Bizzarria
Dirigente di banca orina su una passeggera di un aereo di linea

Un alto dirigente della banca Indian Wells Fargo ha perso il lavoro ed è ora ricercato dalle forze dell’ordine dopo aver presumibilmente urinato su un passeggero anziano a bordo di un volo per la capitale indiana, secondo la polizia di Nuova Delhi, che afferma che l’uomo è ancora latitante. Lo riporta RT.
La banca ha annunciato il licenziamento dell’uomo accusato di minzione molesta ad alta quota.
«Wells Fargo impone ai dipendenti i più elevati standard di comportamento professionale e personale e troviamo queste accuse profondamente inquietanti. Questo individuo è stato licenziato da Wells Fargo», ha dichiarato la banca in una nota, aggiungendo che «sta collaborando con le forze dell’ordine» nel caso di urina aerea aggressiva.
L’incidente è tuttora poco chiaro. Si dice che l’uomo, identificato come S.M., sarebbe stato ubriaco durante un volo da New York a Nuova Delhi, dove avrebbe orinato su di una donna di 72 anni. L’anziana avrebbe dichiarato che «i suoi vestiti, scarpe e borsa erano inzuppati di urina», secondo India Times. La vittima ha denunciato l’aggressione all’equipaggio, ma sembra non aver fatti esposti con le autorità.
Dopo aver appreso dell’incidente dall’operatore di volo Air India, la polizia di Nuova Delhi ha accusato S.M. di aver commesso un atto osceno in un luogo pubblico, di aggressione a una donna «con l’intento di oltraggiare la sua decenza, di ubriachezza pubblica e di «un atto inteso a insultare il pudore di una donna».
L’uomo si sarebbe dato alla macchia, secondo quanto riportano i media. Tuttavia le forze dell’ordine del subcontinente sarebbero in contatti con la famiglia del mingitore latitante.
«L’imputato è residente a Bombay e gli inquirenti hanno scoperto che la sua possibile ubicazione è in qualche altro stato. Sarà arrestato al più presto», ha detto a India Times un alto funzionario di polizia.
Sebbene l’attacco sia avvenuto il 26 novembre dello scorso anno, l’anziana vittima non ha presentato una denuncia formale ad Air India fino al 20 dicembre.
L’accusato, tuttavia, ha insistito affinché la questione fosse risolta rapidamente, con il suo avvocato che ha rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che l’ex dirigente bancario ha risarcito la donna pochi giorni dopo l’aggressione.
«I messaggi WhatsApp tra l’imputato e la signora mostrano chiaramente che l’imputato aveva fatto pulire i vestiti e le borse il 28 novembre e gli stessi sono stati consegnati il 30 novembre», si legge nel comunicato. L’avvocato ha aggiunto che la vittima ha successivamente restituito i soldi che le erano stati dati a titolo di risarcimento prima di sporgere denuncia.
L’autorità di regolamentazione dell’aviazione indiana ha criticato la compagnia aerea per non aver segnalato prima l’attacco osceno, non portandolo alle autorità fino al 28 dicembre. Mentre Air India ha sostenuto che «la storia è più complicata di quanto è stato riferito», ha riconosciuto la sua lentezza nell’agire.
La direzione generale dell’aviazione civile dell’India ha dichiarato che le azioni della compagnia sono state «poco professionali» e ha chiesto una risposta scritta sull’incidente entro due settimane.
Si tratta di un ulteriore episodio di minzioni selvagge visto in queste settimane.
Come riportato da Renovatio 21, l‘incontinenza pubblica del presidente del Sud Sudan Salva Kiir, ripresa impietosamente da un video durante l’inno nazionale in una parata militare, ha avuto come risultato ben sei arresti tra i giornalisti che avevano osato comunicare che il presidente si era fatto la pipì addosso, peraltro producendo un rivolo che, passando a tunnel sotto le gambe presidenziali, minacciava lo stivale del militare che gli stava dietro.
South Sudan has arrested 6 journalist for filming President Selva Kiir urinating on himself. South Sudan journalists have spine at least. pic.twitter.com/J4QJSRRUfm
— Ashok Swain (@ashoswai) January 8, 2023
Immagine di Aeroprints.com via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Bizzarria
Ecco la catena alberghiera dell’ultranazionalismo revisionista giapponese

Per chi è stato in viaggio in Giappone il nome APA hotels potrebbe risultare familiare. La catena di alberghi dalla caratteristica insegna arancione è onnipresente nel Paese del Sol Levante, possiede circa 900 strutture alberghiere e in alcune zone urbane la loro densità è incredibile: così a memoria direi che ce ne sono almeno 5 nella zona tra Asakusa e Asakusabashi (due fermate di metro o mezz’ora scarsa a piedi).
La catena ha anche già iniziato la sua espansione nell’America settentrionale, con 40 strutture tra Stati Uniti e Canada.
Di recente ho avuto l’occasione di provare per la prima volta un hotel APA a Kanazawa, dove la catena è nata nei primi anni ottanta. Il giudizio complessivo è positivo: pulito, molto pratico da usare, al netto di stanze piuttosto anguste (ma nella norma nipponica) non posso dire che mi sia mancata alcuna comodità.
Anzi, le stanze dispongono del «bottone buonanotte» (oyasumi botan) cioè un pulsante vicino al comodino che spegne tutte le luci in un colpo solo. Di questo sono particolarmente grato perché mi ha risparmiato la classica caccia agli interruttori che contraddistingue le serate passate negli alberghi meno recenti qui in Giappone – in alcuni ryokan ci sono persone che si rassegnano a dormire con le luci accese per la disperazione, spossati dalla caccia all’interruttore nascosto.
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Un’altra caratteristica degli hotel APA è l’onnipresenza dell’effigie della presidentessa dell’azienda, la buffa Fumiko Motoya, sempre accompagnata da uno dei suoi vistosissimi cappelli (la sua collezione ne conta circa 240).

Fumiko Motoya, di hirune5656 via Wikimedia CC BY 3.0
Insegne, pubblicità, bottiglie di acqua minerale, confezioni di curry liofilizzato: non c’è posto da cui non spunti il sorriso della nostra Fumiko, il tutto ha una lieve sfumatura di culto della personalità da regime totalitario.
Ma quello che porta ripetutamente questa azienda al centro di aspre polemiche non sono i vistosi copricapo del suo presidente, né tanto meno la folle varietà di ristoranti ospitati dagli alberghi APA (a seconda della località mi è capitato di vedere ristoranti italiani, indiani, singaporiani, coreani, caffè in stile europeo, letteralmente la qualsiasi). Si tratta, invece, della cifra politica della catena alberghiera.
Ogni stanza d’albergo ha in dotazione almeno un paio di copie degli scritti del fondatore dell’azienda, Toshio Motoya, storico e ideologo di orientamento decisamente patriottico.
Gli scritti in questione innescano periodicamente polemiche furibonde: il picco era stato raggiunto tra 2016 e 2017, quando il volume che si trovava nelle stanze degli alberghi conteneva una revisione storica del massacro di Nanchino (1937). Apriti cielo: il clima allora era meno liberticida di adesso, si era agli albori dei social media totalitari come li conosciamo oggidì, ma le polemiche in Asia e occidente furono furibonde.
Il bello è che l’autore e l’azienda hanno fatto quello che oggi nessuno fa: nessun passo indietro, nessuna scusa, soltanto ribadire le proprie ragioni in maniera più articolata. In un mondo come quello in cui viviamo, in cui la gogna internettiana ha reso tutti ominicchi, quaquaraquà e, d’altronde love is love, un po’ invertiti, un atteggiamento del genere si può forse definire eroico.
Cotale attitudine mi ha ricordato l’epoca d’oro del movimento ultrà italiano, quando ancora dalle curve, allora libere da qualsiasi controllo da parte di partiti politici, malavita e istituzioni, si alzava il coro liberatorio: «Noi facciamo il cazzo che vogliamo!».
La pagina in inglese dell’azienda usa uno stile revisionistico che in Europa sarebbe ragione sufficiente per arresto, condanna e detenzione. Ve la ricordate la libertà, voi europei? Pensate che brivido trovare in albergo letteratura che rivede il dogma riguardo agli eventi accaduti nei primi anni quaranta tra Polonia, Germania e Austria…
Di fronte alle furiose contestazioni, l’azienda continua imperterrita a fare trovare in ogni camera delle copie di Theoretical modern history (理論近現代文学), i volumi che raccolgono gli scritti del fondatore della catena Motoya. Durante il mio soggiorno a Kanazawa ho avuto modo di leggere alcuni articoli che mi hanno dato una prospettiva diversa della storia giapponese.
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L’insegnamento della storia nel Giappone post bellico ha frequentemente preso l’aspetto di una forma di autoflagellazione (sotto la guida dell’occupante statunitense). Questa colpevolizzazione del paese a scapito di tutte le altre forze coinvolte nel conflitto mondiale raggiunge picchi disturbanti nelle prefetture più sinistrorse del Paese, le così dette H2O (Hiroshima, Hokkaido, Oita).
Ci sono stati casi di genitori che hanno protestato dopo avere sentito che ai figli veniva insegnato che «le bombe atomiche ce le siamo meritate». Dopo decenni di scuse a capo chino, non c’è da stupirsi che parte del Paese inizi a manifestare insofferenza verso questo clima culturale e a volersi riconciliare con la propria storia, senza intenti necessariamente autoassolutori.
L’articolo che riporto nella foto riguardo al pilota suicida (quelli che l’occidente chiama kamikaze, ma che in Giappone sono tokkoutai, 特攻隊、le squadre speciali d’assalto), mi ha ricordato il manifesto elettorale del partito Sanseito, in cui due piloti «kamikaze» sono raffigurati abbracciati e con le lacrime agli occhi, un’immagine dei cosiddetti kamikaze diversa da quella che solitamente ci viene mostrata.
Passare una notte all’APA hotel è stata l’occasione per capire una volta di più che al popolo del Giappone, come a quelli d’Europa, è stato messo sulle spalle il giogo di un senso di colpa che impedisce loro di esistere in quanto tali, costringendoli ad abiurare sé stessi quotidianamente.
Adesso basta, noi facciamo il katsu che vogliamo.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine di Mr.ちゅらさん via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Bizzarria
Chirurgo del servizio sanitario pubblico britannico si è fatto amputare le gambe per «gratificazione sessuale»

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Bizzarria
Ladro d’auto si ferma a far benzina mentre è inseguito dalla polizia

Eccezionale scena ripresa da varie telecamere: un uomo a bordo di un’Infiniti blu rubata ha condotto la polizia della California in un inseguimento a 160 chilometri orari nel traffico di Losa Angeles, epperò fermandosi a metà inseguimento per fare benzina.
Un video mostra il sospetto di Grand Theft Auto (GTA), cioè furto di macchina, in una stazione di servizio Shell nella zona di Wilshire, a Los Angeles, mentre faceva rifornimento nervosamente con la camicia tirata sul viso – il tutto mentre sapeva di avere la polizia alle calcagna. Il motociclista alla pompa successiva sembrava ignaro della drammatica situazione.
«Non potrebbe comportarsi in modo più sospetto, te lo assicuro», ha commentato il giornalista che stava riprendendo l’inseguimento dall’elicottero. Il cronista volante ha anche notato che non c’era polizia nelle vicinanze, dando all’uomo più di un minuto per fare rifornimento.
What if you needed to fill up with gas in GTA 6? pic.twitter.com/S9argH5k7H
— GTA Sheriff (@GTA_Sheriff) August 24, 2025
GTA suspect STOPS FOR GAS mid pursuit 🔥🏆#inmateswithtalent #prisonlife #losangeles #policechase #gas
(via @ABC7LA) pic.twitter.com/ONWkkjP4rE
— Inmates With Talent (@InmatesWTalent) August 25, 2025
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Dopo aver riavvitato con calma il tappo del serbatoio, l’uomo si è allontanato a tutta velocità, passando poi sotto un cavalcavia per evitare di essere visto dagli elicotteri. Ha quindi abbandonò l’auto (a cui aveva appena fatto il pieno), facendola per qualche ragione schiantare contro un palo della luce. Il reporter dall’elicottero la ha definita «forse la mossa più intelligente della serata».
L’uomo si è quindi dileguato. Di lui, al momento, nessuna traccia – se non il serbatoio pieno dell’auto rubata.
La polizia ritiene che un altro automobilista possa averlo aiutato a fuggire. L’inseguimento ha attirato grande attenzione sui social media, con gli spettatori che hanno seguito increduli la diretta dell’elicottero mentre il sospettato si fermava casualmente per fare benzina durante l’inseguimento.
I commentatori hanno notato l’insolita decisione degli agenti di indietreggiare ripetutamente, una tattica talvolta utilizzata per ridurre il pericolo per il pubblico durante gli inseguimenti ad alta velocità.
È interessante notare che il cavalcavia da cui il sospettato è fuggito è esattamente lo stesso cavalcavia da cui, in un altro recente inseguimento della polizia, il sospettato è sceso da un’autocisterna rubata ed è salito su un altro veicolo rubato, scrive ABC7.
GTA, o Grand Thef Auto, è una popolarissima e pluridecennale serie di videogiuochi open-world incentrato su ogni sorta di violenza stradale, incluso soprattutto il ladrocinio di automobile. Ebbene, crediamo che in nessuna versione di GTA una mossa del genere sia stata tentata.
Pensiamo sempre di averle viste tutte. E invece.
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Immagine screenshot da Twitter
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