Oligarcato
Anche quest’anno 5000 soldati svizzeri per difendere il World Economic Forum. Fact-checker in difficoltà
Anche quest’anno 5000 soldati dell’esercito svizzero saranno impiegati a Davos per proteggere lo svolgimento del World Economic Forum, l’evento principale dell’organizzazione mondialista guidata da Klaus Schwab. Lo riposta Swissinfo.ch, una succursale della Società Svizzera di Radiodiffusione, che riporta le parole del ministero della Difesa elvetico.
Il dispiego dei militari a Davos è iniziato già il 6 gennaio.
«Dieci giorni prima dell’edizione del 2023, i militari hanno iniziato a lavorare sulle installazioni di sicurezza, ha detto venerdì il ministero della Difesa. Come ogni anno, i militari sostengono le autorità civili del Cantone dei Grigioni in vista del grande evento».
L’approvazione viene direttamente dal Parlamento svizzero, il quale «ha rinnovato l’approvazione per 5.000 membri dell’esercito svizzero per garantire la sicurezza di circa 3.000 partecipanti al WEF per gli anni dal 2022 al 2024». In pratica, per ogni invitato al consesso globalista schwabiano ci sono quasi 2 militari a sua protezione – peraltro pagati dal contribuente svizzero.
È interessante leggere quali sarebbero i fermenti di protesta che andranno in scena a Davos.
«Potrebbero esserci anche delle proteste contro l’evento, come in passato» riporta Swissinfo. «La città di Davos ha ricevuto due richieste di permesso per manifestare contro il WEF, ha detto venerdì all’agenzia di stampa svizzera Keystone-SDA il segretario comunale Michael Straub. Uno è della Gioventù socialista dei Grigioni, che intende manifestare il 15 gennaio nella piazza del municipio. L’altro è del collettivo “Strike WEF”, che sta organizzando una marcia contro il capitalismo, la crisi climatica e la disuguaglianza globale».
In pratica, protesteranno sparute sigle locali di socialisti e comunisti, cioè in nessun modo una rappresentanza di quella classe media mondiale che di fatto viene colpita dalle misure pensate al WEF. Un tentativo così maldestro di scegliersi la propria opposizione visibile fa pensare che, alla fine, Schwab e compagni non si stiano nemmeno più impegnando. La pillola, cioè, mica hanno ancora voglia di indorarla: il consenso è così unico che si oppongono solo i giovani socialisti dei Grigioni, che sono già di per sé cromaticamente rassicuranti.
Come riportato da Renovatio 21, lo spiegamento di forze militari è il medesimo visto l’anno scorso, quando a Davos – dichiarata per l’occasione no-fly zone – calarono i 5000 soldati svizzeri, dotati di una patch specifica per la forza di protezione dell’evento dei miliardari globali.
World Economic Forum police insignia in Davos is two mountain goats butting horns over some crystals. Very weird. Wonder what the symbolism is there… hmmm… pic.twitter.com/5uqdVT5LwL
— Josh ❁ (@joshthepunished) May 24, 2022
Il giornalista ed ex militare americano Jack Posobiec fu fermato senza un motivo particolare da forze dell’ordine armate di fucili automatici mentre pranzava in un ristorante con la sua troupe. Il parapiglia fu filmato da altri giornalisti.
BREAKING.🚨
"There is a reason… Can I ask you please now to delete?"
Jack Posobiec was detained at Davos. Watch: pic.twitter.com/BxxENQcEvU
— Kyle Becker (@kylenabecker) May 23, 2022
Non sempre queste migliaia di militari si sono comportati ineccepibilmente. Nel 2016 vi fu uno scandalo perché, riporta la BBC citando l’Esercito svizzero, «soldati in servizio al World Economic Forum di Davos sono stati rimandati a casa per aver fatto uso di cannabis e cocaina».
Incredibile il livello raggiunto dai fact-checker dell’importante rivista statunitense Newsweek, che pubblicano un articolo intitolato «Verifica dei fatti: la Svizzera sta schierando 5.000 truppe al WEF a Davos?»
L’articolo lamenta che alcuni popolari account Twitter stanno parlando di questi 5000 militari messi a protezione del WEF di Davos.
«Il tweet includeva uno screengrab di un articolo dal titolo “La Svizzera dispiegherà 5.000 truppe dell’esercito per proteggere il World Economic Forum Meeting di Davos”» scrivono i fact-checckatori, secondo i quali «molte affermazioni fuorvianti sono state allegate a Davos e al suo organismo organizzatore, incluso il fatto che il WEF avesse una propria forza di polizia, presumibilmente in vista all’evento».
Avete capito che siamo alle solite: la notizia vera, ratificata dal ministero della Guerra di Berna dell’invio di truppe a difesa dell’evento di Schwab non può essere smentita, ma mettendola nel titolo – per poi scrivere qualsiasi cosa all’interno del pezzo – potrebbe dare il senso che invece non lo sia.
Di fatto, la risposta al titolo del fact-check «la Svizzera sta schierando 5.000 truppe al WEF a Davos?» la risposta è sì, punto e basta. I fact-checker lo ammettono, fra le righe, in fondo al pezzo, cercando di minimizzare: si tratta di una «briciola di verità» e poi «queste disposizioni di sicurezza non sono nuove, essendo state approvate per precedenti riunioni del WEF».
È incredibile ma è così, come tutto a Davos, del resto: in faccia a voi, senza pudore.
Del resto, ci dispiace per i fact-checker di tutte le testate e di tutto il mondo (ne abbiamo certi in Italia imbattibili), che causa WEF potrebbero in breve ritrovarsi a spasso. Come riportato da Renovatio 21, a Davos si è parlato l’anno scorso di «fusione di intelligenza umana ed artificiale» per censurare la «disinformazione» prima che venga pubblicata.
In pratica, una censura preventiva da applicarsi a chiunque voglia esprimersi liberamente in rete. È chiaro che il momento in cui i robot sostituiranno gli impiegati di vario grado nel gatekeeping mediatico (così, simili, di fatto, alle decine di migliaia di funzionari cinesi della «Grande Muraglia Elettronica» che censura l’internet della Repubblica Popolare) è vicinissimo.
Come tacchini cui il padrone ha detto che sta per arrivare il Natale – ma loro continuano lo stesso, perché il becchime al momento scorre ancora.
Giornali e controllori dei fatti: in quest’ora orwelliana, volonterosi carnefici di loro stessi via Davos. Resettati mentre abbaiano contro complottisti e no-vax.
Poarèti. Poverini.
Immagine di Kecko via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0)
Oligarcato
«Emergerà una nuova minaccia»: l’OMS esorta i Paesi a firmare entro maggio il Trattato pandemico
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un appello «urgente» ai Paesi di tutto il mondo affinché firmino il cosiddetto «Trattato pandemico» entro questo maggio, annunciando la comparsa imminente di una nuova «minaccia pandemica».
In un comunicato stampa del 20 marzo, l’OMS ha chiesto «progressi accelerati» ai Paesi che aderiscono al trattato proposto, che ora hanno ribrandizzato in «Accordo pandemico», che è ritenuto come uno strumento per desovranizzare ulteriormente Parlamenti, governi e Stati nazionali.
«Chiediamo ai leader di tutti i Paesi di intensificare i loro sforzi e di garantire un accordo efficace sulla pandemia entro maggio», si legge in una lettera congiunta di personalità politiche di alto profilo.
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«Emergerà una nuova minaccia pandemica – e non ci sono scuse per non essere pronti», ha avvertito, invitando i negoziatori «a raddoppiare i loro sforzi» per rispettare la «scadenza imminente» di maggio 2024.
La lettera consigliava inoltre ai paesi di non credere alla «campagna di disinformazione dannosa contro l’OMS».
«Questo sforzo globale è minacciato dalla cattiva informazione e dalla disinformazione», ha affermato. «Tra le falsità che circolano ci sono le accuse secondo cui l’OMS intende monitorare i movimenti delle persone attraverso passaporti digitali; che toglierà la sovranità nazionale ai Paesi; e che avrà la capacità di schierare truppe armate per imporre vaccinazioni e blocchi obbligatori».
«Tutte queste affermazioni sono completamente false e i governi devono lavorare per sconfessarle con fatti chiari», continua la lettera aperta firmata da oltre 100 «leader globali» come «l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban-ki Moon, l’ex primo ministro della Nuova Zelanda Helen Cark, gli ex primi ministri del Regno Unito Gordon Brown e Tony Blair, l’ex presidente del Malawi Joyce Banda, l’ex presidente del Perù Franciso Sagasti e tre ex presidenti dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite».
«Un accordo pandemico è fondamentale per salvaguardare il nostro futuro collettivo. Solo un forte patto globale sulle pandemie può proteggere le generazioni future dal ripetersi della crisi del COVID-19, che ha causato milioni di morti e una diffusa devastazione sociale ed economica, anche a causa dell’insufficiente collaborazione internazionale», scrivono i leader mondialisti nella loro missiva.
Se i grandi nomi dell’élite sono imbarcati nel progetto del Trattato pandemico, alla base si comincia a registrare una resistenza sempre più coriacea.
L’esperto in armi biologiche Francis Doyle, autore della legislazione americana sul bioterrorismo, ritiene come Johnson che il Trattato pandemico OMS potrebbe privare le Nazioni della loro sovranità e creare un super-Stato totalitario mondiale.
Come riportato da Renovatio 21, a febbraio alcuni deputati USA hanno dichiarato che il Trattato Pandemico OMS rappresenta la più grande minaccia alla libertà nella storia umana.
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Il senatore del Wisconsin Ron Johnson, noto per la sua inesausta crociata sui danni del vaccino mRNA, è arrivato a dichiarare la scorsa estate che «il COVID è stato diffuso intenzionalmente da un’élite che vuole assumere il controllo totale delle nostre vite».
In un’intervista a Fox News senatore attaccava proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Trattato pandemico come agenti della desovranizzazione degli Stati nazionali: «questi emendamenti che saranno votati nel 2024 dall’OMS fanno paura e rischiano davvero di toglierci tutta la nostra sovranità. Le persone devono rendersi conto dei pericoli del momento».
Mesi fa anche alcuni politici slovacchi avevano definito il Trattato pandemico come uno sforzo «globalista» per indebolire le sovranità nazionali.
La spinta verso un potere sempre maggiore dell’OMS è coperta sotto l’operazione sanitaria globale «One Health».
Tale tendenza per la ratifica del Trattato pandemico era già avvertibile pienamente nel 2022, quando emerse che in concomitanza la Banca Mondiale aveva approntato un fondo da 1 miliardo di dollari per la creazione di passaporti vaccinali internazionali. Il cosiddetto «passaporto pandemico» era già stato finanziato l’anno precedente da Microsoft ed altri colossi tecnologici e dai danari dei Rockefeller.
Come riportato da Renovatio 21, il Trattato OMS, dando al pensiero biomedico dell’establishment il potere sui singoli ordinamenti nazionali, garantirebbe il «diritto» all’aborto in caso di pandemia.
È possibile vedere il Trattato e l’allargamento dell’OMS come un’ulteriore fase del colpo di Stato globale slatentizzatosi con il COVID-19.
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Geopolitica
Putin: non ci sono «nazioni ostili» per la Russia, solo «élite ostili»
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Bergoglio, Milei e il World Economic Forum di Davos
In occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos, che si è tenuto in Svizzera dal 15 al 19 gennaio 2024, Papa Francesco ha inviato un messaggio a dir poco sorprendente. Dichiara, infatti, che questo incontro globalista «fornisce un’importante opportunità di coinvolgimento di più soggetti interessati, per esplorare modi innovativi ed efficaci per costruire un mondo migliore».
E insiste sulla «evidente necessità di un’azione politica internazionale che, attraverso l’adozione di misure coordinate, possa perseguire efficacemente gli obiettivi della pace mondiale e dello sviluppo autentico».
Come ha opportunamente sottolineato Philip Lawler sul sito web di Catholic Culture il 31 gennaio: «Il WEF di Davos sostiene gli sforzi per combattere il cambiamento climatico, per sostenere la diversità e l’inclusione e per promuovere opinioni “illuminate”».
Purtroppo, in questa occasione, il papa non ricorda la dottrina sociale della Chiesa: il salario minimo vitale, la salvaguardia delle famiglie, l’educazione alle virtù… A questo silenzio, il giornalista cattolico ha reagito energicamente: «ciò che dovrebbe sentire il WEF da parte della Chiesa cattolica non è un messaggio di sostegno, ma di sfida».
Per ironia della sorte, a Davos, questa sfida è stata lanciata dal presidente argentino Javier Milei, oppositore della Chiesa cattolica, che ha denunciato il «programma di aborto cruento» e il tentativo di frenare la crescita demografica.
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«Milei ha giustamente osservato che il WEF è caduto sotto il fascino dei marxisti che stavano conquistando il potere “appropriandosi dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali”».
Philip Lawler aggiunge: «Il Forum di Davos pretende di parlare a nome dei poveri, ma in pratica mira all’obiettivo della crescita zero della popolazione, eliminando così la povertà eliminando i poveri».
«Il WEF denuncia i consumi eccessivi, ma i suoi leader giramondo visitano resort esclusivi e cenano in ristoranti di lusso, suggerendo politiche agricole restrittive che rendono il cibo più costoso.
«Il gruppo di Davos professa rispetto per le culture indigene, ma è ovvio che la cultura cristiana tradizionale dei fondatori europei non conta». Così «la manifestazione religiosa più memorabile di questa conferenza di Davos ha avuto luogo quando una sciamana brasiliana, originaria dell’Amazzonia, Putanny Yawanawá, ha eseguito un rituale pagano per invocare il potere dei suoi “spiriti” sul lavoro della conferenza».
È vero che Francesco aveva già dato un triste esempio assistendo, nei giardini vaticani, a un culto idolatrico della dea pagana Pachamama, il 4 ottobre 2019, in occasione del sinodo sull’Amazzonia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic
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