Geopolitica
Accordo di pace tra Armenia e Azerbaijian?

Yerevan e Baku sono pronte a porre fine alla disputa trentennale sul Nagorno Karabakh, hanno detto giovedì a Mosca il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev. Lo riporta Russia Today.
Durante la riunione del Consiglio economico eurasiatico, ospitato dal presidente russo Vladimir Putin, i due leader hanno confermato di essere pronti a normalizzare le relazioni sulla base del «riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale», nelle parole sia di Aliyev che di Pashinyan.
Il presidente della Federazione Russa Putin si è detto «molto contento» che le due ex repubbliche sovietiche sembrino aver raggiunto un accordo, «anche sulle vie di comunicazione e i trasporti». Questo sembrava essere un riferimento all’accesso dell’Azerbaigian al territorio di Nakhichevan, situato tra Armenia e Turchia.
Pashinyan ha convenuto che i due Paesi stavano «facendo buoni progressi nella definizione delle nostre relazioni» sulla base del riconoscimento reciproco, ma si è opposto all’uso da parte di Aliyev dell’espressione «corridoio di Zangerzur», affermando che ciò potrebbe essere considerato come una rivendicazione sul territorio armeno.
La tregua del Nagorno-Karabakh del novembre 2020 «parla di un solo corridoio, Lachin, che deve essere sotto il controllo delle forze di pace russe ma che purtroppo è stato illegalmente bloccato dall’Azerbaigian», ha detto Pashinyan. «Tuttavia, desidero confermare la disponibilità dell’Armenia a sbloccare tutti i collegamenti di trasporto ed economici e le strade che attraversano il territorio armeno».
«La parola “corridoio” non è un’invasione del territorio di qualcuno», ha risposto Aliyev, insistendo sul fatto che bisognerebbe «sforzarsi molto o avere un’immaginazione molto ricca» per interpretare la sua formulazione come aspirazioni territoriali, che l’Azerbaigian non ha. Il fatto che l’Armenia abbia «ufficialmente riconosciuto il Karabakh come parte dell’Azerbaigian» è una grande opportunità per raggiungere un accordo di pace, ha aggiunto.
Il Nagorno-Karabakh era una regione autonoma all’interno dell’Azerbaigian sovietico, ma con una popolazione a maggioranza etnica armena, che si staccò dall’Azerbaijan ancor prima che Baku dichiarasse l’indipendenza dall’URSS, innescando un conflitto etnico che causò migliaia di vittime prima che fosse congelato da una tregua del 1994.
La più recente esplosione degli scontri, nel 2020, ha portato le truppe azere ad avanzare per tagliare la strada principale tra il Karabakh e l’Armenia vera e propria. La Russia è intervenuta per mediare un cessate il fuoco, che da allora ha per lo più tenuto.
Pashinyan ha segnalato che l’Armenia era disposta a cedere il Karabakh prima dell’incontro di Mosca, ma ha detto che avrebbe cercato garanzie internazionali per i restanti armeni etnici presenti sul territorio.
Il primo ministro armeno aveva anche affermato che Yerevean potrebbe prendere in considerazione l’idea di lasciare l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), suggerendo che il blocco militare guidato dalla Russia non è riuscito a proteggere l’Armenia.
Pashinyan ha assunto questa linea politica dalla visita del settembre 2022 a Yerevan di Nancy Pelosi, all’epoca presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Secondo alcune analisi, vi sarebbe un preciso piano di destabilizzazione del Caucaso meridionale da parte degli USA, con coinvolto in particolare il consigliere della sicurezza nazionale USA Jake Sullivan.
Come riportato da Renovatio 21, la Turchia è profondamente implicata al conflitto azero-armeno, schierando uomini e mezzi contro il popolo armeno, del cui genocidio a inizio Novecento è ancora accusata. Vi sono state tre anni fa accuse ad Ankara di inviare nel Nagorno migliaia di jihadisti, con tanto di prove video diffuse dagli armeni.
Lo stesso clan Erdogan parrebbe economicamente investito nel conflitto del Nagorno Karabakh. Si è ulteriormente ipotizzato che dietro alla sfacciata partecipazione della Turchia vi potesse essere anche una oscura pressione della NATO.
Le incursioni, anche di estrema violenza, che Baku ha effettuato sul territorio degli armeni etnici iniziarono casualmente nelle ore in cui uscivano i Panama Papers, che mostravano i traffici all’estero della famiglia presidenziale degli Aliyev.
L’Azerbaijian, stato fornitore di gas all’Europa tramite il controverso gasdotto TAP, è stato altresì accusato di aver corrotto alcuni membri del Consiglio d’Europa al fine di mitigare le polemiche sui diritti umani nel Paese – si tratta dello scandalo chiamato Caviar Diplomacy, la «diplomazia del caviale», che ha coinvolto anche l’Italia.
Tra esercitazioni militari massive e proclami, l’Azerbaijian continua ad avere tensioni con il vicino iraniano, forte alleato di Mosca.
L’aggressione dell’Armenia da parte dell’Azerbaijian del gas si è consumata in tutti questi mesi in quello che è stato definito un «silenzio assordante».
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Riconsegna degli ostaggi, la folla israeliana fischia Netanyahu e inneggia a Trump

Durante un raduno per il ritorno degli ostaggi israeliani a Tel Aviv, la folla ha interrotto l’inviato americano Steve Witkoff per fischiare il premier dello Stato Ebraico Beniamino Netanyahu e inneggiare al presidente statunitense Donald Trump.
Il pubblico più di una volta ha fermato tra urla e fischi lo Witkoff mentre cercava di dire che Netanyahu era stato con lui «nelle trincee». L’americano, con evidenza non abituato a trattare con le folle, ha chiesto che lo lasciassero parlare, ma i «boo» e i fischi soverchiavano quanto diceva, specie quando faceva il nome di Netanyahu.
Quando è stato nominato il presidente Trump la folla è esplosa con un canto roboante: «Thank You Trump».
🚨 JUST IN: Steve Witkoff, speaking to a large crowd at Hostage Square in Tel Aviv, thanked Benjamin Netanyahu, and was met with loud BOOS from the crowd
The crowd then began chanting “THANK YOU TRUMP! THANK YOU TRUMP!”
WOW! pic.twitter.com/6gGaqxWTfW
— Nick Sortor (@nicksortor) October 11, 2025
Alle spalle dello Witkoff sono visibili la figlia di Trump Ivanka e il marito Jared Kushner.
Ivanka, per sposare l’ebreo Kushner, si è convertita al giudaismo. Il padre del Jared, Charles Kushner, immobiliarista del Nuova Jersey finito in galera per una sordida storia di ricatti infrafamigliari, figurava come uno dei primi sostenitori americani di Netanyahu, al punto che si diceva che Bibi dormisse nella cameretta del Jared quando si trovava a Nuova York.
Ora il Kushner senior è stato fatto ambasciatore a Parigi, dove ha già sollevato ulteriori controversie riguardo le sue posizioni sioniste. Jared aveva fatto pesanti commenti sul valore immobiliare di Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, parenti e genitori degli ostaggi israeliani hanno in questi anni organizzato proteste massive in cui hanno accusato il governo dello Stato Giudaico di aver dimenticato i propri figli.
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Geopolitica
Lukashenko: l’Ucraina potrebbe cessare di esistere

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Geopolitica
La Cina accoglie con favore la prima fase dell’accordo Israele-Hamas

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che «la Cina sostiene ogni iniziativa volta a ristabilire la pace e salvare vite umane». Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.
Le parole del ministro sono state pronunciate durante una conferenza stampa congiunta con il Consigliere Federale e ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis a Bellinzona, Svizzera. Lo Wang ha definito il disastro umanitario a Gaza «una vergogna per il XXI secolo», sottolineando la necessità di «risvegliare la coscienza dell’umanità», avanzando tre proposte: primo, lavorare insieme per un cessate il fuoco autentico, globale e duraturo, per alleviare la crisi umanitaria e stabilizzare la regione; secondo, rispettare il consenso internazionale secondo cui «i palestinesi devono governare la Palestina», garantendo che ogni accordo sul futuro di Gaza rifletta la volontà del popolo palestinese; terzo, perseguire senza esitazioni la «soluzione dei due Stati».
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Nella sua conferenza stampa del del 10 ottobre, il portavoce del ninistero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha aggiunto che «la Cina spera in un cessate il fuoco completo e permanente a Gaza al più presto, per attenuare la crisi umanitaria e ridurre le tensioni regionali», ribadendo l’opposizione della Cina agli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, definiti una violazione del diritto internazionale dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, invitando Israele a evitare azioni provocatorie in un momento di fragile cessate il fuoco.
Un editoriale del China Daily del 9 ottobre ha espresso un cauto ottimismo sul piano di pace mediato dal Presidente degli Stati Uniti, definendolo «un momento significativo nel conflitto di Gaza», ma sottolineando la necessità di valutarlo con «cauto ottimismo e uno sguardo critico». Pur rappresentando un possibile passo verso la fine del conflitto, il piano non risolve le cause profonde del conflitto israelo-palestinese. Per i palestinesi, il successo del piano si misurerà attraverso miglioramenti concreti nella loro vita quotidiana e il riconoscimento dei loro diritti.
L’editoriale ha evidenziato l’urgenza di «sforzi costanti per ricostruire Gaza e sostenere la sua popolazione», anziché offrire solo un sollievo temporaneo, e ha sottolineato che la pace richiede di affrontare le cause profonde, incluso il riconoscimento dello Stato palestinese.
Il China Daily ha concluso con una nota di prudente ottimismo, osservando che «è evidente che il piano di pace non funzionerà senza che gli Stati Uniti ne garantiscano il rispetto da parte di Israele», ricordando che Washington ha bloccato più volte, negli ultimi due anni, risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedevano la cessazione delle ostilità, la riapertura dei corridoi umanitari e la ripresa dei negoziati. La riluttanza di Israele a ritirarsi da Gaza solleva dubbi sulla fattibilità della seconda fase del piano, anche in caso di completamento della prima.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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