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Geopolitica

Cosa ha detto veramente Putin a Biden

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I giornali italiani – in realtà, un po’ tutti i media occidentali – hanno riportato in modo incompleto e davvero stupido la reazione del presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič Putin a Joe Biden che gli aveva dato dell’«assassino»,  per giunta «privo di anima».

 

I media hanno distorto, con titoli e fotine, il significato delle parole di Putin dandogli un senso puerile («Chi lo dice sa di esserlo», il titolo più gettonato). Non è stata la cosa peggiore: ci siamo perfino dovuti sorbire il collegamento in un inviato pagato dal contribuente che diceva che grazie agli insulti Biden era riuscito a organizzare subito un incontro diretto con Putin. Sono cose da non credere. Non chiediamo alla stampa di parlarci, per esempio, di ciò che in questi giorni sta facendo la diplomazia americana contro il gasdotto russo-tedesco Nordstream 2. Chiederemo solo un po’ di decenza, ma non c’è modo di trovarne nella stampa attuale.

 

Quando noi valutiamo le altre persone, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e vedessimo noi stessi, perché trasferiamo agli altri ciò che noi respiriamo, ciò che noi siamo in sostanza

Ad ogni modo, lungi dall’essere stato solo un’occasione per fare battute («Zhelaju yemu zdorov’ja bez ironii»: gli auguro salute, senza ironia), il discorso di Putin, proferito all’interno di un evento ben più importante come la riunificazione della Crimea con la Russia,  è stato in realtà ben più articolato e profondo – come sempre, del resto, quando parla Vladimir Vladimirovič.

 

Renovatio 21 pubblica la versione estesa delle parole del Presidente russo. 

 

 

 

 

Per quanto riguarda le parole del mio collega americano: noi, come lui ha detto, ci conosciamo di persona.

 

Per quanto riguarda invece la classe dirigente americana, la sua coscienza si è sviluppata in un divenire di condizioni non semplici e ben note: l’assimilazione da parte degli europei del continente americano è avvenuta per mezzo dello sterminio della popolazione locale, con il genocidio vero e proprio delle tribù native americane

Cosa gli potrei rispondere? Che stia in salute! Gli auguro salute, e lo dico senza ironia.

 

Nella storia di ogni popolo, di ogni Stato, ci sono molti avvenimenti drammatici, pesanti, sanguinosi. Ma quando noi valutiamo le altre persone, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e vedessimo noi stessi, perché trasferiamo agli altri ciò che noi respiriamo, ciò che noi siamo in sostanza.

 

Mi viene in mente quando da bambini, giocando, si diceva: «Se uno affibbia all’altro un brutto nome, quel nome lì definisce proprio chi lo ha detto».

 

Questa non è una semplice burla ma nasconde un senso profondo, un significato psicologico. Noi nell’altra persona vediamo sempre proiettate le nostre qualità, pensiamo che lui sia come noi. Quando valutiamo gli altri, o persino gli altri Stati o popoli, è come se ci guardassimo allo specchio e vedessimo noi stessi.

Gli Stati Uniti sono l’unico Stato al mondo che ha impiegato la bomba atomica contro un altro Stato – peraltro privo di questa arma – contro il Giappone, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contro Hiroshima e Nagasaki. In questo non vi era assolutamente nessun senso militare, si è trattato solo di puro sterminio della popolazione civile

 

Per quanto riguarda l’establishment americano – non parlo del popolo americano, dove ci sono molte persone oneste che vogliono vivere con noi in pace e in amicizia, questo lo sappiamo, lo apprezziamo e su di loro faremo affidamento in futuro – dicevo, per quanto riguarda invece la classe dirigente americana, la sua coscienza si è sviluppata in un divenire di condizioni non semplici e ben note: l’assimilazione da parte degli europei del continente americano è avvenuta per mezzo dello sterminio della popolazione locale, con il genocidio vero e proprio delle tribù native americane.

 

A questo è seguito un lunghissimo periodo di schiavitù, molto crudele e spietata. E questo continua, e accompagna la storia degli Stati Uniti d’America fino a oggi, altrimenti da dove sarebbe saltato fuori il movimento Black Lives Matter? Tuttora gli afroamericani si scontrano con le ingiustizie e lo sterminio.

 

Proprio facendo perno su tali fattori cruciali, la classe dirigente americana valuta e decide i suoi problemi interni ed esterni.

 

Voglio ricordare che gli Stati Uniti sono l’unico Stato al mondo che ha impiegato la bomba atomica contro un altro Stato – peraltro privo di questa arma – contro il Giappone, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contro Hiroshima e Nagasaki. In questo non vi era assolutamente nessun senso militare, si è trattato solo di puro sterminio della popolazione civile.

Noi siamo diversi, noi abbiamo un altro codice genetico e un altro codice morale. Collaboreremo con gli Stati Uniti, ma solo in quei campi e alle condizioni che a noi convengono, e loro dovranno tenerne conto, nonostante tutti i loro tentativi di fermare il nostro sviluppo, nonostante tutte le loro sanzioni e i loro insulti

 

Noi sappiamo che gli Stati Uniti sono interessati ad avere con noi determinati rapporti, e solo sulle questioni che a loro convengono e alle loro condizioni.

 

Noi siamo diversi, noi abbiamo un altro codice genetico e un altro codice morale, ma anche noi sappiamo difendere i nostri interessi; collaboreremo con gli Stati Uniti, ma solo in quei campi e alle condizioni che a noi convengono, e loro dovranno tenerne conto, nonostante tutti i loro tentativi di fermare il nostro sviluppo, nonostante tutte le loro sanzioni e i loro insulti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

 

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Geopolitica

Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

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Israele ha condotto un «attacco di precisione» contro «i vertici di Hamas», hanno annunciato martedì le Forze di difesa israeliane (IDF), poco dopo che numerose esplosioni hanno scosso il quartier generale del gruppo militante palestinese a Doha, in Qatar.

 

Da parte delle forze dello Stato Ebraico, si tratta di una violazione territoriale inedita, perché – a differenza di casi analoghi in Libano e Iran – condotta in uno Stato «alleato» di Washington e dell’Occidente, cui fornisce capitale e gas. L’attacco pare essere stato diretto ai negoziatori di Hamas, i quali avevano ricevuto dal presidente americano Trump un invito al tavolo della pace poco prima.

 

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto l’operazione in coordinamento con l’agenzia di sicurezza Shin Bet (ISA). Le IDF non hanno indicato il luogo esatto preso di mira dall’attacco.

 

«L’IDF e l’ISA hanno condotto un attacco mirato contro i vertici dell’organizzazione terroristica Hamas», ha dichiarato l’IDF in una nota. «Prima dell’attacco, sono state adottate misure per mitigare i danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione e di intelligence aggiuntiva».

 

L’annuncio è arrivato dopo che almeno dieci esplosioni avrebbero scosso il quartier generale di Hamas a Doha. I filmati che circolano online mostrano che l’edificio è stato gravemente danneggiato. Secondo diversi resoconti dei media che citano fonti di Hamas, l’attacco ha preso di mira il team negoziale del gruppo, che stava discutendo l’ultima proposta statunitense sulla cessazione delle ostilità con Israele.

 

Il Qatar ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas».

 

 

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L’attacco israeliano a Doha è stato un «momento cruciale» per l’intera regione, ha affermato il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, condannando l’attacco come «terrorismo di Stato».

 

L’attacco a sorpresa non sarà «ignorato» e il Qatar «si riserva il diritto di rispondere a questo attacco palese», ha dichiarato il primo ministro in una conferenza stampa. «Oggi abbiamo raggiunto un punto di svolta affinché l’intera regione dia una risposta a una condotta così barbara».

 

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Al-Thani ha attaccato duramente il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di compromettere la stabilità regionale in nome di «deliri narcisistici» e interessi personali. Il Qatar continuerà il suo impegno di mediazione per risolvere le persistenti ostilità con Hamas, ha affermato.

 

Il primo ministro quatarino ha ammesso che lo spazio per la diplomazia è ormai diventato molto ristretto e che l’attacco ha probabilmente fatto deragliare il ciclo di negoziati dedicato all’ultima proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

«Per quanto riguarda i colloqui in corso, non credo che ci sia nulla di valido dopo aver assistito a un attacco del genere», ha affermato.

 

L’attacco israeliano è avvenuto due giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva lanciato un altro «ultimo avvertimento» ad Hamas, sostenendo che Israele aveva già accettato termini non specificati di un accordo da lui proposto e chiedendo al gruppo di rilasciare gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Poco dopo, anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dato al gruppo un “ultimo avvertimento”, minacciando Hamas di annientamento e intimando ai militanti di deporre le armi. In seguito alle minacce, Hamas aveva dichiarato di essere pronta a «sedersi immediatamente al tavolo delle trattative» dopo aver ascoltato quelle che ha descritto come «alcune idee da parte americana volte a raggiungere un accordo di cessate il fuoco».

 

Tuttavia nelle ultime ore è emersa la condanna del presidente statunitense contro l’attacco israeliano. In una dichiarazione pubblicata martedì su Truth Social, Trump ha criticato l’attacco aereo di Israele contro un complesso di Hamas a Doha, sottolineando che la decisione di portare a termine l’operazione all’interno del Qatar è stata presa unilateralmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e non da Washington.

 

Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America».

 

«Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me».

 

Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE».

 

Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio».

 

La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».

 

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Nell’operazione circa 15 aerei da guerra israeliani hanno sparato almeno dieci munizioni durante l’operazione di martedì, uccidendo diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya. Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti all’attacco, descritto come un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati a raggiungere un possibile accordo.

L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che l’attacco ad Hamas in Qatar è stato un’azione unilaterale e che nessun altro paese è stato coinvolto nell’operazione.

 

«L’azione odierna contro i principali capi terroristi di Hamas è stata un’operazione israeliana del tutto indipendente. Israele l’ha avviata, Israele l’ha condotta e Israele si assume la piena responsabilità», si legge in una nota.

 

Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato l’attacco israeliano definendolo una «flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar». «Tutte le parti devono impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco permanente, non per distruggerlo», ha detto ai giornalisti.

 

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Geopolitica

Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

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La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.   Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».   «Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.   Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.

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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.   «Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.   Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.   Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.

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Geopolitica

Museo dell’Olocausto ritira post perché leggibile come filo-Gaza

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Un museo dell’Olocausto di Los Angeles ha cancellato un post sui social media contenente uno slogan da tempo associato all’Olocausto, dopo che alcune persone hanno affermato che alludeva alla guerra di Gaza.

 

Il messaggio, condiviso con i 24.000 follower su Instagram dell’Holocaust Museum di Los Angeles nel fine settimana, mostrava un’immagine di mani e avambracci di diverse tonalità di pelle – tra cui una con un tatuaggio dell’Olocausto – uniti in un cerchio. La didascalia recitava: «Mai più non può significare solo mai più per gli ebrei».

 

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Sebbene inizialmente alcuni abbiano elogiato il post come un riconoscimento delle sofferenze dei palestinesi, esso ha subito suscitato reazioni negative da parte dei gruppi ebraici, spingendone alla sua rimozione.

 

In seguito il museo ha affermato che il post faceva parte di una campagna pianificata in precedenza «intesa a promuovere l’inclusività e la comunità», non «una dichiarazione politica che riflette la situazione attuale in Medio Oriente».

 

Sebbene il post non menzionasse Gaza, alcuni commentatori filo-israeliani hanno esortato i donatori a tagliare i finanziamenti all’istituzione. La rimozione del post, a sua volta, ha portato voci filo-palestinesi ad accusare il museo di fare marcia indietro su un principio universale anti-genocidio.

 

 

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Un post condiviso da Holocaust Museum LA (@holocaustmuseumla)

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Il museo di Los Angeles, fondato nel 1961 dai sopravvissuti all’Olocausto, è attualmente chiuso per ristrutturazione fino a giugno 2026. Si è impegnato a «fare meglio» e a garantire che i post futuri siano «progettati in modo più attento».

 

Si tratta di un caso di fulminea rieducazione infraebraica non dissimile a quello capitato, alle nostre latitudini, allo storico universitario Ariel Toaff, figlio del notissimo rabbino romano Elio Toaff, il cui libro sul sacrificio rituale ebraico fu ritirato rapidamente dalle librerie per uscire in una versione «potata».

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Immagine di Lamoth via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

 

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