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Geopolitica

La «guerra in piena regola» con la Russia è «una possibilità reale»: il segretario generale della NATO Stoltenberg

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Drammatico avvertimento dal segretario generale NATO, il norvegese Jens Stoltenberg.

 

Lo scorso venerdì lo Stoltenberg ha avvertito che la guerra della Russia in Ucraina potrebbe espandersi in una guerra più ampia con l’Alleanza atlantica.

 

In varie interviste ai media il segretario NATO ha ripetutamente messo in guardia contro la sottovalutazione della situazione in Ucraina e ha sottolineato la minaccia più ampia che Putin potrebbe rappresentare per l’Europa.

 

«Se le cose vanno male, possono andare terribilmente male», ha detto lo Stoltenbergo in un’intervista rilasciata venerdì alla giornalista norvegese Anne Lindmo. Nel colloquio ha aggiunto come «non ci fossero dubbi» che una guerra in piena regola contro la NATO possa essere una «reale possibilità».

 

«Capisco tutti coloro che sono stanchi di sostenere l’Ucraina. Capisco tutti coloro che pensano che i prezzi del cibo e le bollette dell’elettricità siano troppo alti», ha detto magnanimamente l’uomo al vertice visibile del Patto Atlantico. «Tuttavia dobbiamo pagare un prezzo molto più alto se la nostra libertà e la nostra pace sono minacciate dalla vittoria di Putin in Ucraina».

 

Quale sia in dettaglio questo prezzo non è stato specificato dal funzionario, e chi scrive si sta molto interrogando sulla cosa, senza venirne a capo.

 

«Quello che vediamo ora è che la Russia sta effettivamente tentando di avere una sorta di “congelamento” di questa guerra, almeno per un breve periodo di tempo, in modo da potersi riorganizzare, riparare, recuperare e poi provare a lanciare un’offensiva più grande il prossimo primavera», ha detto l’uomo NATO mercoledì al Financial Times.

 

Il capo degli Atlantici ha sottolineato l’importanza del continuo sostegno militare all’Ucraina, affermando che la Russia non ha mostrato alcun segno di volontà di impegnarsi in colloqui di pace che rispettino la sovranità dell’Ucraina – affermazione che sorprende perché ad alcuni sembra proprio che sia Kiev che in questi mesi, magari vermilinguata dai britannici, ha rifiutato accordi di pace che erano praticamente già pronti.

 

Tuttavia lo Stoltenberg ha rifiutato di rispondere quando gli è stato chiesto se le nazioni membri della NATO dovrebbero accettare di fornire armi offensive a lungo raggio più avanzate – qualcosa che gli alleati della NATO, inclusi gli Stati Uniti, hanno evitato di evitare di invitare a uno scontro diretto con la Russia.

 

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha ribadito dopo che gli attacchi dei droni hanno colpito le basi militari russe questa settimana che non stava né consentendo né incoraggiando l’Ucraina a colpire oltre i suoi confini.

 

Il Pentagono ha continuato a fornire altre forme di assistenza alla sicurezza a Kiev e venerdì ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti del valore di 275 milioni di dollari che include munizioni HIMARS aggiuntive, attrezzature per la difesa aerea e circa 150 generatori per il peggioramento dell’inverno in Ucraina.

 

Le parole di Stoltenberg arrivano dopo che a inizio mese sembrava intenzionato a gettare acqua sul fuoco: aveva dichiarato che l’Ucraina dovrebbe concentrarsi più sulla conservazione della propria sovranità che sull’adesione della NATO.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso settembre Stoltenberg aveva scritto in un editoriale sul Financial Times che «dobbiamo soffrire per la democrazia»

 

Lo Stoltenberg due mesi fa all’incontro NATO di Madrid che la guerra in Ucraina potrebbe durare anni e annunciò che l’Alleanza Atlantica considera Russia e Cina come minacce alla sua sicurezza e ai suoi valori: quest’ultimi non è chiarissimo cosa siano, e si spera che non tirino fuori davvero la storiella della Democrazia, visto che Kiev ha proibito i partiti di opposizionechiuso media non allineati, e ora sta toccando di fatto i sindacati della maggior parte dei lavoratori ucraini.

 

Due mesi fa, lo Stoltenbergo ha dichiarato che «la Russia non può vincere il conflitto nucleare».

 

 

 

 

 

Immagine di Finnish Government via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

 

 

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Geopolitica

Ex consigliere capo britannico: l’Ucraina è uno «Stato mafioso corrotto»

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L’ex consigliere capo di Downing Street Dominic Cummings afferma che l’Ucraina è uno «Stato mafioso corrotto» e che l’Occidente «non avrebbe mai dovuto entrare in tutta questa stupida situazione».

 

Cummings, stratega politico conservatore di lungo corso, ha fatto questi commenti mentre svelava i piani per un nuovo «Partito Start-Up» che mira a sostituire i conservatori.

 

Il Cummings è noto per essere il principale architetto della Brexit. Il suo ruolo centrale nella campagna Vote Leave che ha portato il Regno Unito fuori dalla UE è stato rappresentato anche nel film Brexit: The Uncivil War (2019), dove è interpretato dall’attore inglese Benedict Cumberbatch. È stato uno dei consiglieri chiavi del premier Boris Johnson fino alle sue dimissioni nel novembre 2020.

 

L’ex consigliere del Johnson si è chiesto perché il governo fosse così pedissequamente impegnato a sostenere l’Ucraina. «Questo non è un replay del 1940 con lo squallido Zelens’kyj nei panni dello sfavorito churchilliano», ha affermato.

 

«Tutto questo Stato mafioso corrotto ucraino ci ha praticamente truffati tutti e di conseguenza verremo tutti fregati. Stiamo venendo fregati adesso, vero?» ha dichiarato, per poi arrivare ad offendere volgarmente il Paese europeo orientale parlando di «corrupt shithole that doesn’t matter at all», ossia un «posto di m***a che non conta per niente».

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Secondo l’ex consigliere del primo ministro, le sanzioni occidentali sono state «più un disastro» per l’UE che per la Russia, facendo aumentare il costo della vita e avvicinando Mosca e Pechino. Tutto ciò che l’Occidente è riuscito a fare è stato entrare in una guerra di logoramento con la Russia, «che abbiamo spinto ad allearsi con la più grande potenza manifatturiera del mondo».

 

Tra il regime delle sanzioni e il tentativo degli Stati Uniti di impossessarsi dei beni russi congelati, l’Occidente sta incoraggiando l’emergere di sistemi finanziari globali alternativi, ha spiegato.

 

Cummings ha quindi affrontato la questione secondo cui il presidente russo Vladimir Putin aveva bisogno di «imparare una lezione» sull’invasione dei vicini.

 

«La lezione che abbiamo insegnato a Putin è che siamo un gruppo di fottuti burloni», ha detto. «Voglio dire, Putin lo sapeva già prima della guerra. Ma questo ha sottolineato e fatto capire al mondo intero che razza di pagliacci siamo… Questo non insegna a Putin alcuna lezione, solo che siamo degli idioti».

 

Il Cummings ha criticato Johnson – con il quale non parla più – per aver utilizzato il conflitto ucraino per «mettere in atto le sue fantasie churchilliane», così come il Parlamento, che «ha ingoiato tutte le sue stronzate sull’Ucraina e in realtà ha preso sul serio».

 

Come riportato da Renovatio 21, molteplici testimonianze uscite in questi anni indicano che il Johnson è stata la figura chiave che ha convinto Kiev a respingere un accordo di pace con la Russia nell’aprile 2022.

 

Putin aveva mostrato l’accordo di pace firmato e poi mollato dall’Ucraina dopo la visita dell’inglese durante un meeting con politici africani a San Pietroburgo lo scorso anno. Il presidente russo ha raccontato anche che la colonna di carri armati lunga decine di chilometri che stazionava fuori da Kiev nel marzo 2022 fu ritirata su richiesta di Kiev per andare al tavolo della pace.

 

Il biondo ex premier britannico ha negato il suo ruolo nel far naufragare i colloqui, definendo il resoconto «totale assurdità e propaganda russa». Tuttavia, ha confermato di aver detto a Zelens’kyj che il Regno Unito lo avrebbe sostenuto «al mille per cento» e che qualsiasi accordo con Mosca sarebbe negativo.

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Immagine screenshot da YouTube.

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Geopolitica

L’Egitto avverte Israele che l’invasione di Rafah potrebbe porre fine al trattato del 1979. Il Cairo vuole partecipare al processo per «genocidio» della CIG

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Nel contesto dell’azione militare israeliano in corso a Rafah, un alto funzionario egiziano ha espresso preoccupazione, avvertendo Israele, gli Stati Uniti e i governi europei del potenziale rischio posto al trattato di pace di lunga data tra Egitto e Israele, firmato tra Anwar Sadat e Menachem Begin a Washington con il presidente Carter nel marzo 1979, diventando il primo paese arabo a riconoscere Israele.   Parlando in forma anonima all’Associated Press, il funzionario ha sottolineato che Il Cairo vede l’attuale situazione come una minaccia alla stabilità regionale e all’accordo di pace fondamentale.   L’emittente di Tel Aviv i24 News aggiunge che l’Egitto «aveva precedentemente messo in guardia contro qualsiasi incursione israeliana a Rafah o lo sfollamento dei suoi residenti, poiché tali azioni potrebbero mettere a repentaglio il trattato di pace decennale tra Egitto e Israele. Per mitigare il rischio di una crisi di rifugiati, l’Egitto ha rafforzato le sue misure di sicurezza al confine, schierando carri armati e rafforzando il muro di confine con Gaza. L’obiettivo è prevenire un significativo afflusso di rifugiati nella penisola del Sinai nel contesto del crescente conflitto tra Israele e Hamas».   Nello stesso giorno della minaccia apparsa sui media di ritiro dal trattato, il ministero degli Affari Esteri egiziano ha dichiarato il 12 maggio che il Cairo intendeva unirsi al caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia a causa della crescente aggressione di Israele contro i civili palestinesi.   «La dichiarazione… arriva alla luce del peggioramento della gravità e della portata degli attacchi israeliani contro i civili palestinesi nella Striscia di Gaza, e della continua perpetrazione di pratiche sistematiche contro il popolo palestinese, compreso il targeting diretto dei civili e la distruzione delle infrastrutture nella Striscia, e spingendo i palestinesi a fuggire», ha affermato il ministero degli Esteri egiziano in una nota.   L’Egitto si unirà alla Turchia e alla Colombia nel richiedere formalmente di unirsi alla causa contro Israele.

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Questo mese, la Turchia ha affermato che cercherà di unirsi al caso, dopo che la Colombia ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia il mese scorso di consentirle di aderire per garantire «la sicurezza e, in effetti, l’esistenza stessa del popolo palestinese».   L’Egitto ha affermato che chiederà a Israele «di rispettare i suoi obblighi come potenza occupante e di attuare le misure provvisorie emesse dalla CIG, che richiedono di garantire l’accesso agli aiuti umanitari e di soccorso in modo da soddisfare i bisogni dei palestinesi nella Striscia di Gaza».   Alon Liel, ex direttore del ministero degli Affari Esteri israeliano, ha detto ad Al Jazeera che la mossa dell’Egitto è stata un «incredibile colpo diplomatico per Israele. L’Egitto è la pietra angolare della nostra posizione in Medio Oriente».   I collegamenti che Israele ha oggi nel Medio Oriente e nel Nord Africa, compresi la Giordania, gli Emirati Arabi Uniti e il Marocco, sono tutti «il risultato di ciò che l’Egitto fece 40 anni fa», ha affermato, riferendosi al trattato di pace del 1979 tra i due Paesi.   «Il fatto che l’Egitto si unisca al Sudafrica ora all’Aja è un vero colpo diplomatico. Israele dovrebbe prendere la cosa molto sul serio. Israele deve… ascoltare il mondo, non solo l’opinione pubblica israeliana che chiede vendetta. Dobbiamo guardare in generale ad un quadro più ampio, alla sicurezza a lungo termine di Israele, non solo alle prossime settimane a Gaza».   Come riportato da Renovatio 21, Alessandria d’Egitto è stata teatro di un oscuro omicidio di un cittadino israeliano negli scorsi giorni. Sull’uomo era piovute accuse di essere membro del Mossad. La sigla islamista che ha rivendicato l’assassinio non pare nota.

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Immagine di Cornelius Kibelka via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic
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Macron «spera» di non dover andare in guerra contro la Russia. Qualcuno lo fermi

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Sono arrivate nuove, incredibili dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron.

 

In un video pubblicato da lui stesso sabato su Twitter, il Macron ha detto che mentre Parigi cerca di evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto ucraino, potrebbe essere necessario un intervento per dissuadere la Russia dall’avanzare troppo.

 

L’Unione Europea «perderebbe ogni credibilità e sicurezza» se la Russia dovesse prevalere, ha detto Macron nella clip postata su X, rispondendo alla domanda se la Francia «entrerà in guerra».

 

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«Il nostro futuro e la nostra sicurezza sono in gioco in Ucraina», ha affermato l’uomo dell’Eliseo, sottolineando che oltre a fornire più attrezzature militari a Kiev, le nazioni dell’UE devono essere «pronte ad agire» se «i russi si spingono troppo oltre».

 

«Quindi no, spero con tutte le mie forze che non dovremo andare in guerra», ha detto, insistendo sul fatto che la Francia è una «potenza di pace». Tuttavia, Parigi deve continuare ad armarsi per «proteggere la pace», ha continuato Macron, sottolineando che l’intervento deve rimanere un’opzione se gli interessi del Paese sono minacciati.

 

«Dobbiamo essere dissuasivi e credibili nei confronti dei nostri avversari, a volte dicendo loro: “Se andate troppo oltre e se minacciate i nostri interessi, la mia stessa sicurezza, allora non escludo di intervenire”», ha detto.

 

«Si tratta solo di dire: se andate troppo lontani e minacciate gli interessi della Francia e la sicurezza dell’Europa, allora non escludiamo nulla» scrive sul messaggio. Quali siano gli interessi della Francia in gioco non è noto, a meno che non si tratti dell’Africa coloniale francese, oramai passata in larga parte sotto la diretta influenza di Mosca – a causa anche dell’antipatia ingeneratasi contro Parigi e le sue missioni militari, accusate di addestrare e manovrare i terroristi islamici che sostenevano di voler combattere.

 

I commenti di Macron hanno fatto eco alle sue precedenti dichiarazioni su un potenziale dispiegamento di truppe in Ucraina. A febbraio, il presidente francese ha rifiutato di escludere la prospettiva dell’intervento della NATO sul terreno, sostenendo che la credibilità dell’UE «sarebbe ridotta a zero» se l’Ucraina venisse sconfitta.

 

Pochi mesi dopo ha esortato i Paesi UE ad aumentare le spese militari e la produzione di armi per ridurre la dipendenza da Washington.

 

In un’intervista all’Economist all’inizio di questo mese, il presidente francese ha raddoppiato il suo impegno, definendo il Cremlino la principale minaccia alla sicurezza dell’UE e affermando che mantenere la possibilità di schierare truppe in Ucraina è necessario come «campanello d’allarme», mentre difendeva il suo approccio come «ambiguità strategica».

 

Mosca ha criticato il «discorso pericoloso» di Macron, con il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov che sostiene che il presidente francese potrebbe usare la russofobia e tattiche allarmanti per soddisfare la sua ambizione di guidare l’Unione Europea.

 

Come riportato da Renovatio 21, le minacce francesi hanno invece trovato terreno fertile in Finlandia, Paese appena divenuto membro della NATO.

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Il presidente francese si è spinto fino al punto di immaginare un ritorno della Crimea all’Ucraina. Putin ha sostenuto che truppe di Stati NATO già stanno operando sul fronte ucraino, e che l’Occidente sta flirtando con la guerra nucleare e la distruzione della civiltà.

 

Gli stessi francesi, secondo un sondaggio, sono contrari all’idea di soldati schierati su territorio ucraino proposta da Macron, il quale, bizzarramente, ha poi chiesto un cessate il fuoco per le Olimpiadi di Parigi della prossima estate.

 

C’è da augurarsi, che qualcuno capisca che è il caso di fermare l’escalation di Macron, sempre più folle ed oscura. Nelle scorse settimane, quando il francese dichiarò che con un’Ucraina sconfitta i missili russi avrebbero minacciato Parigi, intervenne il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, dicendo di comprendere «la finalità e l’utilità di queste dichiarazioni, che oggettivamente innalzano la tensione».

 

Bisognerebbe che altri comincino a far sentire la voce della pace davanti alla spirale di devastazione con cui sembra flirtare il Macron.

 

Macron, in politica interna, ha incredibilmente accelerato riguardo a temi etici con manovre anticristiane ed antiumane come il rilancio dell’eutanasia e la costituzionalizzazione dell’aborto. Tutto questo avviene mentre fioccano, anche dall’altra parte dell’oceano, speciose voci sulla sua vita privata.

 

Renovatio 21 ha ipotizzato spiegazioni del comportamento del presidente d’Oltralpe su di un piano metafisico, preternaturale.

 

Per cui ci chiediamo: sia il caso di considerare, davvero, un esorcismo? Si dice che Pio XII ne avesse celebrato uno, a distanza, su Adolfo Hitler. Il demone di una guerra mondiale che distruggerebbe ancora una volta l’Europa, magari lasciando non solo rovine fumanti, ma anche radioattive, è ancora qui…

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