Geopolitica
Il Superstato europeo è cominciato: grazie a COVID, Conte e «frugali»
Il quadretto confuso quanto patetico lo avete visto tutti: il Consiglio dell’UE si è concluso a con un accordo di compromesso che ogni paese può rivendicare come una vittoria per sé.
L’Italia, la Spagna e gli altri paesi sostengono che l’importo totale del fondo di recupero – chiamato Next Generation EU – non è stato ridotto.
I cosiddetti paesi «frugali» hanno ottenuto un meccanismo di controllo più invadente sull’uso di fondi e ingenti sconti nei loro pagamenti al bilancio dell’UE.
La condizione per sovvenzioni e prestiti è che vengano utilizzati per investimenti precisi «nel rispetto dello stato di diritto».
Il fondo di recupero dell’UE prenderà in prestito denaro dai mercati emettendo obbligazioni dell’UE nel periodo 2021-2026. Dopo tale data, il rimborso delle obbligazioni avverrà fino al 2058 e, per essere in grado di farlo, l’UE introdurrà una tassazione diretta.
Il rimborso delle obbligazioni avverrà fino al 2058 e, per essere in grado di farlo, l’UE introdurrà una tassazione diretta
Forse è il caso di rileggere l’ultima frase: «l’UE introdurrà una tassazione diretta». Il lettore può capire da sé quello che questo significa: il passaggio dell’Europa da ente transnazionale a Stato in grado di imporre gabelle dirette sui cittadini. Questo è un salto di sovranità evidente; questo è un cambio di paradigna: questo è il nucleo del Superstato europeo che ci avevano detto non sarebbe mai arrivato.
E invece, grazie alla maxicrisi pandemica, eccoci a vedere realizzato anche questo incubo.
Una nuova tassazione diretta sulla plastica sarà quindi introdotta già nel 2021.
Gli euroinomani sono in solluchero, perché lo hanno capito: è nato il nucleo di uno stato federale europeo, un bilancio indipendente dell’UE
Gli euroinomani sono in solluchero, perché lo hanno capito: è nato il nucleo di uno stato federale europeo, un bilancio indipendente dell’UE. I mercati festeggiano lo stanziamento del debito debito.
I paesi membri che desiderano attingere alla nuova struttura devono presentare un piano entro settembre, che sarà analizzato dalla Commissione europea e entro tre mesi riceverà l’OK o sarà respinto. «Gli sherpa del Consiglio dell’UE possono supervisionare i piani nella loro attuazione e, su richiesta di uno di essi, possono convocare una riunione del Consiglio dell’UE per verificarli» riassume EIR.
Lo hanno detto tutti, ma vale la pena di ripeterlo ancora una volta: l’Italia è contributore netto della UE, per cui sta prendendosi i suoi soldi però perdendo la possibilità di spenderli come vuole, perché da ora decideranno altri.
Quello che è andato a fare Conte non è stato un trasferimento di danaro, è un trasferimento di sovranità. Verso l’Eurosuperstato
Crediamo sia limpido, quindi: quello che è andato a fare Conte non è stato un trasferimento di danaro, è un trasferimento di sovranità. Verso l’Eurosuperstato che nessuno ha mai voluto, o anche solo immaginato.
Quando qualcuno eseguirà correttamente i propri calcoli, il carattere scandaloso delle decisioni prese al Consiglio dell’UE del Conte festoso diventerà chiaro.
Al fine di convincere i cosiddetti paesi «frugali» ad accettare l’accordo, sono stati dati «sconti» ai loro pagamenti nel bilancio dell’UE, migliorando notevolmente la loro posizione netta.
Qualcuno ha deciso che i risparmi degli italiani sono troppi, bisogna rimetterli in circolo, o fare in modo che si involino lontano dallo Stivale
I Paesi Bassi, paradiso fiscale (chiedete a FIAT, o a Mediaset) leader dei quattro «frugali», hanno ottenuto uno sconto di 1,9 miliardi di euro, che rappresenta una riduzione del 78% della loro posizione netta attuale (i Paesi Bassi sono un contribuente netto di 2,46 miliardi di euro al bilancio dell’UE).
Abbuoni simili sono stati concessi alla Svezia (€ 1,069 miliardi), all’Austria (€ 565 miliardi), alla Danimarca (€ 377 milioni) e persino alla Germania (€ 3,667 miliardi), Paese dove, sotto sotto, spirano venti di collasso sistemico.
La classe politica italoide, da Andreatta in giù, pare essere messa dove sta per svendere allo straniero, sia esso lo squalo singolo (ricordate il Soros del 1992) o un Paese intero. La Francia, la Germania, la Cina… oggi perfino il nano olandese ci frega
«Queste riduzioni lorde devono essere finanziate da tutti gli Stati membri in base al loro Reddito Nazionale Lordo», afferma la versione finale. Ciò significa che l’Italia, che dovrebbe essere un beneficiario dei fondi di «recupero» dell’UE, aumenterà i suoi pagamenti nel bilancio dell’UE.
Il solito discorso. Qualcuno ha deciso che i risparmi degli italiani sono troppi, bisogna rimetterli in circolo, o fare in modo che si involino lontano dallo Stivale. Talvolta, capita di sentire membri della sinistra e dell’establishment (quasi la stessa cosa, dai) dirlo apertamente. I risparmi degli italiani vanno tirati fuori dal porcellino di porcellana. Specie quando Germania ed altri Paesi il porcellino mica ce lo hanno, hanno, sotto sotto, debiti e megabanche che conducono speculazioni.
Un Paese senza onore e senza vergogna, che per di più ora sta contribuendo, con la pantomina e pure con i risparmi del popolo, alla costruzione del mostro europeo definitivo, l’Europa Stato Federale, l’Eurosuperstato.
Ci siamo abituati, del resto: la classe politica italoide, da Andreatta in giù, pare essere messa dove sta – magari nemmeno votata personalmente, come Conte, Monti, e domani Cottarelli o Colao – per svendere allo straniero, sia esso lo squalo singolo (ricordate il Soros del 1992) o un Paese intero. La Francia, la Germania, la Cina… oggi perfino il nano olandese ci frega.
Un Paese senza onore e senza vergogna, che per di più ora sta contribuendo, con la pantomina e pure con i risparmi del popolo, alla costruzione del mostro europeo definitivo, l’Europa Stato Federale, l’Eurosuperstato.
Roberto Dal Bosco
Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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