Morte cerebrale
Malori improvvisi a beneficio dell’industria dei trapianti?
Ormai il fenomeno dei malori che sopraggiungono improvvisamente mentre la persona colpita si trova al volante del proprio veicolo ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti.
Per inciso, invece di rendere la vita impossibile a chi guida attraverso l’introduzione nel codice della strada di norme sempre più draconiane e perlopiù cervellotiche, sarebbe meglio che l’attuale esecutivo concentrasse la sua attenzione proprio sul problema dei malori improvvisi, che sono spesso la causa più o meno occulta di un gran numero di incidenti stradali.
Tuttavia sembra che a beneficiare di così tanti malori tra la popolazione sia, fra le altre, l’industria dei trapianti di organi vitali. Del resto, trasformare i problemi, o presunti tali, in opportunità sembra proprio il must di chi si arroga il diritto decidere sopra le nostre vite, soprattutto di questi tempi.
A Sassuolo, provincia di Modena, una donna di 42 anni è deceduta dopo due giorni di agonia all’ospedale di Boggiovara dove era stata ricoverata a seguito di un malore improvviso. La vittima è uscita di strada con la sua vettura per poi andare a terminare la sua corsa contro un palo della luce. Le cronache riferiscono che la donna non è morta nell’incidente stradale, bensì a causa del malore e che i suoi organi sono stati donati, come da sua volontà.
Ora, come in tutti i casi di cronaca in cui sono coinvolte le persone fatte oggetto dell’espianto degli organi, la comunicazione massmediatica risulta raffazzonata e priva di coerenza. Probabilmente ciò è dovuto non tanto alla malafede della stampa, quasi sempre al servizio della menzogna, bensì alla intrinseca contraddittorietà di un costrutto artificioso che pende sopra le nostre vite: la cosiddetta morte cerebrale.
Potrebbe trattarsi di un fenomeno naturale: l’intelletto umano si rifiuta di ragionare in modo paradossale e così tende, più o meno inconsapevolmente, ad «aggiustare» la realtà degli accadimenti sulla scorta dei criteri logici con cui è abituato ad interpretare i fatti.
La donna quindi è deceduta dopo due giorni di agonia, come se il suo organismo non avesse retto al trauma subito, o è stata letteralmente «terminata» dal decreto di morte cerebrale e quindi all’espianto degli organi?
Il decesso dunque è avvenuto a seguito dell’espianto e non prima. Giusto? Si potrebbe ipotizzare che in questi casi al momento dell’intervento di asportazione degli organi il soggetto sia in stato di salute quantomeno per certe funzioni vitali – conditio sine qua non affinché possa essere praticato con successo l’espianto degli organi del «donatore» e il successivo, immediato impianto degli stessi nel soggetto ricevente.
Evidentemente, l’unico criterio preso in considerazione dai medici è quello neurologico che, come abbiamo avuto modo di mettere in luce diverse volte, è antiscientifico e privo di validazione empirica.
Quel che maggiormente sconcerta, e che fa pensare, è la velocità con cui le vittime di malori improvvisi che cadono in coma vengono dichiarate cerebralmente morte ed espiantate. Abbiamo già analizzato su queste pagine il caso del ragazzo colto da malore a scuola, rianimato dai professori e solo poche ore dopo dichiarato morto in ospedale. Un copione visto tante altre volte.
Alcuni arrivano a pensare che tutta questa fretta nel dichiarare la morte cerebrale risponderebbe all’esigenza di evitare che la vittima possa dare segni di ripresa – ovvero che esca dal coma – rendendo vani gli sforzi delle strutture sanitarie nel reperire organi freschi da trapianto. È noto come i centri autorizzati ad effettuare i trapianti sparsi nel territorio abbiano dei budget di produzione da rispettare e come il raggiungimento di questi obiettivi sia necessario all’acquisizione di rilevanti finanziamenti pubblici e privati. Del resto, i direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono dei veri e propri manager d’azienda che guadagnano cifre da capogiro.
Aiuta Renovatio 21
C’è anche da tenere presente che quando si da più importanza alla qualità della vita che alla vita stessa, come si fa di questi tempi, si tende a dare la precedenza, più o meno consapevolmente, a chi ha una «possibilità di farcela», piuttosto a chi ha bisogno di cure e di assistenza per un tempo più o meno lungo e comunque indefinito.
Il paradosso è che i soggetti che beneficiano di un trapianto diventano dei malati cronici che sono costretti a prendere medicinali per il resto della loro vita. È infatti di fondamentale importanza che il trapiantato assuma regolarmente gli immunosoppressori (che impediscono il rigetto dell’organo) e che si sottoponga a frequenti controlli clinici. Tali farmaci, tra l’altro, possono avere gravi effetti collaterali tra cui tumori, diabete ed ipertensione.
Insomma, con la pratica della predazione degli organi anche la filiera del malato cronico tende ad arricchirsi. Il numero impressionanti di «malori» di questi ultimi tempi, di certo alimenta questa industria fatta di morte e malattia.
Alfredo De Matteo
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine generata artificialmente
Morte cerebrale
Le ridefinizioni della morte da parte dell’industria della donazione di organi minacciano le persone viventi
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Morte cerebrale
Gli ospedali sfruttano la «morte circolatoria» per prelevare organi da persone viventi
Renovatio 21 ripubblica questo scritto della dottoressa Heidi Klessig previamente apparso su LifeSiteNews.
«I nostri risultati dimostrano che gli ospedali hanno permesso che il processo di prelievo degli organi iniziasse quando i pazienti mostravano segni di vita, e questo è orribile», ha dichiarato il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy, Jr. in un recente comunicato stampa. «Le organizzazioni per il prelievo degli organi che coordinano l’accesso ai trapianti saranno ritenute responsabili. L’intero sistema deve essere riorganizzato per garantire che la vita di ogni potenziale donatore sia trattata con la sacralità che merita».
Questa dichiarazione segue di poco un articolo del New York Times che evidenziava diversi casi di donatori di organi non deceduti. L’articolo si concentrava su una pratica di prelievo di organi nota come «donazione dopo morte circolatoria», o DCD. I donatori DCD non sono in «morte cerebrale», ma hanno una prognosi sfavorevole e non ci si aspetta che sopravvivano o hanno deciso che la loro qualità di vita è inaccettabile. I decessi DCD sono un evento pianificato, coordinato in modo da verificarsi in un momento e in un luogo specifici per consentire il prelievo degli organi.
Ecco come funziona: prima di procedere alla donazione di organi, ai donatori DCD viene impartito un ordine di «non rianimazione» (DNR). Questo è necessario perché questi pazienti potrebbero essere rianimati, ma è stata presa la decisione di non farlo. Il loro trattamento passa da un’assistenza incentrata sul paziente a un’assistenza incentrata sugli organi, spesso includendo il posizionamento di cateteri endovenosi di grosso calibro e infusioni di farmaci a beneficio degli organi, non del paziente.
Sostieni Renovatio 21
L’ultimo giorno, i donatori DCD vengono portati in sala operatoria e staccati dal supporto vitale. Una volta che il polso è completamente assente, i medici osservano un periodo di «no-tocco» di due-cinque minuti per verificare l’eventuale ripresa spontanea della circolazione. L’espianto degli organi inizia il più rapidamente possibile, poiché gli organi caldi diventano rapidamente inadatti al trapianto in assenza di circolazione.
Ma queste persone sono davvero morte dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso? È ampiamente documentato che le persone vengono regolarmente rianimate entro questo lasso di tempo, ma nel caso dei donatori di DCD è stata presa la decisione di non farlo.
Una revisione della letteratura medica mostra che alcune persone hanno recuperato spontaneamente il battito cardiaco dopo un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, e alcune di queste si sono riprese completamente. Pertanto, non è noto che i donatori DCD siano deceduti dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso. Il motivo per cui i medici non aspettano più a lungo è che dopo dieci minuti di assenza di polso la maggior parte degli organi non sarebbe più idonea al trapianto.
Pertanto, poiché i medici si muovono più rapidamente, i pazienti si svegliano durante l’espianto degli organi.
Uno dei casi descritti nell’articolo del New York Times riguardava la donatrice di organi DCD Misty Hawkins. Dopo un soffocamento, la Hawkins ha subito una lesione cerebrale ed è entrata in coma sottoposta a ventilazione meccanica. Non era cerebralmente morta, ma i medici avevano detto ai suoi genitori che non si sarebbe mai più risvegliata. Sua madre non voleva che Misty soffrisse e, sperando che dalla loro tragedia potesse scaturire qualcosa di buono, aveva acconsentito a far diventare sua figlia una donatrice di organi DCD.
Misty fu portata in sala operatoria, dove un medico staccò il respiratore e le somministrò dei farmaci per confortarla. Il suo cuore smise di battere 103 minuti dopo. Dopo un’attesa di cinque minuti, l’intervento iniziò. Ma quando i chirurghi segarono lo sterno, scoprirono che il cuore di Misty batteva e che aveva ripreso a respirare. Il prelievo degli organi fu annullato e 12 minuti dopo Misty fu dichiarata morta per la seconda volta.
Non è chiaro se abbia ricevuto un’anestesia. A peggiorare le cose, i suoi genitori non sono mai stati informati dell’accaduto: un coordinatore del reperimento degli organi ha telefonato alla madre di Misty e le ha detto che purtroppo Misty non era riuscita a diventare donatrice di organi. Solo dopo oltre un anno, la famiglia è stata contattata dal New York Times per un commento, e ha appreso il resto della storia.
Durante una recente audizione della sottocommissione per l’energia e il commercio della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, la deputata della Florida Kat Cammack ha citato il caso di una donatrice di DCD dell’Illinois che si è auto-resuscitata sul tavolo operatorio. Questa sfortunata giovane donna stava subendo l’asportazione dei reni quando i chirurghi hanno notato che i polsi avevano ripreso a funzionare nell’aorta e nelle arterie renali e che ansimava. Le sono state somministrate forti dosi di lorazepam e fentanyl, dopodiché è morta. Il medico legale della contea ha stabilito che la causa della morte è stata un omicidio.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Nel 2019, Larry Black Jr. era stato dichiarato donatore DCD e portato in sala operatoria solo una settimana dopo il trauma cranico. La sua famiglia aveva dichiarato di aver acconsentito alla donazione degli organi perché si sentiva pressata dal team addetto al prelievo. Durante il tragitto, Black ha cercato di sbattere le palpebre e di fare un segno per indicare di essere sveglio e cosciente, ma i suoi sforzi sono stati liquidati come «riflessi». Per fortuna il suo neurochirurgo è riuscito a interrompere il prelievo e Black si è ripreso: ora è un musicista e padre di tre figli.
Da un punto di vista legale, il protocollo DCD non rispetta la lettera della legge ai sensi dell’Uniform Determination of Death Act (UDDA). L’UDDA richiede la «cessazione irreversibile delle funzioni circolatorie e respiratorie» per una diagnosi legale di morte. Poiché i donatori DCD potevano essere rianimati (sebbene sia stata presa la decisione di non farlo), il loro cuore non ha quindi cessato di funzionare in modo irreversibile. I medici aggirano questo problema affermando che le funzioni circolatorie e respiratorie del donatore DCD sono cessate definitivamente. Nel linguaggio comune, i termini «irreversibile» e «permanente» sono spesso usati in modo intercambiabile, ma in questa applicazione sono definiti in modo diverso.
Nell’ambito della determinazione della morte, «irreversibile» significa «non reversibile». Ma il termine «permanente» è definito nel senso che non ci si aspetta che la funzione riprenda spontaneamente e non verrà ripristinata tramite intervento. Quindi, poiché i medici non tenteranno di correggere il problema del paziente, ora si parla di «permanente». Il dottor Ari Joffe spiega che «permanente» è una prognosi, non una diagnosi di morte: «un uomo che sta annegando è morto perché nessuno nuota per salvarlo? O sta semplicemente per morire?»
La sociologa Renee C. Fox ha criticato duramente il protocollo DCD, definendolo «una forma ignobile di cannibalismo razionalizzato in ambito medico» che «rasenta il macabro». Ha deplorato il morire lontano dalla famiglia in una sala operatoria, una «morte desolata, profanamente “high-tech” in cui il paziente muore sotto le luci della sala operatoria, in mezzo a sconosciuti con mascherina, camice e guanti». In tutto il mondo, molti Paesi concordano: la pratica del DCD è vietata in Finlandia, Germania, Bosnia-Erzegovina, Ungheria, Lituania e Turchia.
Esistono varianti della DCD ancora più problematiche. Il recupero degli organi mediante perfusione regionale normotermica (NRP) inizia consentendo al cuore del paziente di fermarsi secondo il protocollo DCD. Tuttavia, poiché i chirurghi intendono riavviare il cuore, il primo passo è quello di clampare i vasi sanguigni che irrorano il cervello del paziente. Successivamente, viene eseguita una rianimazione completa degli organi rimanenti in modo che il cuore riprenda a battere nel torace del paziente. Il protocollo NRP dell’Università del Nebraska afferma: «il primo passo per la legatura dei vasi sanguigni alla testa è necessario per garantire che non si verifichi un afflusso di sangue al cervello».
Naturalmente, questo dimostra che la definizione legale di morte secondo lo standard circolatorio-respiratorio dell’UDDA (che richiede la cessazione irreversibile della funzione circolatoria) non è mai stata rispettata, poiché il cuore del paziente ha ripreso a battere. Ma ora i medici sono «coperti» perché hanno deliberatamente provocato la morte cerebrale del paziente, bloccando la circolazione cerebrale. Ora la morte del paziente viene definita dalla clausola di morte cerebrale dell’UDDA: la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’intero cervello, incluso il tronco encefalico. Dichiarando la morte secondo lo standard circolatorio, per poi passare a metà procedura a quello neurologico, la tecnica NRP gioca a sproposito con le definizioni legali di morte secondo l’UDDA.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
L’American College of Physicians, la più grande organizzazione medica specialistica al mondo, ha chiesto una sospensione della pratica della NRP nel 2021, poiché «l’onere della prova relativo alla correttezza etica e legale di questa pratica non è stato rispettato». La loro richiesta di sospensione è stata ignorata.
Fortunatamente, l’indagine dell’HHS sta portando all’attenzione del pubblico i problemi del prelievo di organi da DCD, ma questa informazione non è nuova. I dottori Joseph Verheijde, Mohamed Rady e Joan McGregor hanno scritto nel 2009 : «il prelievo di organi a cuore battente o non battente da pazienti con compromissione della coscienza è di fatto una pratica occulta di morte assistita e, pertanto, viola sia il diritto penale sia il principio fondamentale della medicina, ovvero non arrecare danno ai pazienti».
Nel loro libro del 2012, Death, Dying, and Organ Transplantation: Reconstructing Medical Ethics at the End of Life, i dottori Franklin Miller e Robert Truog hanno scritto: «i donatori in “morte cerebrale” rimangono vivi e i donatori dichiarati morti secondo criteri circolatori-respiratori non risultano morti al momento del prelievo degli organi».
È tempo di una totale trasparenza sulle pratiche di prelievo degli organi e di rendere obbligatorio il consenso informato quando le persone si registrano per diventare donatori di organi. Per i donatori DCD, poiché è ampiamente documentato che alcune persone si sono auto-resuscitate (senza alcun intervento medico) nonostante un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, l’attuale pratica di donazione DCD dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso deve cessare.
Heidi Klessig
La dottoressa Heidi Klessig è un’anestesista in pensione e specialista nella gestione del dolore. Scrive e parla di etica nella donazione e nel trapianto di organi. È autrice di The Brain Death Fallacy e i suoi lavori sono disponibili su respectforhumanlife.com.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Bioetica
Morte cerebrale, trapianti, predazione degli organi, eutanasia: dai criteri di Harvard alla nostra carta d’identità
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Sostieni Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
- presso gli uffici comunali, firmando un apposito modulo predisposto al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità;
- presso gli sportelli delle Aziende sanitarie locali;
- attraverso una dichiarazione in carta libera completa di tutti i dati personali, datata e firmata.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-



Spirito2 settimane faIl vescovo Strickland denuncia Papa Leone e i vescovi per aver scandalizzato i fedeli
-



Eutanasia1 settimana faIl vero volto del suicidio Kessler
-



Spirito1 settimana faLangone e le ceneri delle gemelle suicide Kessler «brave post-cristiane»
-



Spirito1 settimana faMons. Viganò: i traditori demoliscono la Chiesa dall’interno e spingono nell’eterna dannazione le anime
-



Salute2 settimane faI malori della 46ª settimana 2025
-



Spazio2 settimane faTempesta solare record colpisce la Terra: aurore boreali eccezionali ovunque, le immagini
-



Pensiero2 settimane faIl Corriere e Lavrov, apice del cringe giornalistico italiano
-



Scuola5 giorni faScuola: puerocentrismo, tecnocentrismo verso la «società senza contatto». Intervento di Elisabetta Frezza al convegno di Asimmetrie.

Acquista la t-shirt







