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Spirito

L’apostolato della FSSPX e lo «stato di necessità»

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Un sito di matrice ciellina sta pubblicando, per qualche ragione, articoli di attacco contro la Fraternità San Pio X (FSSPX), il suo fondatore, la sua istituzione, i suoi stessi sacerdoti, anche con considerazioni molto gravi. Ignoriamo ad oggi, le motivazioni di questi improvvisi attacchi – nonostante qualche voce e qualche analisi che ci sia arrivata. Per fugare qualsiasi dubbio possano avere i fedeli riguardo alla FSSPX, la sua Santa Messa e i suoi sacerdoti, Renovatio 21 pubblica per gentile concessione del suo autore questo saggio di Don Mario Tranquillo uscito tredici anni fa per la pubblicazione della Fraternità San Pio X La Tradizione Cattolica (anno XXI, n° 3 [76], 2010, pag. 18 – 24)

 

 

Et respondens ad illos dixit:
Cuius vestrum asinus, aut bos
in puteum cadet, et non continuo
extrahet illum die sabbati? (Lc 14,5)

 

 

Anche dopo la rimozione delle cosiddette scomuniche si continua a definire illegittimo il ministero dei sacerdoti della Fraternità San Pio X, perché non inquadrato in una forma canonica. Infatti questi sacerdoti confessano e amministrano i sacramenti quasi fossero parroci, mentre le autorità ordinarie della Chiesa non hanno concesso loro alcun titolo per esercitare alcun tipo di ministero.

 

Ci proponiamo dunque in questo testo di esaminare a quale titolo i sacerdoti della Fraternità continuino ad esercitare il loro apostolato, e in base a quali norme divine e giuridiche. In effetti essi invocano spesso uno «stato di necessità»: che cos’è questo stato, e quali facoltà giuridiche permette di esercitare? È forse lo stato di necessità una sorta di giungla, di regressione a uno stato pre-sociale, o è invece una situazione straordinaria in cui si applicano norme straordinarie, mentre sarebbe erroneo pretendere di applicare alla lettera quelle ordinarie? Esiste cioè, di diritto e di fatto, una situazione tale da rendere impossibile o inutile o addirittura dannosa l’applicazione delle leggi positive ordinarie, e da esigere invece il ricorso all’applicazione di norme più alte, non certo arbitrarie ma previste dal legislatore e dal diritto divino?

 

In questo articolo vorremmo mostrare quanto sia assolutamente legittimo, opportuno e adeguato alla situazione il tipo di apostolato svolto dalla Fraternità San Pio X.

La necessità, definizione e divisione

Parliamo qui dello stato di necessità spirituale, cioè della necessità di ricevere i sacramenti (e secondariamente gli altri aiuti che predispongono alla ricezione dei medesimi, dai sacramentali all’istruzione alle varie opere di misericordia spirituale); non ci occupiamo dello stato di necessità corporale, che riguarda l’obbligo in carità di prestare soccorso secondo le opere di misericordia corporale.

Lo stato di necessità spirituale è di tre tipi, se lo dividiamo quanto alla sua gravità:

 

• necessità estrema: è quella di chi non può sottrarsi a un pericolo certo e prossimo di perdere la propria anima senza l’aiuto di un altro. Questo è il caso del bambino che rischia di morire senza battesimo o del peccatore in punto di morte che non sa o non può fare un atto di contrizione perfetta, che sia fedele o infedele.

• necessità grave: è quella che si supera solo con grave difficoltà, per esempio in caso di un pericolo prossimo di perdere la fede o la grazia. Questa necessità è tipica del peccatore in pericolo di morte (la differenza con la precedente sta nel fatto che qui si suppone che possa al limite salvarsi con un atto di contrizione perfetta), ma anche di chi corre un pericolo ravvicinato di perdersi senza aiuto.

 

• necessità comune: è quella di chi senza aiuto potrebbe cadere in peccato, anche se il pericolo potrebbe essere superato senza tale aiuto. Qui l’aggettivo comune indica il fatto che tale situazione è quella abituale alla maggior parte delle situazioni della vita degli uomini.

 

Chiaramente i pastori d’anime sono tenuti in giustizia a soccorrere i loro sudditi in tali necessità, peccando più o meno gravemente a seconda del tipo di necessità in cui quelli versano; gli altri sacerdoti (e anche i laici, al loro livello) possono essere tenuti in carità a prestare ausilio a coloro che sono nella necessità spirituale, ognuno secondo le proprie possibilità e con più o meno urgenza a seconda della gravità della necessità stessa.

La situazione attuale: necessità grave generale

Ora ci chiediamo quale sia la situazione attuale, quale stato di necessità sia quello in cui versano oggi i fedeli della Chiesa. In seguito cercheremo di capire come si possa e si debba venire in soccorso a tale situazione.

 

In tutta la Chiesa oggi esiste una crisi conclamata. Essa consiste essenzialmente nel fatto, ammesso fino a un certo punto anche pubblicamente dalla stessa suprema autorità della Chiesa, che è oggi quasi impossibile continuare a vivere da cattolici nelle strutture ordinarie della Chiesa (questo non inficia ovviamente l’indefettibilità della Chiesa, dato che entrano in gioco, come vediamo in questo articolo, i mezzi straordinari dei quali la Chiesa è dotata).

 

Tutti gli aspetti della vita cattolica sono diventati problematici: anzitutto la professione esterna e completa della fede senza ambiguità, ma anche la liturgia, la vita sacramentale, la vita di preghiera, l’insegnamento della fede tanto nel catechismo quanto nella formazione dei sacerdoti, l’insegnamento morale conforme alla dottrina in tutti i suoi aspetti, la frequentazione di un ambiente pericoloso per la fede etc.

 

Solo per fare un esempio concreto, basti pensare alla difficoltà oggettiva che incontra il fedele medio che necessita di ricorrere al sacramento della confessione: ammesso e non concesso che trovi un confessore disposto ad ascoltarlo e che creda ancora e realmente in questo sacramento, il fedele non ha più – generalmente parlando – le garanzie necessarie di essere confessato, istruito, guidato e assolto secondo la morale che ha sempre contraddistinto la prassi cattolica, con particolare riferimento al senso del peccato, al dramma del peccato mortale, alla conoscenza di ciò che è peccato, alla necessità della grazia per essere perdonati e salvarsi, etc.

 

Tutti questi fattori ovviamente non hanno lo stesso carattere generale, e non hanno nemmeno tutti la stessa importanza; né si trovano necessariamente tutti riuniti, né tutti sono ugualmente approvati o causati dalle autorità stesse. Li possiamo dividere in due grandi gruppi, il primo generale e uniforme ovunque, il secondo estremamente variabile.

 

1.

Anzitutto ogni fedele o sacerdote oggi si trova a dover prender posizione contro degli errori che sono comunemente diffusi nell’intero episcopato residenziale. Praticamente la totalità dei Vescovi diocesani professa, almeno esternamente, i principali errori del Vaticano IIE questa professione esterna d’errore (o al minimo un tacito assenso) è richiesta a tutto il clero, compreso quello che celebra l’antico rito, per potersi dire inserito nel quadro ufficiale della gerarchia e ottenere cura d’anime in modo ordinario.

 

I rarissimi esempi di parroci o altri pastori ordinari che conservano il loro posto pur prendendo chiaramente posizione contro le nuove dottrine e la nuova liturgia non alterano la sostanza del problema, semmai la confermano proprio per la loro eccezionalità. Quindi il cattolico (e in particolare il sacerdote) si trova nella oggettiva difficoltà di non cadere in una professione di fede quantomeno ambigua sulle nuove dottrine, e di non partecipare o approvare un culto che, secondo la notissima espressione dei Cardinali Ottaviani e Bacci, «si allontana in modo impressionante dalla dottrina cattolica sulla santa Messa definita a Trento».

 

Questo stato di cose, lo sottolineiamo di nuovo, è universale: siamo di fronte sotto questo aspetto a una necessità generale comune; il permanere di questa situazione sarebbe di per sé sufficiente a invocare tale stato di necessità.

2.

In secondo luogo a tale situazione universale si aggiungono mille ostacoli messi alla vita cattolica dagli stessi pastori, quelli che potremmo chiamare «gli abusi» di mille generi: da quelli pastorali e liturgici (anche oltre le nuove norme) alle enormità dottrinali, che vanno anche oltre la lettera del Vaticano II, e che vengono insegnate dal catechismo dei bambini fino ai seminari e alle università pontificie, passando per molte cattedre episcopali.

 

L’autorità suprema a volte condanna, a volte tollera, a volte incoraggia questo stato di cose; raramente passa a un’azione davvero efficace: questo perché si è giunti a una situazione di ingovernabilità, frutto dell’astensione da veri atti di Magistero (l’agire della volontà segue i principi cui l’intelligenza aderisce).

 

Una vasta letteratura dà ampio resoconto di queste mille situazioni. Tali abusi possono essere appunto più o meno gravi, più o meno palesi, o addirittura inesistenti: essi aggravano o alleviano lo stato di necessità, ma non ne cambiano la natura: per quello che abbiamo detto nel punto precedente, la necessità resta grave e generale.

 

Se cessasse la situazione descritta nel primo punto, cesserebbe anche lo stato di necessità, visto che da questi «abusi» si potrebbe uscire in modo ordinario, senza ricorrere a mezzi eccezionali. Diciamo che si potrebbe, non che sia facile: molti sacerdoti e fedeli, anche senza contestare il Vaticano II, non riescono neppure a evitare quegli abusi che sono contro le stesse nuove leggi, a causa della pressione che ricevono dall’ambiente in cui si trovano. Immaginate la difficoltà, ad esempio, anche solo di un parroco che volesse fare in modo che i ministri straordinari della Comunione diventino davvero straordinari (non parliamo nemmeno di un parroco che volesse ripristinare unicamente l’antica Messa).

 

Cosa si possa o si debba fare nella necessità grave generale

Secondo il Dictionarium morale et canonicum del card. Pietro Palazzini, specie di summa di tali scienze pubblicato alla vigilia del Concilio dai più grandi canonisti e moralisti romani, e che riprende quindi le dottrine più certe e le interpretazioni più ufficiali, la necessità grave comune corrisponde alla necessità estrema del singolo, in ragione della preminenza del bene comune sul bene privato. Questo punto ha due conseguenze che scaturiscono l’una dall’altra, la prima a livello dei doveri e la seconda riguardo ai poteri concessi in questa situazione.

Secondo i precetti della carità, è un dovere grave soccorrere il prossimo nell’estrema necessità, e secondo quanto detto sopra lo è anche nella grave necessità comune. Palazzini dice esplicitamente che ogni sacerdote anche senza cura d’anime è tenuto ex caritate a soccorrere sub gravi il prossimo nell’estrema necessità spirituale dandogli i sacramenti, anche con pericolo di vita. E che lo stesso è tenuto a fare nella grave necessità generale. In poche parole, quando tutta una comunità è in difficoltà chiunque sia in grado deve dare una mano secondo le sue possibilità.

 

Questo dovere di carità fonda anche le facoltà che la Chiesa dà ai sacerdoti in questi casi: in particolare tutti gli atti del potere d’ordine diventano leciti, e la giurisdizione per ascoltare le confessioni viene concessa a tutti i sacerdoti. Come è esplicitamente concesso dai canoni (c. 882; nc. 976), ogni sacerdote può lecitamente e validamente assolvere il fedele in punto di morte, cioè nell’estrema necessità; ma a quest’estrema necessità del singolo è appunto equiparata la grave necessità comune, non solo per i doveri ma evidentemente anche per le facoltà concesse onde poter adempiere a tali doveri; quindi attualmente ogni sacerdote può venire in soccorso al fedele che gli chiede l’assoluzione, ricevendo in quel preciso momento la giurisdizione necessaria per farlo a norma del diritto.

 

Si prendano come esempi analoghi le situazioni di alcuni Paesi di persecuzione, dove ogni sacerdote che può all’occasione prestare soccorso a dei fedeli lo può fare anche se questi non sono in punto di morte e non sono suoi sudditi.

Un principio speculare

Al concetto della grave necessità corrisponde specularmente il problema del grave incomodo. In generale il grave incomodo (o grave impedimento) nell’ordine spirituale è qualsiasi pregiudizio notevole per l’anima della persona o di terzi. Ora vi è un fondamentale principio morale e giuridico, ammesso da tutti i canonisti e i moralisti (cf. can. 20): Lex positiva non obligat cum gravi incommodo: in presenza di un grave incomodo ogni legge puramente positiva (cioè umana, non la legge naturale o quella divina) cessa di obbligare.

 

La grave necessità attuale poggia proprio sul fatto che ci sarebbe un grave incomodo per la fede, anzi spesso un vero e proprio ostacolo alla professione della medesima, nel rispettare numerose leggi positive anche ecclesiastiche. Per fare un esempio diverso, un sacerdote imprigionato dai persecutori può e deve celebrare la Messa e comunicare, specie se la morte è imminente per sé o per altri, purché osservi ciò che è diritto divino, cioè abbia pane di frumento e vino d’uva e dica le parole consacratorie; ma indubbiamente non è tenuto ad osservare le leggi liturgiche, né ad avere i paramenti etc., né a pronunciare tutte le preghiere del Messale: tutte prescrizioni gravi ma di diritto puramente ecclesiastico, che in quel momento non lo obbligano, poiché urge il precetto divino di comunicare in punto di morte.

 

La Fraternità San Pio X sarebbe completamente paralizzata nella sua opera se, ad esempio, fosse costretta ad osservare le leggi puramente ecclesiastiche circa l’apertura di nuove case o luoghi di culto, circa le ordinazioni con il consenso degli Ordinari dei luoghi, circa le limitazioni poste dal diritto al lecito esercizio del potere d’ordine etc. Infatti sarebbe impedita di fare tutte queste cose a meno di accettare in qualche modo la nuova dottrina (tale è indiscutibilmente la situazione attuale), il che sarebbe – molto più che un incomodo – un vero danno per la professione di fede.

 

Questo non vuol dire cadere in uno stato di anarchia, ma semplicemente capire che il ruolo delle leggi positive (e degli ordini singolari dei Prelati) è subordinato all’osservanza dei precetti divini, primo fra tutti l’obbligo di non cadere in ambiguità nell’espressione di fede, specie sui punti di dottrina che possono essere a rischio in un’epoca determinata. Non si passa all’illegalità, ma all’osservanza di leggi più elevate. Il bene comune vuole che in tali gravi casi ognuno agisca secondo le sue possibilità, che per il sacerdote sono quelle del potere d’ordine (cf. San Tommaso, Suppl. q. 8 a.6).

 

Questo stesso grave incomodo generale giustifica ad esempio il fatto di non presentarsi al proprio parroco per il matrimonio, dato il rischio oggettivo di dover partecipare a catechesi o funzioni di dubbia dottrina, o anche solo di sembrar aderire alle nuove dottrine, il che è certamente un grande pericolo per il massimo bene, la conservazione della fede. Si può quindi e in molti casi si deve ricorrere alla forma canonica straordinaria del matrimonio, esplicitamente prevista in caso di grave incomodo dai canoni, in presenza dei soli testimoni ed eventualmente di un qualsiasi sacerdote che possa benedire le nozze (c. 1098; nc. 1116).

 

Diamo qui un ulteriore spunto, che meriterebbe più ampia trattazione: a ben vedere, in ultima analisi è questo stesso principio insieme a quello della grave necessità generale che ha permesso l’ordinazione dei quattro Vescovi da parte di Mons. Lefebvre nel 1988. Fermo restando che sarebbe contro il diritto divino pretendere di conferire la giurisdizione episcopale, cosa propria al Romano Pontefice, non lo è di per sé il consacrare dei Vescovi quanto all’Ordine senza il di lui consenso (e infatti tale atto era punito fino a Pio XII solo con la pena della sospensione, segno che si tratta di disposizioni disciplinari).

 

Davanti quindi alla necessità grave per il bene generale di trasmettere il potere d’Ordine senza dover sottostare al grave incomodo (o meglio danno) di accettare un’ambigua professione di fede, venivano a cessare le leggi positive che obbligano a ottenere il consenso del Pontefice per consacrare dei Vescovi, e con esse le pene collegate a tale atto (come è esplicitamente previsto dal diritto stesso, che libera dalla pena chiunque abbia agito spinto dalla necessità: c. 2205 §2; nc. 1323).

 

Risposta a un’obiezione e conclusioni

Il vero punto di discordia con i novatori in questo ragionamento non è tanto su quali siano le facoltà o i doveri di ciascuno in uno stato di necessità come quello descritto, quanto l’esistenza di questo stato di necessità.

 

Evidentemente chi accetta e promuove o comunque giustifica le nuove dottrine, magari affermando che non sono nuove ma che sono in linea con il Magistero precedente, non può ammettere il primo motivo che noi abbiamo addotto per presentare la gravità universale della situazione attuale. Quanto al secondo punto, oggi molti sono disposti ad ammetterne l’esistenza, e le stesse autorità sembrano voler porre mano a questi cosiddetti «abusi»: in questo i difensori della continuità sono disposti a darci ragione, addossando quindi alla cattiva lettura del Concilio l’attuale situazione.

 

Tuttavia questo non sarebbe sufficiente a ricorrere ai mezzi estremi cui è ricorso mons. Lefebvre con la sua Fraternità. Soprattutto si rinfaccia alla Fraternità di invocare uno stato di necessità che le autorità smentirebbero, almeno per la sua componente essenziale.

 

In realtà si deve notare che non si può pretendere che chi è causa di questo stato di necessità, ovvero le autorità stesse, ne riconosca l’esistenza. Proprio in questo punto sta la specificità assoluta di questo stato di necessità. Indirettamente sono gli stessi fautori della continuità che attribuiscono alle dottrine conciliari la causa della situazione attuale.

 

Questi testi sarebbero stati l’oggetto di una cattiva lettura che dura ancor oggi, segno almeno che un qualche problema lo pongono. Occorre semplicemente capire che coloro che rifiutano l’esistenza dello stato di necessità sono gli stessi che accettano, sia pure in vari modi e misure, gli errori del Vaticano II: quindi il riconoscimento da parte dell’autorità di tali errori, che noi speriamo possa in qualche modo essere frutto dei colloqui romani e delle nostre preghiere, comporterà ipso facto il riconoscimento dell’esistenza dello stato di necessità, e probabilmente anche la cessazione del medesimo, almeno nella sua componente essenziale.

 

Per quanto ci riguarda, riteniamo che il non ricorrere al ministero straordinario di cui si avvale, rappresenterebbe per la Fraternità San Pio X una grave omissione ed un’imperdonabile mancanza di soccorso alle anime vittime della crisi attuale che attanaglia la Chiesa e che non hanno scelto di nascere in questo periodo.

 

A mali estremi, estremi rimedi. Beninteso nessuno pretende darsi una missione che non ha: semplicemente è la Carità ad imporre ad ogni sacerdote di soccorrere il fratello nel bisogno spirituale con strumenti proporzionati all’entità di tale necessità.

Suprema lex salus animarum.

 

 

Don Mauro Tranquillo

 

 

 

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Ambiente

Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato al social X una riflessione su Chiesa e cambiamento climatico.

 

«Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli della Santa Sede vi sia una qualche buona intenzione.

 

«Ma non vi è alcuna emergenza climatica: gli allarmi dei globalisti sono pretestuosi – come sappiamo dalle ammissioni degli stessi fautori di questa frode – e servono a creare un pretesto per legittimare politiche di dissoluzione del tessuto sociale e di distruzione dell’economia delle Nazioni, volte a consentire il controllo della popolazione mondiale» dichiara Sua Eccellenza.

 

«Per questo motivo gli appelli di Prevost costituiscono una forma di scandalosa complicità con gli artefici del golpe globalista, perché ratificano una menzogna colossale, invece di denunciare il loro crimine contro Dio e contro l’umanità».

 

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«E nel frattempo migliaia di piccole imprese e milioni di famiglie si trovano condotte al fallimento o distrutte, a tutto vantaggio delle multinazionali facenti capo a BlackRock, Vanguard, StateStreet… La menzogna è il marchio distintivo di tutto ciò che fa e dice l’élite globalista».

 

«Prevost si pone come profeta del globalismo massonico e prosegue la linea di totale asservimento tracciata dal predecessore Bergoglio. La Chiesa di Roma è divenuta ostaggio dei suoi nemici e le viene lasciata libertà solo nella misura in cui essa ratifica i crimini e le menzogne del globalismo: transizione green, sostituzione etnica, politiche vaccinali, parità di genere, agenda LGBTQ+».

 

Negli scorsi anni monsignor Viganò ha attaccato con veemenza la «frode climatica, religiosa, pastorale» di Bergoglio, accusando l’«ideologia ambientalista e neomalthusiano del Vaticano», scagliandosi contro il green deal il cui programma è «decimare la popolazione, rendere schiavi i superstiti».

 

Nelle scorse settimane il prelato lombardo aveva dichiarato che «Leone ambisce al ruolo di presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Glonale di matrice massonica».

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Spirito

Langone e le ceneri delle gemelle suicide Kessler «brave post-cristiane»

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Lo scrittore Camillo Langone ha trattato il tema del suicidio delle gemelle Kessler nella Preghiera, suo corsivo giornaliero su Il Foglio, di oggi.   Dopo aver lamentato «il silenzio della Chiesa gerarchica sulla tetra vicenda», Langone sottolinea il fatto che «le famose gemelle da brave post-cristiane hanno scelto di farsi cremare e, disposizione ulteriore, di mescoli le proprie ceneri con quelle della madre. Non solo per una sorta di terribile fusione romantica, ma perché “l’urna comune fa risparmiare spazio. Al giorno d’oggi si dovrebbe risparmiare spazio ovunque, anche al cimitero”».   «Ciò significa che la propaganda antiumana ha funzionato davvero bene. Gli europei si stanno estinguendo, la civiltà sta arretrando, le foreste stanno avanzando, e la gente pensa che siamo troppi» continua lo scrittore parmigiano.   «La cremazione sta dilagando e, è già largamente maggioritaria in Germania e nelle regioni italiane più disperate (più disperate riguardo la resurrezione dei corpi) come l’Emilia, e le vecchie signore temono che non ci sia posto per loro al cimitero. Invece è il contrario, nei cimiteri fra poco di posto ce ne sarà tantissimo, basta frequentarli per capire che il culto dei morti sta agonizzando. Mentre divampa il culto del vuoto e dell’oblio. Civiltà bruciata».

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Come scritto su Renovatio 21, il suicidio delle gemelle Kessler rappresenta una pagina intensa della storia della Necrocultura pubblica.   Riguardo la cremazionismo Langone negli anni ha scritto diverse volte. «La cremazione è appunto una “rivolta anticristiana” (Robert Redeker), siccome “non si crede più alla resurrezione del corpo” (Jean Clair). La cremazione è ormai la norma» ha scritto l’autore del Manifesto per la destra divina.   «I panteisti, in Italia ormai maggioranza come prova il boom della cremazione, disertano le lezioni della morte e un popolo senza novembre, un popolo che non prende sul serio la morte, è un volgo fatuo destinato a essere disperso così come disperde i resti dei suoi defunti. La morte è una scuola di serietà: sia obbligatoria la frequenza».   Particolarmente struggente il testo nel quale Langone, anni fa, rifletteva sulla decisione della madre.   «Sospettavo che ci fosse della retorica nella cremazione come apoteosi della leggerezza e dell’impatto zero. Ma non ero sicuro che fosse, come invece è, solo retorica, nient’altro che retorica. Scopro che le ceneri non sono il prodotto del fuoco: le fiamme non inceneriscono il cadavere limitandosi a bruciare la carne, ciò che rimane deve essere lavorato ulteriormente, sminuzzato da una speciale, energivora macchina tritaossa (dettaglio che non viene molto pubblicizzato, chissà come mai)».   «Scopro che sono oltre due chili di materiale. Le ceneri non sono cipria, non sono polline, non sono pensieri che volano nel vento. Sono un sacco di cemento che cade in acqua con un tonfo. Nel pomeriggio un’amica di mia madre, ancora ignara dell’accaduto, al termine di una telefonata penosa chiede dove può andare a pregare per lei. Da nessuna parte, signora».  

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Spirito

La nota Mater Populi Fidelis è un documento diabolico

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Il testo seguente è stato scritto da un sacerdote americano, membro della Fraternità Sacerdotale San Pio X. La sua confutazione è molto accurata e di facile comprensione per i fedeli, per i quali è stata scritta. FSSPX Attualità è lieta di pubblicare questo documento, per l’onore della Beata Vergine Maria e a beneficio dei suoi lettori.

 

Mi è stato chiesto di esprimere la mia opinione sul documento pubblicato dal Vaticano, che stabilisce che i cattolici non dovrebbero più usare i titoli di «Corredentrice» o «Mediatrice di tutte le Grazie» in riferimento alla Madonna. La mia opinione è che questo documento sia pessimo, persino diabolico. Mi sembra addirittura peggiore dell’approvazione della benedizione delle coppie omosessuali in Fiducia supplicans, perché Mater Populi Fidelis è un attacco alla dottrina, e gli attacchi alla dottrina sono sempre peggiori degli attacchi alla morale.

 

Se la Madonna non è Corredentrice, allora la dottrina dell’Assunzione è priva di significato, la Madonna non schiaccia la testa del serpente e non dovremmo venerarla con iperdulia. Inoltre, è illogico per noi fare una consacrazione totale alla Madonna, perché la dottrina di San Luigi Maria di Montfort su cui si basa questa consacrazione è pericolosa, persino erronea.

 

Queste sono le implicazioni di Mater Populi Fidelis, che evita accuratamente di insegnare un’eresia aperta, ma semina dubbi sulle dottrine mariane tradizionali ed è intrisa di veleno. Guardiamo Mater Populi Fidelis per spiegare i gravi problemi che presenta: in primo luogo, il problema del suo spirito, e poi il problema del suo insegnamento.

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1. Lo spirito del testo

a) Prospettiva protestante

Questo documento presenta una prospettiva protestante sul rapporto tra Nostro Signore e la Madonna. Da questa prospettiva, Nostro Signore e la Madonna sono in competizione. Tutto ciò che viene dato alla Madonna viene tolto a Nostro Signore. Se la Madonna ha un ruolo nella nostra redenzione, allora si aggiunge all’opera di Nostro Signore. Pertanto, dobbiamo sempre essere molto attenti quando onoriamo la Madonna, per non mancare di rispetto a Nostro Signore. Né dovremmo attribuirle un ruolo a fianco di Nostro Signore nella nostra redenzione.

 

La prospettiva cattolica è opposta. Crediamo che ogni onore reso alla Madonna contribuisca all’onore reso a Nostro Signore. La ragione di ciò è che la Madonna è la più grande creazione di Nostro Signore; rende più evidente la Sua grandezza e ci avvicina sempre di più a Nostro Signore. San Luigi lo esprime così: «Maria è stata finora fraintesa, e questa è una delle ragioni per cui Gesù Cristo non è conosciuto come dovrebbe essere», Trattato della vera devozione alla Beata Vergine, § 13 (VD).

 

Inoltre, riteniamo che Nostro Signore e la Madonna operino insieme in ogni cosa, e non separatamente. La Madonna è stata scelta da Nostro Signore per assisterLo nell’opera della Redenzione, e non per competere con Lui per onore e gloria. E proprio come avere un assistente che aiuti a preparare un pasto non sminuisce la gloria dello chef, soprattutto quando l’assistente ha imparato tutto dallo chef, così chiedere alla Madonna di unirsi a Lui nella Sua opera di redenzione dell’umanità, quando è la Sua creatura più grande, non sminuisce la gloria di Nostro Signore.

 

Considerando questo, consideriamo i passaggi della Mater Populi Fidelis, che esprimono la preoccupazione che chiamare la Madonna «Corredentrice» o «Mediatrice di tutte le Grazie» implichi che ella aggiunga qualcosa all’opera di Nostro Signore: «Né la Chiesa né Maria possono sostituire o perfezionare l’opera redentrice del Figlio di Dio incarnato, che è stata perfetta e non ha bisogno di aggiunte» (n. 21). «È inevitabile che [il termine mediazione] venga applicato a Maria in senso subordinato, e in nessun modo si intende aggiungere efficacia o potenza all’unica mediazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo», mentre chiamarla Mediatrice di tutte le Grazie aggiungerebbe qualcosa (n. 25).

 

«Maria non sostituisce il Signore in nulla che Egli non faccia (deroga) [cioè, non gli toglie nulla] o lo completi (aggiunta). Se, nella comunicazione della grazia, non aggiunge nulla alla mediazione salvifica di Cristo, Maria non dovrebbe essere considerata uno strumento primario di questo dono» (65c).

 

Pertanto, il documento considera la Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie da una prospettiva protestante, e poi afferma che non possiamo usare questi titoli.

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b) Prospettiva giansenista

Durante la sua vita, San Luigi Maria di Montfort affrontò gli attacchi dei giansenisti. Erano come dei protestanti all’interno della Chiesa cattolica, in quanto avevano sempre paura di tributare troppo onore alla Madonna, per timore di sminuire l’onore dovuto a Nostro Signore.

 

San Luigi li definì «scrupolosi devoti della Madonna». Ecco le sue parole: «I devoti scrupolosi sono coloro che temono di disonorare il Figlio onorando la Madre, di abbassare l’uno esaltando l’altra. Non sopportano di vedere la Beata Vergine lodata con la stessa giustizia dei Santi Padri; difficilmente tollerano che ci siano più persone inginocchiate davanti a un altare di Maria che davanti al Santissimo Sacramento, come se l’una fosse contraria all’altra; come se coloro che pregano la Beata Vergine non pregassero Gesù Cristo attraverso di lei! Non vogliono che si parli così spesso della Beata Vergine, né che ci si rivolga così frequentemente».

 

«[Questi devoti dicono]: Dobbiamo ricorrere a Gesù Cristo; egli è il nostro unico mediatore, dobbiamo predicare Gesù Cristo, ecco il centro!» Ciò che dicono è vero in un certo senso, ma in relazione all’applicazione che ne fanno, per impedire la devozione alla Santissima Vergine, è molto pericoloso e una sottile trappola del maligno, con il pretesto di un bene maggiore, poiché mai Gesù Cristo è onorato più di quando la Santissima Vergine è onorata di più, poiché ella è onorata solo per onorare Gesù Cristo più perfettamente, poiché ci si rivolge a lei solo per trovare il fine a cui si tende, che è Gesù. (VD, § 94)

 

Il documento Mater Populi Fidelis condivide gli stessi scrupoli dei giansenisti, temendo che i titoli di Corredentrice e Mediatrice di tutte le Grazie, applicati alla Madonna, possano minare l’unica mediazione di Nostro Signore.

 

Corredentrice: «Questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4,12)… [l’espressione corredentrice] non aiuta ad esaltare Maria come prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione e della grazia, perché il pericolo di oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza, l’unico capace di offrire al Padre un sacrificio di infinito valore, non costituirebbe un vero onore alla Madre.» (n. 22)

 

Mediatrice: «Come insegna il Concilio Vaticano II, ‘ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini […] favorisce e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo’. Per tale motivo, si deve evitare qualsiasi descrizione che faccia pensare, in modo neoplatonico, a una sorta di effusione della grazia per gradi, come se la grazia di Dio discendesse attraverso distinti intermediari – come Maria – mentre la sua fonte ultima (Dio) rimanesse scollegata dal nostro cuore. Queste interpretazioni incidono negativamente sulla corretta comprensione dell’incontro intimo, diretto e immediato, che la grazia realizza tra il Signore e il cuore del credente (…) Non si fa onore a Maria attribuendole una qualsiasi mediazione nel compimento di quest’opera esclusivamente divina». (n. 55)

 

È necessario sottolineare una certa ipocrisia da parte dell’autore, il Cardinale Victor Fernández. Egli è tormentato dalla preoccupazione che i titoli di Corredentrice e Mediatrice di Tutte le Grazie possano seminare confusione tra i fedeli e costituire ostacoli alla loro unione con Dio, che possano fuorviarli quando è facile comprenderli nel loro corretto significato. Ma non sembrava preoccupato che la sua approvazione della benedizione delle coppie omosessuali nella Fiducia Supplicans potesse inviare loro un messaggio sbagliato o fuorviarli! Possiamo solo chiederci quale senso pastorale abbiano questi prelati quando da un lato si preoccupano dell’eccessiva devozione alla Madonna, mentre dall’altro benedicono contemporaneamente un vizio innaturale. Questi sono uomini che purtroppo sono confusi riguardo al bene delle anime, condannando ciò che è bene e approvando ciò che è male. Sono veri e propri falsi profeti che sviano le anime.

 

In breve: la Madonna non è un ostacolo all’unione con Nostro Signore. Al contrario, è il mezzo più perfetto per unire noi a Nostro Signore. Dio l’ha resa il mezzo più perfetto scegliendola per cooperare con Lui nell’opera della nostra Redenzione e salvezza. Quando diventiamo freddi verso la Madonna e neghiamo i ruoli che Dio le ha affidato, ci separiamo da suo Figlio!

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2. Un insegnamento pericoloso

a) Problema principale

Il pericoloso insegnamento della Mater Populi Fidelis e la sua eccessiva cautela riguardo all’onore accordato alla Madonna rivelano che il suo problema centrale è questo: pone la Madonna sullo stesso livello di noi, sebbene dovrebbe essere la più alta di questo rango, invece di essere collocata in un rango diverso nel regno soprannaturale.

 

Vale la pena ricordare che i cattolici riconoscono ai santi un onore chiamato «dulia», un onore accordato ai servi di Dio, mentre noi riconosciamo alla Madonna un onore chiamato «iperdulia». Questo onore accordato alla Madonna è di un ordine diverso e superiore a quello accordato agli altri santi. La ragione di questa differenza è che solo la Madonna è inclusa nell’ordine stesso della nostra redenzione, mentre gli altri santi non lo sono: Dio chiese alla Madonna di unirsi a Nostro Signore nell’atto stesso della Redenzione. Le diede il potere di farlo; lei cooperò con questa grazia, ed era quindi una vera Corredentrice.

 

Nessun altro è incluso nell’ordine della Redenzione; noi veniamo dopo e non possiamo esservi inclusi.

 

Consideriamo le parole di San Pio X nell’enciclica Ad Diem Illum, che spiega come la Madonna sia corredentrice e mediatrice di tutte le grazie:

 

«È quindi lungi da noi attribuire alla Madre di Dio un potere di produrre grazie, un potere che appartiene solo a Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti gli altri in santità e in unione con Gesù Cristo, e poiché è stata associata da Gesù Cristo all’opera della redenzione, Ella merita per noi de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ha meritato per noi de condigno, ed Ella è la suprema ministra della dispensazione delle grazie». (§ 14)

 

San Pio X afferma che la Madonna ha meritato tutte le grazie della nostra redenzione, come Nostro Signore, ma le ha meritate in modo diverso. Nostro Signore le ha meritate in tutta giustizia (de condigno), cosa che la Madonna non poteva fare, perché non è Dio. Li ha meritati in modo proporzionato (de congruo): Dio le ha concesso questo merito come congrua ricompensa per il suo atto. Poiché ha meritato le grazie, ha anche il diritto di distribuirle.

 

Ecco le parole di Papa Benedetto XV: «Maria, con il Figlio sofferente e morente, ha sopportato la sofferenza e quasi la morte. Ha rinunciato ai suoi diritti materni sul Figlio per procurare la salvezza dell’umanità e, per placare la giustizia divina, ha sacrificato il Figlio, nella misura in cui le è stato possibile, così da poter affermare con verità che insieme a Cristo ha redento l’umanità» (Breve Inter Sodalicia).

 

Affermare che «con Cristo ha redento l’umanità» significa affermare che fa parte dell’ordine della nostra redenzione in quanto Corredentrice.

 

Chi legge la Mater Populi Fidelis, tuttavia, ha chiaramente l’impressione che la Madonna non occupi un posto all’interno dell’ordine stesso della nostra redenzione e salvezza, ma piuttosto che sia allo stesso livello di noi in queste questioni, ma al livello più alto. Il documento procede in tre modi:

 

  • riferendosi sistematicamente alla Madonna solo come Madre e mai come Regina, Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie; al contrario, ci viene detto che non dovremmo usare questi ultimi due titoli per la Madonna;
  • paragonando frequentemente la Madonna ad altri credenti;
  • non attribuendo mai alla Madonna un ruolo universale.

Questo è molto chiaro nella sezione dedicata alla Madonna come «prima discepola» di Nostro Signore (73-75), che cita papa Francesco che afferma: «è più per Maria essere discepola di Cristo che essere stata sua Madre». Lo scopo evidente di questo insolito titolo della Madonna è quello di metterla sullo stesso piano di noi nell’ordine della redenzione. La Madonna non è con Nostro Signore; è con noi, i discepoli di Nostro Signore.

 

L’introduzione al documento ci dice che il suo scopo è parlarci del posto della Madonna: «questo testo, mentre chiarisce in che senso sono accettabili o meno alcuni titoli ed espressioni riferiti a Maria, allo stesso tempo si propone di approfondire i corretti fondamenti della devozione mariana, precisando il posto di Maria nella sua relazione con i fedeli». La lettura del testo chiarisce qual è questo posto: Ella è una discepola al nostro stesso livello, e non una Corredentrice e Mediatrice associata a Nostro Signore in tutto ciò che Egli fa per la nostra redenzione e salvezza.

 

Il documento ribadisce costantemente che Nostro Signore è il nostro unico Mediatore e sottolinea che tutti i credenti hanno un ruolo da svolgere nel Suo piano per la nostra salvezza (vedi in particolare i paragrafi 28-33). La Madonna è collocata nella categoria di questi credenti, sottolineando al contempo che è la più elevata in questa categoria.

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b) Conseguenze

Quali sono le conseguenze del collocare la Madonna sullo stesso livello di tutti gli altri, privandola dei titoli di Corredentrice e Mediatrice di Tutte le Grazie? Queste conseguenze non sono esplicitamente dichiarate nel documento, il che è molto intelligente, ma sono numerose e devastanti.

 

La venerazione della Madonna attraverso l’iperdulia e il titolo di «Mediatrice di tutte le Grazie» non sono dottrine de fide, ma piuttosto qualificate come sententia communis (vedi Ludwig Ott, Fundamentals of Catholic Dogma, pp. 212-216). Una dottrina di «insegnamento comune» «appartiene di per sé all’ambito delle libere opinioni, ma è generalmente accettata dai teologi» (Ott, p. 10).

 

Ma il rifiuto di queste dottrine mina l’autorità del magistero preconciliare che le ha insegnate, seppur informalmente, e, altrettanto gravemente, mina ciò che crediamo riguardo alla Madonna e quindi anche la nostra devozione nei suoi confronti.

 

Come affermato sopra, è illogico venerare la Madonna con iperdulia se non appartiene, di fatto, a un ordine diverso dal nostro. Ci si potrebbe anche chiedere perché sia ​​stata assunta in cielo (che è un dogma di fede), poiché una delle ragioni principali dell’Assunzione è che sarebbe stata ricompensata con i frutti della Redenzione alla sua morte, avendo meritato questi frutti con Nostro Signore come Corredentrice. Sarebbe anche difficile comprendere come abbia schiacciato la testa del serpente se non fosse stata Corredentrice, poiché è stato attraverso l’atto della Redenzione che il dominio di Satana è stato sconfitto.

 

Inoltre, non ci sarebbe motivo per noi di consacrarci interamente alla Madonna, poiché questa consacrazione si basa sul fatto che lei è Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie; l’intera prospettiva di San Luigi sulla consacrazione deriva dalla sua convinzione che la Madonna sia stata scelta dalla Santissima Trinità per svolgere un ruolo universale nella salvezza delle anime. Se Dio non le ha dato questo potere, perché consacrarci a lei?

 

Poiché gli insegnamenti cattolici riguardanti la Madonna sono tutti interconnessi, indebolirne o eliminarne uno indebolisce anche gli altri. Se affermiamo che la Madonna non è Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie, concludiamo logicamente che non abbiamo bisogno di concederle iperdulia, che non abbiamo bisogno di lei per la nostra salvezza e che i suoi altri privilegi potrebbero essere infondati. In breve, scivoliamo rapidamente in una mentalità protestante. Questo è un terreno pericoloso che ci fa tremare di sacro timore per la nostra salvezza!

 

Il Cardinale Fernandez afferma che comprendere il ruolo di Maria richiede «un particolare sforzo ecumenico». Ma qualsiasi sforzo volto a rendere la nostra fede più accettabile ai protestanti, e che ci porta a sminuire la dignità che Dio ci ha donato, è un falso ecumenismo e una grave infedeltà a Dio. Piuttosto che cercare di diluire l’insegnamento della Chiesa sulla Madonna in questi tempi di crisi di fede, dobbiamo invece ancorarci a lei consacrando noi stessi, le nostre famiglie e tutto ciò che possediamo a lei. Nella misura in cui le sue prerogative sono sotto attacco, dobbiamo donarci a lei in modo più completo, come suoi servi e come sua proprietà.

 

In conclusione, teniamo presenti queste parole di San Luigi Maria de Montfort:

 

«Ciò che Lucifero perse per orgoglio, Maria lo guadagnò per umiltà; ciò che Eva danneggiò e perse per disobbedienza, Maria lo salvò per obbedienza. Eva, obbedendo al serpente, perse tutti i suoi figli con sé e glieli affidò; Maria, essendosi resa perfettamente fedele a Dio, salvò tutti i suoi figli e servi con sé e li consacrò alla Sua Maestà».

 

«Non solo Dio ha posto inimicizia, ma inimicizie, non solo tra Maria e il diavolo, ma tra la stirpe della Beata Vergine e la stirpe del diavolo; vale a dire, Dio ha stabilito inimicizie, antipatie e odi segreti tra i veri figli e servi della Beata Vergine e i figli e schiavi del diavolo; non si amano, non hanno alcuna corrispondenza interiore tra loro. I figli di Belial, gli schiavi di Satana, gli amici del mondo (perché è la stessa cosa), hanno sempre perseguitato, e perseguiteranno più che mai, coloro che appartengono alla Beatissima Vergine. (…) Ma l’umile Maria avrà sempre la vittoria su questo orgoglioso, e così grande, che arriverà fino a schiacciargli la testa là dove risiede il suo orgoglio; smaschererà sempre la sua malizia serpentina; smaschererà le sue miniere infernali, dissiperà i suoi intrighi diabolici e proteggerà i suoi fedeli servi dalla sua mano crudele fino alla fine dei tempi». (VD, §§ 53-54)

 

Nei cuori di Gesù e Maria,

 

Don Paul Robinson

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Immagine: Giovanni Battista Salvi da Sassoferrato (1609–1685), Madonna con bambino e angeli (1674), Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini, Roma

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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