe con Franklin Roosevelt (1882-1945), venne insignito della medaglia al valor militare per eroismo durante la Grande guerra e divenne miliardario come avvocato di Wall Street.
All’alba della seconda guerra mondiale Roosevelt gli diede l’incarico di formare i servizi segreti americani, quello che poi venne chiamato OSS. Sotto il suo comando assemblò una macchina da più di 10 mila spie, organizzazioni paramilitari, propagandisti e analisti che combatterono l’Asse ovunque nel mondo.
Donovan considerava Dulles, nell’immediato dopoguerra, la sua migliore spia. Ma allo stesso modo aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di poter gestire meglio l’OSS di quanto non stesse facendo lui, e non a torto. Inoltre Donovan aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di volergli prendere il posto prima o poi, e anche qui non a torto.
Allo stesso modo di Donovan, Dulles, era convinto che il fine giustificasse i mezzi ed era necessario violare le rigide strutture etiche della società per una giusta causa. Dulles reclutò le menti più brillanti, più idealiste, più avventurose d’America e le spedì in giro per il mondo a combattere il comunismo come Donovan aveva fatto per il nazismo qualche anno prima. Li accomunava lo stesso trasporto per le spericolate missioni clandestine e la stessa insofferenza per quelle che non reputavano interessanti. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso, l’esperienza nell’OSS durante la guerra l’aveva formato per la vita.
Successivamente alla resa tedesca, Donovan mandò Dulles a Wiesbaden con l’ordine di gestire Germania, Svizzera, Austria e Cecoslovacchia. L’americano stabilì la sede centrale nella fabbrica della Henkell Trocken Champagne a Wiesbaden che, nonostante bombardata, oltre a mantenere attiva la produzione, aveva ancora le cantine sufficientemente gremite di spumante.
Dulles in Wiesbaden portò vari agenti dei servizi e organizzò un sistema di raccolta informazioni e di reclutamento di nuovi agenti esteri a tempo pieno. L’idea dell’americano era quella di mantenere l’intelligence in vita sotto al suo comando. Per questo si circondò di analisti come Arthur M. Schlesinger Jr. (1917-2007) all’epoca agente dell’OSS, vari agenti del controspionaggio e in più tutta una serie di ufficiali esperti in medicina, comunicazioni e amministrazione. Helms e Ides Van der Gracht gestivano la sezione spionaggio, dopo il rifiuto al ruolo di capo dell’intelligence di William J. Casey (1913-1987) la posizione venne affidata a Frank Wisner (1909-1965).
La conferenza di Potsdam nell’estate del 1945 sancì l’inizio della guerra fredda. La paranoia di Stalin sulla rinascita della Germania e delle elezioni libere nei Paesi dell’Est Europa andava di pari passo con la sua profonda sfiducia verso le mosse americane. Gli States non avrebbero potuto capire quel momento senza mantenere una presenza fissa in Europa. Berlino divenne il centro di gravità permanente dell’intelligence del dopoguerra e così da Wiesbaden l’ufficio venne traslocato nella capitale tedesca.
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Spiare i Russi divenne la priorità per tutta l’agenzia di Dulles a Berlino. Ma venne il giorno in cui Truman avvisò che sarebbe stata creata una nuova agenzia e che l’OSS sarebbe stata soppressa. I fondi a Berlino vennero tagliati e il morale allo stesso modo calò in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo finché Dulles per primo non rassegnò le dimissioni e ritornò in America.
Allen Dulles ritornato alla sua carriera da avvocato non riuscì ad abbandonare l’entusiasmo per gli affari internazionali. Crebbe la sua vicinanza con Truman che gli offrì un ruolo da ambasciatore ma venne convinto dal fratello Foster a non accettare seguendo in questo modo la sua aspirazione maggiore. In seguito a un rapporto che scrisse per Truman dove delineò i problemi che stava avendo la CIA nella sua breve nuova vita, gli venne richiesto, in risposta, di gestire le operazioni clandestine.
Il passaggio successivo, dopo un breve periodo, divenne quello di ottenere il ruolo di vice direttore della CIA sotto il generale Walter Bedell Smith (1895-1961). La disciplina marziale richiesta ai suoi subordinati non si accostava al giovane Dulles con il quale nacquero diverse incomprensioni. Nel momento in cui Dwight Eisenhower divenne presidente, nominò sottosegretario il generale Bedell Smith sotto John Foster Dulles che divenne il nuovo segretario di stato.
La potenza di fuoco di John Foster consegnò in mano al fratello il ruolo tanto agognato di direttore della CIA. Bedell Smith, si oppose alla nomina di Dulles considerando la sua passione per le operazioni coperte nociva per l’agenzia e l’intera politica estera americana. Donovan, che si era speso moltissimo con «Ike» Eisenhower per ottenere la carica, allo stesso modo predisse che il suo sottoposto al tempo dell’OSS avrebbe mandato tutto all’aria.
Nonostante le gufate dei suoi ex colleghi, Allen assieme al fratello condussero per un’intera decade la politica estera americana fino all’ascesa politica di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza e al disastro della Baia dei Porci del 1962.
Marco Dolcetta Capuzzo
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