Epidemie
L’impatto economico del Coronavirus: intervista a Valerio Malvezzi

La pandemia di Coronavirus avrà dei risvolti probabilmente devastanti sull’economia mondiale. Essa graverà sul PIL di tutti gli Stati, in particolare su quello italiano, dove il virus ha attecchito principalmente nelle tre regioni più produttive, mettendo in ginocchio imprese di ogni tipo.
Il governo Conte-bis sembrerebbe però volerci nascondere l’impatto inquietante del virus, sminuendo la situazione e probabilmente non dicendola propria tutta sugli effetti finali di questa vicenda.
Riguardo a questo tema delicatissimo, e urgentissimo, Cristiano Lugli, cofondatore e portavoce di Renovatio 21 intervista un economista noto a livello nazionale, il Prof. Valerio Malvezzi, già Deputato al Parlamento Italiano, membro della Commissione Finanze con delega di gruppo in materia bancaria.
«Noi pagheremo 35 miliardi di euro, ovvero il prezzo dell’ideologia antirazzismo: quando avremmo dovuto intervenire subito per bloccare l’epidemia, esattamente come ora fanno i cinesi con noi, noi lo avremmo dovuto fare con loro»
Già consulente dell’Amministratore Delegato di Invitalia, società partecipata dal MEF, poi Presidente di Garanzia Italia, società del Gruppo. Imprenditore, cofondatore di Win The Bank e Direttore del Corso MasterBANK e Docente Universitario.
Il suo è a nostro giudizio un parere illuminante volto per mostrare risvolti che forse nessuno ancora, fino ad oggi, ha preso in considerazione con così tanta competenza e precisione.
Prof. Malvezzi, secondo il Financial Times l’impatto del Coronavirus potrebbe causare una recessione tecnica per l’Italia. Crede che queste considerazioni siano corrette e il rischio di recessione per il nostro Paese, quindi, reale?
«Il governo sta cercando di minimizzare sostenendo che si tratta di una situazione circoscritta, dal punto di vista economico, a Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna»
Sì, e penso che sia una previsione ottimistica quella del Financial Times, assolutamente centrata. Per una ragione molto semplice: il governo sta cercando di minimizzare sostenendo che si tratta di una situazione circoscritta, dal punto di vista economico, a Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Stando in contatto costante con i commercialisti della mia rete professionale e parlando quindi con tutte le regioni italiane, le posso assicurare che la situazione mi viene descritta come seriamente tragica.
È stata affrontata un’emergenza sanitaria con i parametri dell’ideologia, quando palesemente non credo si possa parlare di razzismo
Del resto, anche se la situazione fosse circoscritta alle tre regioni sopracitate come il Governo dice – e sappiamo comunque che le cose non stanno esattamente così – non sarebbe ugualmente grave dal momento che stiamo parlando di tre delle regioni più ricche d’Italia?
Difficilmente posso credere che questo Governo comprenda la reale situazione. Tuttavia, anche entrando nel campo delle ipotesi per assurdo, dobbiamo renderci conto che la Lombardia fa circa 390 miliardi, il Veneto circa 163 miliardi, l’Emilia-Romagna circa 161 miliardi, poi il Piemonte con circa 137 miliardi. Stando solo alle prime tre, vuole dire che siamo circa al 40% del Prodotto Interno Lordo del nostro Paese.
«Difficilmente posso credere che questo Governo comprenda la reale situazione»
Perciò, sulla base di queste previsioni, stimo che il danno di un 10% – ipotesi largamente ottimistica – significa parlare di 35 miliardi a livello italiano. Naturalmente ipotizzando, sempre per assurdo come abbiamo visto, che tutte le altre regioni facciano gli stessi numeri di fatturato precedenti. Per questo motivo io credo che la crisi sarà almeno legata a 35 miliardi di danno economico, cioè 10 volte superiore a quello che il Governo ha stanziato per far fronte a questa emergenza.
Il nostro Paese ora bussa all’UE per chiedere aiuto, inginocchiandosi per 3,5 miliardi di euro. Quale pensa sarà la risposta e quale, alla fine di tutto, il prezzo da pagare?
«Stimo che il danno di un 10% – ipotesi largamente ottimistica – significa parlare di 35 miliardi a livello italiano»
La domanda vera è quanto è il prezzo della ideologia anti-razzismo. Noi pagheremo 35 miliardi di euro, ovvero il prezzo dell’ideologia antirazzismo: quando avremmo dovuto intervenire subito per bloccare l’epidemia, esattamente come ora fanno i cinesi con noi, noi lo avremmo dovuto fare con loro, e il costo, cioè il prezzo da pagare, sarebbe stato enormemente più basso. Invece è stata affrontata un’emergenza sanitaria con i parametri dell’ideologia, quando palesemente non credo si possa parlare di razzismo laddove viene fermata una persona contagiata, indipendentemente dal colore della pelle o dalla sua provenienza.
Quanto poi questo sarà condiviso a livello europeo dipenderà da cosa deciderà l’Europa, la quale ci ha sostanzialmente appena detto, molto candidamente, che quelle migliaia di influenze presenti in Germania probabilmente erano Coronavirus. Quindi se l’Europa deciderà di dare contributi li darà perché li vorrà dare a Francia e Germania, non certo per l’Italia. Del resto, la prima operazione fatta da tedeschi e francesi – tanto amici nostri – è stata quella di bloccare l’esportazione di settore sanitario.
«Io credo che la crisi sarà almeno legata a 35 miliardi di danno economico, cioè 10 volte superiore a quello che il Governo ha stanziato per far fronte a questa emergenza»
Quale panorama prevede post-Coronavirus a proposito degli assetti geo-politici ed economici?
Posso fare una previsione nazionale a proposito dell’Italia. L’immagine azzeccata credo sia quella delle macerie dopo una guerra: ne usciremo così. Il 2020 sarà un anno catastrofico per l’economia italiana, in tutte le regioni italiane e non solo in quelle tre colpite dal contagio più forte.
Se l’Europa deciderà di dare contributi li darà perché li vorrà dare a Francia e Germania, non certo per l’Italia
Tutto questo a causa di una totale miopia del governo attuale nel capire il problema. Quando ho chiesto alla mia rete professionale di commercialisti cosa ne pensassero del provvedimento del ministro Gualtieri, che prevede la dilazioni di proroghe fiscali, la risposta è stata un corollario variopinto ed articolato di insulti.
Cosa avrebbe potuto fare il Governo italiano per evitare eventualmente il collasso economico?
La prima operazione fatta da tedeschi e francesi è stata quella di bloccare l’esportazione di settore sanitario
Ora che le vacche sono uscite dalla stalla e i tori sono fuggiti, quello che serve non è una manovra di dilazione fiscale – questa è pura follia – ma quello che serve è piuttosto un intervento sulle accise della benzina, un abbassamento sulle accise del carburante per gli autotrasportatori, un taglio dei contributi a fondo perduto alle imprese.
Il problema è che questo tipo di strumenti non ci sono consentiti dall’Unione Europea. Quindi, la vera analisi è questa: salviamo l’Euro o salviamo l’Italia? Io purtroppo non ho dubbi sul fatto che questo Governo propenderà ovviamente per la prima opzione.
Il 2020 sarà un anno catastrofico per l’economia italiana, in tutte le regioni italiane e non solo in quelle tre colpite dal contagio più forte
Dopo il Coronavirus prevede un ritorno alla sovranità degli Stati o una pressione ancora maggiore verso gli Stati Uniti di Europa?
La mia previsione è molto semplice. Questa storia finirà con un bel “chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato ha dato, ha dato, scurdámmoce ‘o ppassato”.
Questo per dire che a mio avviso non succederà assolutamente niente sotto il profilo geopolitico perché vedo ancora milioni di italiani che quando io critico il governo Conte ne fanno una questione politica.
Le ragioni della critica a questo Governo sono di natura economica, ben esplicitate dagli imprenditori, dai liberi professionisti e dai commercialisti che sono, per usare un eufemismo, incazzati neri.
La vera analisi è questa: salviamo l’Euro o salviamo l’Italia? Io purtroppo non ho dubbi sul fatto che questo Governo propenderà ovviamente per la prima opzione
In Italia però continueremo ad avere milioni di persone che per ragioni ideologiche continueranno a dire che Conte ha fatto bene e che il Governo ha lavorato bene e, quindi, avanti tutta con l’Europa.
Del resto in questi giorni io continuo a sentire politici italiani – naturalmente parlamentari della attuale maggioranza – che vanno dicendo «meno male che abbiamo l’Europa, questo è il momento di unirci ancora di più». Quindi, paradossalmente, il Coronavirus sarà un incentivo ad un’Europa ancora più unita, invece che essere un incentivo ad uscire come dovrebbe essere.
Aver distrutto la nostra Sanità negli ultimi dieci anni oggi ci mette in ginocchio. E chi ce le ha fatte fare queste cose? L’Europa
Del resto mi perdoni: sono vent’anni che ci dicono che se fossimo usciti dall’Euro sarebbero arrivate le cavallette e la recessione economica. Adesso che le cavallette le abbiamo in casa, come la mettiamo? Le aziende chiudono, le imprese stanno licenziando i lavoratori dipendenti, ci sono persone che stanno vendendo la casa per andare in affitto ed avere così i soldi per mangiare. E in questa situazione hanno il coraggio di parlare di Europa Unita? Tutto questo è scandaloso.
La realtà, per concludere, è che il Coronavirus verrà usato per fare ancora una volta propaganda politica a favore di una sempre più marcata globalizzazione, quando l’insegnamento che invece dovremmo trarre è che aver distrutto e continuare a distruggere la domanda interna al nostro Paese ci mette oggi in ginocchio.
Aver distrutto la nostra Sanità negli ultimi dieci anni oggi ci mette in ginocchio. E chi ce le ha fatte fare queste cose? L’Europa. Chiudo allora dicendo: Viva l’Europa e chi l’ha voluta!
Cristiano Lugli
Epidemie
Paura e profitto, dall’AIDS al COVID

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton ha paragonato la pandemia di COVID-19 all’epidemia di AIDS, definendola una «seconda versione» della stessa narrazione sulla salute pubblica. Entrambe le epidemie includevano l’uso improprio dei test PCR, la soppressione di scienziati dissenzienti e le motivazioni finanziarie alla base del «terrore della peste», ha affermato Shenton in un’intervista con Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense, su CHD.TV.
La pandemia di COVID-19 è stata un evento che si verifica una volta ogni secolo o ha avuto parallelismi nella storia recente? Per la regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton, la pandemia è stata la «seconda ripresa» dell’epidemia di AIDS.
«È stato così angosciante dover affrontare il COVID», ha detto Shenton a Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense (CHD), durante un’intervista di lunedì su CHD.TV. «Se solo avessimo potuto vincere la battaglia contro l’AIDS, non avremmo avuto il COVID».
Shenton, produttore del documentario del 2011 Positivamente Falso: Nascita di un’eresia e autore del libro del 1998 «Positively False: Exposing the Myths around HIV and AIDS», si è unito alla Holland per discutere delle somiglianze tra l’epidemia di COVID-19 e quella di AIDS.
Entrambe le epidemie includono l’uso inappropriato dei test PCR per determinare l’infezione, la somministrazione di trattamenti medici che si sono rivelati mortali per molti pazienti, il coinvolgimento di personaggi come il dottor Anthony Fauci e le ripercussioni affrontate dagli scienziati che hanno messo in discussione la narrazione dominante, ha affermato Shenton.
«Una delle cose straordinarie e sorprendenti di tutto questo… è quanto siano simili molte delle dinamiche dell’epidemia di AIDS a quelle dell’epidemia di COVID», ha affermato Shenton.
Secondo Shenton, le risposte all’AIDS e al COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», una strategia «utilizzata da organizzazioni che guadagnano enormi quantità di denaro attraverso le malattie infettive, definendo le cose infettive».
Shenton ha affermato di pensare che il suo documentario avrebbe contribuito a cambiare la narrazione dominante sull’AIDS, ma non è riuscito a superare i potenti interessi che traggono profitto dallo status quo.
«Spesso pensavamo che avremmo cambiato il mondo, ma non è così», ha detto Shenton.
Tuttavia, il documentario ha prodotto un archivio di 35 anni di studi scientifici, interviste video e altri documenti. Shenton ha donato la biblioteca informativa al CHD.
«Metteremo a disposizione un archivio delle sue migliaia e migliaia di pagine sull’AIDS», ha affermato Holland. Si prevede che i documenti saranno accessibili nei prossimi mesi.
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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»
Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70.
«Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto».
L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici.
In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton.
Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS.
Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton.
Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton.
Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso.
«Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario.
I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.
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Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID
In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato.
«Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive».
Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV.
«Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton.
All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario.
Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton.
Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton.
«Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.
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Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID
Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19.
Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone.
E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave.
«Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton.
Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose.
Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione.
Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS.
«Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.
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Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID
Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia.
All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale.
«Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello».
La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato.
Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte.
«È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto.
Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune.
«Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto.
Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo.
«Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton.
Michael Nevradakis
Ph.D.
© 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Epidemie
Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe

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Epidemie
Morti in casa anche per 8 giorni: emergenza ‘kodokushi’ tra gli anziani soli giapponesi

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo l’Agenzia nazionale di polizia, nel primo semestre del 2025 sono stati oltre 40mila in Giappone i casi di morte isolata in casa. Il 28% viene scoperto dopo più di una settimana. Tra le cause: invecchiamento della popolazione, indebolimento dei legami, riluttanza a chiedere aiuto. Padre Marco Villa, responsabile di un centro d’ascolto a Koshigaya: «Una persona mi ha appena detto: mi è rimasto un solo amico, ci sentiamo due volte all’anno… La solitudine il dramma più grande di questo Paese».
Kodokushi (孤独死): la morte in casa di persone circondate da una profonda aridità relazionale, che non viene scoperta anche per un lungo periodo di tempo dopo il decesso. È uno dei drammatici volti della solitudine in Giappone. Secondo i nuovi dati dell’Agenzia nazionale di polizia diffusi oggi, in Giappone solo nel primo semestre del 2025 sono stati 40.913 i decessi avvenuti in isolamento nelle abitazioni.
Una cifra che segna un aumento di 3.686 casi rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma il dettaglio forse più inquietante è che almeno il 28% di essi (11.669 persone) è stato scoperto dopo almeno 8 giorni.
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Una delle principali cause è anzitutto l’invecchiamento della popolazione del Giappone: 1 persona su 4 ha più di 65 anni. «Inoltre, si tende sempre più a non avere legami significativi né con il territorio, né con la famiglia. La maggioranza della gente non vive nei luoghi dove è cresciuta, ma si trova a vivere dove c’è lavoro», spiega ad AsiaNews dal Giappone padre Marco Villa, missionario del PIME che opera a Koshigaya, cittadina nella periferia nord di Tokyo, nella diocesi di Saitama. «Quindi, si fa più fatica a intrecciare relazioni significative con gente che non si conosce. Ciò accade anche perché avere relazioni a volte è davvero una cosa faticosa, allora si decide di non impegnarsi».
Padre Marco Villa nel 2012 ha favorito la nascita a Koshigaya del Centro d’Ascolto Mizu Ippai («un bicchiere d’acqua») – di cui è responsabile – proprio con l’obiettivo di sostenere le persone affette dalla solitudine, comprese le persone hikikomori, che soffrono di isolamento patologico ed estraniamento. Nel suo servizio non è raro che venga a conoscenza di casi di kodokushi, l’ultimo solo pochi mesi fa. «Una signora che frequenta il centro è rientrata a casa la sera, dopo un incontro. Dopo circa due settimane, il figlio mi ha chiamato dicendo che non aveva contatti con la mamma, chiedendo se l’avessi sentita. È andato a vedere se si trovava a casa, e l’ha trovata morta», racconta p. Marco Villa.
Questo caso dimostra che anche le persone che riescono a curare dei legami, a uscire di casa, possono andare incontro a una morte isolata. «Vivendo da sola si è imbattuta in questi rischi», dice Villa. Rischi che aumentano in quelle persone che, invece, vivono una solitudine più estrema, perché non hanno dei familiari vicini, o perché non hanno degli amici.
Padre Marco Villa racconta anche di una telefonata avuta poco prima di essere contattato oggi da AsiaNews. «Una persona mi ha detto che è morto un suo amico; ora gli rimane un amico solo, che sente due volte all’anno: una per gli auguri di compleanno e una per gli auguri di buon anno. È l’unico amico che ha: mi ha chiesto di passare del tempo insieme. Queste sono situazioni che incontro regolarmente», aggiunge.
Oltre alla significativa quota di persone anziane in Giappone, favorisce il preoccupante fenomeno kodokushi anche «la ritrosia della persona giapponese a chiedere aiuto». Villa spiega che, culturalmente, nel domandare è insita «la preoccupazione di dare fastidio agli altri, di non voler dare preoccupazioni a causa delle proprie difficoltà».
La tendenza rilevata è la gestione in totale autonomia dei problemi personali. Ciò affievolisce inevitabilmente i legami con le persone della famiglia, così come con coloro che vivono nello stesso luogo. Un elemento che il missionario definisce «costante», basandosi sulla sua esperienza in Giappone. «La solitudine è il dramma principale del Paese», dice.
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Padre Marco Villa ammette di essere rimasto «sconvolto» dai casi di solitudine profonda incontrati nel Paese. Da questo sentimento nacque il Centro d’Ascolto Mizu Ippai di Koshigaya. «Chiesi al vescovo (della diocesi di Saitama, ndr) di poter iniziare un’attività a tempo pieno per cercare di alleviare la solitudine delle persone», racconta. Il Centro mette in campo le risorse del «volontariato dell’ascolto»: non professionisti all’opera, ma volontari e volontarie che offrono il proprio ascolto, nella struttura, così come alla stazione ferroviaria, luogo di aggregazione per la presenza di numerosi negozi.
Un’attività che affianca le iniziative istituzionali. «Lo Stato è consapevole di queste situazioni e cerca di essere sempre più capillare nel territorio attraverso strutture dedicate, cercando di creare delle occasioni di incontro per la gente. Questo è un tentativo, secondo me valido, che il Giappone porta avanti», spiega.
Come invertire la tendenza di questa drammatica e così diffusa esperienza umana? «La cosa fondamentale è creare delle occasioni di incontro, dei luoghi adatti per potersi trovare; fondamentalmente cercando di diventare amici delle persone che vivono in stato di solitudine», dice padre Marco Villa.
Solitudine che in alcuni casi viene «risolta» da lunghi dialoghi intrattenuti con l’intelligenza artificiale. «Ieri un ragazzo mi diceva che l’AI è l’unica persona che lo capisce, che riesce a capire i suoi problemi. Così crede di avere qualcuno, qualcosa con cui si relaziona, che però non è certamente un essere umano», aggiunge.
Per uscire da queste situazioni, ne è convinto il missionario, «basta poco: una via, una linea, un aggancio, capace di instaurare un minimo di relazione umana».
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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