Cina
Giustizia USA smantella rete cinese che spiava i dissidenti

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Cinque persone accusate di pedinare e molestare cinesi residenti negli Stati Uniti sotto l’istruzione dell’intelligence di Pechino. Per Washington si tratta di azioni di «repressione transnazionale» contro chi non è allineato al regime comunista.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha smantellato una rete spionistica di Pechino che aveva preso di mira dissidenti cinesi residenti in territorio statunitense. I cinque accusati hanno pedinato e molestato le vittime, oltre ad aver raccolto informazioni su attivisti di Hong Kong, tibetani, uiguri e taiwanesi.
Secondo le autorità USA, gli indagati agivano per conto del ministero cinese della Sicurezza di Stato cinese, l’intelligence di Pechino. Tre di loro sono agli arresti, mentre due sono ancora in fuga. Gli inquirenti statunitensi non hanno menzionato i nomi delle vittime, ma non è difficile capire chi siano.
In uno dei casi, Lin Qiming è accusato di aver perseguitato Xiong Yan, un ex leader studentesco protagonista dei moti di piazza Tiananmen del giugno 1989, poi repressi nel sangue dalle autorità cinesi. Dopo essersi congedato dall’esercito USA come cappellano lo scorso settembre, egli ha annunciato di voler correre per il Congresso.
Il dipartimento di Giustizia sostiene che Lin – ancora a piede libero – abbia assunto un investigatore privato per sabotare la campagna elettorale di Xiong. La presunta spia cinese avrebbe incaricato il detective di «trovare» una prostituta che potesse avvicinare Xiong, e come ultima risorsa di «picchiarlo».
Un altro degli indagati è Qiang «Jason» Sun, un dipendente di una società tecnologica con sede in Cina. Egli avrebbe dato indicazioni a Fan “Frank” Liu e Matthew Ziburis di spiare i dissidenti e diffondere informazioni negative su di loro. Con Fan Liu, supposto essere presidente di una società di media, Qiang Sun ha confezionato finte interviste per screditare e umiliare le vittime.
Un ex agente penitenziario e guardia del corpo in Florida, Ziburis si è spacciato per un mercante d’arte interessato ad acquistare le opere di un artista dissidente, Chen Weiming. Ziburis ha installato telecamere di sorveglianza nello studio della vittima e un localizzatore GPS nella sua auto. Qiang Sun poteva accedere alle immagini e ai dati di localizzazione dalla Cina.
Chen Weiming è noto per aver realizzato una scultura chiamata «the CCP Virus», che raffigura il presidente cinese Xi Jinping «come coronavirus». Ziburis aveva pagato un anticipo per l’opera, che è stata vandalizzata un mese dopo il suo completamento.
Anche la pattinatrice Usa Alysa Liu, che ha partecipato alle recenti Olimpiadi invernali di Pechino, era un bersaglio di Ziburis. Il padre dell’atleta di origini cinesi, Liu Jun, è stato un leader studentesco a Guangzhou (Guangdong) durante i moti democratico del 1989.
L’ultimo indagato è Wang Shujun, accusato di aver raccolto informazioni su attivisti di Hong Kong (in seguito arrestati), tibetani, uiguri, e sostenitori dell’indipendenza di Taiwan. Il rapporto del dipartimento di Giustizia dice che Wang si atteggiava a simpatizzante del movimento democratico. Egli incontrava i militanti per poi riferire i dettagli delle conversazioni, le attività, i numeri di telefono e i loro contatti agli 007 di Pechino.
Wang è stato il segretario generale della Hu Yaobang and Zhao Ziyang Memorial Foundation per un decennio. Hu e Zhao erano leader riformisti nella Cina degli anni ’80. Jim Li, presidente della fondazione, è stato accoltellato a morte nel suo ufficio a New York da un cliente il 14 marzo.
Jim Li aveva manifestato a piazza Tian’anmen; dopo la repressione le autorità cinesi lo avevano imprigionato. È diventato avvocato una volta arrivato negli Stati Uniti. L’artista Chen Weiming, lo aveva assunto per fare causa a Ziburis, che aveva rotto il contratto di acquisto della scultura CCP Virus per poi scomparire.
«La repressione transnazionale danneggia le persone negli Stati Uniti e in tutto il mondo e minaccia lo Stato di diritto», ha detto l’assistente procuratore generale Matthew G. Olsen, membro della Divisione di sicurezza nazionale del dipartimento di Giustizia.
Zhao Lijian, portavoce del ministero cinese degli Esteri, ha dichiarato di non avere notizie dell’operazione Usa, e che comunque l’accusa di repressione transnazionale è “infondata”.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Cina
Cina, Bambini presi di mira da politiche antireligiose

L’estate del 2025 ha visto una nuova escalation nella sinizzazione delle religioni in Cina. I bambini sono diventati i bersagli preferiti del regime comunista, che organizza attività di propaganda mirate a scoraggiarli dall’aderire a qualsiasi religione che si discosti dai principi decretati dal Partito Comunista sotto l’onnipotente Xi Jinping.
In una preoccupante dimostrazione di propaganda orchestrata dallo Stato, il governo cinese sta ancora una volta rivolgendo il suo apparato ideologico verso i membri più vulnerabili della società: i bambini.
A Shanghai, più precisamente nel distretto di Baoshan, sono state organizzate attività estive per trasformare i giovani in «piccoli guardiani» della comunità, come rivelato dal sito web di notizie Bitter Winter, che si impegna a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla persecuzione della religione, cristiana o di altro tipo, in Cina.
Scoraggiati dall’essere motivati dalla curiosità o dalla compassione, questi bambini indottrinati sono armati di slogan e narrazioni volte a denigrare i cosiddetti gruppi religiosi «illegali», chiamati xie jiao, spesso tradotti come “sette malvagie”, ma che in realtà si riferiscono a organizzazioni religiose non riconosciute dallo Stato e non affiliate al Partito Comunista Cinese (PCC). A partire dall’inizio dell’estate del 2025, i bambini del distretto di Baoshab sono stati mobilitati per distribuire volantini contro gli xie jiao.
Sotto la maschera di concetti come «servizio alla comunità» o «alfabetizzazione scientifica», queste attività sono puro e semplice condizionamento ideologico. I bambini sono incoraggiati a recitare discorsi ostili agli xie jiao, distribuire opuscoli e mettere in scena sketch che demonizzano le minoranze religiose. L’obiettivo è chiaro: instillare fin dalla tenera età una lealtà incrollabile alla dottrina ufficiale di Xi Jinping e normalizzare la repressione di ogni espressione religiosa.
Ciò che colpisce è il tono celebrativo con cui viene presentata questa manipolazione. I contenuti digitali resi pubblici dall’Associazione Cinese Anti-Xie Jiao esaltano la «purezza» della forza dei bambini nel difendere la loro «patria armoniosa». Uno dei momenti più inquietanti della campagna di propaganda è stata l’organizzazione di un processo simulato in una reale aula di tribunale.
Sostieni Renovatio 21
Sotto la supervisione dei giudici, i bambini hanno assunto i ruoli di «giudici», «pubblici ministeri», «imputati» e «avvocati difensori», rievocando con agghiacciante realismo un caso penale in cui i membri degli xie jiao sono stati condannati a lunghe pene detentive.
Presentata come una lezione di alfabetizzazione giuridica, questa performance aveva uno scopo ben più sinistro: radicare nella mente dei bambini una visione di «moralità» definita dallo Stato ed equiparare il comportamento «illegale» all’espressione religiosa.
Gli xie jiao sono da tempo uno strumento utilizzato dalla Cina per delegittimare e criminalizzare i gruppi religiosi che si discostano dalla dottrina ufficiale del PCC. Dal Falun Gong al culto di Dio Onnipotente, fino alle chiese cristiane clandestine, questa etichetta ha giustificato programmi di sorveglianza, detenzione e rieducazione. Coinvolgendo i bambini in questa crociata, lo Stato non solo perpetua la sua repressione, ma ne garantisce anche la longevità.
Per inciso, è comico vedere uno Stato totalitario comunista ufficialmente ateo conferire un attestato di merito alle buone religioni che accettano di sottomettersi ai suoi criteri. Da quando ha stretto la morsa sull’apparato statale cinese, Xi Jinping ha intrapreso una feroce campagna di «sinizzazione» delle religioni che, con il pretesto di acculturare ogni forma di religiosità allo spirito cinese, in realtà si sforza di rendere le religioni sempre più subordinate al PCC e alla sua dottrina.
È in questo contesto di tensione che si pone il dilemma dell’accordo provvisorio firmato nel 2018 tra la Santa Sede e la Cina: uno sforzo per porre fine allo scisma delle consacrazioni episcopali avvenute senza mandato papale per alcuni, e una capitolazione di fronte alle richieste comuniste per altri.
Una questione scottante che, come molte altre, è ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Cina
COVID, blogger cristiana cinese condannata ad altri quattro anni di carcere

🚨🇨🇳CHINA TO RELEASE JOURNALIST JAILED OVER COVID REPORTING
After spending four years behind bars for her reporting of the Covid outbreak and lockdowns in Wuhan, Zhang Zhan is set to be released today after completing her sentence. pic.twitter.com/3d5EPS4S6D — Kacee Allen (@KaceeRAllen) May 14, 2024
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Cina
Trump blocca l’accordo sulle armi con Taiwano

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di non approvare un pacchetto di armi destinato a Taiwan. Lo riporta il Washington Post, che cita cinque fonti informate.
Il giornale ha collegato questa scelta ai tentativi di Trump di negoziare un accordo commerciale con Pechino e al possibile incontro con il presidente cinese Xi Jinping, previsto a margine del vertice APEC in Corea del Sud il prossimo mese.
Il pacchetto di armi, valutato oltre 400 milioni di dollari, è stato descritto come «più letale» rispetto alle forniture precedenti. Secondo il WaPo, il team di Trump ritiene che Taiwan dovrebbe procurarsi autonomamente le proprie armi, in linea con l’approccio «transazionale» del presidente in politica estera. Un funzionario della Casa Bianca ha dichiarato al giornale che la decisione non è ancora definitiva.
Sostieni Renovatio 21
Pechino, che considera Taiwan parte integrante del suo territorio, si oppone fermamente a qualsiasi assistenza militare straniera a Taipei. Xi ha ribadito che la Cina punta a una riunificazione pacifica, ma non esclude l’uso della forza.
A dicembre, il ministero degli Esteri della Repubblica Popolare ha ammonito Taipei, avvertendo che «cercare l’indipendenza appoggiandosi agli Stati Uniti o con mezzi militari è una via verso l’autodistruzione».
Il ministero della Difesa di Formosa ha scelto di non commentare il rapporto, ma ha sottolineato che «Taiwan e Stati Uniti mantengono una stretta cooperazione in materia di sicurezza, con tutti i programmi di scambio che procedono regolarmente per rafforzare un sistema di difesa completo».
Negli ultimi anni, Washington ha autorizzato diverse vendite di armi a Taiwan, inclusa la fornitura di sistemi missilistici di difesa aerea NASAMS.
Ancora lo scorso dicembre il presidente della Cina comunista Xi Jinpingo ha dichiarato ancora una volta che la riunificazione con l’isola di Taiwano è un processo inarrestabile.
Come riportato da Renovatio 21, anche nel discorso di fine anno 2023 lo Xi aveva dichiarato che la riunificazione con Taipei è «inevitabile». Un anno fa, tuttavia, Xi non aveva fatto menzione della forza militare. Il mese prima, il governo cinese aveva epperò chiarito che una dichiarazione di indipendenza da parte di Taipei «significa guerra».
Sinora, lo status quo nella questione tra Pechino e Taipei è stato assicurato dal cosiddetto «scudo dei microchip» di cui gode Taiwan, ossia la deterrenza di questa produzione industriale rispetto agli appetiti cinesi, che ancora non hanno capito come replicare le capacità tecnologiche di Taipei.
La Cina, tuttavia, sta da tempo accelerando per arrivare all’autonomia tecnologica sui semiconduttori, così da dissolvere una volta per tutte lo scudo dei microchip taiwanese. La collaborazione tra Taiwan e UE riguardo ai microchip, nonostante la volontà espressa da Bruxelles, non è mai davvero decollata.
Iscriviti al canale Telegram
Come riportato da Renovatio 21, il colosso del microchip TSMC ha dichiarato l’anno scorso che la produzione dei microchip si arresterebbe in caso di invasione cinese di Formosa.
I microchip taiwanesi sono un argomento centrale nella attuale tensione tra Washington e Pechino, che qualcuno sta definendo come una vera guerra economica mossa dall’amministrazione Biden contro il Dragone, che riprendono politiche della precedente amministrazione Trump.
Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
-
Cancro1 settimana fa
Impronta genetica del vaccino COVID nel DNA di un paziente oncologico: l’mRNA può integrarsi con il genoma umano
-
Misteri1 settimana fa
Storie, misteri ed orrori dal Mostro di Firenze ad Amanda Knox. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini
-
Vaccini2 settimane fa
Documentario rivela lo studio bomba sul collegamento tra vaccino ed epidemia di malattie croniche
-
Pensiero2 settimane fa
Mons. Viganò: l’élite sovversiva ha infiltrato gli Stati
-
Senza categoria2 settimane fa
Papa Leone contro la Chiesa e i dogmi per LGBT e donne-prete: «Dobbiamo cambiare atteggiamento prima di cambiare dottrina»
-
Storia2 settimane fa
Netanyahu conferma – ancora una volta – che Israele non ha ucciso Charlie Kirk. E neanche San Simonino
-
Salute2 settimane fa
I malori della 38ª settimana 2025
-
Animali1 settimana fa
Le orche di Gibilterra affondano una barca a vela. È ora di dire basta