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«Questa chiesa è una contraffazione»: omelia di mons. Viganò

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Renovatio 21 pubblica l’omelia di monsignor Carlo Maria Viganò tenuta durante la solennità del Preziosissimo sangue di Nostro Signore Gesù Cristo (7 luglio 2024).

 

 

IN SANGUINE TUO

Omelia nella Solennità esterna del Preziosissimo Sangue di N.S.G.C.

 

Redemisti nos, Domine, in sanguine tuo, 

ex omni tribu, et lingua, et populo, et natione: 

et fecisti nos Deo nostro regnum.

Ap 5, 9-10

 

Fratelli e sorelle carissimi,

 

Permettetemi innanzitutto di manifestarvi la mia serenità d’animo nell’affrontare questa prova. Ho sperimentato la stessa pace interiore quando, qualche anno fa, ho riscoperto la Messa tradizionale, che da allora non ho mai smesso di celebrare esclusivamente e che mi ha riportato al cuore palpitante della nostra santa Religione, a comprendere che essere unito a Cristo Sacerdote nell’offerta all’eterno Padre deve necessariamente tradursi nella mistica immolazione di sé sul modello di Cristo Vittima, nel ripristinare l’ordine divino in cui la Carità ci consuma di amore per Dio e per il prossimo, e ci mostra quanto sia incomprensibile – oltre che inaccettabile – modificare alcunché di quest’ordine perfetto che la Santa Chiesa anticipa sulla terra proprio mettendo la Croce al centro di tutto. Stat Crux dum volvitur orbis.

 

Da sessant’anni, tuttavia, assieme al mondo, volvitur et ecclesia. Anche il corpo ecclesiale ha perso il proprio punto di stabilità: ieri, nel folle tentativo di adeguarsi al mondo ammorbidendo la propria dottrina; oggi, nella deliberata volontà di cancellare la Croce, segno di contraddizione, per compiacere il Principe di questo mondo.

 

E in un mondo ostile alla Croce di Cristo, non è possibile predicare Cristo, e Cristo crocifisso, perché ciò risulta «divisivo» di una «umana fratellanza» dalla quale è esclusa la paternità di Dio. Non stupisce quindi che coloro che annunciano il Vangelo senza adattamenti siano considerati nemici.

 

I Cristiani di tutte le epoche, e tra loro i Pastori in primo luogo, sono sempre stati avversati e combattuti e uccisi proprio per l’incompatibilità tra la Civitas Dei e la civitas diaboli. Ce lo ha insegnato il Signore: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra (Gv 15, 20).

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Pochi giorni fa una chiesa asservita al mondo mi ha processato per scisma e condannato con la scomunica per aver professato apertamente la Fede che il Signore con la Consacrazione Episcopale mi ha ordinato di predicare; la stessa Fede per la quale furono uccisi i Martiri, perseguitati i Confessori, imprigionati o esiliati sacerdoti e Vescovi.

 

Ma come possiamo anche solo pensare che sia la vera Chiesa a colpire i suoi figli e i suoi Ministri, e allo stesso tempo ad accogliere i suoi nemici e a far propri i loro errori?

 

Questa chiesa, che si denomina «conciliare e sinodale», è una contraffazione, una contro-chiesa, per la quale tutto inizia e finisce in questa vita, e che non vuole accettare nulla di eterno proprio perché l’immutabilità della Verità di Dio è intrinsecamente aliena alla rivoluzione permanente che essa ha accolto e che promuove.

 

Se non fossimo perseguitati da chi è ostile alla Croce, dovremmo mettere in discussione la nostra fedeltà a Cristo, che da quel trono di dolore e di sangue ha colpito a morte il Nemico del genere umano.

 

Se il nostro Ministero potesse essere in qualche modo «tollerato», vorrebbe dire che è inefficace e compromesso, anche solo per l’accettazione implicita di una impossibile convivenza tra opposti, di una ermeneutica della continuità in cui c’è posto per la verità e l’errore, per la luce e le tenebre, per Dio e Belial.

 

Ecco perché considero questa sentenza del sinedrio romano come un motivo di chiarezza: un Cattolico non può non essere in stato di scisma con chi rifiuta la Professione della Fede nella Carità. Non può esservi alcuna comunione con chi per primo ha infranto il vincolo soprannaturale con Cristo e con il Suo Corpo Mistico. Né vi può essere obbedienza e sottomissione ad una versione adulterata del Papato in cui l’autorità si è deliberatamente sottratta a Cristo, principio primo di quell’autorità, per mutarsi in tirannide.

 

Così, come nella scelta moralmente necessaria di tornare alla Messa Apostolica ho ritrovato il vero significato del mio Sacerdozio, anche nella decisione di denunciare l’apostasia della Gerarchia modernista e globalista ho ritrovato il senso del mio Episcopato, dell’essere un Successore degli Apostoli, testimone di Cristo e Pastore nella Sua Chiesa.

 

Pavidità, rispetti umani, valutazioni opportunistiche, sete di potere o corruzione hanno condotto molti miei Confratelli a compiere la scelta più semplice: lasciare solo il Signore nella Sua Passione e mischiarsi tra la folla dei Suoi carnefici, o anche solo rimanere a guardare per timore di mettersi contro i sommi sacerdoti e i gli scribi del popolo.

 

Alcuni di essi, come Pietro, ripetono il Non Lo conosco per non essere condotti davanti allo stesso sinedrio. Altri se ne stanno chiusi nel loro cenacolo, accontentandosi di non essere processati e condannati. Ma è questo che il Signore vuole da noi? è a questo che Egli ci ha chiamati, scegliendoci come Suoi Ministri e come annunciatori del Suo Vangelo?

 

Cari fratelli, benedite con me questi tempi di tribolazione, perché è solo in infirmitate che abbiamo la certezza di compiere la Volontà di Dio e di santificarci con la Sua Grazia. Come dice San Paolo: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza (2 Cor 12, 9). Il nostro essere docili strumenti nelle mani del Signore è l’indispensabile premessa per far sì che la Sua opera sia veramente divina.

 

A noi non è chiesto altro che di seguirLo: Veni, et sequere me (Mt 10, 21); di seguirLo lasciando tutto il resto, che è compiere una scelta radicale. Ci è chiesto di predicare il Suo Vangelo, di battezzare tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, di custodire fedelmente tutti i precetti che il Signore ci ha comandato di osservare (Mt 28, 19-20).

 

Ci è chiesto di tramandare intatto ciò che abbiamo ricevuto – tradidi quod et accepi – senza aggiunte, senza cambiamenti, senza omissioni. E di predicare il Verbo opportune, importune, sopportando tutto: in omni patientia et doctrina (2 Tim 4, 2). Ci è chiesto di prendere la nostra croce ogni giorno, di rinnegare noi stessi, di essere pronti a salire il Calvario e farci crocifiggere con Cristo per risorgere con Lui, per partecipare della Sua vittoria e del Suo trionfo nell’eternità beata del Cielo.

 

Ci è chiesto di completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del Suo Corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). Occorre che i Pastori tornino ad appartenere a Cristo, scrollando da sé il giogo opprimente di un asservimento al mondo che li rende complici della rovina della Chiesa.

 

Dal Sacratissimo Cuore, trafitto da una lancia, sgorga la Grazia infinita dei Sacramenti e principalmente del Sacerdozio cattolico. Esso assicura la perpetuazione dell’azione redentrice di Cristo attraverso la Storia, perché il Sacrificio perfetto della Vittima divina – che mediante il proprio sangue entrò una volta per sempre nel Santuario (Eb 9, 12) – continui ad essere offerto sotto le Specie sacramentali all’Eterno Padre.

 

Similmente, quando la Chiesa appare vinta e la si dà per morta, una lancia al suo costato rinnova quel sangue e quell’acqua, preparando le premesse di una futura restaurazione e garantendo la conservazione del Sacerdozio, della Messa, dei Sacramenti: della Tradizione. Saranno quel sangue e quell’acqua ad irrigare questa terra arsa e spaccata dalla siccità, assetata di Vero e di Bene, perché il semen Christianorum germogli e dia frutto.

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Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi sotto l’aspetto di pecore, ma che nell’intimo sono lupi rapaci (Mt 7, 15): con queste parole, significativamente proposte dalla Liturgia di questa VII Domenica dopo Pentecoste e che leggeremo nell’ultimo Vangelo, il Signore ci mette in guardia da coloro che usurpano il dono della profezia per contraddire la Fede che Egli ha rivelato e insegnato agli Apostoli affinché fosse tramandata fedelmente nel corso dei secoli.

 

Il Signore non dice: Guardatevi da chi semina l’errore, ma dai falsi profeti.

 

Chi sono questi falsi profeti, questi pseudochristi di cui parla la Sacra Scrittura? Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto (Mt 24, 24-25). Costoro sono i mercenari, i falsi pastori, coloro che possiamo riconoscere ex fructibus eorum, dai loro frutti, da ciò che essi compiono (Mt 7, 16-20). I frutti li conosciamo e li abbiamo sotto gli occhi: la distruzione pianificata della Vigna del Signore da parte dei Suoi stessi vignaioli.

 

Quanto mi viene imputato come crimine per dichiararmi scismatico e condannarmi alla scomunica è stato messo agli atti di un processo che condanna non me, ma i miei accusatori, nemici della Croce di Cristo.

 

Quando l’eclissi che oscura la Chiesa terminerà e Nostro Signore tornerà ad essere al centro della vita dei suoi Ministri, chi oggi è ostracizzato troverà giustizia, e chi ha abusato del proprio potere per disperdere il Gregge del Signore dovrà rispondere al Suo tribunale e a quello della Storia. Noi continueremo a fare quello che hanno fatto tutti i Vescovi cattolici, spesso venendone perseguitati.

 

E continueremo nella nostra opera anche se ciò viene ostacolato da chi usurpa il potere delle Sante Chiavi contro la Chiesa stessa. L’autorità dei Pastori – e quella del Sommo Pontefice – è nelle mani di falsi pastori, che in quanto tali contano proprio sul nostro rispetto per la Gerarchia e sulla nostra abituale obbedienza, per farci accettare il tradimento di Cristo e la rovina delle anime. Ma l’autorità viene solo da Cristo, che vuole che tutti siano salvi e che giungano per mezzo dell’unica Arca di Salvezza all’eterna beatitudine.

 

Se l’autorità vicaria in terra predica la salvezza dalle false religioni e l’inutilità del Sacrificio di Cristo, essa rompe quel cordone ombelicale che la lega a Lui, delegittimandosi da sé.

 

Noi non ci separiamo dalla Santa Madre Chiesa, ma dai mercenari che la infestano.

 

Non rifiutiamo obbedienza e sottomissione al Pontefice, ma a chi umilia e manomette il Papato contro la Volontà di Cristo.

 

Non impugniamo la Verità rivelata – quod Deus avertat! – ma gli errori che tutti i Papi hanno sempre condannato e che oggi sono imposti da chi vuole rendere la Santa Chiesa serva dei suoi nemici (Lam 1, 1), da chi si illude di poter mantenere vivo il corpo ecclesiale separandolo dal suo Capo che è Cristo.

 

Noi non abbiamo un Pontefice che possa giudicarci e scomunicarci. Se ci fosse un Papa non sarei nemmeno processato, né scomunicato o dichiarato scismatico, perché entrambi professeremmo la medesima Fede e comunicheremmo al medesimo altare. Se oggi Bergoglio mi processa per condannarmi e scomunicarmi, è proprio perché costui fa pubblica professione di appartenere ad un’altra religione e di presiedere un’altra chiesa, la sua chiesa, la chiesa sinodale dalla quale io vengo «cacciato» in quanto Cattolico e, appunto, estraneo ad essa.

 

Pregate, fratelli carissimi. Pregate anzitutto per i fedeli e i Ministri che vivono la contraddizione dell’appartenenza morale alla vera Chiesa di Cristo e alla falsa chiesa dell’usurpatore-Bergoglio, perché si scuotano dal loro torpore e si schierino sotto la Croce, dando testimonianza alla Verità.

 

Pregate per quei Vescovi e sacerdoti che con umiltà e nonostante le loro infermità servono il Signore.

 

Non vanifichiamo il Sangue Preziosissimo che Egli ha sparso per noi, e anzi facciamo in modo di poter ripetere con San Paolo: Gratia Dei in me vacua non fuit (I Cor 15, 10).

 

Questo Sangue scenderà oggi sul nostro Altare, e continuerà a scendervi finché la Chiesa avrà Vescovi che possano perpetuare il Sacerdozio e sacerdoti che celebrino il Santo Sacrificio, secondo il rito consegnatoci dalla Sacra Tradizione.

 

Per questo agiamo con il cuore sereno e nella persuasione che quanto sto compiendo sia conforme alla volontà di Dio.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

 

7 Luglio 2024

Dominica VII post Pent.

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Immagine: Simone Martini (c. 1284-1344), Cristo in Croce (1340), Harvard Art Museum, Boston.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Mons. Eleganti critica il Vaticano per l’installazione del tappeto per la preghiera musulmana

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Il vescovo Marian Eleganti ha criticato il Vaticano per aver installato un tappeto da preghiera per i musulmani nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Lo riporta LifeSite che lo ha intervistato.   Il prelato svizzero ha dichiarato alla testata pro-life nordamericana che «l’Islam è naturalmente espansivo».   «Non appena un musulmano prega lì, in qualche modo nella mente dei fedeli – non ne sono del tutto sicuro – ma non mi sorprenderei se diventasse una sorta di radicamento e punto d’appoggio, un avamposto del futuro dominio a cui l’Islam naturalmente aspira sempre».

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«L’Islam vuole il dominio assoluto; è intrinsecamente intollerante», ha continuato monsignor Eleganti. «Ha causato la scomparsa del Cristianesimo ovunque».   «Al contrario, non ci sarebbe mai permesso di costruire una cappella alla Mecca, il luogo sacro dell’Islam stesso, dove celebrare la Santa Messa», ha osservato Eleganti.   All’inizio di questo mese, la Biblioteca Apostolica Vaticana ha messo a disposizione dei musulmani una sala dotata di un tappeto per la preghiera.   «Certo, alcuni studiosi musulmani ci hanno chiesto una stanza con un tappeto per pregare e noi gliel’abbiamo data», aveva detto a La Repubblica Giacomo Cardinali, viceprefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.   La rivelazione che i musulmani possono pregare presso la Biblioteca Apostolica Vaticana ha scatenato le proteste dei commentatori cattolici, i quali hanno ipotizzato che tale permesso sia un segnale di indifferentismo religioso, ambivalenza riguardo alla propria identità cattolica e resa ideologica all’Islam.   Il vescovo Eleganti ha affermato che l’Islam è «una religione che noi crediamo non sia realmente ispirata da Dio, ma sia deliberatamente concepita in senso anticristiano».   «Si tratta di una polemica totale contro la figliolanza divina di Gesù e contro il suo significato assoluto di mediatore tra [l’uomo e] Dio Padre».   Il prelato elvetico ha sottolineato che l’Islam «nega la Trinità» e che «i cristiani in tutto il mondo subiscono persecuzioni per mano dei musulmani».

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«Penso che questo dimostri semplicemente che anche in Vaticano le persone che permettono e sostengono tutto questo hanno, a mio parere, un rapporto del tutto surreale e ingenuo con l’Islam e il dialogo interreligioso», ha affermato il vescovo, dichiarando che con azioni come queste, il Vaticano sta dipingendo «una religione puramente emotiva: siamo amichevoli, siamo aperti, siamo tolleranti, abbiamo una cultura accogliente, siamo aperti al dialogo, etc.»   «È una sorta di religione emozionale che non prende più sul serio la verità e la differenza, perché c’è solo unità nella verità. Tutto il resto è un’illusione».   Monsignor Eleganti nell’intersita a LSN ha criticato il Vaticano per aver cercato di «raggiungere l’unità con le religioni eterodosse senza porsi la questione della verità», affermando che i musulmani hanno “grandi moschee a Roma» e che non c’è bisogno che abbiano una sala di preghiera in Vaticano.   «Perché devono recitare le loro preghiere in Vaticano? Nessuno lo capisce, e non credo che sia una cosa giusta».

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I protestanti irlandesi si oppongono con veemenza alla visita di Carlo III in Vaticano

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Descrivendo la recente visita di Stato del re Carlo III d’Inghilterra a papa Leone XIV come un «tradimento del protestantesimo», diverse figure del protestantesimo irlandese chiedono al monarca britannico di abdicare e di lasciare il posto a un protestante «genuino».

 

No rish need apply: «Gli irlandesi si astengano». Probabilmente è questo vecchio e sarcastico proverbio inglese a cui più di uno dei sudditi di Sua Maestà deve aver pensato quando ha scoperto sulla stampa le ultime dichiarazioni del reverendo Kyle Paisley.

 

Questo ministro presbiteriano, che non è altri che il figlio di Ian Paisley, fondatore del Partito Unionista Democratico dell’Irlanda del Nord, non ha gradito vedere il monarca britannico in visita di Stato presso la Santa Sede il 23 ottobre 2025, seduto alla destra di Papa Leone XIV nella Cappella Sistina, per partecipare a una preghiera ecumenica guidata dal successore di Pietro.

 

«Alla sua incoronazione, il re ha solennemente affermato la sua adesione al genuino protestantesimo e si è impegnato a preservare la religione della Chiesa fondata in Inghilterra e Scozia», ​​ha ricordato Kyle Paisley agli ascoltatori alla BBC. Ha aggiunto: «Il nostro sovrano ha quindi infranto il suo giuramento e dimostrato di non essere ciò che afferma di essere: un sincero protestante».

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Kyle Paisley non sembra essere stato l’unico protestante a essere indignato per lo storico incontro tra papa Leone XIV e re Carlo III: l’Ordine di Orange, una confraternita protestante internazionale con sede nell’Irlanda del Nord e strettamente legata ai protestanti dell’Ulster, ha descritto la visita di Stato del successore della regina Elisabetta II come «un giorno buio per il protestantesimo», esprimendo «profonda tristezza» e formulando le sue riserve nei termini più forti possibili.

 

Wallace Thompson della Evangelical Protestant Society of Northern Ireland ha ribadito questo sentimento: «permangono differenze dottrinali abissali [tra anglicanesimo e cattolicesimo]. Le due chiese restano così distanti che era inappropriato celebrare una simile liturgia. Il Re si è impegnato a salvaguardare la religione protestante riformata nel Regno Unito. Oggi, sta inviando un chiaro segnale che, in fondo, non intende onorare tale impegno», ha dichiarato alla BBC.

 

Kyle Paisley e i suoi amici colsero l’occasione per mettere in discussione la partecipazione di Re Carlo III e dei membri della famiglia reale alla messa funebre tenutasi in onore della Duchessa di Kent, una devota cattolica che aveva rinunciato al protestantesimo con il permesso della Regina Elisabetta II. Kyle Paisley dichiarò: «sconcertante che nessun membro della Camera dei Comuni, né alcun membro della Camera dei Lord, abbia pubblicamente denunciato lo spudorato compromesso del Re riguardo al suo giuramento».

 

E per concludere con un’affermazione poco ecumenica: «la bestia mortale [il cattolicesimo, ndr], che ha guarito le ferite inflitte dalla Riforma, ora prevede la sua completa guarigione, aiutata e sostenuta da un re infedele alla sua parola, da un governo britannico e da un ministero degli esteri, nonché da un primo ministro il più possibile privo di pietà».

 

La famiglia Paisley non è estranea alle controversie: il padre di Kyle, Ian Paisley, nel 1959, in seguito alla visita della regina Elisabetta a Papa Giovanni XXIII, fece riferimento a un atto di «fornicazione e adulterio con l’Anticristo», nientemeno. Trent’anni dopo, nel 1988, Ian Paisley fu espulso con la forza dal Parlamento Europeo per aver urlato a Papa Giovanni Paolo II, in visita ufficiale: «ti denuncio, Anticristo!»

 

Sebbene le reazioni dei fondamentalisti irlandesi restino, nel complesso, piuttosto minoritarie, esse illustrano a modo loro il divario che permane – e continua ad ampliarsi – tra cattolicesimo e anglicanesimo, che spinge sempre più anglicani ad aderire all’unità romana, incarnando così un vero ecumenismo.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Cina

Partita autunnale tra Santa Sede e Pechino

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Mentre il Partito Comunista Cinese aumenta la pressione sulla Chiesa cattolica in Cina, la consacrazione episcopale del nuovo vescovo ausiliare di Shanghai, il 15 ottobre 2025, riaccende le tensioni e illustra tutta la complessità del dossier avvelenato ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.   L’ordinazione episcopale del vescovo Wu Jianlin si è svolta il 15 ottobre con misure di sicurezza degne di quelle imposte durante l’epidemia di COVID-19 nel Regno di Mezzo. Al punto che alcuni testimoni l’hanno descritta come una «cerimonia gremita»: circa seicento fedeli, tra sacerdoti, religiosi e laici, selezionati con cura, hanno partecipato all’evento, ma sono stati sottoposti a rigorosi controlli.   Consegna obbligatoria dei cellulari all’ingresso, controlli di accesso e una laconica dichiarazione ufficiale dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, che ignora le varie parole – peraltro molto consensuali – pronunciate dai prelati sul posto.   La cerimonia non ha mancato di lasciare un retrogusto: il prelato che ha presieduto la cerimonia non era altri che mons. Joseph Shen Bin, vescovo di Shanghai e presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, non riconosciuto da Roma e strettamente soggetto al Partito Comunista Cinese (PCC).

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Il vescovo Shen Bin, la cui nomina nell’aprile 2023 è stata imposta unilateralmente da Pechino, prima di essere ratificata retroattivamente da papa Francesco il 15 luglio, era circondato da tre vescovi riconosciuti in base all’accordo provvisorio concluso tra la Santa Sede e il Vaticano nel 2018: il vescovo Yang Yongqiang di Hangzhou, il vescovo Li Suguang di Nanchang e il vescovo Xu Honggen di Suzhou.   La situazione non è migliore per il vescovo ordinato il 15 ottobre: ​​l’elezione del vescovo Wu Jianlin, 55 anni e originario del distretto di Chongming, risale al 28 aprile 2025, periodo in cui la sede papale è vacante. Non si tratta di una circostanza di poco conto: ha permesso al regime cinese di aggirare i fragili meccanismi di consultazione previsti dall’accordo provvisorio del 2018.   Il nuovo prelato, che ha assunto l’incarico di amministratore diocesano dopo la morte del precedente vescovo nel 2013, incarna la fedeltà alla linea del presidente Xi Jinping. La sua approvazione da parte di Papa Leone XIV, datata 11 agosto 2025, è stata rivelata dalla Sala Stampa vaticana il giorno stesso dell’ordinazione: un modo per dimostrare che la Santa Sede si è trovata ancora una volta di fronte al fatto compiuto.   La consacrazione del 15 ottobre risuona come un gesto di fragile unità, illustrato dal messaggio inviato dal vescovo Thaddée Ma Daqin, l’altro vescovo ausiliare di Shanghai, confinato nel seminario di Sheshan per tredici anni per essersi dimesso dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, dimostrando così la sua distanza dal PCC.   Assente alla cerimonia, il vescovo Ma Daqin, ordinato nel 2012 con l’accordo del Vaticano, ha espresso il suo auspicio per l’armonia sulla rete WeChat controllata da Pechino: «sono lieto di apprendere che il vescovo Shen Bin ha ordinato stamattina padre Wu Jianlin come vescovo ausiliare. Credo fermamente che, con questo collaboratore, il vescovo Shen potrà guidare le opere della Chiesa cattolica a Shanghai verso uno sviluppo sempre maggiore, per la maggior gloria del Signore».   Eppure, lungi dal suscitare una gioia unanime, questa ordinazione provoca una lacerazione personale tra i cattolici di Shanghai, come testimonia una voce anonima raccolta da AsiaNews il 16 ottobre 2025: «a Shanghai, dovremmo gioire o dovremmo piangere?», si chiede questo fedele locale.   L’incoronazione del vescovo Wu Jianlin avviene in un contesto di relazioni sino-vaticane erose nel tempo: Sandro Magister interpreta questa sequenza come una manifestazione dell’arroganza di Pechino, amplificata dalla «sinizzazione» delle religioni voluta da Xi Jinping. L’accordo del 2018, che affida alle autorità cinesi la proposta iniziale dei candidati episcopali prima dell’approvazione papale, verrebbe così «disprezzato», nelle parole dell’esperto vaticano.   E il Vaticano, dopo aver protestato nel 2023 contro l’insediamento del vescovo Shen Bin, si accontenterebbe di una conferma silenziosa, ratificando peraltro altre tre nomine cinesi dall’elezione di papa Leone XIV. «Se ignoriamo la verità dei fatti; se non interveniamo nella reclusione di un vescovo già legittimamente consacrato (…), è ancora questa la comunione voluta da Cristo?», si chiede il vaticanista italiano, che parla di uno «schiaffo in faccia» dato al nuovo sovrano pontefice.   Più che uno schiaffo in faccia per un papa – Xi Jinping non è certo Filippo il Bello – potrebbe trattarsi di una prova? Da bravi giocatori di Go, gli inventori del gioco più antico del mondo elogiano l’efficacia delle famose «mosse sentite», che costringono l’avversario a rispondere per mantenere l’iniziativa. La sfida per Roma sarebbe ora quella di riconquistare il vantaggio perso, probabilmente durante il precedente pontificato.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine da FSSPX.News  
 
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