Persecuzioni
In Israele si rivendica il libero sputo contro i pellegrini cristiani
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che il suo governo non tollererà «condotta dispregiativa» contro le persone per la loro religione, dopo che residenti ebrei sono stati filmati mentre sputavano contro i pellegrini cristiani.
«Israele è totalmente impegnato a salvaguardare il sacro diritto di culto e di pellegrinaggio ai luoghi santi di tutte le fedi» ha scritto l’eterno premier dello Stato Ebraico su Twitter. «Condanno fermamente qualsiasi tentativo di intimidire i fedeli e mi impegno a intraprendere azioni immediate e decisive contro di esso».
Sebbene Netanyahu non abbia menzionato alcun incidente particolare, la dichiarazione è arrivata dopo che è emerso online un video che mostrava ebrei ultra-ortodossi, compresi bambini, sputare contro i cristiani nella Città Vecchia di Gerusalemme all’inizio di questa settimana.
L’episodio ha avuto luogo durante le celebrazioni della festa ebraica di Sukkot, nonché della Festa dei Tabernacoli.
קבוצה של צליינים יוצאת עם הצלב לרחוב שער האריות ונתקלת בקבוצה של מתפללים יהודים עם 4 המינים ואז מתחילות היריקות. ספרתי לפחות 7 בכמה שניות. pic.twitter.com/YjqaknATLw
— نير حسون Nir Hasson ניר חסון (@nirhasson) October 2, 2023
A differenza di Netanyahu, alcuni esponenti politici israeliani hanno reagito rivendicando il libero sputo sui cristiani.
L’attivista ortodosso ed ex portavoce del partito israeliano di estrema destra Otzma Yehudit, Elisha Yered, ha difeso la pratica di «sputare vicino a chiese o monasteri», definendola una «antica tradizione ebraica», aggiungendo che «abbiamo dimenticato cosa sia il cristianesimo», facendo riferimento a una serie di atrocità storiche commesse contro gli ebrei.
Mercoledì la polizia israeliana ha annunciato di aver arrestato cinque persone sospettate di sputare contro i cristiani. «Sfortunatamente, assistiamo ai continui vergognosi atti di odio nei confronti dei cristiani nella Città Vecchia di Gerusalemme, principalmente attraverso gli sputi da parte degli estremisti», ha detto il comandante della polizia distrettuale di Gerusalemme Doron Turgeman.
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Anche il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha condannato gli sputi sui cristiani, ma ha sostenuto che «non si trattava di un procedimento penale».
«Penso che dobbiamo agire in tal senso attraverso l’istruzione e l’educazione. Non tutto giustifica un arresto», ha detto Ben Gvir, che è anche membro del partito religioso ebraico di governo Otzma Yehudit.
Il partito sionista è considerato erede del partito Kach, poi dissolto da leggi anti-terroriste varate dal governo Rabin nel 1994, fondato dal rabbino americano Mehir Kahane. Kach è nella lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche di USA, Canada e, fino al 2010, su quella del Consiglio dell’Unione Europea. Il ministro Ben Gvir era associato al movimento.
In estate un giornalista israeliano si era vestito da francescano per testimoniare il numero incredibili di sputi ricevuto dagli ebrei per le strade di Gerusalemme. Il fenomeno dello sputo sul cristiano è oramai discusso apertamente da giornali ed autorità.
Le limitazioni imposte ai cristiani e le profanazioni di chiese e monasteri, oltre che gli attacchi veri e propri, oramai non si contano, nel silenzio totale dei Paesi un tempo cristiani, indifferenti alle nuove persecuzioni.
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Persecuzioni
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Cina
Cina, il vescovo Zhang e gli altri cattolici ridotti al silenzio
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nell’Henan apre nuove ferite anziché sanarle l’ordinazione episcopale avvenuta ieri. Il vescovo sotterraneo di cui Roma ha accolto la rinuncia è ancora sotto stretto controllo, non ha potuto partecipare alla cerimonia del suo successore e nemmeno la famiglia può vederlo. Il commento di un sacerdote: «Pechino viola lo spirito dell’Accordo. Non è la prima volta che veniamo umiliati. La Chiesa non si sostiene con il potere, ma con la fede».
«Il vescovo Zhang Weizhu è ancora sotto stretto controllo, senza libertà; la sua famiglia non può nemmeno vederlo o ricevere un segno della sua sicurezza, e tuttavia si annuncia al mondo che è stato reso “emerito”». È quanto fonti di AsiaNews riferiscono dall’Henan all’indomani della cerimonia di ordinazione episcopale del nuovo prefetto apostolico di Xinxiang, mons. Li Jianlin e del contestuale annuncio da parte della Santa Sede della rinuncia dell’attuale ordinario – mons. Zhang Weizhu, appunto – un vescovo di 67 anni ordinato clandestinamente nel 1991, che non era mai stato riconosciuto dalle autorità cinesi e anzi anche apertamente perseguitato per il suo rifiuto di aderire all’Associazione patriottica.
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Le modalità di questo passaggio hanno lasciato grande amarezza tra i fedeli delle comunità sotterranee locali. «Il vescovo Zhang Weizhu – raccontano – non ha potuto partecipare alla cerimonia, né ha avuto la possibilità di far sentire la sua voce, mentre all’esterno viene consegnata una storia “perfetta”. Quello che perdiamo non è solo la trasparenza e il rispetto, ma il fatto che un pastore venga trattato come un elemento di un procedimento, e non come una persona viva, con carne e sangue. Che la verità non venga messa a tacere – chiedono – che chi soffre possa essere visto, e che la Chiesa – in qualsiasi circostanza – non si abitui mai a considerare l’ingiustizia e il silenzio come qualcosa di “normale”».
Questa mattina il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni ha diffuso una nuova dichiarazione in cui si riferisce di una cerimonia durante la quale oggi le autorità locali hanno riconosciuto civilmente la dignità episcopale del vescovo emerito mons. Giuseppe Zhang Weizhu. E commenta che «tale provvedimento è frutto del dialogo tra la Santa Sede e le autorità cinesi e costituisce un nuovo importante passo nel cammino comunionale della circoscrizione ecclesiastica».
Va però precisato che il comunicato diffuso sulla stessa cerimonia da China Catholic – il sito dell’Associazione patriottica – racconta che il presule, dopo essere stato tenuto lontano ieri dall’ordinazione del suo successore, avrebbe tenuto un discorso «esprimendo la necessità di aderire al patriottismo e all’amore per la religione, di attenersi al principio di chiese indipendenti e autogestite, di seguire l’orientamento della sinicizzazione del cattolicesimo nel nostro Paese e di contribuire alla costruzione complessiva di un moderno Paese socialista e alla promozione complessiva della grande rinascita della nazione cinese».
Parole decisamente improbabili sulla bocca di mons. Zhang e che lasciano forti dubbi sul tenore di questa cerimonia, del tutto analoga a quella avvenuta a settembre a Zhangjiakou per l’altro vescovo sotterraneo mons. Agostino Cui Tai.
Sui comunicati ufficiali relativi all’ordinazione del nuovo vescovo della prefettura apostolica di Xinxiang e su quanti invece sono stati ridotti al silenzio, pubblichiamo qui sotto un commento inviato ad AsiaNews da un altro sacerdote appartenente a una «comunità sotterranea» dei cattolici cinesi.
Il 5 dicembre 2025, nella prefettura apostolica di Xinxiang, è stata celebrata l’ordinazione episcopale di padre Francesco Li Jianlin. Nello stesso giorno, il governo cinese ha pubblicato un comunicato ufficiale, seguito poi dall’ annuncio della Santa Sede.
In apparenza, tutto sembra rientrare in una «nomina episcopale avvenuta secondo l’Accordo Provvisorio sino-vaticano». Ma chi conosce anche solo un poco la realtà ecclesiale in Cina sa che tra questi due comunicati esiste un vasto spazio di silenzi. E proprio in questi spazi si trovano coloro che sono stati esclusi.
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1. Lo splendore dei comunicati e le assenze nella realtà
Il comunicato cinese ha enfatizzato la «solenne celebrazione», elencando i membri della Conferenza episcopale cinese presenti alla cerimonia, senza però menzionare l’ordinario legittimo della prefettura di Xinxiang, mons. Zhang Weizhu, neppure con un cenno formale.
Il comunicato vaticano, con il suo consueto linguaggio prudente e istituzionale, afferma: il Santo Padre ha accettato la rinuncia di Mons. Zhang.
Ma la realtà non detta è un’altra:
– mons. Zhang non è stato autorizzato a partecipare all’ordinazione del suo successore;
– pur essendo l’Ordinario legittimo, è stato tenuto completamente ai margini, come se non fosse mai esistito;
– sacerdoti e religiose della comunità «non ufficiale» non hanno ricevuto alcuna informazione, né invito di partecipazione;
– alcuni laici responsabili di parrocchia sono stati convocati «per un colloquio preventivo» o addirittura trattenuti per evitare la loro presenza.
Una celebrazione che avrebbe dovuto coinvolgere l’intera Chiesa locale si è trasformata in una cerimonia ristretta, controllata da pochissimi.
2. Come una celebrazione può rendere di nuovo «sotterranea» la comunità sotterranea
Quando a mons. Zhang fu chiesto di presentare la rinuncia, egli avrebbe posto una sola condizione: «Che si possa provvedere in modo dignitoso alla situazione dei sacerdoti e delle religiose della comunità sotterranea».
Era la richiesta di un pastore che, nonostante anni di sorveglianza, restrizioni e pressioni, continuava a preoccuparsi soltanto del suo popolo.
La realtà, però, ha dimostrato il contrario:
– i sacerdoti sotterranei non sono stati inclusi in alcuna disposizione;
– non è stata elaborata nessuna lista, nessun riconoscimento, nessuna regolarizzazione;
– nessuna comunicazione è stata fatta loro prima della cerimonia;
– molti hanno saputo dell’ordinazione soltanto tramite l’annuncio del governo.
Non è una soluzione ai problemi: è la creazione di nuovi conflitti. Non è la guarigione di vecchie ferite: è l’apertura di ferite nuove.
La Santa Sede afferma che tutto è avvenuto «secondo l’Accordo»; la parte cinese, tuttavia, ha proceduto secondo la propria logica, ignorando il ruolo di mons. Zhang, lo spirito dell’intesa e la situazione concreta della prefettura.
È il risultato di una trattativa profondamente asimmetrica: l’espressione dell’arroganza del potere statale e della sofferta sopportazione della Chiesa.
3. Mons. Zhang Weizhu: un vescovo reso invisibile, ma il più simile a Cristo
Qualunque sia la narrazione esterna, un fatto non può essere cancellato: prima di questa ordinazione, la prefettura apostolica di Xinxiang aveva un vescovo legittimo nominato dalla Santa Sede: mons. Zhang Weizhu.
Dopo anni di sorveglianza, restrizioni e isolamento, senza mai lamentarsi pubblicamente, egli è stato infine indotto a presentare la rinuncia. E proprio il giorno in cui viene ordinato un nuovo vescovo, lui, il pastore della diocesi, non può neppure varcare la porta della chiesa. È stato escluso in modo totale, silenzioso, quasi chirurgico, come un’ombra che si vuole cancellare dal tempo.
Ma né la storia né la memoria della Chiesa lo dimenticheranno.
Egli appare davvero come «l’agnello condotto al macello», silenzioso, mite, obbediente sotto la croce. Se in tutto questo c’è una vittoria mondana, la vittoria del Regno appartiene invece alla testimonianza di mons. Zhang.
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4. La rabbia cresce: una comunità ferita
Gli effetti di questa vicenda nella Chiesa locale sono profondissimi:
– i sacerdoti della comunità sotterranea provano una rabbia senza precedenti, sentendosi ignorati e annullati;
– religiose e fedeli vivono come una ferita il sentirsi esclusi dalla propria Chiesa;
– molti fedeli comuni non sapevano nulla di un evento così importante;
– parecchi seminaristi e sacerdoti si domandano: «Chi siamo noi? Che valore abbiamo nella nostra stessa Chiesa?»
Non è un dolore che un semplice comunicato possa guarire.
5. Dove andare?
Non siamo chiamati a essere ingenui, ma neppure a cedere alla disperazione.
Non è la prima, e non sarà l’ultima volta, che la Chiesa, dentro un sistema di forte controllo, si trova costretta al silenzio, alla umiliazione, alla sofferenza.
Tuttavia, continuiamo a credere che:
– la Chiesa non si sostiene con il potere, ma con la fede;
– un vescovo non è tale per volontà umana, ma per dono dello Spirito;
– la vera storia non è scritta nei comunicati, ma nella testimonianza;
– i dimenticati, gli esclusi, i silenziati sono spesso i segni più profondi di Dio nella storia.
Oggi Xinxiang sembra aprire un nuovo capitolo, ma molte ferite restano aperte e molti interrogativi senza risposta. Forse l’unica via è questa: andare verso la croce, verso la verità, verso Colui che vede ciò che gli uomini ignorano e non cancella mai nessuno dal suo cuore.
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6. Eppure, nonostante tutto: congratulazioni al nuovo vescovo e una preghiera di speranza
Nonostante le contraddizioni, le sofferenze e le tensioni irrisolte, con cuore filiale diciamo comunque: auguri per l’ordinazione del nuovo vescovo. Ogni vescovo è un dono alla Chiesa.
Per questo preghiamo con sincerità:
– che mons. Li Jianlin metta al primo posto il bene della Chiesa, al di là delle pressioni esterne o politiche;
– che possa davvero assumere il compito di ricostruire l’unità della prefettura, sanando le lacerazioni di tanti anni;
– che abbia un cuore di padre verso ogni sacerdote e religiosa, soprattutto verso coloro che oggi si sentono ignorati o esclusi;
– che non sia soltanto un vescovo ordinato, ma un vero pastore per questa terra ferita.
Il peso che porta non è leggero. La strada davanti a lui non sarà facile. Ma se lo Spirito ha permesso che questo giorno arrivasse, allora possiamo solo sperare che egli sappia trovare una via realmente evangelica nel mezzo di tante tensioni.
Che diventi strumento di unità, non di divisione;
che porti guarigione, non nuove ferite;
che risponda con sincerità, umiltà e coraggio alla voce di questo tempo.
Conclusione: Su una terra lacerata, continuare a credere nella Risurrezione
Ciò che Xinxiang vive non è solo una questione religiosa o politica, ma una manifestazione delle tensioni e delle prove del nostro tempo.
Eppure crediamo che:
– Dio agisce nei silenzi della storia;
– si manifesta nei dimenticati;
– pianta semi di risurrezione proprio nelle zone più oscure.
Che il nuovo vescovo sia custode di questi semi.
Che la croce di mons. Zhang diventi luce per la prefettura.
Che tutti coloro che sono stati esclusi, silenziati, dimenticati sappiano che per Dio nessuno è un «vuoto».
Non sappiamo cosa riservi il futuro, ma sappiamo una cosa: Dio non abbandonerà la Sua Chiesa.
Un sacerdote della comunità sotterranea cinese
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Persecuzioni
Proposta di legge canadese potrebbe condannare la Bibbia come «incitamento all’odio»
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Un odio per la Bibbia
A ottobre, il deputato liberale Marc Miller ha affermato che alcuni passaggi della Bibbia erano «odiosi» per ciò che dicevano sull’omosessualità e che coloro che li recitavano avrebbero dovuto essere imprigionati. «Ci sono chiaramente situazioni in questi testi in cui queste affermazioni sono odiose», ha affermato Miller. «Non dovrebbero essere usate per invocare o fungere da difesa», ha aggiunto, scatenando immediatamente un’ondata di proteste da parte dei conservatori in tutto il Canada. Questo attacco non è di poco conto, perché un’analisi delle biblioteche storiche rivela numerosi testi che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione di questo emendamento, eppure solo la Bibbia è presa di mira, a dimostrazione di un chiaro «discorso d’odio» da parte del Miller. Logicamente, dovrebbe quindi essere il primo a soccombere a questa proposta di legge. Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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