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Politica

Biden ha oramai «gli occhi morti». Kamala presidente è imminente, dice Steve Bannon

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L’ex capo stratega della Casa Bianca Steve Bannon crede che l’America debba prepararsi per una transizione della presidenza verso Kamala Harris.

 

Parlando con l’autore del libro Biden Unauthorized Mike McCormick, nel suo video podcast «War Room», Bannon ha indicato una foto di Biden sulla copertina del libro di McCormick che è stata scattata alcuni anni fa, mostrando un luccichio negli occhi del senatore di lunga data ed ex vicepresidente.

 

Steve Bannon crede che l’America debba prepararsi per una transizione della presidenza verso Kamala Harris

I suoi «occhi sono ora morti», ha detto Bannon di Biden, sottolineando che Harris ha un ruolo molto più importante rispetto ai precedenti vicepresidenti, compreso l’incontro con i leader stranieri. «Pence non è mai stato quello. Non è questo il ruolo del vicepresidente».

 

L’ex membro dei servizi segreti (cioè, l’agenzia che protegge il Presidente) Dan Bongino, ora YouTuber di successo e investitore del social Parler, in una recente intervista sul canale Fox News con Sean Hannity, ha affermato di «sentire da persone vicine alla situazione che il declino cognitivo di Biden sta rapidamente peggiorando e sta diventando sempre più difficile da mascherare».

 

«I Democratici dovranno prendere presto una decisione», ha detto Bongino.

«Il declino cognitivo di Biden sta rapidamente peggiorando e sta diventando sempre più difficile da mascherare»

 

I democratici si sono già mossi al Congresso per limitare l’autorità di Biden a lanciare un attacco nucleare così come i poteri di guerra presidenziali.

 

Il presidente Trump ha menzionato la cosa durante il secondo tentativo della presidente della Camera Nancy Pelosi di rimuoverlo dall’incarico attraverso l’impeachment che non era preoccupato che il Congresso usasse il 25° emendamento per rimuoverlo.

 

Secondo Trump, ad essere oggetto di impeachment doveva essere non lui, ma «Sleepy Joe», il nomignolo con cui chiama un Biden sempre più senile ed evidentemente perso.

Secondo Trump, ad essere oggetto di impeachment doveva essere non lui, ma «Sleepy Joe»

 

«La libertà di parola è sotto attacco come mai prima d’ora», ha detto Trump durante una visita al confine con il Messico. «Il venticinquesimo emendamento non ha rischi per me, ma tornerà a perseguitare Joe Biden e l’amministrazione Biden. Come si suol dire, fai attenzione a ciò che desideri».

 

 

 

 

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Politica

L’ex presidente congolese Kabila condannato a morte in contumacia

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L’ex presidente della Repubblica Democratica del Congo, Joseph Kabila, è stato condannato a morte in contumacia dall’Alta Corte Militare del Paese per accuse che includono tradimento, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La sentenza è stata pronunciata martedì.

 

Il processo si è concentrato sul presunto sostegno di Kabila al gruppo ribelle M23, attivo in un’insurrezione nell’est del Congo. Il tribunale lo ha ritenuto colpevole di aver orchestrato omicidi, torture, violenze sessuali e atti di ribellione in collaborazione con il movimento.

 

Kabila, che ha negato tutte le accuse, non si è presentato in tribunale per difendersi, e la sua attuale posizione rimane sconosciuta.

 

«Nell’applicazione dell’articolo 7 del Codice penale militare, si impone una sola pena, ovvero la più severa, ovvero la pena di morte», ha dichiarato il tenente generale Joseph Mutombo Katalayi, presidente del tribunale.

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Oltre alla condanna a morte, il tribunale ha ordinato a Kabila di risarcire danni allo Stato congolese e alle vittime dei presunti crimini, con cifre che oscillano tra circa 33 miliardi e quasi 50 miliardi di dollari.

 

Il procedimento contro Kabila è iniziato a luglio, dopo che a maggio il Senato gli aveva revocato l’immunità parlamentare. Kabila ha guidato la Repubblica Democratica del Congo dal 2001 al 2019.

 

La sentenza giunge mentre il gruppo ribelle M23 continua la sua offensiva nelle province orientali del Congo, ricche di minerali, dove ha preso il controllo di centri minerari chiave come Goma e Bukavu, causando migliaia di morti. Nel frattempo, attori regionali e internazionali spingono per un cessate il fuoco.

 

Nella Repubblica Democratica del Congo la pena di morte è ancora in vigore, ma dal 2003 vige una moratoria condizionale sulle esecuzioni. I gruppi per i diritti umani sottolineano che, nonostante le condanne a morte emesse dai tribunali, non si registrano esecuzioni da oltre 20 anni.

 

In Africa, negli ultimi decenni, un numero crescente di Paesi ha abolito la pena capitale, tra cui Gabon (2010), Repubblica del Congo e Madagascar (2015), Ciad (2020), Sierra Leone (2021), Repubblica Centrafricana e Zambia (2022).

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Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane una coalizione di gruppi armati nella Repubblica Democratica del Congo ha accusato il governo di aver violato gli accordi volti a porre fine al brutale conflitto.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi si sono verificati scontri armati nell’Est del Paese, guidati dai militanti del gruppo M23, uno delle decine di gruppi ribelli che combattono il governo per il controllo dei territori e delle risorse minerarie, secondo molti sostenuto dal Ruanda. Dall’inizio di quest’anno, almeno 8.500 persone, tra cui bambini e peacekeeper, sono state uccise nell’escalation dei combattimenti tra i ribelli e le forze congolesi.

 

Nella turbolenza terroristica, allarmi erano stati lanciati riguardo ad epidemie di malattie misteriose che avevano ucciso diecine di congolesi.

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Lavrov accusa: le elezioni in Moldavia segnate dai brogli

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Le elezioni parlamentari di domenica in Moldavia, in cui il partito filo-UE PAS ha conquistato una maggioranza risicata, sono state segnate da evidenti «frodi» e manipolazioni, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.   Il PAS, guidato dalla presidente Maia Sandu, orientata verso l’Occidente, ha ottenuto il 50,2% dei voti, seguito a ruota dalle opposizioni con il 49,8%. L’alleanza Blocco Elettorale Patriottico, favorevole a un rafforzamento dei legami con la Russia e alla neutralità costituzionale, si è piazzata seconda con il 24,2%.   Tuttavia, il processo elettorale è stato compromesso da un accesso al voto disuguale. In Russia, dove risiede una delle più grandi comunità della diaspora moldava al mondo (fino a 500.000 persone), sono stati aperti solo due seggi, con un totale di circa 4.100 voti espressi. Al contrario, in Italia – dove la diaspora moldava è generalmente più pro-europea – sono stati inaugurati decine di seggi, permettendo a migliaia di persone di votare.   Parlando con i giornalisti martedì dopo il forum del Valdai Club, Lavrov ha descritto le elezioni come un ulteriore passo nella trasformazione dell’ex repubblica sovietica in un avamposto anti-russo.

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«Sandu è da tempo una delle principali promotrici della retorica anti-russa. Queste elezioni sono state una frode», ha accusato il ministro, esprimendo stupore per quanto apertamente la Moldavia abbia «manipolato» i voti.   Lavrov ha denunciato che le autorità moldave hanno ostacolato il voto dei residenti della Transnistria chiudendo i ponti di accesso. La Transnistria, regione separatista nata dal collasso dell’Unione Sovietica nei primi anni ’90, non è mai stata riconosciuta da Chișinău, che tentò di reintegrarla con la forza nel 1992.   Da allora, il conflitto rimane congelato, e molti abitanti della Transnistria possiedono la cittadinanza moldava e il diritto di voto. La regione riveste un’importanza cruciale per l’economia moldava.   «Nonostante le manipolazioni, non tutti sono riusciti a votare, ma l’opposizione patriottica ha comunque ottenuto più voti in Moldavia rispetto al partito di Maia Sandu», ha osservato Lavrov. «Con questi metodi “legali”, non se la cavano granché bene».   Nel frattempo, i rappresentanti dell’UE hanno ignorato le numerose denunce di irregolarità e le proteste sull’accesso disuguale ai seggi, con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che ha celebrato la scelta della Moldavia per «Europa, democrazia e libertà».  

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Nigel Farage può diventare il prossimo premier britannico

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Secondo gli ultimi sondaggi, Nigel Farage appare destinato a diventare il prossimo primo ministro britannico.Un recente sondaggio MRP condotto da YouGov indica che, in caso di elezioni domani, Reform UK, guidato da Farage, otterrebbe 311 seggi su 650 alla Camera dei Comuni.

 

Attualmente, il partito ne detiene solo cinque.Nelle stime più conservative e ottimistiche, Reform conquisterebbe tra 271 e 342 seggi.Per una maggioranza assoluta servirebbero 326 seggi, ma il partito potrebbe comunque formare un governo attraverso una coalizione o come maggioranza relativa.

 

Al contrario, il Partito Laburista, al potere, si attesterebbe tra 118 e 185 seggi, rispetto ai 401 attuali. Un tale esito segnerebbe una sconfitta storica per i laburisti, la peggiore dal 1931. I Conservatori performerebbero ancor peggio, con una previsione di 28-68 seggi e un quarto posto tra i partiti.

 

Sarebbe il risultato più disastroso nella storia del partito, dai tempi del suo predecessore Tory negli anni ’70 del Seicento.Il sondaggio YouGov evidenzia che il 75% dei guadagni di Reform deriverebbe dal Partito Laburista, con oltre la metà dei parlamentari laburisti sostituiti da esponenti di Reform.

 

Il partito ha focalizzato la sua strategia elettorale sui collegi tradizionali laburisti, dove molti elettori pro-Brexit puntano a limitare l’immigrazione.Diversi big della politica rischierebbero di perdere il seggio, tra cui ministri laburisti come Bridget Phillipson, Ed Miliband, Lisa Nandy, Wes Streeting e Yvette Cooper. Tra i Conservatori, figure chiave come James Cleverly, Priti Patel e Robert Jenrick potrebbero essere sconfitti.

 

Reagendo al sondaggio, Farage ha commentato: «Questa nuova indagine seminerà il panico tra i parlamentari laburisti e conservatori in vista dei congressi dei loro partiti».L’indagine ha coinvolto 13.000 intervistati.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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