Geopolitica
Il Complesso Militare Industriale USA vuole che la Russia invada l’Ucraina
Tulsi Gabbard, ex membro del Congresso USA per il Partito Democratico (circoscrizione delle Hawaii) ed ex candidata alla presidenza degli Stati Uniti, ha sottolineato in un tweet che «Biden può facilmente prevenire una guerra con la Russia garantendo che l’Ucraina non diventi membro della NATO».
La Gabbard, che è, con il grado di tenente colonnello, una riservista militare che ha fatto turni in Iraq e Afghanistan, è interessata a capire perché mai gli USA dovrebbero avventurarsi in una guerra del genere. E si dà una risposta.
«Non è comunque nei nostri interessi di sicurezza nazionale che l’Ucraina diventi un membro della NATO, quindi perché non dare alla Russia questa assicurazione? È perché i guerrafondai in realtà VOGLIONO che la Russia invada? In modo da poter imporre sanzioni draconiane alla Russia e stabilire con fermezza una nuova Guerra Fredda che raccoglierà profitti infiniti dal Complesso Militare Industriale per i decenni a venire?»
Biden can very easily prevent a war with Russia by guaranteeing that Ukraine will not become a member of NATO. It is not in our national security interests for Ukraine to become a member of NATO anyway, so why not give Russia that assurance? Is it because … pic.twitter.com/ZSlZYBrtP4
— Tulsi Gabbard 🌺 (@TulsiGabbard) February 13, 2022
In un tweet precedente, aveva dichiarato:
«I guerrafondai neocon hanno passato anni ad alimentare la nuova guerra fredda con la Russia e ora ci hanno portato sull’orlo del baratro in Ucraina: questo serve i loro interessi e riempie le tasche del Complesso Militare Industriale con trilioni di dollari
«I guerrafondai neocon hanno passato anni ad alimentare la nuova guerra fredda con la Russia e ora ci hanno portato sull’orlo del baratro in Ucraina: questo serve i loro interessi e riempie le tasche del Complesso Militare Industriale con trilioni di dollari. Non siamo pecore».
The neocons/warmongers have spent years stoking the new cold war with Russia and have now brought us to the brink in Ukraine—this serves their own interests, and lines the pocket of the Military Industrial Complex with trillion$. Let’s not be sheep. pic.twitter.com/jgZEKgtyLT
— Tulsi Gabbard 🌺 (@TulsiGabbard) February 12, 2022
Nell’intervista a Tucker Carlson Tonight dell’11 febbraio, Gabbard aveva elaborato i suoi pensieri:
«La realtà è che è altamente, altamente improbabile che l’Ucraina diventi comunque membro della NATO. Quindi la domanda è: perché il presidente Biden e i leader della NATO in realtà non lo dicono e lo garantiscono? Il che pone la domanda sul perché siamo in questa posizione allora?»
«In realtà vogliono che la Russia invada l’Ucraina» dice l’ex deputata americana.
«Numero uno, offre all’amministrazione Biden una chiara scusa per andare a imporre sanzioni draconiane, che sono un moderno assedio contro la Russia e il popolo russo. E numero due, cementa questa Guerra Fredda in atto».
«Il complesso militare-industriale è quello che ne beneficia», ha proseguito la politica hawaiana.
«E chi ne paga il prezzo? Il popolo americano paga il prezzo. Il popolo ucraino paga il prezzo. Il popolo russo paga il prezzo. Mina la nostra stessa sicurezza nazionale, ma il complesso militare-industriale che controlla tanti dei nostri politici vince e corre in banca»
«Controllano chiaramente l’amministrazione Biden; guerrafondai di entrambe le parti a Washington che hanno accresciuto queste tensioni. Se riescono a convincere la Russia a invadere l’Ucraina… il complesso militare-industriale guadagna un sacco di soldi, più di quanti ne abbiano mai fatti combattendo contro al-Qaeda o fabbricando armi per al-Qaeda».
«E chi ne paga il prezzo? Il popolo americano paga il prezzo. Il popolo ucraino paga il prezzo. Il popolo russo paga il prezzo. Mina la nostra stessa sicurezza nazionale, ma il complesso militare-industriale che controlla tanti dei nostri politici vince e corre in banca».
Carlson ha sottolineato di aver visto questo sia come legislatore che come veterano militare.
Geopolitica
Hamas accetta l’accordo di cessate il fuoco
Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori egiziani e del Qatar, ha detto lunedì ad Al Jazeera un portavoce del gruppo. L’annuncio è arrivato poco dopo che Israele ha ordinato l’evacuazione della città di Rafah in vista di un assalto pianificato da tempo.
Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha avuto telefonate con il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il ministro dell’Intelligence egiziano Abbas Kamel, informandoli «dell’approvazione da parte del movimento Hamas della loro proposta riguardante l’accordo di cessate il fuoco», ha detto il gruppo in una dichiarazione ad Al Jazeera.
I dettagli della proposta non sono ancora stati resi pubblici. Hamas ha precedentemente chiesto che qualsiasi cessate il fuoco fosse permanente e includesse il ritiro di tutte le truppe israeliane dall’enclave palestinese assediata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rifiutato di fornire queste garanzie, avvertendo la scorsa settimana che Israele non permetterà ad Hamas di rimanere al potere a Gaza e invaderà Rafah con o senza un accordo di cessate il fuoco.
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Netanyahu, tuttavia, ha affermato che Israele è pronto per una pausa temporanea nei combattimenti per consentire lo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi.
Il primo ministro israeliano minaccia da diversi mesi di lanciare un’invasione di terra di Rafah, una città nel sud di Gaza che attualmente ospita circa 1,4 milioni di palestinesi sfollati da altre parti del territorio. Nonostante la condanna di Stati Uniti, Unione Europea e decine di altri Paesi, lunedì l’esercito israeliano ha ordinato ai civili di lasciare Rafah, avvertendo che di lì a poco avrebbe colpito la città con «forza estrema», scrive RT.
Non è chiaro se la minaccia di invasione abbia influenzato la decisione di Hamas di accettare la proposta di cessate il fuoco. Nonostante l’insistenza di Netanyahu nell’entrare a Rafah, altri funzionari israeliani hanno suggerito che Hamas potrebbe evitare un’invasione accettando la tregua temporanea di Israele.
Non è inoltre chiaro se l’accordo proposto da Egitto e Qatar abbia il sostegno di Israele. Un anonimo funzionario israeliano ha detto a Reuters che Hamas ha accettato una versione «ammorbidita» dell’offerta iniziale dello Stato degli ebrei, che includeva conclusioni «di vasta portata» che Israele non avrebbe sostenuto.
Secondo le autorità sanitarie palestinesi, il bilancio delle vittime della ritorsione israeliana nell’enclave si avvicina a 35.000 persone uccise dalle forze israeliane.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non entrasse a Rafah.
«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.
«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.
Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.
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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.
Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».
Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.
Come gli accordi con Hamas si concilino con l’estremismo giudaico al governo non è dato sapere, ma lo scopriremo a breve.
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Immagine di Council.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Zelens’kyj: gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. Mosca: «overdose di droga»
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Geopolitica
La Colombia rompe i rapporti con Israele
Il governo colombiano ha ufficialmente notificato all’ambasciatore israeliano la fine delle relazioni diplomatiche e l’intenzione di ritirare il personale correlato, ma ha deciso che i servizi consolari dovrebbero essere mantenuti sia a Tel Aviv che a Bogotá, secondo il Ministero degli Esteri.
Il presidente Gustavo Petro ha annunciato la decisione di farlo il 1° maggio, con effetto dal 2 maggio, perché l’assalto israeliano a Gaza costituisce un «genocidio».
Bolivia e Belize hanno interrotto le relazioni con Israele all’inizio della guerra, mentre Cile e Honduras hanno richiamato i loro ambasciatori da Israele.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente venezuelano Maduro ad inizio anno aveva dichiarato che Israele ha lo stesso sostegno occidentale di Hitler. Il Nicaragua è andato oltre, attaccando anche i Paesi «alleati» dello Stato ebraico come la Repubblica Federale Tedesca, portando Berlino davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.
In Sud America Israele sembra godere del favore parossistico – definito «chiaro ed inflessibile sostegno» – del presidente argentino Milei, uomo consigliato da rabbini che sarebbe in procinto di «convertirsi» al giudaismo, che ha addirittura fatto partecipare l’ambasciatore israeliano ad un gabinetto di crisi del governo di Buenos Aires, destando scandalo nella comunità diplomatica del suo Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il Milei ha definito il presidente colombiano Petro «assassino terrorista», provocando così l’espulsione di tutti i diplomatici argentini da Bogotá.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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