Geopolitica
Gli investigatori iraniani attribuiscono l’incidente dell’elicottero in cui è morto Raisi al maltempo
L’incidente in elicottero in cui ha perso la vita il presidente iraniano Ebrahim Raisi a maggio è stato causato principalmente dalle cattive condizioni meteorologiche, secondo quanto concluso dal rapporto finale pubblicato domenica dal quartier generale militare iraniano.
Lo Stato maggiore delle forze armate ha affermato nel rapporto, condiviso dall’emittente statale IRIB, che le avverse condizioni climatiche nel Nord-Ovest dell’Iran e una nebbia improvvisa hanno causato lo schianto dell’elicottero contro un pendio di montagna.
L’incidente del 19 maggio ha anche ucciso il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, il governatore della provincia dell’Azerbaigian Orientale Malek Rahmati e il rappresentante della Guida suprema nell’Azerbaigian Orientale Mohammad Ali Ale-Hashem, provocando elezioni anticipate in cui è stato eletto il riformista vicino ai Pasdaran Masoud Pezeshkian.
I risultati dell’inchiesta saranno presentati al leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei.
Il velivolo, un elicottero Bell 212, era partito da Khoda Afarin ed era diretto nella città di Tabrin, per poi schiantarsi nella foresta vicino al villaggio montuoso di Uzi, nella regione di Varzaqan. Nessuno degli otto passeggeri è sopravvissuto.
L’incidente è avvenuto mentre il velivolo stava sorvolando la provincia iraniana dell’Azerbaigian Orientale, nei pressi della città di Jolfa, situata al confine con l’Azerbaigian, Paese con il quale l’Iran ha di recente avuto significative frizioni. Raisi aveva incontrato poche ore prima della morte proprio il presidente azero Aliyev.
Come riportato da Renovatio 21, gli israeliani avevano subito negato ogni coinvolgimento con la morte del presidente Raisi.
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Immagine di Mehr News Agency via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
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