Economia
Ripresa post-coronavirus: export cinese in aumento. Preoccupano i consumi interni
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Esportazioni cresciute in agosto del 9,5%. Il calo delle importazioni segnala una contrazione dei consumi interni. A rischio la strategia di Xi per una crescita della domanda interna rispetto a quella estera. Circa 600 milioni di cinesi guadagnano 124 euro al mese. Il Paese non può comprare tutto quello che produce.
Il calo delle importazioni segnala una contrazione dei consumi interni. A rischio la strategia di Xi per una crescita della domanda interna rispetto a quella estera
Le esportazioni cinesi sono cresciute del 9,5% ad agosto, rispetto allo stesso mese del 2019, segno di un miglioramento economico nel Paese dopo la fase più acuta dell’emergenza COVID-19. Lo ha riportato oggi l’Agenzia nazionale delle dogane. A preoccupare è però il calo delle importazioni (-2,1%), che indica una contrazione dei consumi interni.
La strategia della «doppia circolazione», lanciata da Xi Jinping per superare la crisi pandemica non sembra dunque funzionare. La ripresa del Paese è guidata ancora dalle esportazioni e dagli investimenti (statali), e non dai consumi domestici come voluto dal presidente cinese.
A rischio la strategia di Xi per una crescita della domanda interna rispetto a quella estera
Xi vuole ridurre la dipendenza dall’export, e quindi dal potere d’acquisto dei consumatori esteri (soprattutto occidentali). La pandemia ha fatto saltare le catene globali di approvvigionamento, di cui la Cina è da anni il perno manifatturiero, e la guerra dei dazi con gli USA minaccia alcuni settori strategici per Pechino.
Secondo l’Ufficio nazionale di statistica, le vendite al dettaglio di beni di consumo si sono ridotte del 10% nei primi sette mesi dell’anno. Il dato dei consumi delle famiglie è in realtà peggiore, considerato che quell’ufficiale include anche diverse spese effettuate dagli uffici governativi.
Circa 600 milioni di cinesi guadagnano 124 euro al mese
Lo scorso mese, il premier Li Keqiang ha rivelato che 600 milioni di cinesi, su una popolazione di 1,4 miliardi, vive con un reddito di appena 1.000 yuan al mese (124 euro).
Per gli analisti, la debole spesa per i consumi è dovuta al sistema di distribuzione della ricchezza nel Paese, che favorisce lo Stato e i ricchi invece del cittadino medio, e alla struttura produttiva nazionale.
Il Paese non può comprare tutto quello che produce
Citato nei giorni scorsi dal governativo Securities Times, Teng Tai, direttore dell’istituto Wanb di Pechino, ha spiegato che è impossibile per la Cina fare affidamento solo sul mercato domestico per sostenere il suo enorme sistema manifatturiero.
Noi «produciamo ogni anno 10 miliardi di cappelli, 10 miliardi di paia di scarpe, 30 miliardi di capi d’abbigliamento e 200 miliardi di tablet e pc. È impossibile vendere tutto ciò all’interno del Paese».
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Cina
La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.
Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.
Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.
La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».
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Economia
Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani
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Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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