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Geopolitica

I servizi ucraini arrestano Gonzalo Lira

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Il servizio di sicurezza ucraino SBU venerdì ha confermato l’arresto di Gonzalo Lira, un cittadino cileno che vive a Kharkov, accusato di simpatie filo-russe. Lira era stato precedentemente arrestato nell’aprile 2022, ma rilasciato dopo una settimana e con l’ordine di non lasciare la città.

 

Secondo una dichiarazione della SBU citata dai media ucraini, Lira «ha giustificato pubblicamente l’aggressione armata» della Russia, ha negato o glorificato i presunti crimini di guerra russi e «si è impegnato a screditare la massima leadership militare e politica e le forze di difesa del nostro Stato».

 

La SBU ha filmato l’arresto di Lira da parte di agenti pesantemente armati, offuscando i volti di tutte le persone coinvolte.

 

È sospettato di «produzione e distribuzione di materiale che giustifichi l’aggressione armata della Federazione Russa contro l’Ucraina, commessa ripetutamente». Un tribunale lo ha condannato al carcere in attesa dell’esito delle indagini.

 

Secondo quanto riferito, la SBU ha sequestrato il computer di Lira e diversi telefoni cellulari come prova.

 

Il video finito mostra il regista che apre la porta a quello che si presume essere un agente in borghese, che dietro però ha una serie di persone in tenuta militare, che gli puntano contro i fucili di assalto.  Vengono poi mostrati, a mo’ di trofeo, gli interni della casa da dove Lira faceva le dirette video, i suoi computer e le schede SIM, libri su Putin sul tavolo e per qualche ragione anche il water e il bidè del bagno. Chiude il video una foto di quello che pare essere Lira dentro un commissariato ucraino o qualcosa del genere, tridente simbolo della Nazione in bella vista.

 

Qualcuno ha quindi aggiunto anche una musichetta techno, come usa ora nei video propagandistici di guerra. Il risultato è agghiacciante. Tuttavia, notiamo come Lira non si sia perso d’animo e abbia fatto con le dita il segno di vittoria ad una telecamera che lo riprendeva mentre era scortato fuori dal palazzo.

 

 

Da notare come nel filmato si veda prima Lira ammanettato al muro e poi a mani libere per leggere un foglio e vestirsi. Misteri della propaganda.

Lira, 55 anni, è uno scrittore e regista cresciuto in California. Ha poi frequentato la prestigiosa Università di Dartmouth, un college della cosiddetta Ivy League, specializzandosi in storia della Russia. Dopo aver scritto un paio di romanzi ed essere stato attivo nel cinema di Hollywood, si è dedicato agli investimenti finanziari. Le sue analisi controcorrente nel 2010 hanno attirato l’attenzione delle istituzioni economiche americane.

 

Lira, che si definisce «conservatore» e «distributista», è discendente diretto del libertardor José Miguel Carrera y Verdugo, il generale che di fatto portò il Cile all’indipendenza nel 1818.

 

Dopo aver incontrato a Parigi una ragazza ucraina, che ha sposato e da cui ha avuto due figli, anni fa Lira si è trasferito a Kharkov, dove si è sposato e ha iniziato ad essere attivo online su piattaforme come YouTube e Patreon come «Coach Red Pill», pseudonimo con cui dispensava consigli di vita ai ragazzi più giovani.

 

Con lo scoppio della guerra in Ucraina Lira aveva iniziato a pubblicare una serie di video in cui spiegava il suo punto di vista sul conflitto direttamente dal Paese in conflitto. I video sono divenuti virali e talvolta trasmessi perfino dalla TV russa. Ha organizzato quindi una serie di «tavole rotonde» online con vari personaggi lontani dalla narrativa mainstream, dal dottor Mc Cullough all’ex agente CIA Ray McGovern.

 

Questa è la seconda volta che viene preso dalla SBU. Era stato arrestato per la prima volta nell’aprile 2022, ma è stato rilasciato dopo una settimana. Nessuna accusa era stata avanzata allora e Lira non ha mai voluto discutere i dettagli di quanto accaduto, dicendo solo che non gli è stato permesso di lasciare Kharkov e di parlare del procedimento.

 

Ad un certo punto, era stato dato per morto dall’ex ispettore per le armi di distruzioni di massa Scott Ritter, con cui aveva fatto dei video. Nel turbine di notizie che ne erano seguite, era spuntato anche un transessuale americano ultra filo-ucraino inviato come giornalista corrispondente al fronte (?) che diceva di sapere dove si trovava.

 

Del periodo trascorso agli arresti Gonzalo non aveva mai voluto parlare.

 

Lira ha quindi incolpato la testata Daily Beast per aver indirizzato l’attenzione dei servizi Kiev sul suo lavoro con un articolo critico che lo definiva «squallido» e «imbonitore di Putin».

 

Dopo aver mantenuto un profilo basso per diverse settimane dopo il suo rilascio, alla fine è tornato sui social media e ha continuato a esprimere critiche alle politiche di Kiev.

 

Il suo ultimo video, di otto giorni fa, preconizzava che Biden sarebbe stato rimosso e Kamala Harris sarebbe quindi divenuta presidente. Aveva recentemente parlato di dedollarizzione,

 

Lira è un fiero oppositore dei vaccini mRNA (dubitando della riapparizione dell’infermiera Tiffany Dover), ed è totalmente critico dell’«Impero arcobaleno» che «sta alienando il resto del mondo». Non si era risparmiato dicendo che in Ucraina corresse voce di alcuni vizi del presidente-attore Zelens’kyj.

 

In altri video recenti lamentava l’ormai insormontabile censura americana e l’esclusione di Tucker Carlson da Fox News, che vedeva come generatrice di ramificazioni significative, come le depiattaformazioni di tante voci alternative che erano invitate nel suo programma.

 

Di fatto, il suo arresto potrebbe rientrare esattamente in questo giro di vite contro chi, come Carlson, dissente apertamente dalla narrativa NATO. Ciò è stato rivendicato direttamente da Biden con una battuta dal palco della cena con la stampa alla Casa Bianca, dove si è esaltato ridendo per la cancellazione di Carlson.

 

In Occidente ti tolgono il programma, in Ucraina ti arrestano. Statene certi, l’Occidente, compresa l’Italia, arriverà a somigliare sempre di più all’Ucraina.

 

Il silenzio assordante di tutto il bel mondo che ciancia di «libertà di stampa» davanti a questo immane abuso – che, grazie alle riforme Zelens’kyj per assoggettare la stampa, potrebbe essere perfettamente legale per il regime di Kiev – sta a dimostrarlo.

 

Dimenticatevi le vostre opinioni, dimenticatevi la possibilità di esprimerle. In Ucraina si sta incubando il futuro prossimo orwelliano di noi tutti, che non sarà fra molto, sarà domani, o forse già oggi.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

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La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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Geopolitica

Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina

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Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.   Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.   «Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.   Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».

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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».   Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.   Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».   Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».   Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.

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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Geopolitica

Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025

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I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).

 

A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.

 

L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.

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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.

 

«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».

 

Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.

 

L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.

 

Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.

 

In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».

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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».

 

Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».

 

Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.

 

Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.

 

Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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