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Spirito

«Tenebrae factae sunt». Meditazione di Mons. Viganò per il Venerdì Santo

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Renovatio 21 pubblica la meditazione di monsignor Carlo Maria Viganò per il Venerdì di Parasceve 2024.

 

 

 

A sexta autem hora tenebræ factæ sunt super universam terram usque ad horam nonam.
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.

Mt 27, 45

 

Tenebræ factæ sunt. Nell’ora dell’agonia di Nostro Signore la natura intera, lo stesso cosmo vestono i neri paludamenti del lutto. Buio. E con il buio il freddo, l’aria pungente, il silenzio gravido di orrore e di commozione per la morte incombente di Cristo.

 

Il cielo plumbeo e minaccioso, la terra pronta a fremere e tremare di sdegno. Sull’altura del Golgota, dove sassi affilati e cespugli spinosi dominano Gerusalemme, si leva la Croce, e sulla Croce è inchiodato l’Agnello Immacolato, Sacerdote e Vittima. Non osiamo alzare lo sguardo, e rimaniamo ai piedi di quel patibolo, assieme alla Vergine e a San Giovanni.

 

Questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre (Lc 22, 53), ha detto il Signore la sera prima, dopo essersi recato nell’orto del Getsemani a pregare con gli Apostoli, incapaci di vegliare con Lui.

 

In quell’ora tremenda, tutte le colpe commesse da ogni essere umano, dall’inizio del mondo all’ultimo istante prima del Giudizio universale, scorrono dinanzi al Salvatore, colpendoLo nell’animo con maggior crudeltà di quanto non faranno i flagelli che l’indomani Gli strapperanno le carni.

 

Il dolore immane, indicibile, inaudito, provocato da questa visione suscita nel Signore una tale angoscia da provocare una sudorazione di sangue. Ego autem sum vermis et non homo; opprobrium hominum et abjectio plebis (Ps 21, 7). E la solitudine: il sentirsi non solo abbandonato dai Suoi, ma il vedersi quasi evitato dall’eterno Padre, che vede in Lui il capro espiatorio, Colui che ha preso su di Sé i peccati del mondo, che se ne è fatto carico, che per quei peccati commessi contro la Maestà di Dio merita la morte di un Dio, e che per riscattare l’umanità peccatrice richiede il sacrificio del primogenito. Cujus una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere, secondo le parole dell’Aquinate. Una sola goccia di quel preziosissimo Sangue avrebbe salvato il mondo, ma non avrebbe manifestato la Carità infinita di Dio – nell’atto supremo del Sacrificio – pronto a morire per noi, figli dell’ira, maledetti ingrati, mille volte peccatori.

 

Se solo riuscissimo a concepire l’orrore che sperimentò il Signore nel farSi Vittima innocente al posto di noi colpevoli di tutti i peccati più raccapriccianti di cui l’uomo è capace! Se potessimo immaginare lo strazio della Vergine Madre, nel veder caricato di quelle colpe ripugnanti il Suo divin Figlio, specialmente le colpe contro la purezza, così raccapriccianti per l’anima verginale di Maria Santissima ed ancor più per il Verbo Incarnato! Spade acuminate che trapassano il Sacratissimo Cuore assieme al Cuore Immacolato e che li squarciano, in un dolore che l’uomo non può conoscere, se non vagamente, nella contrizione perfetta che solo il fuoco della Carità può muovere.

 

Quel fuoco di Amore divino che è indissolubilmente legato all’obbedienza alla volontà di Dio: Pater! Si non potest hic calix transire, nisi bibam illum, fiat voluntas tua (Mt 26, 42). A questo grido dell’anima straziata risponde il silenzio, come nella notte oscura dei mistici, perché il Cielo deve rimanere muto dinanzi a quel travaglio proprio per renderlo fecondo. È in quell’offerta che si compie il Sacerdozio di Cristo Pontefice, è in quell’olocausto che si consuma il Sacrificio del Redentore e con esso la mistica passione dell’Addolorata Corredentrice.

 

Solo una madre sa cosa significhi provare ciò che prova il figlio. Per questo, proprio nell’atto supremo del Sacerdozio della Nuova ed Eterna Alleanza; proprio nell’ora del dolore più muto e profondo, Nostro Signore ci fa dono di quella Maternità divina, affidandoci a Lei e affidando Lei a noi. Prendiamone coscienza, cari fratelli: Nostro Signore rende noi peccatori figli della Sua Madre Immacolata e fa di Sua Madre la Madre nostra, nello stesso momento in cui Egli Si fa Vittima divina pro peccatis suæ gentis, rappresentando l’umanità peccatrice dinanzi alla Maestà divina in virtù dell’Unione Ipostatica. Questa non è una questione meramente dogmatica – anche se i Modernisti per compiacere gli eretici giungono a negare la Compassione e Corredenzione di Maria Santissima.

 

Questa è una realtà anzitutto mistica e spirituale, che deve farci esclamare con San Paolo: O altitudo divitiarum sapientiæ, et scientiæ Dei: quam incomprehensibilia sunt judicia ejus, et investigabiles viæ ejus! O profondità delle ricchezze della saggezza e della scienza di Dio: quanto sono aldilà di ogni comprensione i Suoi giudizi, e aldilà di ogni conoscenza le Sue vie! (Rm 11, 33).

 

E ancora: Perché siate resi capaci di comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3, 18-19). Questo amore che sorpassa ogni cosa, che spinge Dio ad assumere la condizione di servo, e innalza il servo ad essere non solo creatura di Dio, ma Suo figlio, e coerede, addirittura amico.

 

Lo ripetiamo in questi giorni benedetti, con la saggia pedagogia di Santa Madre Chiesa, che progressivamente disvela le parole del responsorio tratte da San Paolo:

 

Christus factus est pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem crucis. Propter quod et Deus exaltavit illum et dedit illi nomen, quod est super omne nomen (Phil 2, 8-9),

 

e continua l’Apostolo:

 

ut in nomine Jesu omne genu flectatur cælestium, terrestrium, et infernorum: et omnis lingua confiteatur, quia Dominus Jesus Christus in gloria est Dei Patris (ibid., 10-11).

 

Perché solo stando ai piedi della Croce – senza nemmeno osar levare lo sguardo verso Colui che abbiamo trafitto (Gv 19, 37) – riusciamo a comprendere che l’unica risposta possibile, degna, giusta, doverosa e salutare per noi uomini dinanzi alla Carità divina incarnata, alla Vittima divina, al divino Sacerdote e al Re divino è prostrarci in ginocchio e professare che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre.

 

Uniamo la nostra voce a questo coro infinito, in cui ogni lingua canta le lodi di Dio e proclama Gesù Cristo Signore e Re universale.

 

Sì: Cristo è Re. Re di tutti: di chi Gli si sottomette con fiducioso abbandono come di chi rifiuta la Sua Signoria, la quale è stata decretata e sancita una volta per tutte sul legno della Croce, arbor decora et fulgida, ornata Regis purpura, trono dell’Agnello, strumento di salvezza per chi crede, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani (1 Cor 1, 23-24).

 

Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (ibid., 25).

 

Imprimiamoci nell’animo le parole del Salvatore, quando le porte degl’Inferi sembreranno sovrastarci e travolgerci: Ego vici mundum (Gv 16, 33). Non è un auspicio, un pio desiderio, una falsa illusione, come tutto ciò che invece viene da Satana: è l’indefettibile promessa di Dio.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

29 Marzo 2024
Feria VI in Parasceve

 

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Immagine: Jacopo Robusti detto Tintoretto (1518-1594), Crocifissione (1565), Scuola Grande di San Rocco, Venezia 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Spirito

Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»

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In un post sul blog pubblicato questa settimana sul suo sito web personale, il cardinale cinese in pensione Joseph Zen, 93 anni, ha espresso un’altra dura critica al Sinodo sulla sinodalità e al defunto papa Francesco.   Francesco si è lasciato alle spalle «caos e divisione», ha detto Sua Eminenza. «La nostra più grande speranza è che papa Leone unisca la Chiesa sul fondamento della verità, radunandoci tutti nella missione dell’evangelizzazione. Dobbiamo offrire le nostre preghiere e i nostri sacrifici per papa Leone».   Zen non ha esitato a condividere le sue preoccupazioni sul processo sinodale. Dopo la morte di Francesco, Sua Eminenza aveva avvertito gli elettori prima del conclave che la Chiesa si trova ad affrontare una «questione di vita o di morte» mentre si confronta con esso. In un commento pubblicato nel febbraio 2024, Sua Eminenza ha affermato di sperare che «questo Sinodo sulla “sinodalità” possa concludersi con successo».   Nel suo commento di questa settimana, Zen si è detto preoccupato che la Chiesa cattolica sia «diventata come la Chiesa anglicana» e che apparentemente stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo.   «Certo… i fedeli dovrebbero partecipare agli affari della Chiesa, ma la leadership dei vescovi non può essere esclusa», ha affermato a proposito del sinodo. Ma «il recente Sinodo [del 2024] sulla sinodalità non è stato più un Sinodo nel senso tradizionale… ha lanciato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».   Zen ha poi criticato il documento finale del sinodo, definendolo ambiguo e sperimentale. Ha anche accusato la Fiducia Supplicans, che consente la benedizione delle «coppie» omosessuali, di aver causato «notevoli tumulti e profonde divisioni all’interno della Chiesa».

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Sua Eminenza ha inoltre osservato che se Dio lo chiamasse al martirio, sarebbe una grande «grazia», ​​e che è «difficile» per le anime in questi tempi scoprire la verità e la saggezza e condividerle con gli altri. Sua Eminenza ha aggiunto che la verità non è ciò che questa o quella persona pensa, ma piuttosto la consapevolezza di essere «figli di Dio» e che Cristo è morto per i nostri peccati.   Per molti anni Zen ha rimproverato il Vaticano per la sua politica di compiacimento nei confronti del Partito Comunista Cinese in merito alla nomina dei vescovi. Allo stesso tempo, ha concluso il suo post affermando di essere devoto alla Cattedra di San Pietro.   «La mia critica a certe azioni papali nasce proprio dalla mia profonda riverenza per il Papa», ha affermato, citando diversi versetti del Vangelo, tra cui Matteo 14 e Luca 22, che fanno riferimento rispettivamente al momento in cui San Pietro, che non era ancora papa, dubitò di Nostro Signore mentre camminava sulle acque e quando Cristo gli disse che lo avrebbe rinnegato tre volte.   A ottobre, il cardinale Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT all’interno della Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha emesso alcuna condanna in seguito. Lo troviamo davvero incomprensibile!», ha esclamato, chiedendo che venissero compiuti sacrifici di preghiera e digiuno.   Lo scorso ottobre il porporato cinese ha condannato il «pellegrinaggio» giubilare LGBT nella Basilica di San Pietro «offesa a Dio».   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.   Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».   Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Jindřich Nosek (NoJin) via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine croppata
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Spirito

Processione della FSSPX in Sudafrica

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Sabato 8 novembre, i membri della Fraternità San Pio X hanno marciato per le strade del centro di Johannesburg per dimostrare pubblicamente la loro fede e ottenere l’indulgenza giubilare nell’ambito dell’Anno Santo 2025. Nonostante la reputazione poco invitante di alcune delle zone attraversate, l’evento si è svolto in un’atmosfera di fervore e dignità.

 

Una partenza dalla Chiesa della Santissima Trinità

Il raduno ha avuto inizio presso la Chiesa della Santissima Trinità a Braamfontein. Questo santuario, la cui architettura curata nei minimi dettagli lo rende un vero gioiello, è servito da punto di partenza – o «chiesa stazione» – per la processione giubilare.

 

Dopo un momento di preghiera all’interno dell’edificio, i fedeli si sono diretti verso la Cattedrale di Cristo Re, situata a circa due chilometri di distanza, accompagnati dalla scorta della polizia.

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Una testimonianza pubblica nel centro della città

La processione si snodava lungo strade poco note al turismo e talvolta considerate poco sicure. Questo passaggio inaspettato attirò l’attenzione di molti residenti locali. Al ritmo dei canti e della recita del Rosario, i fedeli offrirono una testimonianza di fede che suscitò diverse reazioni.

 

Diversi passanti hanno scattato foto, alcuni si sono fatti il ​​segno della croce, altri hanno espresso il loro sostegno con applausi o sussurrando una preghiera. Molti si sono fermati ad osservare questo insolito momento nel paesaggio urbano.

 

 

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Solenne cerimonia di chiusura nella Cattedrale di Cristo Re

Al loro arrivo in cattedrale, i pellegrini sono stati accolti dal Superiore del Distretto, Padre Christophe Legrier. Con il supporto del coro, ha intonato le Litanie dei Santi prima di procedere al rinnovo della Consacrazione a Cristo Re.

In una breve omelia, ha ricordato il significato spirituale del giubileo, tempo di grazia e di conversione, e ha sottolineato l’importanza di rimanere saldamente attaccati alla Roma eterna.

 

 


https://fsspx.news/fr/news/afrique-du-sud-procession-la-fsspx-johannesburg-55560

 

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Gender

I trans esprimono gratitudine per il pasto del Giubileo dei Poveri in Vaticano

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Diecini di transessuali e attivisti transgender hanno partecipato domenica a un pranzo in Vaticano per il Giubileo dei Poveri.   Diversi partecipanti transessuali e il sacerdote radicale pro-LGBT padre Andrea Conocchia hanno espresso gratitudine al Vaticano e a Papa Leone XIV per il pranzo giubilare del 16 novembre, che ha segnato anche la nona Giornata mondiale dei poveri.   Secondo quanto emerso, il papa non avrebbe invitato specificamente le persone con un’identità di genere incerta, poiché gli oltre 1.300 biglietti per il pasto sono stati distribuiti tramite varie organizzazioni e parrocchie.

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Un commando di circa 50 persone che si identificano come «transgender», tra cui cinque descritti da LifeSite come «attivisti transessuali», hanno partecipato insieme a senzatetto, migranti, anziani e altri «emarginati» al pranzo speciale all’interno dell’Aula Paolo VI.   «Un sentito grazie a Papa Leone per questa opportunità, questa occasione di incontro ma anche di pranzo condiviso, tutti insieme. Mi pare un gran bel segno di apertura, di attenzione e di vicinanza a tutta la comunità LGBT» ha detto don Conocchia secondo l’agenzia ANSA. «Può essere una opportunità di cammino insieme ed è importante come segno, anche per conoscerci e riconoscerci nella comunità ecclesiale»   La storia degli inviti dati a caso non convince moltissimo. In precedenza, don Conocchia aveva già portato gruppi di transessuali a incontrare Bergoglio diverse volte durante il suo pontificato. Nel 2023, il sacerdote portò diversi trans a un pranzo simile in Vaticano. Un uomo che aveva «fatto la transizione» per apparire come una ragazzina prepubere, si sedette al tavolo di fronte a Francesco, scrive LifeSite.   Qualcuno potrebbe aver minimizzato gli inviti a cena di Papa Francesco a queste persone con un’identità di genere incerta, sottolineando che Nostro Signore ha cenato con i peccatori. Sebbene ciò sia vero, Egli li ha sempre chiamati al pentimento, e non ci sono notizie che il pontefice lo abbia fatto durante questi pasti.   Solo poche settimane fa, Conocchia aveva dichiarato al National Catholic Reporter di essere «pieno di speranza» che Leo avrebbe continuato a sostenere la «comunità transgender» come aveva fatto il suo predecessore.   Il sacerdote ha anche partecipato allo scandaloso «pellegrinaggio» LGBT organizzato da La Tenda di Gionata, un gruppo italiano pro-LGBT, a cui si è unito il gruppo di attivisti del gruppo Outreach del gesuita pro-omotransessualista James Martin in Vaticano a settembre. Conocchia ha descritto l’evento sacrilego come «molto potente» e «allegro» e ha elogiato il pontefice americano per averne permesso lo svolgimento.   Forse per Leone «il solo fatto di poter celebrare il pellegrinaggio sembra già qualcosa», ha detto il sacerdote. «Potrebbe essere un buon inizio. Vedremo come si svilupperanno le cose da qui in poi. Auspico continuità nella diversità».   Il pellegrinaggio ha visto più di 1.000 cosiddetti «cattolici LGBT» sfilare attraverso le Porte Sante nella Basilica di San Pietro. Almeno uno dei partecipanti indossava una maglietta con la scritta «Fanculo le regole», scioccando molti fedeli cattolici.

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Alcuni organi di stampa progressisti avevano affermato che Leone avesse «snobbato» i partecipanti al pranzo con un’identità di genere incerta, non invitandoli a sedersi al tavolo principale, come aveva fatto in precedenza papa Francesco. Tuttavia, il cardinale Konrad Krajewski, l’elemosiniere pontificio che ha contribuito all’organizzazione dell’evento, ha negato che qualcuno sia stato «snobbato», osservando che quest’anno i biglietti per sedersi al tavolo del pontefice erano stati distribuiti a caso ai parrocchiani poveri che avevano partecipato alla Messa prima del pranzo e che gli uomini con un’identità di genere incerta erano arrivati ​​in ritardo all’evento e quindi non avevano ricevuto quei biglietti.   Gli ospiti «transgender» intervenuti dopo l’evento si sono detti felici di essere presenti al pasto con il papa. Conocchia ha descritto l’evento come «fraterno» e «gioioso».   «Il fatto che si sia mescolato, che si sia seduto vicino a noi, è un buon segno, vero?» ha detto l’attivista Alessia Nobile, che ha anche consegnato a Leo una lettera a nome della cosiddetta «comunità trans», alla quale il pontefice apparentemente ha sorriso in risposta.   L’attivista aveva precedentemente descritto papa Francesco come un amico e un mentore. Incontrò il defunto papa nel giugno 2022 durante un’udienza con altri cinque transgenderri. Bergoglio ha incontrò Nobile più volte e la invitò alle sue udienze generali pubbliche. Il defunto papa gli scrisse anche una lettera personale in cui si rivolgeva all’attivista transgender chiamandola «cara sorella».   Come nel caso di Leone, secondo i resoconti pubblici disponibili, Francesco non ha detto a Nobile che un uomo che vive come se fosse una donna è contro natura.   Marcella Di Marco, un uruguagio trans di 52 anni, ha espresso una certa delusione per il fatto che i membri del gruppo non fossero inclusi al tavolo del papa , ma ha sottolineato la sua convinzione che il pontefice abbia dimostrato che la Chiesa non «chiuderà la porta» che Francesco aveva aperto.   «Le prime volte in Vaticano è stata come un’accoglienza, adesso mi sento parte della casa, della Chiesa» ha detto il trans. «sono contenta di aver trovato un altro padre, dopo papa Francesco che per noi è stato il primo, il grande. Che lui continui questa carità con noi, questo mi dà speranza”»   La stampa aveva già dato ampio spazio ai trans ai pranzi papali quando il fenomeno iniziò col Bergoglio.

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La notizia arrivava in rinforzo dell’«apertura» nei confronti dell’omotransessualismo espressa dal Dicastero della Dottrina della Fede presieduto da un fedelissimo di Bergoglio, il cardinale argentino Victor Manuel «Tucho» Fernandez, che ha firmato con il pontefice un documento in cui apriva per i transgender la possibilità di fare da padrini (madrine? Madrini? Madrin*? Padrin*? Non è stato specificato) ai battesimi.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2015 il Dicastero aveva risposto negativamente alla stessa richiesta.   I segni di avvicinamento al transgenderismo, in effetti, si sono moltiplicati lungo tutto il papato bergogliano.   A fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale.   A Napoli, sempre nel 2015, il romano pontefice, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il pontefice ha incontrato dei trans in «pellegrinaggio» in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.   Abbiamo già visto che questa è forse la strada «iraniana» scelta dalla neochiesa dell’argentino: Khomeini emanò una fatwa sulla liceità del transessualismo, facendo diventare l‘Iran il luogo che alcuni critici chiamano «inferno per gli omosessuali, paradiso per i transessuali».

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