Geopolitica
Altre immagini raccapriccianti dall’aeroporto di Kabul
Ieri Renovatio 21 aveva scritto di non poter verificare l’autenticità dei video nei quali si vedevano dei puntini cadere dagli aerei: quei puntini, supponevano in molti, erano esseri umani che si erano attaccati al carrello dei C-17 in decollo, che poi mollavano la presa ad una certa altezza e si sfracellavano quindi al suolo in modo non dissimile da quanti si sono lanciati dalle Torri Gemelle l’11 settembre 2001 – l’evento da cui scaturì il destino attuale dell’Afghanistan.
Le immagini erano fortissime ed incredibili.
A better angle that shows the falling men from the US airplane while taking off from the Kabul airport pic.twitter.com/Yw59jQXJww
— Ragıp Soylu (@ragipsoylu) August 16, 2021
Here in this video you see some of the Afghan youth hanging on the American airplane’s engines before take off in the Kabul airport pic.twitter.com/msb8UbZO9D
— Ragıp Soylu (@ragipsoylu) August 16, 2021
Oggi pare che tutti siano d’accordo nel sostenere che i punti neri in caduta libera siano degli esseri umani.
A confermarlo anche immagini come questa – che non dovreste vedere se siete di stomaco debole.
ATTENZIONE IMMAGINI INADATTE AI SENSIBILI
Il video pareva essere stato cancellato da alcuni account Twitter, come quello del giornalista e veterano militare John Burk.
Vi diciamo che questo tragico documento mostra, ripreso da un finestrino, un uomo attaccato ad un ala dell’aereo da cargo, che pare già volare sopra le nuvole. Il suo corpo, che non si sa se già morto come inevitabilmente deve essere accaduto, si agita come una bandiera al vento.
È scioccante. È rivoltante. Inaccettabile.
Si tratta dell’immagine più intollerabile vista sin qui, una visione di violenza che si avvicina alle riprese viste in Ruanda o in Yugoslavia che i telegiornali scodellavano negli anni Novanta. Cose come queste difficilmente ora le vedrete in TV o sui media mainstream: anzi, il Washington Post , giornale antitrumpiano di proprietà di Amazon, oggi è andato in stampa con un articolone in cui dice che, a parte l’aeroporto, il resto della città di Kabul è perfettamente tranquillo. E quindi, viva Biden e le sue decisioni, è il messaggio.
Ci sono le prime conferme da parte della stampa riguardo alle persone cadute dagli aerei, che si sarebbero sfracellate sopra alcune abitazioni.
BREAKING NEWS – Locals near Kabul airport claim that three young men who were holding themselves tightly in the tires of an airplane fell on top of people’s houses. One of the locals confirmed this and said that the fall of these people made a loud and terrifying noise. pic.twitter.com/BtIovAhoDL
— Aśvaka – آسواکا News Agency (@AsvakaNews) August 16, 2021
Secondo un audio caricato sul sito musicale Soundcloud, all’interno di un cargo americano avrebbero alloggiato almeno 800 civili afghani in fuga
> Ok how many people do you think are on your jet
>…
> 800 people on your jet?
>…
> Holy f-, holy cow… ok. https://t.co/nAwjaEWgr9— OSINTtechnical (@Osinttechnical) August 15, 2021
JUST IN: “The Crew made the decision to go” — Inside RCH 871, which saved 640 from the Taliban … from @TaraCopp and me https://t.co/r4YvGqJZ4b pic.twitter.com/CI1mAmqjHT
— Marcus Weisgerber (@MarcusReports) August 16, 2021
Quanto a lungo dovrà ancora durare questo mostruosa follia?
Non lo sappiamo.
Ma sappiamo che siamo solo all’inizio.
Cina
Ancora un governo filo-cinese alle Isole Salomone: Pechino mantiene la presa sul Pacifico
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il nuovo primo ministro dell’arcipelago sarà Jeremiah Manele, che ha già ricoperto l’incarico di ministro degli Esteri. Gli analisti si aspettano che, nonostante i legami con la Cina, addotti un approccio meno conflittuale. Ma la competizione resta aperta tra le nazioni del Pacifico, divise tra la fedeltà ai partner occidentali e gli accordi (soprattutto sulla sicurezza) con Pechino.
Il governo delle Isole Salomone resterà filo-cinese: i deputati designati dopo la tornata elettorale del 17 aprile hanno scelto come primo ministro Jeremiah Manele, che ha ricoperto l’incarico di ministro degli Esteri nel 2019, anno in cui le Isole Salomone, sotto la guida del precedente premier Manasseh Sogavare, hanno deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan per firmare, tre anni dopo, un trattato sulla sicurezza (i cui dettagli non sono stati resi pubblici) con la Cina, che continua così a mantenere una certa influenza nel Pacifico.
Sogarave la settimana scorsa aveva dichiarato che avrebbe rinunciato alla corsa a primo ministro a causa dei risultati deludenti del suo partito, e ha poi appoggiato la candidatura e la nomina di Manele, il quale ha già annunciato che manterrà stretti legami con Pechino. Ma gli analisti si aspettano che, a differenza del predecessore, Manele adotti un approccio meno conflittuale verso i partner occidentali, che guardano con preoccupazione alle relazioni tra la Cina e le nazioni insulari che costellano l’Oceano Pacifico.
Negli ultimi anni, infatti, Pechino ha rafforzato con diversi Paesi la cooperazione nell’ambito delle forze di polizia ed elargito fondi e investimenti per la costruzione di porti, strade e infrastrutture di telecomunicazione, in posti dove gli spostamenti e i contatti sono resi complicati dalla scarsità di risorse e dal progressivo aumento del livello dei mari dovuto al cambiamento climatico.
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Solo per fare alcuni esempi, dal 2013 è attivo uno scambio di agenti di polizia con le isole Figi, dove nel 2021 è arrivato per la prima volta, presso l’ambasciata cinese, anche un ufficiale di collegamento. Lo scorso anno sono state inviate squadre di esperti a Vanuatu e Kiribati (un altro Paese che ha revocato il riconoscimento a Taiwan nel 2019), mentre l’assistenza alle Isole Salomone è stata rafforzata dopo le proteste che sono scoppiate nella capitale, Honiara, nel 2021 e molti temono che il patto sulla sicurezza firmato nel 2022 preveda il dispiegamento di forze militari cinesi sull’arcipelago.
Ancora: dopo le rivolte di gennaio in Papua Nuova Guinea, il ministro degli Esteri papuano, Justin Tkachenko, ha dichiarato che a settembre la Cina si era offerta di fornire attrezzature e tecnologie di sorveglianza, ma subito dopo si è sincerato di sottolineare che, in ogni caso, la Papua Nuova Guinea non «metterà a repentaglio o comprometterà le relazioni» con i partner occidentali.
Inoltre, la Cina ha proposto investimenti per rilanciare il settore del turismo a Palau e sulle Isole Marshall, due Paesi che, insieme alla Micronesia, sono legati a Washington tramite dei Patti di libera associazione (Compacts of Free Association, COFA), che permettono agli Stati Uniti di avere accesso agli apparati di difesa e di sicurezza delle nazioni del Pacifico in caso di attacco (ma non solo).
Secondo gli esperti, la Cina ha un doppio interesse a promuovere la cooperazione di polizia con questi Paesi: da una parte vi è la necessità pratica di proteggere la diaspora e gli investimenti cinesi, soprattutto nel caso di rivolte e disordini, che si sono dimostrati frequenti.
Dall’altra è evidente che si tratta di un’area dove Pechino si è inserita per avere maggiore influenza nella regione a scapito degli Stati Uniti. I funzionari di Washington hanno nuovamente espresso le loro preoccupazioni all’inizio dell’anno dopo la visita di alcuni agenti di polizia cinesi a Kiribati, dove temono che la Cina possa ricostruire una pista d’atterraggio militare, a meno di 4mila chilometri dalle Hawaii.
Alle piccole nazioni del Pacifico, però, la competizione geopolitica tra la Cina e gli alleati occidentali potrebbe non dispiacere affatto, perché fornisce un elemento in più su cui fare leva nei rapporti diplomatici e ottenere così maggiori aiuti e risorse. Nel 2022 il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, non era riuscito a convincere i leader del Pacifico a firmare due nuovi accordi di cooperazione e l’anno successivo, il primo ministro delle Figi, Sitiveni Rabuka, aveva affermato che avrebbe stracciato l’accordo di scambio di ufficiali di polizia con la Cina, ma ha poi ammorbidito i toni.
In questa competizione per l’influenza nel Pacifico, Pechino sostiene che gli Stati Uniti non siano un partner affidabile, cercando di contrastare quella che ritiene essere una visione anti-cinese proposta dai media occidentali. A gennaio di quest’anno, in seguito a una fuga di informazioni, è stato scoperto che tra i compiti di un diplomatico cinese di stanza presso l’ambasciata di Honiara c’era anche quello di influenzare la copertura mediatica locale sulle elezioni presidenziali a Taiwan.
Gli Stati occidentali, dal canto loro, hanno evidenziato lo stile autoritario della polizia e dei funzionari provenienti dalla Cina, dove i diritti umani spesso passano in secondo piano. Nel 2017, per esempio, la polizia delle Figi aveva arrestato 77 cittadini cinesi, poi estradati in collaborazione con le autorità locali.
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Immagine di Arthur Chapman via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic
Geopolitica
Trump non esclude il taglio degli aiuti a Israele, attacca Netanyahu e rivela dettagli sull’assassinio di Soleimani
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Geopolitica
Israele colpisce ancora in Siria
Le forze di difesa israeliane (IDF) hanno colpito un edificio utilizzato dalle forze di sicurezza siriane fuori Damasco, ha riferito Reuters giovedì sera, citando una fonte della sicurezza allineata con il governo siriano.
L’agenzia di stampa statale siriana SANA ha citato una propria fonte di sicurezza che ha affermato che otto soldati sono stati uccisi. Ha segnalato “danni materiali” a terra, senza specificare l’obiettivo. Secondo SANA, i missili sono stati lanciati dalle alture di Golan occupate da Israele.
Le autorità israeliane non si sono ancora pronunciate sulla questione. Gerusalemme Ovest raramente ha riconosciuto gli attacchi al di fuori del suo territorio.
Israeli warplanes targeting the Nadzha region in the south of the Syrian capital Damascus for the first time after the Iran-Israel tension. pic.twitter.com/ODrjCzGFBa
— Mintel World (@mintelworld) May 2, 2024
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L’attacco segnalato ha avuto luogo nel contesto delle continue tensioni tra Israele e Iran, nonché della guerra di Israele con Hamas a Gaza, che entrerà nel suo settimo mese la prossima settimana. Israele ha accusato l’Iran di armare e guidare Hamas e le milizie filo-palestinesi con sede in Siria, Iraq e Libano. Teheran, tuttavia, sostiene che Hamas e i gruppi allineati agiscono in modo indipendente.
Il 1° aprile, Israele aveva bombardato un complesso diplomatico iraniano a Damasco, uccidendo diversi ufficiali militari, tra cui due generali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica.
Poco più di una settimana dopo, l’Iran ha risposto con una raffica di droni e missili lanciati contro Israele. Secondo l’IDF, la maggior parte dei proiettili sono stati intercettati e l’attacco non ha causato vittime.
Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi due anni oltre a Damasco (bombardata anche in raid diurni) gli aeroporti della capitale e di Aleppo sono ripetutamente colpiti. Nel 2022, la Russia, che ha truppe presenti sul territorio siriano, dopo l’ennesimo raid emise una rara, molto inusuale condanna pubblica degli attacchi israeliani all’aviosuperficie della capitale.
È emerso negli scorsi giorni che le forze armate israeliane utilizzerebbero l’Intelligenza Artificiale negli attacchi aerei.
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Immagine di Clemens Vasters via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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