Spirito
Il cardinale Zen contro la Fiducia Supplicans: chiede le dimissioni di Fernandez
l cardinale Joseph Zen si è unito a coloro che si oppongono a Fiducia Supplicans, chiedendo che l’autore del testo, il cardinale Victor Fernández, si dimetta o venga licenziato. Lo riporta LifeSite.
Scrivendo sul suo sito personale il 21 gennaio, il vescovo emerito di Hong Kong ha diffuso la sua risposta alla Fiducia Supplicans e al successivo comunicato stampa del 4 gennaio, entrambi firmati dal cardinale Fernandez, nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede.
«La Dichiarazione sottolinea ripetutamente la necessità di evitare confusione, ma le benedizioni incoraggiate dalla Dichiarazione in realtà creano confusione», ha scritto Zen.
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Il cardinale 92enne cinese ha espresso particolare indignazione per le affermazioni di Fernandez secondo cui «il comportamento sessuale nelle relazioni omosessuali ha la sua bontà, può “progredire” e “crescere”». Lo Zen ha sottolineato le somiglianze tra questa e la risposta di Papa Francesco ai dubia dei cinque cardinali; la risposta del pontefice paragona favorevolmente il matrimonio all’«amore sessuale» omosessuale.
«Questo è un errore assolutamente soggettivo. Secondo la verità oggettiva, questo comportamento è un peccato grave e non potrà mai essere buono», ha scritto Zen. «Se il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (…) commette un’eresia sostenendo che un peccato grave è “buono”, allora il Prefetto non dovrebbe dimettersi o essere licenziato?»
Zen ha iniziato la sua critica evidenziando i problemi irrisolti nelle traduzioni locali di Fiducia Supplicans, rilevando che non esiste una versione cinese ufficiale del testo e che la traduzione fatta localmente contiene errori riguardanti coloro che devono essere benedetti.
Ma oltre a queste preoccupazioni più localizzate, Zen ha scritto che Fiducia Supplicans «lascia molto a desiderare», mettendo in discussione la logica del comunicato stampa di Fernandez del 4 gennaio in difesa di Fiducia Supplicans, evidenziando quella che ha dimostrato come una contraddizione nel testo e nell’argomentazione. Quel testo del 4 gennaio, ha detto, era così contraddittorio che equivaleva a dire che la Fiducia Supplicans «non è valida per il momento»:
«Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha rilasciato il 4 gennaio di quest’anno un’altra “dichiarazione” in cui, da un lato, nega fermamente che la “dichiarazione” del 18 dicembre sia contraria alla ragione ecclesiastica, e dall’altra parte, riconosce che i vescovi e le conferenze episcopali hanno motivo di nutrire alcuni dubbi al riguardo, e che sembra loro necessario un periodo di tempo più lungo per studiarlo, e che non possono permettere che i sacerdoti realizzino la dichiarazione per il momento tempo, cosa che la Santa Sede comprende».
Ciò equivale a dire che la Dichiarazione del 18 dicembre non è per il momento valida.
Il cardinale ha anche sollevato questioni sulle occasioni proposte in cui potrebbero essere impartite le benedizioni, come presentato da Fiducia Supplicans. Un esempio fornito dal testo è che le coppie potrebbero chiedere una benedizione durante un pellegrinaggio, o che lo stesso gruppo di pellegrini possa essere benedetto.
Zen ha scritto al riguardo dicendo che «non è né possibile né necessario che un sacerdote chiarisca se in un gruppo di pellegrinaggio ci siano o meno coppie che vivono rapporti sessuali “anomali”».
Il cardinale di Hong Kong quindi critica il testo di Fernandez perché non mostra come agire secondo un vero «amore pastorale» poiché ciò significherebbe invitare le coppie omosessuali ad abbandonare uno stile di vita peccaminoso. Zen ha sottolineato che, sebbene Fiducia Supplicans abbia menzionato le coppie omosessuali «che chiedono una benedizione “possono” chiedere anche la grazia e la forza di Dio per poter fare pienamente la volontà di Dio», il documento aggiunge che il sacerdote «non è tenuto ad esaminarli per vedere se hanno tale intenzione».
«Come può allora un sacerdote dare una benedizione se non è sicuro di avere tale intenzione, o se c’è motivo di sospettare che non abbia affatto tale intenzione?”, si è chiesto Zen, che contesta l’affermazione di Fiducia Supplicans secondo cui le benedizioni alle coppie omosessuali vengono date «per amore pastorale», sottolineando che la Sacra Scrittura insegna «che i pastori devono proteggere le… pecore, guarire i feriti e ricondurre coloro che si sono smarriti».
La dichiarazione vaticana sembra dire che verrebbero in «coppia» e tornerebbero indietro in «coppia» dopo la benedizione; non significa questo che essi possono, almeno per il momento, continuare a vivere nel modo «sbagliato», cioè peccaminoso?
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Se i sacerdoti dovessero seguire il comando delle Scritture, scriveva Zen, allora dovrebbero seguire la «preoccupazione primaria» di Cristo che era «liberare le persone dai loro peccati».
Dopo aver evidenziato numerose questioni preoccupanti nel testo di Fernandez, Zen scrive che il documento favorisce la «confusione» e che tale confusione è stata lasciata diffondere anche dalle autorità vaticane.
«I media secolari ovviamente aggiungeranno intenzionalmente confusione, ma perché la Santa Sede non scoraggia i pastori pro-LGBTQ nella Chiesa come pare James Martin, SJ, o suor Jeannine Gramick per aver creato intenzionalmente confusione o semplicemente per non aver seguito alcune delle regole indicate nella Dichiarazione, come hanno fatto la Germania e alcune altre diocesi?» si chiede lo Zen.
«È coerente con i principi pastorali creare confusione su questa importante questione?»
Il porporato orientale mette in dubbio la saggezza o la sensibilità culturale del DDF, affermando che in molte delle «”aree marginali” spesso citate dal Papa, la cultura è fortemente contraria alla condonazione o sta addirittura penalizzando legalmente le relazioni tra persone dello stesso sesso. Davvero la Congregazione per la Dottrina della Fede non lo sa?»
In contrasto con la posizione di Zen, l’attuale vescovo di Hong Kong – il cardinale Stephen Chow – ha sostenuto Fiducia Supplicans, affermando che il testo ha al centro «un appello al clero a impartire benedizioni pastorali a coloro che hanno relazioni omosessuali o irregolari, ma chiedono la misericordia del Padre».
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Immagine di Jindřich Nosek (NoJin) via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata
Spirito
Mons. Eleganti: il Vaticano II o «la primavera promessa che non è mai arrivata»
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Vecchi progressisti e giovani tradizionalisti
Il presule svizzero presenta la conclusione a cui Gesù Cristo stesso ci invita: «una cosa è certa per me: se un albero si riconosce dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e sincera della riforma liturgica postconciliare: onesta e meticolosa da una prospettiva storica, non ideologica e aperta come la nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio». «Non hanno nemmeno problemi di nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno visto come funzionano le parrocchie oggi, come celebrano la liturgia e ciò che rimane della loro integrazione sociale e religiosa attraverso la parrocchia: molto poco! Ecco perché non sono nemmeno progressisti». Osserva giustamente un progressismo ormai «geriatrico»: «Il cattolicesimo liberale, o progressismo a partire dagli anni Settanta, più recentemente nella forma del Cammino Sinodale Tedesco, ha fatto il suo corso da una prospettiva attuale e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è quindi diffusa». «Lo possiamo vedere ovunque. Le Messe domenicali e feriali sono frequentate principalmente da anziani. I giovani sono assenti, tranne che in pochi luoghi di culto molto frequentati. La riforma avviene da sola, perché nessuno vi partecipa più o ne legge i risultati; è una legge ferrea». E insiste: «Come possiamo ancora considerare la riforma postconciliare in modo così acritico e ristretto oggi, visti i suoi frutti? Perché non è ancora possibile un confronto onesto con la tradizione e la propria storia (ecclesiastica)? Perché ci si rifiuta di vedere che siamo a un bivio e che dovremmo riconsiderare le nostre posizioni, in particolare riguardo alla liturgia?» Da qui l’appello a un cambio di rotta in materia liturgica: «Essere o non essere nella fede e nella vita della Chiesa si decide nell’ambito della liturgia. È lì che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti lo hanno capito bene fin dal 1965. Perché allora la tradizione è così popolare tra i giovani? Cosa la rende così attraente per loro?» «Pensateci! Noi votiamo contando chi si astiene, non con i consigli pastorali. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capite?» Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Un libro-intervista in cui Leone XIV parla della Messa tradizionale
18 settembre 2025, un libro-intervista con Elise Ann Allen, giornalista del sito web americano Crux, è stato pubblicato in Perù, dove il papa ha vissuto per quasi vent’anni. Il libro, intitolato León XIV: Ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI (Leone XIV: Cittadino del mondo, missionario del XXI secolo), è stato scritto in inglese e tradotto in spagnolo per la pubblicazione da Penguin Perú.
Si prevede che seguiranno le edizioni in inglese e portoghese. Il libro si compone di due parti distinte: una biografia del Papa, che è la sezione più lunga, e un’intervista approfondita. La versione francese è stata pubblicata il 19 novembre.
In questa intervista, Leone XIV parla della Messa in latino e pone sullo stesso piano la Messa tridentina e la nuova Messa in latino: «C’è un’altra questione, anch’essa controversa, sulla quale ho già ricevuto diverse richieste e lettere: come fare riferimento sistematicamente al ritorno alla Messa in latino?» [TLM Traditional Latin Mass, secondo la formula anglo-americana, ma il Papa omette la T di tradizionale…].
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«Beh, potete celebrare la Messa in latino adesso. Se è il rito del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non c’è problema. Ovviamente, tra la Messa tridentina e la Messa del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non so dove ci porterà. È ovviamente molto complicato».
Il papa aggiunge che la questione della Messa è «polarizzante» o «divisiva»: «So che parte di questo problema, purtroppo, è legato – ancora una volta, un processo di polarizzazione – al fatto che alcuni hanno usato la liturgia come pretesto per promuovere altre questioni. È diventata uno strumento politico».
«Penso che a volte, diciamo, l'”abuso” della liturgia di quella che chiamiamo Messa del Vaticano II non abbia aiutato le persone che cercavano un’esperienza di preghiera più profonda, un contatto con il mistero della fede, che sembravano trovare nella celebrazione della Messa tridentina. Ancora una volta, ci siamo così polarizzati da sollevare questa questione invece di poter dire: “Bene, se celebriamo correttamente la liturgia del Vaticano II, trovate davvero una tale differenza tra questa esperienza e quella?”»
Questa polarizzazione deve essere superata, secondo Leone XIV, attraverso un approccio sinodale: «non ho ancora avuto l’opportunità di incontrare un gruppo di difensori del rito tridentino. L’opportunità si presenterà presto e sono certo che ci saranno occasioni per discuterne. Ma è un problema che credo dovremmo forse affrontare anche attraverso la sinodalità. È diventato un tema così polarizzato che spesso le persone sono riluttanti ad ascoltarsi a vicenda».
«Ho sentito vescovi parlarmene e dire: “Siete invitati a questo e a quello, e non volete nemmeno sentirlo”. Si rifiutano persino di parlarne. Questo è un problema in sé. Significa che ora siamo nel campo dell’ideologia; non stiamo più vivendo la comunione della Chiesa. Questo è uno dei temi all’ordine del giorno».
La Messa tridentina non è stata abolita
In risposta a queste sorprendenti osservazioni di Leone XIV, il giornalista Aldo Maria Valli ha scritto sul suo blog il 20 settembre: «il modo in cui ne parla e le prospettive che apre non possono tranquillizzare chi è fedele alla messa tradizionale e desidera frequentarla. Lascia perplessi che dica che la questione “non so dove andrà a finire” e che il tutto “è ovviamente molto complicato”».
«Essendo lui il papa, tocca proprio a lui dire dove si andrà. Non c’è niente di complicato. […] Leone riconosce che la messa riformata dal Vaticano II ha dato luogo ad “abusi” e che tutto ciò “non è stato d’aiuto a chi cercava un’esperienza di preghiera più profonda, di contatto con il mistero della fede” Quindi riconosce che ci sono stati abusi e, implicitamente, che la messa riformata fornisce un’esperienza meno profonda e con minor contatto con il mistero della fede».
«Subito dopo però lascia intendere che se la messa riformata viene celebrata “in modo appropriato”, tutto sommato va bene così e non ci dovrebbe più essere “polarizzazione”. Affermazione sconcertante, perché qui non si tratta di accontentarsi di una celebrazione “appropriata” del novus ordo (e poi: che cosa significa “appropriata”), ma di riconoscere che il vetus ordo non è masi stato revocato e va quindi celebrato».
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Una (dis)soluzione sinodale per la Messa tridentina?
Riguardo alla sinodalità, che sembra essere una panacea, l’esperto del Vaticano osserva: «il papa riferisce di non aver avuto ancora il modo di incontrare persone che sostengono il rito tridentino ma, dice, ‘presto si presenterà un’opportunità di sedersi e parlare’. Molto bene. Ma quando dice ‘”orse con la sinodalità” mette i brividi a chi è fedele alla messa tradizionale. Con la sinodalità non si risolverà un bel niente e ci si avviterà in un dibattito infinito. Lui è il papa, tocca a lui decidere e non c’è sinodalità che tenga».
«Sedersi e discutere “in un contesto sinodale” non è il metodo della santa Chiesa cattolica. È il metodo assembleare che la Chiesa ha fatto proprio prendendolo dal mondo e che la riduce a una caricatura della democrazia politica. Un metodo che, quando va bene, fa nascere una serie infinita di equivoci e quando va male tradisce apertamente la fede».
E poi, affrontando il problema fondamentale: «insinuare che la questione sia del tutto aperta e che vada affrontata con una discussione sinodale significa anche ignorare che la messa tridentina – codificata da san Pio V dopo il Concilio di Trento, ma ben più antica nella sua essenza – non è mai stata abrogata. Papa Benedetto XVI lo ha affermato in Summorum Pontificum e nessuno può smentirlo».
«Ai fedeli è stato detto chiaramente: ciò che è stato sacro e grande per le generazioni passate rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente proibito o ritenuto dannoso. Questa è una verità di fatto, non una questione di gusto personale o di sperimentazione sulla quale occorre discutere. Questione ‘molto complicata’? No. Diventa complicata solo se non la si vuole risolvere. L’appello alla sinodalità è una scorciatoia ambigua che non fa onore al papa».
«La liturgia non può essere soggetta al voto della maggioranza dei vescovi e di un gruppo di laici. Non è una moda che ha bisogno di consenso culturale. La Chiesa trasmette oggettivamente ciò che ha ricevuto, non ciò che elabora attraverso un comitato di gestione. Il culto di cui la Chiesa è chiamata a essere custode non è soggetto a negoziazione, revisione o compromesso. Se si ragiona così si cade nello storicismo e nel relativismo».
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Nessun dibattito, ma giustizia per la Messa latina tradizionale
Aldo Maria Valli esprime il suo sgomento: «quando il papa dice di non sapere dove la questione “andrà a finire” proviamo inquietudine e tristezza. Inquietudine, perché vediamo che la nostra casa spirituale ci potrà essere negata in qualsiasi momento. Tristezza, perché vediamo un Pietro che abdica al suo ruolo e ai suoi doveri. La Chiesa insegna che la liturgia è un veicolo di dottrina e che il modo in cui preghiamo plasma ciò in cui crediamo. Qui invece sembra che tutto sia ridotto a questione di gusti, una mera faccenda estetica».
«I cattolici che amano la tradizione non chiedono un dibattito. Chiedono giustizia. Giustizia per la liturgia che non è mai stata abrogata, giustizia per le comunità che sono fiorite grazie a essa, giustizia per i santi e i martiri che l’hanno celebrata per secoli, giustizia per i fedeli che si vedono messi da parte e guardati come se fossero un pericolo. Di chiacchiere ne abbiamo già fin troppe».
«Il papa deve solo dire: “Questa messa è la vostra eredità. Vi appartiene. Nessuno può portarvela via”. Ma non lo dice. La Chiesa ha bisogno di tutto tranne che di nuove dosi di ambiguità. Se ciò che era sacro ieri rimane sacro oggi e sarà sacro domani, occorre solo riconoscere questa verità. Lo si vuole fare?»
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Spirito
Scoperti nuovi testi «pornografici» del cardinale Fernandez
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