Economia
La Banca Mondiale approva un altro prestito per l’Ucraina

La Banca Mondiale ha approvato un prestito di 1,5 miliardi di dollari all’Ucraina garantito dal governo giapponese, ha rivelato venerdì l’istituto finanziario.
I fondi saranno convogliati a Kiev per rispondere ai bisogni degli sfollati e «sostenere le riforme per migliorare la trasparenza e la responsabilità delle spese delle risorse pubbliche», nonché «aiutare i mercati a funzionare meglio».
Il prestito è garantito dal governo del Giappone nell’ambito dell’iniziativa Advancing Needed Credit Enhancement for Ukraine Trust Fund ed è finalizzato a sostenere la previdenza sociale e lo sviluppo economico.
Secondo la Banca Mondiale, il pacchetto aiuterà a finanziare «le riforme per istituire un registro delle proprietà danneggiate o distrutte per consentire il pagamento di indennizzi e per guidare la ricostruzione degli alloggi in Ucraina. Contribuirà inoltre a rafforzare il sistema degli appalti pubblici e a migliorare il quadro di rendicontazione fiscale del paese per frenare l’evasione e l’elusione fiscale».
Ad oggi, la Banca mondiale ha mobilitato oltre 37,5 miliardi di dollari per fornire assistenza finanziaria all’Ucraina, di cui quasi 23 miliardi di dollari sono già stati erogati, ha affermato l’organizzazione.
Il bilancio ucraino ha ricevuto iniezioni di denaro dagli sponsor occidentali per mantenerlo in funzione. Dal febbraio 2022, i sostenitori di Kiev hanno finanziato circa 170 miliardi di euro (184 miliardi di dollari) in aiuti finanziari, hanno mostrato i dati del Kiel Institute for the World Economy.
Giovedì, il consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale ha annunciato una decisione che consente a Kiev «di prelevare l’equivalente di circa 890 milioni di dollari, che saranno destinati al sostegno al bilancio».
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa il Fondo Monetario internazionale aveva esteso a Kiev un prestito di 15,6 miliardi di dollari.
Un anno fa il regime di Kiev aveva chiesto ai creditori di cancellare i suoi 67 miliardi di debito. L’Ucraina è diventata membro del Fondo Monetario Internazionale nel 1992, con il creditore che ha fornito al Paese decine di miliardi di prestiti condizionali che hanno richiesto al Paese di attuare riforme economiche volte ad aprire il paese ai mercati esteri, prevalentemente occidentali.
I debiti dell’Ucraina verso i creditori esteri sono cresciuti costantemente sotto ciascuno dei suoi governi. L’ex presidente Leonid Kuchma è stato l’unico dei sei presidenti post-indipendenza del Paese ad adottare misure per cercare di ridurre l’onere del debito tra l’inizio e la metà degli anni 2000.
Da notare come nel 1992 il debito estero era zero, grazie all’impegno della Russia ad assumere i 100 miliardi di dollari di passività dell’Unione Sovietica. I successivi governi ucraini hanno accumulato decine di miliardi di dollari in obbligazioni nei confronti di creditori esteri, incluso il Fondo Monetario Internazionale, gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
E quindi, dove sono andati a finire tutti quei soldi?
L’Ucraina è un Paese è ricco di materie prime, grandi industrie di eredità sovietica (Azovstal’ era l’acciaieria più grande d’Europa), lavoratori laboriosi, mano d’opera molto qualificata.
E quindi, perché l’Ucraina negli anni è diventato il Paese più povero d’Europa?
La spiegazione più immediata è che tutto quel danaro sia andato agli oligarchi, mentre al popolo è andata qualche briciola appena. Il popolo, divenuto povero e disperato, è stato quindi reso facilmente radicalizzabile, nazificando le bande ultras e altri gruppuscoli spiantati. Di quei i battaglioni ucronazisti e la violenza tracotante vista straripare in questi anni in Donbass e ora in guerra.
L’Ucraina era definita dai giornali di tutto il mondo, fino a pochi giorni prima dell’operazione russa, uno dei Paesi più corrotti del mondo. Una nuova classe di oligarchi profittatori potrebbe essersi innestata con i miliardi (centinaia…) che arrivano da Banca Mondiale, FMI, UE, e USA.
Un articolo di Seymour Hersh del mese scorso raccontava di come il problema della corruzione fosse percepito anche dall’alleato di Washington.
Hersh riferisce che il presidente ucraino «Zelens’kyj ha acquistato carburante dalla Russia, il Paese con cui essa e Washington sono in guerra, e il presidente ucraino e molti nel suo entourage hanno scremato milioni incalcolabili dai dollari americani stanziati per i pagamenti del gasolio».
«Secondo una stima degli analisti della Central Intelligence Agency, l’anno scorso i fondi sottratti ammontavano almeno a 400 milioni di dollari; un altro esperto ha paragonato il livello di corruzione a Kiev a quello della guerra in Afghanistan» continua il reporter, sempre forte di fonti uniche. «Mi è stato detto che molti ministeri del governo di Kiev sono letteralmente in “competizione” per istituire società di copertura per contratti di esportazione di armi e munizioni con trafficanti di armi privati in tutto il mondo, che forniscono tutte tangenti. Molte di queste società sono in Polonia e Repubblica Ceca, ma si pensa che altre esistano nel Golfo Persico e in Israele».
«”Non sarei sorpreso di apprendere che ce ne sono altri in posti come le Isole Cayman e Panama, e che ci sono molti americani coinvolti”, mi ha detto un esperto americano di commercio internazionale» scrive nell’articolo.
Hersh avrebbe saputo anche di un rapporto dell’Intelligence sull’incontro del capo della CIA William Burns con Zelens’kyj a gennaio:
«Il suo messaggio al presidente ucraino, mi è stato detto da un funzionario dell’intelligence con conoscenza diretta dell’incontro, era tratto da un film sulla mafia degli anni ’50. Gli alti generali e i funzionari del governo di Kiev erano arrabbiati per quella che vedevano come l’avidità di Zelens’kyj, ha detto Burns al presidente ucraino, perché “stava prendendo una quota maggiore del denaro scremato di quanto non andasse ai generali”».
«Burns ha presentato a Zelens’kyj un elenco di 35 generali e alti funzionari la cui corruzione era nota alla CIA e ad altri membri del governo americano. Zelens’kyj ha risposto alle pressioni americane dieci giorni dopo licenziando pubblicamente dieci dei funzionari più ostentati della lista e facendo poco altro. I dieci di cui si è sbarazzato si stavano sfacciatamente vantando dei soldi che avevano – guidando per Kiev con la loro nuova Mercedes, mi ha detto il funzionario dell’Intelligence».
Come riportato da Renovatio 21, le armi inviate in Ucraina vengono in certa parte vendute al mercato nero e sul dark web, finendo nelle mani di gruppi criminali e terroristi in ogni parte del mondo.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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