Famiglia
Deputato russo propone di tassare le persone senza figli
Un membro della Duma di Stato russa ha proposto di ripristinare la tassa sulla sterilità che esisteva durante l’era sovietica, citando la necessità di aumentare la popolazione.
La tassa originale sulla sterilità fu adottata durante la seconda guerra mondiale e durò fino alla disgregazione dell’Unione Sovietica. La tassa si applicava agli uomini di età compresa tra i 20 e i 50 anni e alle donne sposate di età compresa tra i 20 e i 45 anni.
«Dobbiamo incoraggiare la nascita di bambini», ha detto sabato alla radio Evgenij Fedorov del partito al potere Russia Unita – il partito del presidente Vladimiro Putin – aggiungendo che le entrate fiscali potrebbero essere utilizzate per finanziare programmi di welfare esistenti e futuri progettati per aiutare le famiglie con bambini.
«Dovremmo introdurre una tassa per questa causa? Se non avremo abbastanza soldi per tali progetti, dovremmo farlo», ha detto il parlamentare, che fa parte della commissione parlamentare per il bilancio e la tassazione. «Non è una punizione, ma una soluzione al problema».
Nel corso degli anni, politici e funzionari ecclesiastici hanno ventilato l’idea di una tassa simile. La misura proposta ha però i suoi oppositori. Nina Ostanina, presidente della commissione per gli affari familiari della Duma, ha dichiarato domenica che una tassa del genere funzionerebbe solo in un sistema socialista. «Viviamo in una società assolutamente diversa», ha dichiarato la Ostanina.
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La deputata di Russia Unita Svetlana Bessarab ha dichiarato al sito di notizie Lenta.ru che una tassa sulla mancanza di figli equivarrebbe a «una discriminazione contro le persone che non hanno figli». Ha aggiunto che sarebbe «davvero una punizione, indipendentemente da come la chiamiamo».
Una tassa sulla nulliparità metterebbe nei guai l’Europa Occidentale, quantomeno ai suoi vertici.
Nel 2017 si registrò il record di leader europei senza figli: Emmanuel Macron (presidente francese), Angela Merkel (cancelliere tedesco), Theresa May (premier britannico), Paolo Gentiloni Silveri (primo ministro italiano), Mark Rutte (premier olandese), Stefan Löfven (primo ministro svedese), Xavier Bette (premier del Lussemburgo), Nicola Sturgeon (premier scozzese) costituirono una mirabile infilata di élite antiproletaria, nel senso si priva di prole e distantissima da essa.
Aggiungendo il compianto Shinzo Abe, il G7 diveniva un consesso di famiglie in estinzione.
Senza figli, ma con quattro cani clonati in USA, e il nuovo presidente argentino Javier Milei, il quale – sedicente «istruttore di sesso tantrico» – deve aver praticato la tecnica esoterica tantrista della ritenzione del seme con la stessa passione con cui ha studiato gli dei dell’ultraliberismo come Milton Friedman e Murray Rothbard.
Non è noto se Olaf Scholz abbia figli o abbia continuato il cancellierato nulliparo della Merkel, che era chiamata ingiustamente in Germania Mutti, «mammina», più per le sue forme e i suoi modi accomodanti che per la generazione di una famiglia.
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Bioetica
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Famiglia
L’Irlanda vota per mantenere il linguaggio «sessista» nella sua Costituzione
Gli elettori irlandesi hanno respinto a stragrande maggioranza la proposta di rivedere la definizione di famiglia nella Costituzione del Paese e di rimuovere la menzione dei «doveri domestici» delle donne. Sia il governo che i partiti di opposizione hanno sostenuto che il testo attuale contiene un linguaggio antiquato e sessista sulle donne e sul loro ruolo nella società.
Venerdì si è svolto il referendum in materia, in significativa concomitanza con la Giornata internazionale della donna.
Agli elettori è stata offerta la possibilità di espandere la tutela costituzionale delle famiglie per includere quelle fondate su «relazioni durevoli» diverse dal matrimonio. È stato anche proposto loro di eliminare la clausola sul dovere dello Stato di «garantire che le madri non siano costrette, per necessità economica, a impegnarsi nel lavoro trascurando i loro doveri domestici».
Secondo i risultati ufficiali diffusi sabato sera, il 67,7% ha votato contro la ridefinizione della famiglia, mentre quasi il 74% ha respinto la rimozione della clausola dei «doveri domestici».
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«Penso che sia chiaro in questa fase che i referendum sull’emendamento sulla famiglia e sull’emendamento sull’assistenza sono stati sconfitti», ha detto sabato il primo ministro di origine indiana Leo Varadkar, il primo premier irlandese gay dichiarato, in una conferenza stampa a Dublino, ammettendo che le autorità non sono riuscite a convincere la maggioranza dell’opinione pubblica.
In precedenza aveva sostenuto che il voto per il «no» sarebbe stato «un passo indietro» per i diritti delle donne e aveva criticato «il linguaggio molto antiquato e molto sessista» della costituzione. Anche il vice primo ministro Micheal Martin ha espresso la sua frustrazione per i risultati, ma ha sottolineato che il governo li «rispetta pienamente».
Secondo i media irlandesi, la formulazione vaga degli emendamenti, i problemi di comunicazione e la campagna poco brillante sono stati tra i motivi per cui la gente ha votato «no».
Adottata nel 1937, la costituzione irlandese è stata fortemente influenzata dalla Chiesa cattolica e, secondo i critici, riflette posizioni conservatrici sulle questioni sociali.
Nell’ultimo decennio, tuttavia, il Paese ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso e ha abrogato il divieto quasi totale di aborto, dopo una campagna finanziata ampiamente da potentati economici internazionali interessati per qualche ragione a introdurre il figlicidio anche nella terra di San Patrizio.
Come riportato da Renovatio 21, ora il 95% delle donne irlandesi uccide il proprio figlio nel grembo materno se i test indicano che il bambino potrebbe avere la sindrome di Down.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
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