Spirito
Arcivescovo polacco attacca il Sinodo

Mons. Stanisław Gądecki, arcivescovo di Poznań e presidente della Conferenza episcopale polacca, ha rilasciato una lunga intervista a Catholic World Report dove analizza la prima parte del sinodo sulla sinodalità svoltosi a Roma. Fa numerose critiche alla sostanza e alla forma.
Sul metodo
«Poiché tutti erano invitati a partecipare, la voce “non cattolica” era talvolta più udibile di quella “cattolica”», nota il presule. «La diversità di opinioni, a volte al limite dell’ortodossia, si è riflessa in parte nel documento finale».
Mons. Gadecki ammette che il sistema dei circoli minori, dove «era necessario “ascoltare senza pregiudizi”» non è favorevole al dialogo, «vale a dire alla ricerca razionale della verità». E la distribuzione dei temi «assegnati preventivamente a ciascun tavolo (…) escludeva conversazioni su altri argomenti».
L’influenza dei laici sulla natura del sinodo e sulla partecipazione
Il presule rileva che «il Papa ha convocato un sinodo dei vescovi, ma la parola “vescovi” è stata rimossa ed è rimasto solo il “sinodo”». Tuttavia «una realtà del genere non esiste né nel diritto canonico né nella tradizione della Chiesa». Il termine «dei “vescovi” è stato quindi ristabilito».
Il presidente della conferenza episcopale polacca riconosce che «probabilmente meno dell’1% dei cattolici ha partecipato all’intero processo di consultazione». Ma «il modo in cui sono stati nominati i non-vescovi solleva interrogativi» sulla loro rappresentatività: chiesa, diocesi o parrocchia?
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I temi più discussi
«Il Sinodo è stato dedicato alla sinodalità, cioè alla ricerca di soluzioni su come organizzare i rapporti tra i diversi stati di vita all’interno della Chiesa, come vescovi, sacerdoti, religiosi e laici», riassume il presule.
Intrusione del Cammino sinodale
L’arcivescovo di Poznan rivela che «il giorno dell’inaugurazione abbiamo tutti ricevuto via e-mail i documenti del Cammino sinodale tedesco». Egli accusa: «interpreto questo invio come un tentativo di estendere i problemi tedeschi a tutta la Chiesa. Questi documenti attingono fortemente alla teologia protestante e al linguaggio della politica moderna».
I tedeschi hanno «la convinzione che la Chiesa debba conformarsi al mondo adottando un sistema democratico e le norme di una burocrazia liberale». Il prelato afferma: «in Germania la Chiesa è molto burocratica. Da qui la volontà di limitare il potere dei vescovi e costruire una struttura di potere secolare parallela alla struttura gerarchica, nonché di vigilanza sui vescovi».
Mons. Gadecki ricorda che in una delle sue dichiarazioni «mons. Georg Bätzing ha affermato di essere riuscito a includere tutti i postulati tedeschi nella bozza finale del Sinodo. C’è il rischio che i Padri sinodali, quando voteranno il documento finale l’anno prossimo, approvino di fatto le istanze del Cammino sinodale, anche se con una formulazione leggermente diversa».
Sulla benedizione delle coppie omosessuali
Il vescovo è molto chiaro: «una benedizione (bene-dictio) significa “dire una cosa buona”. La benedizione delle unioni omosessuali significherebbe che la Chiesa approva i rapporti sessuali all’interno di una coppia dello stesso sesso. Ciò che è sempre stato definito peccato diventerebbe allora una cosa positiva».
Il prelato ricorda la distinzione tra inclinazioni e atti omosessuali. I primi, anche se disordinati, non sono peccati. Questi ultimi sono e «non saranno in nessun caso approvati dalla Chiesa». La Chiesa chiama le persone con tali inclinazioni ad una vita di castità, sempre possibile con la grazia.
Sottolinea che le persone con queste inclinazioni e che seguono i comandamenti di Dio sono ferite: «non trovano più l’insegnamento della Chiesa ma spesso il linguaggio del movimento LGBT che rifiutano». «Si sentono abbandonati dalla Chiesa».
Il prelato nota «che i rappresentanti del gruppo americano Courage – che aiuta le persone con tendenze omosessuali a santificarsi – non sono stati invitati al Sinodo. D’altra parte sono stati inclusi rappresentanti di altre correnti».
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Sul diaconato femminile
Mons. Gadecki ricorda che «il tema viene ripetuto tre volte nel Rapporto. Ma si tratta piuttosto di rifiutare la discriminazione. Ciò suggerisce che non si tratta del diaconato, ma della posizione delle donne nella Chiesa». Il vescovo spiega che le «diaconesse» originarie aiutavano nel battesimo per immersione delle donne, per ragioni di modestia.
Quanto alle diaconesse introdotte nella Chiesa maronita nel 1736, le loro funzioni erano caritative. «A loro era proibito avvicinarsi all’altare e amministrare la santa comunione». Nota che le donne oggi sono autorizzate a fare molte più cose delle diaconesse maronite.
Il celibato dei preti
Mons. Gadecki difende il celibato sacerdotale. «La radicalità della rinuncia alla forma più bella dell’amore umano: il matrimonio e la famiglia, è il segno che Dio è una necessità assoluta per tutti noi. Chi mostrerà questa verità se non i pastori della comunità?».
Inclusione
Nel Sinodo si è usato molto il termine «inclusione», «ma cosa significa?», chiede il vescovo. «Prima del sinodo, il termine era chiaramente definito nel linguaggio politico laico. Deve essere associato alla pianificazione familiare e al programma delle Nazioni Unite per le donne». I documenti di queste istituzioni «minano inequivocabilmente la distinzione tra uomini e donne».
La domanda che sorge spontanea è: «L’insegnamento di Cristo era inclusivo o esclusivo?». Cristo ha detto la verità, anche quella che da fastidio. “Voi avete per padre il diavolo” (Gv 8,44). L’inclusione non era la sua priorità. Il discorso sul pane della vita provocò la partenza di molti discepoli (Gv 6,66)».
San Paolo ordina ai cristiani di Corinto di escludere gli incestuosi dalla comunità. «”Lasciate quest’uomo a Satana per la morte della carne, affinché il suo spirito sia salvato nel giorno del Signore” (1 Cor 5,5). Aggiunge che non si deve “mangiare con un uomo simile” (1 Cor 5,11). Il Vangelo è stato offerto a tutti. Ma l’invito includeva un appello alla conversione e alla penitenza».
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Le scienze sociali assunte come fonti della fede
Molto giustamente il vescovo, visibilmente turbato, afferma: «l’inclusività non fa assolutamente parte della teologia cristiana. Viene dalle scienze sociali. La Chiesa è infallibile. Ma sembra che alcuni teologi e vescovi credano nell’infallibilità delle scienze sociali, e anche di alcune teorie dominanti, che presto scompariranno».
Mons. Gadecki prende di mira il Rapporto (III, 15, g): «frasi come “le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze” o dipendono da un complesso di inferiorità inconscio, o da un approccio superstizioso alla scienza».
Confusione dottrinale
Mons. Gadecki spiega i dubia dei cinque cardinali: «Sembra che i dubia siano stati principalmente una reazione ai postulati del Cammino sinodale, criticati più volte dal Vaticano in precedenza. Penso che il loro significato di fondo risieda nei dubbi sul modo in cui i cambiamenti vengono introdotti nell’insegnamento della Chiesa».
«Da un lato abbiamo dichiarazioni secondo cui nulla sta cambiando. D’altra parte abbiamo allusioni a papa Francesco, che vengono interpretate diversamente a seconda dei teologi e dei vescovi. I fedeli hanno bisogno di chiarezza in materia di fede e di morale. Il Papa deve affermare chiaramente la sua posizione, non strizzare l’occhio a destra o a sinistra».
Questa critica di mons. Gadecki conferma quanto detto dal cardinale Gerhard Müller sulla povertà dei contenuti del sinodo e sull’attivismo LGBT. Prende di mira inequivocabilmente l’atteggiamento generale di Francesco che «strizza l’occhio» un po’ qua e un po’ là, e mantiene una calcolata confusione su punti dottrinali.
La critica ha il merito della sincerità e della chiarezza.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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Mons. Viganò: «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa»

«Si definì “secondo” per far credere che si ponesse in continuità con il perenne Magistero Cattolico, così da poterlo adulterare usurpando l’Autorità della Chiesa e del Romano Pontefice» continua monsignore. «Pose le basi pseudo-dottrinali della odierna “chiesa sinodale” che intende sovvertire la costituzione gerarchica della Chiesa e il Papato». «Chi aderisce consapevolmente a questo “concilio” si rende responsabile della demolizione della Chiesa Cattolica e ratifica con la propria complicità il golpe conciliare e sinodale».Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto. – Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e… pic.twitter.com/c87pPRz84a
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 11, 2025
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Scontri tra Pakistan e Afghanistan

Sabato si sono verificati intensi scontri lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan, confermati da entrambe le parti, a seguito di accuse reciproche di violazioni dello spazio aereo e attacchi.
Il ministero della Difesa afghano ha dichiarato che le sue forze hanno condotto «operazioni di ritorsione efficaci» contro postazioni di sicurezza pakistane lungo la Linea Durand, in risposta a quelli che ha definito ripetuti attacchi aerei pakistani. La dichiarazione, condivisa su X dal portavoce Enayat Khowarazm, ha precisato che l’operazione si è conclusa intorno a mezzanotte.
Un funzionario provinciale pakistano, Jan Achakzai, ha confermato gli scontri, scrivendo su X che le forze pakistane hanno risposto con decisione all’«aggressione afghana», affermando che le forze afghane hanno compiuto attacchi non provocati in cinque o sei località lungo il confine, colpendo avamposti pakistani.
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La risposta dell’esercito pakistano è stata così intensa da costringere gli aggressori afghani a ritirarsi, lasciando vittime sul campo. Achakzai ha aggiunto che «i confini del Pakistan sono sicuri» e che il governo afghano non dovrebbe scambiare il desiderio di pace del Pakistan per debolezza.
Nessuna delle due parti ha fornito dettagli sulle vittime, e le affermazioni non possono essere verificate indipendentemente al momento.
L’episodio segue le esplosioni di giovedì a Kabul, che le autorità afghane hanno attribuito ad attacchi aerei pakistani, non confermati da Islamabad.
L’aumento delle tensioni tra i due Paesi è legato a questioni di sicurezza dei confini e alle attività dei militanti. Islamabad accusa Kabul di offrire rifugio ai combattenti del Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), accuse respinte dall’amministrazione talebana.
Gli scontri avvengono mentre il Ministro degli Esteri afghano Amir Khan Muttaqi è in visita in India per colloqui volti a rafforzare le relazioni diplomatiche ed economiche con Nuova Delhi. I funzionari afghani hanno dichiarato che il viaggio rientra negli sforzi per ampliare la cooperazione regionale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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