Politica
Bannon: l’Ucraina potrebbe diventare il «Vietnam di Trump»
L’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon ha avvertito che il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe rimanere invischiato nel conflitto ucraino se non adotta misure immediate per limitare il coinvolgimento di Washington. In un’intervista con Politico pubblicata lunedì, Bannon ha paragonato la situazione alla gestione della guerra del Vietnam da parte dell’ex presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, in cui ha ereditato un conflitto dalla precedente amministrazione ed è stato in ultima analisi definito da essa.
«Se non stiamo attenti, diventerà il Vietnam di Trump. È quello che è successo a Richard Nixon. Ha finito per possedere la guerra ed è stata ricordata come la sua guerra, non quella di Lyndon Johnson», ha detto Bannon, che non è più una figura chiave nel team di Trump. Ha sostenuto che a meno che Trump non si impegni chiaramente a fermare gli aiuti militari all’Ucraina, il conflitto potrebbe mettere in ombra la sua presidenza.
Nixon fece campagna nel 1968 con la promessa di porre fine alla guerra, ma una volta in carica, intensificò il coinvolgimento degli Stati Uniti attraverso campagne di bombardamenti e incursioni su vasta scala in Cambogia e Laos prima di negoziare infine un ritiro dal Vietnam. La guerra divenne una questione determinante e controversa della sua presidenza.
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Trump ha ripetutamente affermato durante la sua campagna del 2024 che avrebbe posto fine al conflitto in Ucraina «in 24 ore» se fosse stato rieletto, ma non ha mai fornito dettagli su come lo avrebbe fatto. Sebbene abbia criticato gli aiuti militari statunitensi all’Ucraina, non ha dichiarato esplicitamente che avrebbe tagliato l’assistenza.
Bannon ha esortato Trump a chiarire la sua posizione nel suo discorso inaugurale.
L’ex stratega elettorale di Trump è uscito tre mesi fa di prigione dopo essere stato incarcerato per essersi rifiutato di comparire dinanzi alla Commissione del Congresso sulla rivolta del 6 gennaio.
Come riportato da Renovatio 21, Bannon, che ha chiesto a Trump anche di revocare la medaglia presidenziale conferita da Biden a Giorgio Soros pochi giorni fa, è entrato in una disputa con Elon Musk.
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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0
Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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Immagine screenshot da YouTube
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Sarkozy sarà messo in cella di isolamento
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