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Che gioco fanno Stati Uniti e Germania?

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Sotto i nostri occhi, la Germania, che ha perso la fornitura di gas russo e potrà recuperarne nella migliore delle ipotesi un terzo dalla Norvegia, s’impantana nella guerra in Ucraina. È diventata crocevia delle azioni segrete della NATO, che a conti fatti agisce a suo danno. L’attuale conflitto risulta particolarmente impenetrabile se si trascurano i legami tra Straussiani USA, sionisti revisionisti e nazionalisti integralisti ucraini.

 

 

La guerra in Ucraina funziona come un’esca. Calamita la nostra attenzione e ci fa dimenticare il conflitto più ampio di cui è parte. Di conseguenza, non capiamo cosa accade sul terreno di scontro e non percepiamo correttamente il modo in cui il mondo si sta riorganizzando, in particolare i mutamenti del continente europeo.

 

Tutto è iniziato con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Si è circondato di collaboratori che aveva conosciuto durante la vicepresidenza: gli straussiani (1). Una piccola setta che cambia casacca politica, democratica o repubblicana, secondo il partito del presidente in carica. I membri, quasi tutti ebrei, sono seguaci dell’insegnamento orale di Leo Strauss: sono convinti che gli uomini sono cattivi per natura e le democrazie fragili. Peggio: non sono state in grado di salvare il popolo ebraico dalla Shoah e non saranno mai capaci di farlo. Credono che gli ebrei potranno sopravvivere solo imponendo una dittatura di cui dovranno mantenere il controllo. Negli anni Duemila elaborarono il Project for a New American Century. Auspicavano una «nuova Pearl Harbor» per colpire tanto profondamente gli statunitensi da riuscire a imporre la loro visione del mondo: di qui gli attentati dell’11 settembre 2001.

 

Sono informazioni scioccanti nonché difficili da accettare. Tuttavia sono corroborate da molte ricerche considerate affidabili. In particolare, la progressione degli Straussiani dal 1976 – anno di nomina di Paul Wolfowitz (2) al Pentagono – a oggi è una pesante conferma delle peggiori preoccupazioni. In Europa gli straussiani non sono conosciuti, ma lo sono i giornalisti che li appoggiano. Vengono designati «neoconservatori». Bisogna convenire che gli intellettuali ebrei mai hanno sostenuto questa piccola setta ebraica.

 

Riprendiamo il racconto. A novembre 2021 gli straussiani mandarono Victoria Nuland a ingiungere al governo russo di allinearsi alle loro posizioni. Il Cremlino rispose proponendo un Trattato a garanzia della pace, ossia contestando non solo il progetto straussiano, ma anche la cosiddetta politica di sicurezza degli Stati Uniti (3). Il presidente Vladimir Putin ha contestato l’allargamento della NATO a Est, che minaccia la Russia, nonché gl’incessanti attacchi e distruzioni di Stati da parte di Washington, soprattutto nel Medio Oriente Allargato.

 

Gli straussiani hanno reagito provocando deliberatamente la Russia allo scopo di farla uscire dai gangheri. Hanno spronato i nazionalisti ucraini a bombardare i compatrioti del Donbass e a preparare un attacco simultaneo in Donbass e in Crimea (4). Mosca, che non contava sugli Accordi di Minsk e sin dal 2015 si preparava a uno scontro mondiale, ha ritenuto fosse il momento opportuno. 300 mila soldati russi sono entrati in Ucraina per «denazificare» il Paese (5). Il Cremlino ritiene, a buon diritto, che i nazionalisti integralisti, che durante la seconda guerra mondiale si allearono ai nazisti, ne condividano tuttora l’ideologia razzista.

 

Quel che scrivo è di nuovo scioccante. I libri di riferimento dei nazionalisti ucraini non sono mai stati tradotti nelle lingue occidentali, compreso il Nazionalismo di Dmytro Dontsov. Se nessuno sa cosa fece Dontsov durante la seconda guerra mondiale, tutti conoscono i crimini dei suoi discepoli Stepan Bandera e Jaroslav Stetsko, entrambi totalmente devoti al cancelliere Adolf Hitler. Agevolarono, nonché talvolta vi sovrintesero, l’assassinio di almeno 1,7 milioni di compatrioti, di cui un milione di ebrei. Di primo acchito, come ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si fatica a crederli alleati degli straussiani e del presidente ebreo Zelensky. Ma il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, ha immediatamente preso posizione contro i nazionalisti integralisti ucraini (6). Ha addirittura consigliato il presidente Zelensky di dare una mano ai russi a ripulire il Paese. I rapporti di forza spiegano come il successore di Bennett, Yair Lapid, pur condividendo le idee di Bennett e rifiutando di fornire armi all’Ucraina, faccia un discorso atlantista. Tuttavia è bene non dimenticare che Paul Wolfowitz presiedette a Washington un importante congresso con ministri ucraini in cui s’impegnò a sostenere la lotta dei nazionalisti integralisti contro la Russia (7).

 

Tuttavia i legami tra nazionalisti integralisti ucraini e sionisti revisionisti dell’ucraino Vladimir Jabotinsky sono storici. Nel 1921 negoziarono un accordo per unirsi alla lotta ai bolscevichi. A causa della lunga sequela di pogrom già perpetrati dai nazionalisti ucraini, la rivelazione dell’accordo provocò, al momento dell’elezione di Jabotinsky nel Comitato direttivo dell’Organizzazione Sionista Mondiale, il rifiuto unanime da parte della diaspora ebrea. Il polacco David ben Gurion, che prese le redini della milizia di Jabotinsky in Palestina, definì quest’ultimo «fascista» e «forse nazista». Successivamente Jabotinsky andò in esilio a New York, dove lo raggiunse un altro polacco, Bension Netanyahu, padre di Benjamin, che ne divenne il segretario particolare (8).

 

Dopo la seconda guerra mondiale la guida intellettuale Dontsov e gli assassini per antonomasia, Bandera e Stetsko, furono recuperati dagli anglosassoni. Dontsov, malgrado i trascorsi di amministratore dell’Istituto Reinhard Heydrich (9), andò in esilio in Canada, poi negli Stati Uniti; Bandera e Stetsko invece andarono in Germania a lavorare per la radio anticomunista della CIA (10). Dopo l’assassinio di Bandera, Stetsko divenne copresidente, insieme a Chiang Kai-shek, della Lega Anticomunista Mondiale, ove la CIA riunì i dittatori e i criminali preferiti, tra cui Klaus Barbie (11).

 

Riprendiamo il filo del discorso. Gli straussiani non sanno che farsene dell’Ucraina. A loro interessa il dominio del mondo, dunque l’indebolimento degli altri protagonisti della scena mondiale: la Russia [la Cina] e gli europei. È quanto scriveva nel 1992 Wolfowitz, definendo queste potenze «rivali», cosa che non sono (12).

 

I russi non si sbagliano. Infatti hanno inviato in Ucraina pochissime truppe: un terzo di quelle ucraine. È quindi stupido interpretare la loro lentezza un insuccesso; in realtà le forze vengono risparmiate in vista dello scontro diretto con Washington.

 

Gli straussiani hanno fatto pressione per il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. Al contrario di quanto certuni pensano, il loro fine non è distruggere l’economia russa, che ha altri clienti, ma l’industria tedesca, che dal gas non può prescindere (13).

 

Di norma Berlino avrebbe dovuto reagire all’attacco del sovrano. Invece no! Ha fatto il contrario. Dall’ingresso in Cancelleria di Olaf Scholz il governo ha istituito un sistema per «armonizzare le notizie» (14), cui sovrintende la ministra dell’Interno, la socialdemocratica Nancy Faeser.

 

Dal 24 febbraio 2022, ossia dall’applicazione da parte delle forze armate russe della risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza, tutti i media russi che si rivolgono a un pubblico occidentale sono stati vietati dalle «democrazie». In Germania citare la risoluzione 2202 e condividerne l’interpretazione russa è considerato «propaganda».

 

È stupefacente vedere i tedeschi affondare con le proprie mani le istituzioni. Nel XX secolo, la Germania, che sino alla prima guerra mondiale era stata faro della scienza e della tecnica, in pochi anni diventò un Paese irrazionale, autore dei peggiori crimini. Nel XXI secolo, titolare dell’industria più competitiva a livello mondiale, la Germania ha perso di nuovo la ragione, senza motivo. I tedeschi sanciscono da soli il proprio declino a vantaggio della Polonia, nonché quello dell’Unione Europea a vantaggio dell’Iniziativa dei Tre Mari (Intermarium) (15).

 

Dal canto loro gli straussiani utilizzano i privilegi che la Germania gli ha concesso: le basi militari USA dispongono di un’extraterritorialità completa e il governo federale non ha facoltà di limitarne l’attività. Infatti nel 2002, quando si oppose alla guerra degli Straussiani in Medio Oriente, il cancelliere Gerhard Schröder non poté impedire al Pentagono di utilizzare le istallazioni in Germania come retrobase per l’invasione e la distruzione dell’Iraq.

 

Ed è in Germania, in Renania-Palatinato, che si è riunito il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. I delegati della cinquantina di Stati invitati, dopo essere stati taglieggiati per fornire a Kiev un grande quantitativo di armi, sono stati edotti sul Concetto Operativo di Resistenza (Resistance Operating Concept – ROC). Si tratta di ripristinare per l’ennesima volta le reti stay-behind, attivate alla fine della seconda guerra mondiale (16). Furono create dalla CIA statunitense e dal MI6 britannico, in seguito furono assorbite dalla NATO. Gli ex nazisti e i nazionalisti integralisti ne costituirono la principale componente.

 

Si tratta di creare un governo [ucraino] in esilio e organizzare sabotaggi, sul modello di quanto fecero durante la seconda guerra mondiale Charles De Gaulle e il prefetto Jean Moulin. Otto C. Fiala vi ha aggiunto le manifestazioni non-violente, collaudate dal professor Gene Sharp nel blocco dell’Est, successivamente nelle “rivoluzioni colorate” (17).

 

Ricordiamo che, contrariamente a quanto asseriva, Gene Sharp ha sempre lavorato per l’Alleanza Atlantica (18). La prima azione palese dello stay-behind ucraino è stato il sabotaggio del ponte di Crimea, sullo stretto di Kerch, dell’8 ottobre.

 

 

Thierry Myessan

 

 

 

NOTE

1)  «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

2)  «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

3)  «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 gennaio 2022.

4) I piani di questo attacco sono stati rivelati dal ministero della Difesa russo. Si possono leggere qui sul nostro sito.

5) «Una banda di drogati e neonazisti», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

6)  «Israele sbalordito dai neonazisti ucraini», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 8 marzo 2022.

7) «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

8) Cfr. Voltaire, attualità internazionale , n°8, p.3, 30 settembre 2022.

9) Ukrainian nationalism in the age of extremes. An intellectual biography of Dmytro Dontsov, Trevor Erlacher, Harvard University Press (2021).

10) Stepan Bandera: The Life and Afterlife of a Ukrainian Nationalist: Facism, Genocide, and Cult, Grzegorz Rossoliński-Liebe, Ibidem Press (2015).

11) «L’internazionale criminale: la Lega anticomunista mondiale», di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 3 luglio 2016.

12) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler e «Excerpts from Pentagon’s Plan : “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”», New York Times, 8 marzo 1992. «Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo 1992.

13) «Gli Stati Uniti dichiarano guerra a Russia, Germania, Olanda e Francia», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 ottobre 2022.

15) La Polonia e l’Ucraina”, “[Il sabotaggio della pace in Europa-article217462.html]”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 14 e 28 giugno 2022.

16) Resistance Operating Concept (ROC), Otto C. Fiala, Joint Special Operations University Press, 2020.

18) A proposito della rete stay-behind in generale, si legga Gli eserciti segreti della Nato, Daniele Ganser, Fazi editore. Sulla rete stay-behind in Francia «Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 20 agosto2001.

19)  L’Albert Einstein Institution: la versione CIA della nonviolenza”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 4 giugno 2007.

 

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

La Svezia invita i cittadini ad adottare la «modalità guerra»

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I cittadini degli stati europei membri della NATO devono prepararsi a un possibile conflitto con la Russia, ha dichiarato il ministro della Difesa svedese Pal Jonson in un’intervista a RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND) pubblicata domenica.

 

Le parole del Jonson arrivano mentre l’UE intensifica gli sforzi per una rapida militarizzazione. Bruxelles ha descritto la Russia come una minaccia immediata, una narrativa che Mosca ha respinto, considerandola un diversivo politico per distogliere l’attenzione dalle crisi interne dell’Europa.

 

«Per mantenere la pace, dobbiamo prepararci sia mentalmente che militarmente alla possibilità di una guerra», ha detto il ministro. «Serve un cambiamento di mentalità: dobbiamo adottare una modalità di guerra per scoraggiare, difendere e preservare la pace con determinazione».

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L’aumento della spesa per la difesa risponde alle richieste del presidente statunitense Donald Trump, che ha esortato i membri europei della NATO ad acquistare più armamenti americani, anche per l’Ucraina. Il Jonsone ha difeso tali acquisti, spiegando che l’Europa «semplicemente non dispone o non è ancora in grado di produrre» i sistemi necessari. «L’Ucraina ha bisogno di queste risorse rapidamente», ha aggiunto. «Se l’Europa ne è sprovvista, è ragionevole ottenerle dagli Stati Uniti».

 

La Commissione Europea ha presentato la scorsa settimana un piano che definisce l’obiettivo di incrementare l’approvvigionamento congiunto di armi ad almeno il 40% entro il 2027. Il documento ha evidenziato la necessità di «investire di più, insieme e a livello europeo», citando i cambiamenti strategici globali verso altre regioni tra «alleati tradizionali».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il Consiglio svedese per l’agricoltura ha annunciato la creazione di riserve di emergenza di cereali e altri beni essenziali per garantire ai cittadini l’accesso a cibo sufficiente «in caso di crisi grave e, nello scenario estremo, di guerra». Il governo ha destinato circa 57 milioni di dollari nel bilancio 2026 per finanziare l’iniziativa.

 

In pratica, ai cittadini svedesi è stato detto di fare scorte e prepararsi ad un assetto di sopravvivenza, e non è la prima volta, e non è il solo Paese..

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Come riportato da Renovatio 21, già a fine 2024 era emerso cheSvezia e Finlandia avevano pubblicato informazioni in cui consigliano le loro popolazioni su come prepararsi a una possibile guerra o ad altre crisi inaspettate.

 

Sempre al termine dell’anno passato, un rapporto UE pubblicato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto invitava i cittadini europei ad iniziare ad accumulare scorte di beni sufficienti per tre giorni, per essere pronti a fronteggiare potenziali disastri, tra cui un conflitto nucleare. A marzo il governo francese ha annunciato di voler distribuire un «manuale di sopravvivenza» a ogni famiglia per preparare i cittadini ad eventi catastrofici, tra cui la guerra. Tre anni fa la Polonia aveva avviato un programma di distribuzione di pastiglie di iodio ai soccorritori, a cominciare dai vigili del fuoco regionali (i quali a loro volta possono distribuirle alla popolazione generale) in caso di un possibile disastro radioattivo presso la più grande centrale nucleare d’Europa.

 

La Germania, su chiaro esempio ucraino, sta valutando di preparare alla guerra già i bambini delle scuole.

 

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Geopolitica

Trump: l’Ucraina non vincerà la guerra con la Russia

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non crede che l’Ucraina possa vincere la guerra contro la Russia.   Parlando ai giornalisti alla Casa Bianca lunedì, Trump ha dichiarato: «Potrebbero ancora vincerla. Non credo che ci riusciranno, ma potrebbero ancora vincerla», quando gli è stato chiesto di chiarire la sua posizione sul conflitto. «Ho detto che potevano vincere. Tutto poteva succedere. Sai, la guerra è una cosa molto strana. Succedono molte cose brutte. Succedono anche molte cose belle», ha aggiunto.   Alla domanda sui presunti attacchi russi contro aree civili in Ucraina, Trump ha risposto che la maggior parte delle vittime erano soldati. Trump ha anche affermato che ogni settimana muoiono nel conflitto circa 5.000-7.000 militari di entrambe le parti.

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Il mese scorso Trump ha dichiarato che l’Ucraina potrebbe riuscire a riconquistare tutto il territorio perso a favore della Russia nel corso della guerra durata tre anni.   Dopo una telefonata con il presidente russo Vladimir Putin la scorsa settimana, Trump ha ribadito che l’Ucraina è destinata a perdere parte della sua «proprietà» a favore della Russia in seguito al perdurante conflitto. Mentre Kiev ha ripetutamente escluso concessioni territoriali, Mosca ha elencato il ritiro delle truppe ucraine dalle nuove regioni russe tra le questioni chiave da risolvere per stabilire una pace duratura.   Da quando è entrato in carica, Trump ha abbandonato l’approccio dell’amministrazione Biden di mantenere la distanza diplomatica da Mosca.   Ad agosto, Trump ha incontrato Putin ad Anchorage, in Alaska, e la scorsa settimana i due leader hanno annunciato che si stanno preparando per un altro incontro a Budapest.   Trump nelle ultime ore ha altresì affermato che Russia e Ucraina dovrebbero congelare l’attuale linea del fronte nel Donbass, sottolineando che Mosca controlla comunque quasi tutta la regione.   «Pensiamo che quello che dovrebbero fare è semplicemente fermarsi alle linee in cui si trovano. Il resto è molto difficile da negoziare», ha detto Trump ai giornalisti a bordo dell’Air Force One domenica sera. «Dovrebbero fermarsi subito alle linee di battaglia, tornare a casa, smettere di uccidere gente e farla finita”, ha aggiunto.   A domanda sul Donbass, Trump ha risposto: «Lasciate che sia così com’è. Credo che il 78% del territorio sia già occupato dalla Russia. Lasciatelo così com’è adesso. Potranno negoziare qualcosa più avanti».   Domenica, in un intervento su Fox News, il presidente USA ha detto all conduttrice di Fox News Maria Bartiromo che Kiev sarebbe  tenuta a fare delle concessioni.   «Beh, [il presidente russo Vladimir Putin] prenderà qualcosa. Voglio dire, hanno combattuto, e lui ha molte proprietà. Voglio dire, ha vinto alcune proprietà», ha affermato Trump.

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Il capo di Stato maggiore russo, Valerij Gerasimov, ha dichiarato ad agosto che le truppe ucraine controllavano circa il 20% della Repubblica Popolare di Donetsk e meno dell’1% della Repubblica Popolare di Lugansk.

Putin ha affermato che, affinché un cessate il fuoco funzioni, le forze ucraine devono ritirarsi da tutto il Donbass, elencando il riconoscimento dei nuovi confini della Russia come una delle condizioni per una pace duratura.

  Trump ha ribadito la sua posizione secondo cui Washington ha già fornito a Kiev una grande quantità di armi durante il conflitto e non può consegnare l’intero arsenale per sostenere l’esercito ucraino.   «Sapete, non possiamo dare tutte le nostre armi all’Ucraina. Non possiamo farlo e basta. E sono stato molto buono con il presidente Zelens’kyj e con l’Ucraina, ma non possiamo dare, sapete, se dobbiamo essere a corto di armi, non voglio farlo. Non posso mettere a repentaglio gli Stati Uniti», ha sottolineato.  

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Geopolitica

Gli assistenti di Trump «si sono sentiti traditi» da Israele

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I principali negoziatori del presidente statunitense Donald Trump per i colloqui di pace a Gaza hanno espresso un senso di «tradimento» dopo che Israele ha compiuto un attacco aereo sul Qatar, mentre erano in corso i tentativi di mediazione guidati dagli Stati Uniti.

 

Jared Kushner, genero di Trump, e Steve Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente, erano figure centrali del «consorzio negoziale» del presidente, impegnato a finalizzare una tregua e uno scambio di ostaggi. Avevano partecipato ai colloqui in Egitto all’inizio di ottobre, poche settimane dopo che Israele aveva colpito Doha, causando diverse vittime e rischiando di compromettere il processo.

 

In un’intervista trasmessa venerdì dalla CBS, Witkoff ha rivelato di aver saputo dell’attacco la mattina successiva. «Penso che sia io che Jared ci siamo sentiti, credo, un po’ traditi», ha detto al conduttore. «Ha avuto un effetto a catena, perché i qatarioti erano essenziali per i negoziati, insieme a egiziani e turchi. Abbiamo perso la loro fiducia, e Hamas si è ritirato nell’ombra, rendendo molto difficile contattarli».

 

Il Qatar, alleato degli Stati Uniti e mediatore storico per il cessate il fuoco a Gaza, ha accusato Israele di «terrorismo di Stato» dopo l’attacco.

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Trump, che ha espresso solidarietà a Doha, ha successivamente chiarito che l’attacco era stato deciso esclusivamente dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e che la Casa Bianca ne era stata informata troppo tardi per intervenire.

 

Alla domanda sulla reazione di Trump, Kushner ha dichiarato che il presidente riteneva che Israele stesse «agendo in modo un po’ fuori controllo». «Era il momento di essere fermi e fermarli dal fare cose che, secondo lui, non erano nel loro interesse a lungo termine», ha aggiunto.

 

L’attacco a un quartiere residenziale di Doha, mirato a esponenti di Hamas coinvolti nei negoziati, ha causato sei morti, tra cui un agente di sicurezza qatariota, senza però colpire la delegazione negoziale né i leader del gruppo. Netanyahu si è poi scusato con il Qatar, esprimendo «profondo rammarico» per le vittime accidentali.

 

L’accordo di cessate il fuoco, firmato a Sharm el-Sheikh da Trump e dai mediatori di Egitto, Qatar e Turchia, prevedeva il ritiro di Israele da alcune aree di Gaza e la liberazione di 20 ostaggi israeliani in cambio di 2.000 prigionieri palestinesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, Witkoff e Kushner erano sul palco della manifestazione pubblica per la liberazione degli ostaggi quando la folla ha fischiato il nome di Netanyahu epperò inneggiando a Donald Trump.

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