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Mons. Bernard Tissier de Mallerais: «Perché amo la Fraternità San Pio X»

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Renovatio 21 ripubblica un estratto da un’omelia pronunciata da monsignor Tissier del Mallerais (1945-2024) a Ecône alcuni anni fa prima di essere trasferito al priorato di Chicago. Come scrive FSSPX.news, da cui prendiamo il testo, «vi si trova una sorta di testamento spirituale in cui si esprime tutto il suo profondo legame all’opera e allo spirito della Fraternità San Pio X. Gli stessi motivi valgono ancora oggi per rimanere fedeli a questa Fraternità, alla sua posizione dottrinale e al suo patrimonio spirituale, e a traverso di essa rimanere fedeli alla Chiesa, alla fede che essa trasmette e ai mezzi di santità che costantemente propone».

 

 

Cari fedeli,

 

perché amo la Fraternità San Pio X?

 

La amo innanzitutto perché è stata approvata dalla Chiesa il 1° novembre 1970 da Mons. Charrière, vescovo di Friburgo, come società di vita comune senza voti, approvata dalla Chiesa e che è stata ingiustamente soppressa, invalidamente soppressa. Questa Fraternità San Pio X esiste ancora canonicamente, checché ne dicano altri. Io la amo perché è stata approvata dalla Chiesa.

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Monsignor Lefebvre, il suo fondatore, era solito dirci: «Non avrei mai fatto nulla senza il permesso di un vescovo locale». Il permesso gli fu dato dal vescovo di Friburgo, in Svizzera. Perché la Svizzera? Come ricompensa per la generosità dei cattolici svizzeri nei confronti delle missioni di Dakar. Perché la generosità dei cattolici svizzeri aveva permesso di pagare la missione e la chiesa di Fatick in Senegal. E per ringraziare il loro vescovo, in particolare monsignor Charrière di Friburgo, monsignor Lefebvre lo invitò a venire a consacrare solennemente la Chiesa di Fatick. Da allora, Charrière e Lefebvre sono rimasti amici. Tanto che nel 1969, quando monsignor Lefebvre si presentò al vescovado di Friburgo, fu accolto a braccia aperte.

 

Dal vescovo di Friburgo, che gli permise di piantare la sua vigna, il suo seminario a Friburgo e di impiantare la sua Fraternità in Svizzera. Ed ecco il risultato. La ricompensa per la generosità dei cattolici svizzeri. Questa è la Provvidenza. Ecco perché amo la Fraternità. È una ricompensa di Dio.

 

In secondo luogo, la amo perché è molto flessibile. Basta un semplice impegno canonico per entrarvi. Non si è prigionieri. Nella Fraternità ci si sente a proprio agio.

 

Poi, perché questa Fraternità sviluppa la vita comune del clero, i sacerdoti che vivono in comune. Questo era insolito nella Chiesa, eppure era la migliore tradizione della Chiesa. Che i sacerdoti vivano in comune, come noi, cioè una vita comune di tavola, certo, di dormitorio, se volete, ma soprattutto di preghiera e di apostolato.

 

Tre ore di Breviario e il Rosario quotidiano recitati in comune, e l’apostolato esercitato in comune, organizzato insieme. Per una maggiore santità e una maggiore efficacia, la brillante idea di Mons. Lefebvre di una società di vita comune senza voti.

 

Amo la Fraternità anche perché ha attirato intorno a sé la vita religiosa: le nostre Oblate, le Suore della Fraternità, i nostri Frati e una miriade di altre comunità, società religiose che si sono sviluppate all’ombra, per così dire, della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Per questo amo la Fraternità, perché ama la vita religiosa.

 

Amo la Fraternità sacerdotale perché è sacerdotale, questo è l’essenziale, questa è la sua definizione, perché la crisi della Chiesa, diciamo la crisi nella Chiesa, è semplicemente la crisi dell’identità sacerdotale, quando i sacerdoti hanno perso di vista ciò per cui sono fatti.

 

Così prima hanno buttato via la tonaca, poi hanno buttato via il latino, hanno buttato via tutto, e infine hanno buttato via il loro cuore, hanno buttato via la loro fede, così Mons. Lefebvre ha detto no, dobbiamo mantenere il sacerdozio nella sua purezza dottrinale e nella sua carità missionaria.

 

La Fraternità San Pio X è sacerdotale, dedicata alla celebrazione del sacrificio della Messa, alla professione pratica della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, perché Gesù ha regnato e regna attraverso il legno della sua croce, e quindi attraverso la Messa, che è la continuazione sacramentale del sacrificio del Calvario. Per questo amo la Fraternità Sacerdotale San Pio X, perché è veramente sacerdotale.

 

Amo la Fraternità San Pio X perché il suo patrono è San Pio X, l’ultimo Papa ad essere canonizzato, che ha dedicato tutta la sua cura ai suoi sacerdoti, ai sacerdoti della Chiesa cattolica, attraverso la sua esortazione Haerent animo, che è un magnifico riassunto dello spirito sacerdotale, perché San Pio X ha condannato il modernismo annunciando che non era finito, poiché questa eresia era fin dentro le vene della Chiesa cattolica. Il modernismo non poteva essere sradicato da un giorno all’altro. E anche perché San Pio X ha riportato l’ordine nella Chiesa, cosa che oggi ci manca. Ecco perché amo la Fraternità.

 

Amo la Fraternità San Pio X perché il suo fondatore, Mons. Lefebvre, ci ha dato delle regole, degli statuti, delle costituzioni, regole molto sagge, che Roma ha approvato, addirittura lodato, le sapientes normae, in una lettera del cardinale Wright, prefetto della Congregazione per il Clero, nel 1971. Un elogio delle Costituzioni della Fraternità che sta in venti pagine, venti pagine come un riassunto di spiritualità sacerdotale, dove si dice tutto. E noi le viviamo ancora oggi, senza aver cambiato nulla. Funziona. Mons. Lefebvre ha scritto tutto questo con un tratto di penna a Roma. Non è meraviglioso?

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Amo la Fraternità sacerdotale perché ha trovato l’ideale della formazione sacerdotale in questi seminari tradizionali. Proprio come abbiamo sempre fatto nei seminari. Cioè unire dottrina e pietà. Una pietà solidamente basata sulla dottrina e sulla vita liturgica. Amare le cerimonie liturgiche belle e solenni. Per questo amo la Fraternità San Pio X.

 

Amo anche la mia Fraternità, cari fedeli, perché Mons. Lefebvre, con un’idea geniale, ha istituito un anno di spiritualità in seminario come noviziato per dare a questi giovani una vita spirituale. Per spiegare loro i principi e farli vivere questi principi della vita spirituale cattolica. I principi della Chiesa. Non i principi di Lefebvre, no. I principi della Chiesa e di Nostro Signore Gesù Cristo.

 

Amo la Fraternità San Pio X anche perché Mons. Lefebvre, con un’altra idea geniale, volle che si tenesse un corso speciale, oltre a San Tommaso d’Aquino nella sua Summa, ovviamente, un corso speciale sugli Atti del Magistero della Chiesa, insegnando le encicliche di tutti quei grandi papi che, dal XIX secolo fino alla vigilia del Concilio, avevano trasmesso la dottrina della Chiesa sugli errori moderni, sul liberalismo, sul modernismo e sul socialismo. E da allora, ogni anno, i seminaristi hanno ricevuto questo insegnamento dalle encicliche dei papi, i veri successori di Pietro.

 

Amo la Fraternità anche perché la Divina Provvidenza ha portato a Ecône il reverendo padre Barrielle, con gli Esercizi di Sant’Ignazio. Da allora, amiamo Sant’Ignazio e siamo in grado di fare ciò che prima solo i gesuiti, gli specialisti, erano in grado di fare. Siamo in grado di predicare gli Esercizi di Sant’Ignazio. Non è straordinario, cari fedeli? E siete tutti invitati a recarvi spesso nelle case di ritiro dove vengono predicati gli Esercizi di Sant’Ignazio, che sono una meraviglia, non solo per convertire i peccatori, ma anche per fare dei santi. Andate agli Esercizi di Sant’Ignazio, iscrivetevi a Enney o in Francia.

 

Infine, cari fedeli, amo la Fraternità perché è stata lanciata nella battaglia per la fede. Non ha esitato, non ha avuto paura di lanciarsi con coraggio, a rischio di ingiuste condanne, nella battaglia della fede a cui ci esorta l’apostolo San Paolo. E noi siamo ancora nella battaglia della fede. Grazie a Dio. Così, suo malgrado, perché non è stata fondata per combattere, ma per trasmettere il sacerdozio, suo malgrado, ma volentieri, è diventata guerriera. Amo la Fraternità perché è guerriera, perché combatte per Cristo Re, e questo non è poco.

 

Amo la Fraternità, per così dire, riassumendo, perché è l’ultimo baluardo rimasto per resistere, per restare saldi, per dire no all’apostasia conciliare e post-conciliare. È un ultimo prezioso baluardo e il nostro primo dovere, quindi, è quello di proteggerlo da tutte le infezioni moderniste. Il nostro primo dovere è quello di custodire questo baluardo per il futuro, per la Chiesa.

 

Bernard Tissier de Mallerais

vescovo

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Gender

Mons. Viganò: la filosofia catto-LGBT intrinsecamente demoniaca perché distrugge il concetto di Dio e quello della Redenzione

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un suo commento riguardo l’omelia per la  la celebrazione del pellegrinaggio giubilare a tema LGBT svoltosi a Roma predicata a Roma nella Chiesa del Gesù, 6 Settembre 2025 da monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana.   Nel suo post Viganò riporta un brano intero della predica del vescovo di Cassano all’Jonio: «ricordiamo quello che diceva spesso Papa Francesco: “La realtà è superiore all’idea”. Preferendo la realtà al pregiudizio Dio può entrare. Opponendo alla realtà le idee, le idee stesse impazziscono e uccidono. È la differenza tra una verità viva e una verità morta: la verità viva fa vivere, la verità morta uccide. Insieme allora possiamo pregare: Gesù tu sei via, verità e vita. Perché tu ancora precedi la tua Chiesa, chiedendo a Pietro e al Collegio apostolico di anteporre la verità viva alle verità morte».  

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  Tali parole provocano la sintetica e lucida risposta di monsignor Viganò.   «Dire che “la realtà è superiore all’idea” significa sostenere che ciò che avviene, per il semplice fatto di accadere e a prescindere da qualsiasi valutazione morale, è più importante dei principi che fondano la realtà, e delle dottrine rivelate» commenta il prelato lombardo.   «Le idee, per Bergoglio e i suoi accoliti, non possono orientare la realtà; la morale non può dirigere le azioni; la verità non può illuminare la ragione. La realtà del peccato, del vizio, della fornicazione, della menzogna, dell’inganno, dell’eresia è superiore all’idea di santità, di virtù, di castità, di verità, di onestà, di ortodossia. Ed è già questo un errore, perché santità, virtù, verità non sono idee confinate in una dimensione irraggiungibile».   «Ne consegue che è inutile cercare di adeguare il comportamento umano ad un modello trascendente e assoluto, e che anzi sono “le idee” a doversi conformare alla a-moralità della realtà e delle azioni umane.   «Da ciò discende il “Dio ti ama come sei”, dove il “come sei” è appunto la realtà autoreferenziale e assoluta della prassi rispetto alla superfluità dei principi, della Morale Cattolica, della fedeltà a Cristo. La realtà diventa allora una “verità viva” con cui confrontarsi modificando le “idee” della “verità morta”, ossia della Dottrina» prosegue il già nunzio apostolico negli USA.   «Questa visione immanente, antropocentrica, fenomenologica (Husserl, Heidegger, Sartre) e idealistica (Kant, Hegel) è intrinsecamente demoniaca perché distrugge dalle fondamenta il concetto stesso di Dio – esse ipsum subsistens – e a maggior ragione quello della Redenzione».   «L’apostasia della chiesa conciliare-sinodale, pre e post-bergogliana, affonda le proprie radici ideologiche nella negazione dei più elementari principi filosofici, dimostrandosi antiumana ancor prima che anticristica» conclude monsignore.  

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Gender

La sodomia come «idolatria indiretta». Mons. Schneider: il «pellegrinaggio LGBT» è un «abominio» che richiede «riparazione pubblica» di Leone

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Il vescovo Athanasius Schneider ha espresso «orrore» per l’approvazione da parte del Vaticano del «pellegrinaggio giubilare LGBTQ», rimproverando i sacerdoti che sostengono l’omosessualità come «criminali spirituali» e «assassini di anime». Lo riporta LifeSite.

 

«La mia reazione è stata un grido silenzioso di orrore, indignazione e dolore», ha affermato l’ausiliare di Astana, in Kazakistan, in merito all’approvazione da parte del Vaticano di un «pellegrinaggio» a tema LGBT sul suo sito web del Giubileo, in un’intervista con Diane Montagna, giornalista di Roma.

 

La Montagna aveva sottolineato il fatto che le foto immortalavano una serie di oggetti arcobaleno nella Basilica di San Pietro, così come una coppia omosessuale che si teneva sfacciatamente per mano, uno dei quali con uno zaino diceva «Fanculo le regole», al termine del loro «pellegrinaggio».

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Ciò che è accaduto lì potrebbe essere descritto come un «abominio della desolazione posto nel luogo santo», secondo le parole di Cristo (cfr Mt 24,15), ha affermato il vescovo Schneider, sottolineando  che l’accettazione dell’omosessualità da parte di questi «pellegrini» contraddice uno dei significati chiave dell’Anno Giubilare e della Porta Santa: «condurre l’uomo alla conversione e alla penitenza», come ha spiegato papa Giovanni Paolo II nella Bolla di indizione dell’Anno Santo 2000.

 

«Non c’è stato alcun segno di pentimento e di rinuncia a peccati omosessuali oggettivamente gravi… da parte degli organizzatori e dei partecipanti a questo pellegrinaggio», ha osservato il vescovo Schneider. «Attraversare la Porta Santa e partecipare al Giubileo senza pentimento, promuovendo al contempo un’ideologia che rifiuta apertamente il Sesto Comandamento di Dio, costituisce una sorta di profanazione della Porta Santa e una presa in giro di Dio e del dono dell’indulgenza».

 

Il vescovo ha avuto parole forti nei confronti delle autorità vaticane che hanno «collaborato di fatto» a questo aperto rifiuto del comandamento di Dio, espresso in modo appropriato nel messaggio «al diavolo le regole».

 

«Sono rimasti a guardare e hanno permesso che Dio venisse deriso e che i suoi comandamenti venissero sprezzantemente ignorati», ha detto il vescovo Schneider.

 

Quando gli è stato chiesto di paragonarlo allo scandalo della Pachamama, ha osservato che, mentre la trasgressione diretta del Primo Comandamento è ancora più grave, l’approvazione della sodomia – un peccato che grida vendetta al Cielo – «equivale a una forma di idolatria indiretta».

 

«Entrambi gli eventi devono essere riparati pubblicamente dal Papa stesso. È urgente, prima che sia troppo tardi, perché Dio non si lascia prendere in giro», ha affermato il vescovo kazako.

 

Il vescovo Schneider ha affermato che il suo messaggio per i partecipanti al «pellegrinaggio» omotransessualista è di compassione e ha invitato tutti i cristiani a mostrare compassione non solo verso coloro che vivono stili di vita omosessuali, ma anche verso coloro che ne sostengono la legittimazione e «perseverano in esso senza pentirsi e persino con orgoglio».

 

«Quando una persona rifiuta consapevolmente l’esplicito comandamento di Dio che proibisce qualsiasi attività sessuale al di fuori di un matrimonio valido, si espone al pericolo più grave: quello di perdere la vita eterna ed essere eternamente condannata all’Inferno», ha affermato il prelato.

 

«Il vero amore per queste persone consiste nel chiamarle, dolcemente ma con insistenza, a una conversione autentica alla volontà rivelata di Dio», ha continuato, aggiungendo che queste persone sono «in definitiva infelici» anche quando hanno represso la loro coscienza.

 

«Dobbiamo essere pieni di grande zelo per salvare queste anime, per liberarle da inganni velenosi. Quei sacerdoti che le confermano nella loro attività omosessuale o in uno stile di vita omosessuale sono criminali spirituali, assassini di anime, e Dio chiederà loro un resoconto severo», ha dichiarato il vescovo Schneider.

 

A coloro che difendono papa Leone XIV in seguito all’approvazione da parte del Vaticano dello scandaloso «pellegrinaggio» omotransessualista perché non ha ricevuto una delegazione da loro né ha inviato loro un messaggio, il vescovo Schneider ha detto che «non si può ragionevolmente presumere ingenuità da parte sua», perché era «del tutto prevedibile» che un gruppo di attivisti LGBT avrebbe approfittato della Porta Santa per promuovere il loro stile di vita peccaminoso.

 

Incontrando il gesuita padre James Martin,  un prete pro-LGBT, e suor Lucia Caram, pro-matrimonio omosessuale, papa Leone XIV ha espresso di non essere contrario al loro «insegnamento e comportamento eterodosso e scandaloso, soprattutto perché la Santa Sede non ha offerto alcun chiarimento in seguito e non ha corretto i messaggi trionfali di padre James Martin diffusi sui social media», ha osservato il vescovo Schneider, sottolineando che che così facendo, Papa Leone XIV ha rotto con il precedente di tutti i papi prima di Francesco, i quali «non hanno ricevuto ufficialmente né posato per fotografie con coloro che, con parole o azioni, hanno apertamente rifiutato l’insegnamento dottrinale e morale della Chiesa».

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«C’è un detto comune che recita: ‘”Qui tacet consentire videtur“, ovvero “Chi tace acconsente”», ha aggiunto il vescovo Schneider. Il prelato ha invitato tutti i cattolici a «compiere un atto collettivo di riparazione per l’oltraggio commesso contro la santità della casa di Dio e la santità dei suoi comandamenti», e ha implorato papa Leone XIV di seguire le orme di papa Giovanni Paolo II, di cui l’intervistatrice ricorda la denunzia per il primo evento «World Pride» a Roma durante il Grande Giubileo del 2000.

 

«Se papa Leone XIV dovesse fare pubblici atti di rammarico e persino di riparazione, non perderebbe nulla; se non lo facesse, perderebbe qualcosa agli occhi di Dio, e solo Dio conta», ha affermato monsignor Schneider.

 

«Che il nostro Santo Padre Papa Leone XIV prenda a cuore le seguenti parole di Nostro Signore, che una volta rivolse tramite Santa Brigida di Svezia a uno dei suoi predecessori (Papa Gregorio XI)»:

 

«Sradica, estirpa e distruggi tutti i vizi della tua corte! Separati dai consigli degli amici carnali e mondani e segui umilmente il consiglio spirituale dei Miei amici. Alzati come un uomo e rivestiti con fiducia di forza! Inizia a riformare la Chiesa che ho acquistato con il Mio Sangue, affinché possa essere riformata e ricondotta spiritualmente al suo primitivo stato di santità, perché oggigiorno si mostra più venerazione a un bordello che alla Mia Santa Chiesa. Figlio mio, ascolta il Mio consiglio. Se mi obbedisci in ciò che ti ho detto, ti accoglierò misericordiosamente come un padre amorevole. Avvicinati coraggiosamente alla via della giustizia e prospererai. Non disprezzare Colui che ti ama. Se obbedisci, ti mostrerò misericordia, ti benedirò, ti vestirò e ti adornerò con le preziose insegne pontificali di un santo papa. Vi rivestirò di Me stesso in modo tale che voi siate in Me e Io in voi, e sarete glorificati nell’eternità».

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Arte

Vaticano, una nuova nomina controversa

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Sabato 6 settembre 2025, papa Leone XIV ha nominato la direttrice del Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) Cristiana Perrella Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Succede all’architetto Pio Baldi. Questa nomina, annunciata nel bollettino ufficiale della Santa Sede, ha sorpreso e turbato gli ambienti informati.  

Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon

L’Accademia, fondata nel XVI secolo, si propone, secondo i suoi statuti approvati nel 1995, di «promuovere lo studio, la pratica e lo sviluppo delle lettere e delle belle arti, con particolare riguardo alla letteratura di ispirazione cristiana e all’arte sacra in tutte le sue espressioni, e di promuovere l’elevazione spirituale degli artisti, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura».   Riconosciuta da Papa Paolo III il 5 ottobre 1543, è la più antica associazione artistica nazionale italiana ancora esistente. È composta da circa cinquanta accademici ordinari nominati dal Papa (i «virtuosi»), suddivisi in cinque categorie: architetti, pittori e cineasti, scultori, musicisti e amanti dell’arte, scrittori e poeti, oltre a 49 accademici onorari.  

Il nuovo presidente

Nata a Roma nel 1965, Cristiana Perrella è curatrice di mostre, critica d’arte e docente di management ed economia dell’arte presso l’Università San Raffaele di Milano. Ha diretto il Centro Pecci di Prato fino al 2021, ha organizzato la mostra Panorama a L’Aquila nel 2023 e ha collaborato con il MAXXI, la Biennale di Valencia, l’IKSV di Istanbul e la Fondazione Prada.   Dal 2025 dirige il MACRO, dove programma stagioni artistiche che integrano arti visive, musica e progetti comunitari, evidenziando il ruolo sociale dell’arte. Tra i suoi progetti più importanti come curatrice c’è la mostra con l’artista Yan Pei-Ming per il Giubileo del 2025, incentrata sui temi dell’emarginazione e dell’inclusione sociale.   Perrella è membro della Pontificia Accademia dal 2022, nominata da papa Francesco, e nel 2024 è stata nominata curatrice delle mostre d’arte contemporanea per lo spazio Conciliazione 5 dal Dicastero per la Cultura e l’Istruzione del Vaticano.

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Cristiana Perrella è diventata particolarmente nota per aver organizzato «Nudes», una mostra di opere di una fotografa cinese. Sotto le spoglie dell’arte, la galleria ha esposto 90 fotografie la cui crudezza esplicita e provocatoria ha suscitato forti critiche.   Ha creato anche altre mostre di natura simile, sia esplorando la cultura dei nightclub come spazi di liberazione morale ed espressione personale all’interno della comunità LGBT+, sia elogiando questa stessa liberazione attraverso poster di film pornografici, promuovendo chiaramente valori contrari alla morale cattolica.   In un’intervista su Medium, spiega: «dovremmo riprendere il concetto di Rosi Braidotti e parlare del soggetto nomade. … In realtà sono interessata a temi legati alla femminilità e al femminismo, ma anche alla cultura queer e, in generale, a tutto ciò che sfugge alla semplificazione e allo schematismo. … Sono anche molto interessata al momento in cui il discorso postcoloniale si intreccia con quello di genere».   Tribune chrétienne, che ha riportato alla luce questa citazione, commenta: «invocando la filosofa postmoderna Rosi Braidotti, figura del femminismo radicale e del postumanesimo, la signora Perrella aderisce a una visione del mondo in cui l’uomo cessa di essere una persona creata a immagine di Dio e diventa un “soggetto nomade”, instabile, multiplo, dedito all’esplorazione della propria sessualità senza scopo né direzione».   «È un’antropologia che si oppone direttamente alla concezione cristiana della persona umana, una e indivisibile, chiamata alla santità e all’unità interiore. Il suo elogio del femminismo militante, della cultura queer e del postcolonialismo rivela un’agenda ideologica molto più che artistica. Tutto in essa traspira decostruzione: decostruzione del corpo, dell’identità, della tradizione».   «La Chiesa non può confondere l’arte autentica, che è ricerca della verità e della bellezza, con un attivismo che offusca deliberatamente i punti di riferimento fondamentali dell’antropologia cristiana. La nomina di una figura che sostiene la messa in discussione dei quadri morali e la dissoluzione dei punti di riferimento antropologici appare una rottura brutale con lo spirito di questa venerabile istituzione».   E il fatto che una tale nomina provenga dallo stesso Papa, allo scopo di ricoprire la presidenza di un’accademia pontificia, rende la decisione ancora più inspiegabile.   Nel caso in cui, nonostante l’operato dei segretari vaticani, Papa Leone XIV non fosse pienamente informato delle posizioni pubbliche della signora Perrella, così manifestamente contrarie al Vangelo e allo spirito cristiano, possiamo comprendere la confusione che questa decisione provoca e sperare che l’attuale Papa ponga saggiamente rimedio a tale confusione.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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