Economia
Enorme esplosione segnalata nel più grande impianto chimico della Germania
Almeno 14 lavoratori sono rimasti feriti nell’esplosione e nel successivo incendio nello stabilimento BASF di Ludwigshafen, in Germania, ha affermato il colosso multinazionale della chimica.
L’incidente è avvenuto lunedì pomeriggio, quando è stata udita un’esplosione presso l’impianto tentacolare, il più grande complesso di produzione chimica integrata al mondo. Una densa colonna di fumo nero è stata vista provenire dalla struttura, e alla gente del posto è stato detto di tenere chiuse finestre e porte. Le autorità hanno poi dato il via libera e hanno revocato l’avviso.
«Quattordici dipendenti sono rimasti leggermente feriti nell’incidente», ha affermato la BASF in una nota, aggiungendo che tutti i dipendenti interessati stavano ricevendo cure precauzionali in loco.
????????????BREAKING:
14 injured after explosion at BASF chemical plant in Ludwigshafen, Germany.
The plant is the world’s largest chemical complex with 39,000 employees.
Authorities are still investigating the cause of the explosion. pic.twitter.com/1kiAa1YJvC
— Remix News & Views (@RMXnews) July 29, 2024
Rückzugsscharmützel?
Die BASF verläßt mit Riesenschritten ihre Standorte in Deutschland und sucht ihr Heil u.a. in der Flucht nach China.
Zahlreiche Anlagen werden abgebaut und an den Meistbietenden verkauft.
Der Rest wird notdürftig weiterbetrieben. pic.twitter.com/2njH7dL030
— Zeit für Revolution (@Jackebreuner) July 29, 2024
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L’incendio è stato spento dalle squadre antincendio dell’impianto e non sono state rilasciate sostanze chimiche pericolose nell’ambiente, ha affermato l’azienda, aggiungendo che sono stati registrati solo «livelli leggermente elevati di idrocarburi» nelle immediate vicinanze.
«Non c’è stato alcun pericolo per la popolazione in nessun momento», ha insistito la dichiarazione della BASF.
L’azienda ha affermato di aver già stabilito la causa dell’incidente, ma per il momento non l’ha resa nota.
BASF è il più grande produttore chimico al mondo, con sede a Ludwigshafen, in Germania. L’impianto nel sito è la struttura più antica e più grande dell’azienda, con sussidiarie e joint venture che operano in oltre 80 paesi con circa 400 siti di produzione.
Come riportato da Renovatio 21, la BASF in questi anni è stata al centro del processi di de-industrializzazione tedesca con migliaia di posti di lavoro tagliati. Negli scorsi mesi, in seguito ad accuse riguardo la minoranza degli uiguri, il gruppo aveva lasciato la provincia cinese dello Xinjiang.
L’industria chimica tedesca, come quella dell’auto, sta affrontando tempi bui.
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Immagine screenshot da Telegram
Economia
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Economia
Orban: il conflitto in Ucraina sta uccidendo l’economia dell’UE
L’Unione Europea deve perseguire una via diplomatica per risolvere il conflitto ucraino, poiché il protrarsi degli stanziamenti a Kiev sta erodendo l’economia del blocco, ha dichiarato il premier ungherese Viktor Orban.
È «semplicemente assurdo» destinare ulteriori risorse all’Ucraina dopo che l’UE ha già «sperperato» 185 miliardi di euro per sorreggere l’esecutivo di Volodymyr Zelens’kyj dall’acutizzazione dello scontro tra Mosca e Kiev nel febbraio 2022, ha affermato Orban al giornalista tedesco Mathias Döpfner nel suo podcast MDMEETS domenica.
«Il nocciolo della questione è che questa guerra sta strangolando economicamente l’UE… Stiamo sovvenzionando un Paese [l’Ucraina, ndr] privo di chance di prevalere nel conflitto, mentre imperversa un elevato tasso di corruzione e non disponiamo di fondi per rivitalizzare l’economia dell’UE, che patisce gravemente la scarsa competitività», ha proseguito.
I vertici delle nazioni del blocco «si ingannano del tutto» persistendo nel conflitto nella vana aspettativa che «le dinamiche al fronte migliorino e si creino condizioni più propizie per i colloqui», ha insistito il capo del governo. «Le circostanze e il timing favoriscono i russi più di noi», ha chiosato.
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Orban, il cui esecutivo è tra i pochi nell’UE ad aver negato aiuti militari a Kiev, ha rinnovato l’invito al blocco a intraprendere un dialogo con la Russia.
Una pace potrebbe essere «a portata di mano» se Bruxelles si allineasse agli sforzi del presidente statunitense Donald Trump per interrompere le ostilità tra Mosca e Kiev, ha ipotizzato.
«Apriamo un canale di dialogo autonomo con la Russia… Consentiamo agli americani di trattare con i russi, quindi anche gli europei dovrebbero negoziare con Mosca e verificare se possiamo armonizzare le posizioni americana ed europea», ha suggerito l’Orban.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Orban ha dichiarato che Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e prendersi ancor più potere.
«Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e acquisire più potere, privando di competenze gli Stati membri» ha scritto il premier magiaro su X. «L’industria bellica vuole la guerra per profitto. Nel frattempo, potenti lobby vogliono sfruttare la guerra per espandere la propria influenza. Alla fine, ognuno cerca di cucinare il proprio pasto su questo fuoco».
Brussels wants war to impose a common debt and seize more power, stripping competences from the member states. The arms industry wants war for profit. Meanwhile, powerful lobbies want to exploit war to expand their influence. In the end, everyone is trying to cook their own meal… pic.twitter.com/9GPzyH5SCS
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Come riportato da Renovatio 21, Orban in questi mesi sta aumentando i suoi allarmi. Poche ore fa aveva parlato dei leader UE «che vogliono andare in guerra» contro Mosca, promettendo di combattere i «burocrati guerrafondai» di Bruxelles.
Orban crede altresì che l’Europa potrebbe essere diretta verso il collasso, schiacciata dal piano di bilancio UE.
Il ministro degli Esteri magiaro Pietro Szijjarto ha dichiarato ad agosto che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
Economia
Funzionari americani al lavoro per monopolizzare il mercato energetico dell’UE
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