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Bioetica

Anziani e Bioetica, il modello mantovano

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Abbiamo più volte parlato, sulle colonne di Renovatio 21, di quella che è stata una delle più grandi ecatombe mondiali degli ultimi tempi: la strage di anziani nelle RSA a causa del COVID-19.

 

I numeri reali delle morti, purtroppo, non potremo mai saperli. Se è vero che lo tsunami è sempre difficilmente prevedibile e ancora più difficilmente controllabile, è altrettanto indubbio che delle strutture per anziani ci si è occupati con grave ritardo, lasciando così che il sicario entrasse mietendo vittime senza trovare alcun tipo di opposizione. 

 

Delle strutture per anziani ci si è occupati con grave ritardo, lasciando così che il sicario entrasse mietendo vittime senza trovare alcun tipo di opposizione

Da operatore sanitario contagiato che lavora in una casa residenza per anziani posso dire di aver toccato con mano l’inadeguatezza, i ritardi e la superficialità con le quali si è fatto fronte alla gestione dell’emergenza, rivelatasi poi particolarmente devastante per tutto l’apparato socio-assistenziale riguardante le RSA.

 

Grazie al Cielo però ora qualcosa si muove, e sicuramente c’è chi non si accontenta di piangere per quanto successo senza far nulla di concreto. 

 

È il caso dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Mantova, che ha recentemente annunciato, attraverso una conferenza stampa, di aver ottenuto l’autorizzazione da parte del Comitato etico dell’azienda ospedaliera per iniziare un protocollo di sperimentazione di cura con il plasma iperimmune negli anziani ospiti delle case di riposo del territorio mantovano colpiti dal Covid-19.

 

l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Mantovaha ottenuto l’autorizzazione da parte del Comitato etico dell’azienda ospedaliera per iniziare una sperimentazion e con il plasma iperimmune negli anziani

Lo studio è guidato dal direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, Massimo Franchini, e dal direttore della Pneumologia Giuseppe De Donno, tutti e due dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova in collaborazione con i colleghi del Policlinico San Matteo di Pavia e in accordo con le indicazioni della Regione Lombardia.

 

Lo studio prende il nome di «Rescue» ed è già partito all’interno della struttura Green Park del Gruppo Mantova Salus, che da anni collabora al fianco dell’Ospedale Poma e che, fra le altre cose, gode della presenza del centro poliambulatoriale dotato di attrezzature radiologiche all’avanguardia.

 

Tuttavia, come ha voluto ribadire il direttore generale di Asst Mantova Raffaello Stradoni, la sperimentazione è aperta a tutte le RSA del territorio.

 

Il protocollo prevede la selezione dei pazienti — per ora lo studio ne coinvolgerà 120 —  in base a determinate caratteristiche. Ovviamente la prima richiesta è la certificata positività al Covid-19 insieme ad un quadro clinico che preveda polmonite e insufficienza respiratoria non gravissima.

 

Dopo due giorni dall’annuncio in conferenza stampa il team di De Donno si è subito messo al lavoro selezionando i primi due ospiti delle residenze Green Park

Dopo due giorni dall’annuncio in conferenza stampa il team di De Donno si è subito messo al lavoro selezionando i primi due ospiti delle residenze Green Park.

 

«È uno studio dall’alto valore etico, il cui obiettivo è quello di azzerare la mortalità in questa fascia della popolazione»  ha spiegato il Dott. De Donno.

 

«Stiamo facendo una cosa unica al mondo — ha proseguito il primario di pneumologia del Poma — in tutto coinvolgeremo 120 pazienti, non per forza tutti mantovani. Stiamo ricevendo altre offerte di collaborazione».

«È uno studio dall’alto valore etico, il cui obiettivo è quello di azzerare la mortalità in questa fascia della popolazione» spiega il dottor De Donno.

 

Indubbiamente siamo davanti all’unico lavoro concreto in grado di prendersi seriamente a cuore la popolazione anziana, cioè quella che ha pagato lo scotto più grande di questa pandemia senza che nessuno se ne preoccupasse più di tanto. 

 

Come ha ribadito più volte De Donno, questa sperimentazione «va a salvaguardare la memoria storica del nostro paese, rappresentata dagli anziani e che molto hanno sofferto a causa della pandemia».

 

Questa sperimentazione «va a salvaguardare la memoria storica del nostro paese, rappresentata dagli anziani e che molto hanno sofferto a causa della pandemia»

Il direttore dell’Asst Mantova, Raffaello Stradoni ha spiegato che «il Comitato etico dell’Asst di Mantova ha dato l’autorizzazione per proseguire con un’ulteriore sperimentazione sull’uso della terapia con il plasma convalescente, trattandosi di terapia sperimentale per usarlo su altri pazienti abbiamo bisogno di inserire quest’attività in una sperimentazione controllata che possa valutarne l’efficacia raccogliendo una serie di dati che possano essere utili al mondo scientifico. La sperimentazione autorizzata si basa sulla possibilità individuare pazienti ospitati nelle RSA che possano avere bisogno e beneficiare della terapia con plasma. Pazienti vanno selezionati, e sarà misurato il loro stato di salute prima e dopo la sperimentazione, confidenti possano trarne beneficio visto i precedenti».

 

Il Dott. Franchini invece, che come abbiamo detto guiderà il protocollo sperimentale insieme al Dott. De Donno, ha definito un «grande orgoglio e un grande piacere presentare questa nuova sperimentazione di cura da applicare nei pazienti anziani colpiti da Covid e ospiti nelle RSA. Il protocollo prevede la riduzione dei tempi di permanenza degli anziani nell’ospedale al tempo strettamente necessario ad applicare la terapia e poi il ritorno in residenza. Tutti i pazienti saranno seguiti attraverso un follow up strettissimo»

 

Dal dire al fare, come si suol dire, c’è sempre di mezzo il mare. In questo caso siamo davanti ad una realtà, quella mantovana che coinvolge l’Ospedale Carlo Poma, dove oltre ad aver detto — cosa, in tale circostanza riguardante gli anziani nemmeno troppo scontata — si è fatto.

Si è fatto qualcosa di veramente grande in favore degli «ultimi», dei dimenticati dall’interesse nazionale e sovranazionale soggiogato da logiche utilitariste

 

E si è fatto qualcosa di veramente grande in favore degli «ultimi», dei dimenticati dall’interesse nazionale e sovranazionale soggiogato da logiche utilitariste. 

 

Questi professionisti hanno colmato persino il vuoto della bioetica e dei bioetici, rimasti muti davanti a sì tanta indifferenza verso i deboli, laddove si è pure più volte parlato di «selezione» circa i pazienti da sottoporre alle cure in caso di collasso del sistema ospedaliero e dei reparti di rianimazione e terapia intensiva.

 

Questi dottori hanno colmato persino il vuoto della bioetica e dei bioetici, rimasti muti davanti a sì tanta indifferenza verso i deboli, laddove si è pure più volte parlato di «selezione» circa i pazienti da sottoporre alle cure in caso di collasso del sistema ospedaliero e dei reparti di rianimazione e terapia intensiva

Il Dott. De Donno, al quale non si può che essere enormemente riconoscenti per tutto ciò che ha fatto e sta facendo, attraverso questo nuovo protocollo ha ridato speranza e nuova linfa alla «memoria storica del nostro paese» e a quella che è l’ormai dimenticata etica medica.

 

Questo protocollo sperimentale, bioeticamente, vale più di tutti i libri e i convegni che bioeticisti o presunti tali hanno fatto negli ultimi anni. 

 

E se anche salverà un solo ospite di una casa di riposo — e siamo convinti che ne salverà molti di più — rimarrà nella storia della medicina come uno dei più importanti risultati ottenuti in questa drammatica esperienza.

 

 

Cristiano Lugli

 

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Bioetica

Medici britannici lasciano morire il bambino prematuro perché pensano che la madre abbia mentito sulla sua età

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Un bambino prematuro nato a 22 settimane è morto dopo che i medici in Gran Bretagna si sono rifiutati di somministrargli un trattamento salvavita. Lo riporta LifeSite.

 

Mojeri Adeleye è nato prematuro alla 22ª settimana, dopo che la madre aveva subito la rottura prematura delle membrane. Durante l’emergenza, la mamma e il bambino sono stati trasferiti in un altro ospedale, dove la data di gestazione è stata scritta in modo errato, etichettando Mojeri come se avesse meno di 22 settimane di gestazione.

 

Le linee guida raccomandano l’assistenza medica solo per i neonati prematuri nati dopo la 22a settimana di gestazione. Sebbene la madre di Mojeri avesse informato il personale medico dell’errore, questi non le hanno creduto e hanno lasciato che il bambino morisse.

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Secondo il rapporto del medico legale, la madre di Mojeri era stata visitata per gran parte della gravidanza presso l’ospedale locale ma a seguito di complicazioni, la donna è stata trasferita in un altro ospedale.

 

Tuttavia, è stato commesso un errore nelle note di riferimento e la madre di Mojeri è stata registrata come a meno di 22 settimane di gestazione. Le linee guida nazionali raccomandano che il trattamento salvavita venga fornito solo ai prematuri nati a 22 settimane di gestazione o dopo, e sebbene la madre di Mojeri abbia ripetutamente cercato di comunicare al personale la corretta età gestazionale, non le hanno creduto.

 

Quando la madre è entrata in travaglio, il personale si è rifiutato di fornire a Mojeri qualsiasi assistenza salvavita. Era, infatti, da poco più di 22 settimane di gestazione, come aveva insistito la madre. Poiché i medici non hanno fatto nulla, Mojeri è morto.

 

Il medico legale ha scritto nel rapporto: «Nel corso dell’inchiesta, le prove hanno rivelato elementi che destano preoccupazione. A mio parere, sussiste il rischio che si verifichino decessi in futuro, se non si interviene».

 

«Date le circostanze, è mio dovere legale riferirvi. Le questioni di interesse sono le seguenti: La mancanza di considerazione nei confronti della conoscenza da parte della madre di Mojeri della propria gravidanza e della data prevista del parto per Mojeri; La mancanza di discussione con i genitori di Mojeri sulle possibili misure da adottare in caso di parto prematuro prima della 22ª settimana».

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Le linee guida della British Association of Perinatal Medicine (BAPM) del 2019 raccomandavano che, se i bambini nascevano vivi a 22 settimane, venissero fornite cure «focalizzate sulla sopravvivenza»; in precedenza, le linee guida affermavano che i bambini nati prima delle 23 settimane non dovevano essere rianimati.

 

Dopo l’attuazione di queste linee guida, il numero di bambini prematuri sopravvissuti alla 22ª settimana è triplicato. Prima di allora, i bambini prematuri considerati «troppo piccoli» venivano semplicemente lasciati morire.

 

Si stima che il 60-70% dei neonati possa sopravvivere alla nascita prematura a 24 settimane di gestazione. Tuttavia, fino al 71% dei neonati prematuri, anche quelli nati prima delle 24 settimane, può sopravvivere se riceve cure attive anziché solo cure palliative. E sempre più spesso, i bambini sopravvivono anche a 21 settimane, scrive Lifesite, che ricorda: «non tutti i bambini sopravvivranno alla prematurità estrema, ma meritano almeno di avere una possibilità».

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata

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Bioetica

L’amministrazione Trump condanna la «persecuzione della preghiera silenziosa» fuori dagli abortifici britannici

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Il Dipartimento di Stato americano sta mettendo in guardia Londra per aver violato la libertà di parola dei cittadini inglesi pro-life, definendolo un affronto ai «valori condivisi» tra le due nazioni.   Il Telegraph ha riferito che il Dipartimento di Stato ha rilasciato una dichiarazione accusando uno dei suoi più stretti alleati geopolitici di «violazione palese del diritto fondamentale alla libertà di parola», citando specificamente «molti casi di buffer zone [zona cuscinetto, ndr] nel Regno Unito, nonché altri atti di censura in tutta Europa».   «La persecuzione della preghiera silenziosa da parte del Regno Unito rappresenta non solo una grave violazione del diritto fondamentale alla libertà di parola e alla libertà religiosa, ma anche un preoccupante allontanamento dai valori condivisi che dovrebbero fondare le relazioni tra Stati Uniti e Regno Unito», ha affermato un portavoce. «È di buon senso che restare in silenzio e offrire una conversazione consensuale non costituisca un danno».   Il rimprovero si riferisce all’istituzione nel Regno Unito di zone «bolla» o «cuscinetto» attorno alle strutture per l’aborto, apparentemente per proteggere le persone che vi entrano o ne escono da «molestie, abusi e intimidazioni». In pratica, tuttavia, hanno portato a multe salate contro attivisti pro-life pacifici.

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All’inizio di quest’anno, la scienziata in pensione Livia Tossici-Bolt è stata dichiarata colpevole e condannata a pagare 20.000 sterline (23.200 euro) per aver esposto un cartello con la scritta «qui per parlare, se vuoi» a 150 metri dal centro aborti BPAS di Bournemouth, riporta LifeSiteNews. Rose Docherty, una nonna scozzese di 75 anni, è stata arrestata in circostanze simili, ma le accuse sono state ritirate tra le proteste internazionali.   Un portavoce del governo britannico ha risposto con una breve dichiarazione: «la libertà di parola è fondamentale per la democrazia, anche qui nel Regno Unito, e siamo orgogliosi di sostenere le libertà garantendo al contempo la sicurezza dei cittadini».   A maggio, l’amministrazione Trump ha inviato una delegazione del Dipartimento di Stato in Inghilterra per indagare sulla situazione della libertà di parola, incontrando anche Tossici-Bolt, Docherty e altre vittime simili, e per riferire sulle loro conclusioni per «affermare l’importanza della libertà di espressione nel Regno Unito e in tutta Europa».   Resta da vedere come ciascuna delle due nazioni darà seguito allo scambio. Le relazioni tra gli Stati Uniti e le nazioni europee, incluso il Regno Unito, sono attualmente tese su più fronti, tra cui la campagna del presidente Donald Trump per la revisione degli accordi commerciali internazionali e la difficoltà delle nazioni occidentali a concordare una strategia unitaria in risposta all’invasione russa dell’Ucraina.   Come riportato da Renovatio 21, nel suo storico intervento di accusa alla decadenza tirannica europea dato alla Conferenze di Sicurezza di Monaco 6 mesi fa, il vicepresidente statunitense JD Vance aveva definito «follie» gli arresti dei pro-life britannici che pregavano in silenzio.   La psicopolizia britannica è arrivata a condannare per aver pregato con il pensiero almeno due persone: il veterano dell’esercito britannico Adam Smith-Connor, 51 anni, che ha ottenuto la scarcerazione condizionale per due anni (vale a dire che è in libertà vigilata per due anni) e gli è stato ordinato di pagare le spese legali pari a 9 mila sterline (circa 10 mila euro) dal giudice distrettuale presso il tribunale di Poole, nel Dorset: lo Smith-Connor era stato arrestato nei pressi dell’attività di aborto di Bournemouth del British Pregnancy Advisory il 14 novembre 2022, dopo aver pregato in silenzio per suo figlio Jacob, abortito 22 anni fa; Isabel Vaughan-Spruce, un’altra cittadina britannica che è stata arrestata per preghiera silenziosa, che ha ricevuto due mesi fa 13 mila sterline (circa 15 mila euro) di danni e delle scuse dalla polizia.

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Bioetica

L’aborto ha spazzato via il 28% della generazione Z. E molto, molto di più

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Statistiche ampiamente condivise in rete questa settimana riportano che circa il 28% della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) negli USA è stata abortita nel grembo materno. Lo scrive LifeSite.

 

Secondo le stime del Guttmacher Institute (il braccio di ricerca e sviluppo del grande abortificio multinazionale Planned Parenthood) sul numero di aborti eseguiti ogni anno negli Stati Uniti dal 1997 al 2011, gli anni di nascita della Generazione Z, circa 19,5 milioni di esseri umani concepiti in quella generazione, sono stati soppressi attraverso l’aborto. Attualmente si stima che negli Stati Uniti ci siano 69,3 milioni di membri della Generazione Z.

 

I dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che il tasso di aborti tra i bambini della Generazione Z negli Stati Uniti corrisponde quasi alla percentuale stimata di bambini non ancora nati uccisi dall’aborto in tutto il mondo: il 29%, ovvero tre gravidanze su 10.

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Le statistiche di Inghilterra e Galles mostrano tassi di aborto molto simili. «la percentuale di concepimenti che hanno portato all’aborto è stata del 29,7%; si tratta di un aumento rispetto al 26,5% del 2021 e della percentuale più alta mai registrata», ha rilevato un rapporto dell’Office of National Statistics (ONS) basato sui dati del 2022.

 

Ricordiamo anche che queste statistiche risultano calcolabili pure per realtà apparentemente distanti come il Giappone, con dati nel periodo post-bellico che indicavano l’aborto di circa un terzo dei concepiti, con casi allucinanti di infanticidi – che oggi la Finestra di Overton vuole che chiamiamo «aborti post-natali» – come quello di Miyuki Ishikawa, detta «Oni-sanba», ostetrica che avrebbe ucciso almeno 86 bambini (qualcuno parla di una cifra doppia) affidatile negli anni dell’immediato dopoguerra.

 

Non si tratta di numeri sconosciuti anche all’Italia, dove per anni le nascite sono state attorno alla cifra di 500 mila, con le interruzioni di gravidanza sopra i 100.000, con un calo sensibile nell’ultimo decennio, in linea tuttavia con il calo delle nascite, specie dopo la pandemia.

 

Anche in Italia, dunque, abbiamo avuto una percentuale di generazioni spazzate via sopra il 20%, in pratica una piccola guerra condotta contro il Paese stesso, ma legalizzata e pagata dal contribuente – o una serie di bombe atomiche, i cui effetti si misurano in megadeath («megamorte», un milione di individui sterminati).

 

Come scritto anni fa da Renovatio 21, negli anni l’Italia dell’aborto ha subito una devastazione umana molto superiore a quella di Hiroshima e Nagasaki, con almeno 6-7 megadeath di danno alla popolazione. E parliamo solo delle cifre ufficiali, che non includono gli embrioni distrutti dalle provette, che sono già in numero maggiore di quelli trucidati dall’interruzione volontaria di gravidanza.

 

Se non volete pensarlo in percentuale, pensatelo così: 6 milioni di persone uccise, sono perfettamente pensabili come un attacco atomico che cancella tutto il Triveneto, o la Sicilia e la Calabria assieme, o l’Emilia-Romagna con l’Umbria e le Marche, o tutto il Lazio e zone limitrofe, o due terzi della Lombardia.

 

Come avevamo scritto oramai più di 10 anni fa: «Per quanto possa sembrare allucinante, dobbiamo guardare in faccia la realtà: l’Italia è una rovina post-atomica. E neppure lo sa».

 

Le cifre divenute virali questa settimana non includono mai – perché è un calcolo che i pro-life, specie italiani, non hanno l’intelligenza di fare – quello che qualcuno chiama il ghost number. Proviamo a pensare le cifre americane: e 6.392.900 femmine abortite tra il 1973 e il 1982 avrebbero oggi 25-40 anni, e quindi con alta probabilità almeno un figlio di media (chi due, chi cinque, chi zero). Otteniamo così la cifra di 54.853.850 persone spazzate via dall’anagrafe, sottratte alla società.

 

Un danno di quasi 55 megadeath: come se il temuto showdown nucleare con la Russia, fosse avvenuto – e senza che i sovietici sparassero un solo colpo. Basandosi sulle attuali statistiche demografiche americane, è possibile calcolare che tra questi 55 milioni vi potrebbero essere stati 7 giudici della Corte Suprema, 31 premi Nobel, 6000 atleti professionisti, 11.010 suore, 1.102.403 insegnanti, 553.821 camionisti, 224.518 camerieri, 336.939 spazzini, 134.028 contadini, 109.984 poliziotti, 39.447 pompieri, 17.221 barbieri.

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Soprattutto, e questo deve essere meditato profondamente dalle femministe, in questo immane turbine di morte sono state disintegrate 27.426.925 donne. Le quali sono, senza dubbio alcuno, il bene più prezioso che esista sulla Terra: ogni cellula uovo che la donna ovulerà in tutta la sua vita, è già formata dal feto a poche settimane dal concepimento. La prima cellula del nostro corpo – l’ovocita – già esisteva dentro nostra madre quando era un feto, venti, trenta, quaranta anni prima che venissimo alla luce. Un’autentica, insondabile meraviglia: la vita contenuta dentro la vita.

 

L’aborto interrompe questa catena superiore. Come diceva un detto ebraico: chi uccide un uomo uccide l’umanità; ammazzi qualcuno e rovini per sempre le generazioni che seguiranno. Peggio di un fallout radioattivo, l’aborto reca un danno aberrante, che si accumula distruggendo il futuro – i figli, i figli dei nostri figli – su una scala che non possiamo immaginare.

 

Chi non crede a queste romanticherie scientifiche e umanistiche, pensi ai soldi: i 55 megadeath causati dall’aborto in USA rappresentano 55 milioni di lavoratori e consumatori americani che non pagano le tasse e non partecipano al mercato nazionale. Dal PIL, è possibile calcolare che l’aborto abbia causato all’economia americana un danno di 37 trilioni e 600 miliardi di dollari.

 

L’abisso di cui stiamo parlando non vi è stata ancora nessuna rappresentazione adeguata alla sua immensità apocalittica. Né la polemologia (la disciplina che nel Novecento si è dedicata allo studio della guerra), né la psicologia, né la sociologia, né la filosofia paiono comprendere questo Inferno per intero.

 

No, non è solo un terzo della Generazione Z ad essere stato cancellato dall’aborto. È molto, molto di più.

 

Roberto Dal Bosco

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