Immigrazione
Attacco con coltello alla stazione di Parigi: il sospettato godeva di «protezione sussidiaria» in Italia

Tre persone sono rimaste ferite in un attacco con accoltellamento presumibilmente commesso da un cittadino maliano allo snodo ferroviario parigino della Gare de Lyon sabato.
La Procura di Parigi sta indagando sull’aggressione, che ha provocato ferite gravi all’addome di una persona e ferite leggere in altre due persone.
«Il sospettato non ha gridato (nessun slogan religioso) durante il suo attacco», ha detto una fonte della polizia all’AFP, e il capo della polizia di Parigi Laurent Nunez ha confermato che non c’erano sospetti che l’attacco fosse motivato dal terrorismo.
Tuttavia, nelle ultime ore è emerso in rete un video in cui quello che si dice essere il sospettato dichiara il suo odio per la Francia ed i Francesi, colpevoli di averlo «privato del diritto di vivere», di aver «piegato» il suo Paese e il suo continente e di aver reso in schiavitù i suoi nonni per «i loro conti, la loro economia».
Coucou @SOS_Racisme @_LICRA_
L’assaillant soi-disant fou qui a poignardé 3 personnes à la #GareDeLyon a tenu des propos anti-Français abjects.
Pourriez-vous svp porter plainte contre ce criminel pour racisme et incitation à la haine en vous constituant parties civiles ?
Merci pic.twitter.com/vQezGzt6Aj
— Jean MESSIHA (@JeanMessiha) February 4, 2024
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L’uomo, armato di coltello e martello, sembrava essere un senzatetto con «problemi psichiatrici», ha detto Nunez ai media. Secondo quanto riferito, è stato fermato da alcuni passanti che lo hanno trattenuto fino all’arrivo sul posto della polizia ferroviaria.
Quando gli è stato chiesto l’identificazione, ha presentato alla polizia una patente di guida italiana indicante che aveva 32 anni. Secondo le autorità, al momento del fermo aveva con sé anche documenti di residenza e medicinali .
Secondo il Corriere della Sera, l’uomo sarebbe stato identificato come K.S.G., cittadino del Mali residente a Montalto Doro, in provincia di Torino. Qui nel 2016 ha ricevuto un permesso di protezione sussidiaria.
La protezione sussidiaria costituisce uno status equiparabile a quello del rifugiato e viene assegnato dalla Commissione territoriale competente dopo la presentazione di una richiesta di protezione internazionale. Qualora il richiedente non sia in grado di evidenziare una persecuzione personale conforme alla definizione di rifugiato stabilita dalla Convenzione di Ginevra, ma si ritenga che possa essere esposto a gravi rischi come la condanna a morte, la tortura o la minaccia alla vita in caso di guerra interna o internazionale nel suo paese d’origine, gli può essere concessa la protezione sussidiaria.
Ci chiediamo quale protezione, invece, avevano le persone ferite dall’immigrato «protetto» istituzionalmente. Tuttavia l’equazione è già chiara in partenza: per «proteggere» le masse africane riversatesi in Europa, si sacrifica la protezione dei cittadini europei, che si possono ritrovare in casa l’aumento di crimine e violenza, nonché il degrado di intere aree urbane, che sono realtà incontrovertibili.
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Come riportato da Renovatio 21, la stessa Francia aveva subito una tragedia simile ad Annecy, quando un immigrato siriano attaccò con il coltello donne e bambini in un parco sulla riva del lago.
L’incidente ha causato un breve ritardo nei servizi ferroviari per Parigi, con l’operatore ferroviario SNCF che ha parlato solo di «un atto di intento criminale» presso lo snodo di transito della capitale francese, che vede più di 100 milioni di passeggeri all’anno.
Parigi ospiterà le Olimpiadi del 2024 entro la fine dell’anno e si aspetta che 15 milioni di visitatori arrivino in città, mettendo a dura prova i suoi servizi di sicurezza. Nunez è anche responsabile della sicurezza dei giochi.
Ci si chiede, specie dopo la catastrofe delle banlieue date alle fiamme da immigrati nell’estate 2023, cosa potrà succedere durante i Giochi Olimpici.
C’è da considerare, infatti, il problema di sicurezza che investe oramai ogni Paese d’Europa: masse di immigrati che sono indefinitamente disponibili alla radicalizzazione e alla violenza, vuoi per tendenza religiosa, vuoi per squilibrio mentale.
Si tratta, di certo, di uno dei fattori fondamentali per l’anarco-tirannide in via di installazione in Occidente: una massa di spostati sanguinari che tiene il cittadino medio impegnato a difendere la propria esistenza lasciando libero il potere di fare quel che vuole – e continuare a tassarlo, tracciarlo, sottometterlo.
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Immagine di DiscoA340 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Immigrazione
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Arte
Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

La I.R.S. Records venne fondata nel 1979 da Miles Copeland III. L’etichetta produsse alcuni tra i più rappresentativi artisti musicali degli anni Ottanta. L’influenza che esercitò nel punk inglese e nella new wave fu fondamentale producendo prodigi come i Police, i R.E.M., i Dead Kennedys. Il logo della casa discografica statunitense ritraeva un uomo in primo piano con un cappello anni ’50 stilizzato in bianco e nero e chiamato spy guy.
Un altro fratello Copeland, Ian (1949-2006), fondò la Frontier Booking International, in acronimo F.B.I., una agenzia di talenti specializzata nella musica e che rappresentò tra gli altri anche i R.E.M., Jane’s Addiction, Snoop Dog, Sting.
Il terzo fratello Copeland, Steward invece era il batterista dei Police e quindi proprio di Sting. Entrato di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Police, venne aggiunto anche nella Modern Drummer Hall of Fame e nella Classic Drummer Hall of Fame. Ha avuto poi una carriera come compositore di colonne sonore per il cinema, musicando pellicole rimaste nella storia come il capolavoro di Francis Ford Coppola Rusty il selvaggio (1983), Wall Street (1987) e Talk Radio (1988) di Oliver Stone, Riff-Raff (1991) e Piovono pietre (1993) di Ken Loach e pure il videogioco Alone in the Dark.
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Se i tre fratelli denotano una esagerata presenza di talento scorrere nelle loro vene quello che sorprende ancora di più è la fonte da cui questi tre fenomeni derivano. Il loro padre, di nome Miles Copeland, fu uno dei fondatori della CIA nonché musicista e personaggio eccezionale nel panorama politico dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti.
Prima della guerra, ancora in Alabama provò a seguire le orme del padre iscrivendosi alla locale università con l’intenzione di diventare medico. Folgorato dal jazz, invece, comprò una tromba e si diede totalmente allo swing. Nel giro di poco si ritrovò a suonare e comporre con giganti come Glenn Miller, Benny Goodman, Buddy Rich, racconta lo storico John Simkin in un suo articolo.
Arrivò però Pearl Harbour e la direzione della sua vita cambiò completamente. Entrò a far parte dell’ufficio finanziario della guardia nazionale. Racconta proprio il sito della CIA che un giorno gli venne chiesto di ripetere un test d’intelligenza perché, dal risultato ottenuto, erano tutti convinti che avesse utilizzato un trucco. Una volta ripetuto guadagnò un risultato se possibile ancora maggiore.
L’esito del test attirò l’attenzione del generale William «Wild Bill» Donovan, direttore di una nuova agenzia chiamata Office of Strategic Service (OSS), la prima agenzia americana che fungeva da servizio segreto. Donovan, che stava formando la base della nuova agenzia, era sempre alla ricerca dei migliori prospetti e con le migliori connessioni. Miles aveva senza dubbio colpito il generale anche per quello che il figlio Stewart chiamava il gift of gab, il dono della chiacchiera. Era un abile oratore e una persona di grande spirito per cui creare empatia non era mai stato un problema.
Amava giocare, si considerava un giocatore, prendeva parte con entusiasmo alle simulazioni di guerra. Nel dopo guerra creò un gioco da tavola cult basato sul suo fondamentale libro, pieno di rivelazioni, Games of Nation, anche questo diventato introvabile oggetto di culto.
Mentre era Londra Copeland divenne amico di Boris Pash, capo della sicurezza del Manhattan Project e anche di Ernest Hemingway. Venne assegnato a dirigere la scuola di controspionaggio, la Corps of Intelligence Police, che divenne nel 1942 la Counterintelligence Corps, CIC, partecipazione che gli valse la Legione di Merito. Copeland partecipò attraverso la CIC all’operazione Overlord, lo sbarco in Normandia ed era parte della BIGOT list, acronimo per British Invasion of German Occupied Territory, un ristrettissimo gruppo di persone con un passato inattaccabile e degne di ottenere i documenti più protetti e riservati.
La CIC, oltre ad impegnarsi nel più famoso Manhattan Project si occupò anche di altri progetti di spicco per l’epoca. Uno di questi, la missione ALSOS, diretta da Boris Pash, era il tentativo da parte degli alleati di raccogliere quante più informazioni possibili sugli sviluppi scientifici nazisti in ambito nucleare; quindi l’operazione Paperclip che cooptò oltre 1600 scienziati, ingegneri e tecnici vari dalla Germania nazista per reinserirli in ambito per lo più scientifico militare statunitense; l’operazione TICOM che aveva come scopo l’impadronirsi di risorse riguardanti la crittografia e le ultime vette della ricerca scientifica sulle telecomunicazioni, ambito in cui i tedeschi eccellevano. Alla fine della guerra Copeland venne anche incaricato di redigere la cronaca del controspionaggio del periodo appena trascorso, intervistando decine di spie e scienziati nazisti.
In seguito alla trasformazione dell’OSS in CIA, Copeland partecipò alla messa a punto del progetto fino alla sua realizzazione nel 1947, anno di nascita della più grande agenzia spionistica americana. Dopodiché ottenne la gestione dell’ufficio dell’agenzia a Damasco in Siria e divenne l’uomo in Medio Oriente per i servizi statunitensi. Nel marzo del 1949 supportò il colpo di stato in Siria in cui venne deposto il governo legalmente eletto in favore del potere militare. Nel 1953 prese parte all’operazione Ajax incaricata di destituire il primo ministro iraniano, Mohammed Mossadegh, reintegrando Reza Pahlavi, assicurando così l’accesso statunitense al petrolio iraniano e contemporaneamente istituendo un avamposto del primo mondo contro i sovietici.
Fluente in almeno dieci lingue, divenne amico personale del presidente egiziano Nasser. Nonostante il cammino tra USA e Egitto avesse preso due strade differenti e i servizi americani avessero preso in considerazione operazioni estreme verso il presidente africano Copeland rimase genuinamente al suo fianco e un ammiratore dell’opera politica di Nasser.
Mantenne ufficialmente questo ruolo per dieci anni costruendo la posizione dell’Intelligence americana nel territorio attraverso il reclutamento di agenti in loco e la costruzione delle reti informative necessarie.
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In seguito, dopo aver rassegnato le dimissioni perché in totale disaccordo con le politiche di Eisenhower, continuò a lavorare privatamente nel solco dell’Intelligence a stelle e strisce fino agli anni Settanta quando si distaccò completamente dando vita a una nuova carriera di autore. I vari articoli e libri che scrisse ottennero un notevole successo ma ebbero anche la conseguenza di esacerbare definitivamente i rapporti con l’agenzia governativa. Nel 1988, scrisse un articolo «Spooks for Bush» in cui dichiarò il totale supporto del mondo dell’Intelligence verso la candidatura di G. W. Bush all’elezione come presidente del 1994.
E. Micheal Burke, ex ufficiale OSS, CIA, e in seguito con una importante carriera nel mondo dello spettacolo, scrisse nell’agosto 1974 una recensione su uno dei suoi testi più famosi Without cloak or dagger (1974). Copeland nel suo libro descriveva la CIA come il demonio di cui ignoriamo l’esistenza, gestita da una cricca di vecchi commilitoni abbastanza potenti da buttare giù un direttore non particolarmente apprezzato come James Schlesinger.
La CIA è un organo interno più potente dei vari governi succedutosi sullo sfondo che ha come grande dilemma trovare il modo per restare potenti, anonimi, silenziosi ma allo stesso vincere la confidenza del pubblico. Come scrive Copeland nel libro: «conosciamo il nemico, sappiamo come gestirlo, siamo incorruttibili. Anche se non ci conoscete, potete implicitamente fidarvi di noi».
Marco Dolcetta Capuzzo
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